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La casta Susanna (Dn 13)

La casta Susanna

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «La casta Susanna (Dn 13)»
Lunedì 27 marzo 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

PRIMA LETTURA (Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62)

In quei giorni, abitava a Babilonia un uomo chiamato Ioakìm, il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio. I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè. Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa, ed essendo stimato più di ogni altro, i Giudei andavano da lui.
In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani; erano di quelli di cui il Signore ha detto: «L’iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo». Questi frequentavano la casa di Ioakìm, e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro. Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito. I due anziani, che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un’ardente passione per lei: persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.
Mentre aspettavano l’occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo. Non c’era nessun altro al di fuori dei due anziani, nascosti a spiarla. Susanna disse alle ancelle: «Portatemi l’unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno».
Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero: «Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e concediti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle». Susanna, piangendo, esclamò: «Sono in difficoltà da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!». Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
I servi di casa, all’udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa le stava accadendo. Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
Il giorno dopo, quando il popolo si radunò nella casa di Ioakìm, suo marito, andarono là anche i due anziani, pieni di perverse intenzioni, per condannare a morte Susanna. Rivolti al popolo dissero: «Si faccia venire Susanna, figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm». Mandarono a chiamarla ed ella venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti. Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa. Ella piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore. Gli anziani dissero: «Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuso le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle. Quindi è entrato da lei un giovane, che era nascosto, e si è unito a lei. Noi, che eravamo in un angolo del giardino, vedendo quella iniquità ci siamo precipitati su di loro. Li abbiamo sorpresi insieme, ma non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito. Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l’ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni». La moltitudine prestò loro fede, poiché erano anziani e giudici del popolo, e la condannò a morte.
Allora Susanna ad alta voce esclamò: «Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me». E il Signore ascoltò la sua voce.
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!». Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che cosa vuoi dire con queste tue parole?». Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, o figli d’Israele? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare né appurare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei».
Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: «Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha concesso le prerogative dell’anzianità». Daniele esclamò: «Separàteli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò».
Separàti che furono, Daniele disse al primo: «O uomo invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce, quando davi sentenze ingiuste, opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente. Ora, dunque, se tu hai visto costei, di’: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?». Rispose: «Sotto un lentìsco». Disse Daniele: «In verità, la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti squarcerà in due».
Allontanato questi, fece venire l’altro e gli disse: «Stirpe di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto quale albero li hai sorpresi insieme?». Rispose: «Sotto un léccio». Disse Daniele: «In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco, l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano, per tagliarti in due e così farti morire».
Allora tutta l’assemblea proruppe in grida di gioia e benedisse Dio, che salva coloro che sperano in lui. Poi, insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di avere deposto il falso, fece loro subire la medesima pena che avevano tramato contro il prossimo e, applicando la legge di Mosè, li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti lunedì 27 marzo 2023. Abbiamo ascoltato la prima lettura della Santa Messa di oggi tratta dal capitolo tredicesimo del libro del profeta Daniele.

È un testo molto lungo quello che vi ho letto, questa prima lettura di oggi l’ho scelta nella sua versione integrale, c’è anche la forma breve, ma mi è sembrato opportuno leggere la forma integrale, perché abbiamo bisogno di sentire questa parola di Dio. Abbiamo bisogno di vivere, attraverso il racconto, questa vicenda così drammatica della casta Susanna. Mi sembra che sia un testo molto chiaro, molto eloquente. Vi lascio qualche spunto di riflessione.

Stiamo attenti a saper valutare, a saper discernere con molta sapienza le persone che frequentiamo, le persone che ammettiamo in casa nostra, le persone che accettiamo nella nostra vita e che ci stanno più accanto. Perché? Perché potremmo allevare delle serpi in seno. Questi due giudici non erano persone da frequentare, nel proprio giardino non avrebbero dovuto entrare. Ioakìm non è stato assolutamente prudente.

Questo testo ci mostra come troppo spesso noi ci fondiamo sull’apparenza, abbiamo giudizi ciechi, proprio stolti, perché ci fondiamo sull’apparenza. Siccome sono due giudici d’Israele, allora, allora… allora niente. Erano due persone terribilmente inique e malvagie. Il fatto di essere giudici aggravava ancora di più la loro posizione. E noi tante volte ragioniamo così: “Eh, no, lui fa questo, quell’altro fa quest’altro, riveste questa posizione, è una persona importante, …” e tutta una serie di questioni per cui guardiamo solo le etichette, ma non guardiamo la qualità di ciò che sta lì dentro. Dimostriamo così di essere veramente stupidi, di fare dei giudizi proprio banali, superficiali. E poi ci vanno di mezzo le persone, questo è il punto.

Tra l’altro, apriamo una parentesi, che chiuderemo anche subito, ma apriamola questa parentesi. Ma Ioakìm, in tutto questo, dov’è finito? Perché uno legge questo testo e dice: “ Dov’è questo Ioakìm?” La casta Susanna non era vedova, lui stava per diventare vedovo, ma lei non era vedova. Dov’è suo marito? Completamente sparito. Neanche si dice una parola di questo essere assolutamente inutile dal punto di vista del racconto, dal punto di vista del rapporto d’amore con Susanna, da un punto di vista matrimoniale, da un punto di vista di rettitudine, di difesa della verità, di fede. Sparito! Di lui non si dice una parola. Tra l’altro, non si dice neanche che soffra, che si metta a piangere insieme a Susanna. 

Tutti i suoi familiari e amici piangevano, vedete:

“Mandarono a chiamarla ed ella venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti. Tutti i suoi familiari e amici piangevano”.

Sì, ma lui dov’è? Il marito dov’è? È primo che doveva essere citato. Dovremmo leggere: “la mandarono a chiamare ed ella venne con suo marito”, non “con i suoi genitori”. Cioè nel senso sì, va bene, ma in seconda battuta. “La mandarono a chiamare ed ella venne con suo marito” sarebbe naturale aspettarsi. No, invece questo sparisce. Ci sono gli amici, ma cosa c’entrano gli amici? Il primo che doveva essere presente era il marito. Era il marito che doveva essere lì e dire: “Ma voi siete impazziti? Cosa state dicendo? Io conosco Susanna!”. È il marito, ci ha vissuto una vita insieme, sta condividendo con lei il fiore della sua età, ma dov’è? Non c’è. 

“Donna di rara bellezza e timorata di Dio”.

Sì, sì. Rara bellezza e timorata di Dio, ma quando si tratta di salvarsi la pelle, cari miei, quando si tratta di giudicare gli altri, di condannarli a morte, quando si tratta di avere dubbi e di pensare male… ecco che spuntano come funghi le persone.

Terribile, sicuramente, quello che hanno fatto i due giudici empi, ma, sarebbe stato bello essere lì presenti e tornare a casa insieme a Susanna la sera di questa vicenda, di questa giornata allucinante: “Bene, e adesso? Da qui in avanti cosa sarà, caro marito mio, non so, di cosa parleremo? Perché non ti sei fatto vivo? Perché non mi hai difeso, perché?”

Un ragazzo si è messo a dire:

«Io sono innocente del sangue di lei!»

“Tu invece mi avresti lasciato morire così. Senza neanche — forse — essere presente. Io, la tua cara amata moglie, timorata di Dio, bellissima, che vado a morire come se niente fosse, e tu cosa fai? Stai a casa a mangiare i fichi?”

Che delusione! Ancora una volta è Dio che interviene. Ancora una volta chi difende il giusto, chi difende l’innocente, chi non cede a giudizi fondati sull’apparenza e sulle chiacchiere, è Dio, perché tutto il popolo crede all’etichetta: siccome la struttura sociale dice che loro sono giudici, allora tutto ciò che fanno, tutto ciò che dicono è giustissimo, verissimo e santissimo. Ma chi l’ha detto?

I servi, che sono i servi, dicono: “Bah, a noi sembra stranissimo”, perché come è possibile che questa sia impazzita in un giorno? Non ha mai fatto niente di tutto questo, non si è mai detto niente di lei, ma com’è possibile che adesso, improvvisamente, qui spunta un giovane che tra l’altro non si trova neanche? Sparito nel nulla. Questo non si trova: entrato da dove non si sa, uscito da dove non si sa, però quello che si sa è che voi due eravate qui. 

E tra l’altro… cosa ci facevate dentro al giardino quando le porte sono state chiuse? Domanda lecita. Lei ha fatto uscire tutti e ha chiuso le porte. Voi perché eravate dentro?

Quindi voi avevate dei sospetti e guarda un po’ che fortuita coincidenza: proprio voi che avevate dei sospetti e che oggi siete rimasti chiusi dentro nel giardino, vi siete nascosti, ed esattamente, proprio oggi, li avete beccati insieme. Ma guarda che queste cose sono proprio come vincere il Superenalotto, che strana questa cosa. Perché è la prima volta che vi siete fatti chiudere dentro, no? Non è che eravate dentro a guardare lei che faceva il bagno nuda? Ci mancherebbe! Figuriamoci, voi siete superiori a queste cose ovviamente, voi eravate dentro pensando agli angeli del cielo e nel frattempo da bravi giudici eravate lì a vegliare sulla giustizia. Ma chi vi ha dato questo compito? Chi vi ha detto che voi dovevate vegliare sulla moralità di questa donna? Nessuno. E in base a che cosa vi siete presi questo incarico? Avevate dei sospetti?

Ma allora, se voi avevate dei sospetti, vuol dire che avevate anche in mente qualcuno, perché non posso avere dei sospetti generici. Non è che mi sveglio al mattino e dico: “Io sospetto che quella persona faccia questa cosa con non so chi”. Se ho dei sospetti — lecito avere dei sospetti se sono fondati — bene, ma devo anche immaginare con qualcuno, perché sennò altrimenti… E se ho dei sospetti che lei faccia qualcosa di sbagliato, siccome io sono un po’ anzianotto e non sono molto forte a correre, presumibilmente lei non andrà con uno di centonovant’anni, quindi se siamo in due io avrei detto: “Guarda, abbiamo dei sospetti, facciamo così, uno sta dentro e un altro insieme a qualcuno sta fuori, in modo tale che chi sta dentro vede cosa succede e se per caso lo rincorro, chiamo e quello lì scappa, voi che siete fuori lo beccate subito e così abbiamo quadrato il cerchio”. Mi sembra una cosa logica, no? Chiunque avrebbe fatto così. E invece no: solo loro due e tutti e due insieme dentro. Questa cosa non è un po’ strana? No, figuriamoci! Loro sono giudici, quindi va bene tutto. Lei è semplicemente una donna che non ha nessuna etichetta sociale, non ha nessun compito sociale e quindi non ha diritto di giustizia e non ha diritto di verità, non ha diritto di innocenza! Questa è colpevole fino a prova contraria. E il marito? Assolutamente zitto.

Credo che sia una delle esperienze più brutte e più pesanti da portare quella di scoprire che le persone più fidate, più amate che abbiamo attorno, che abbiamo nella nostra vita, possano rivelarsi essere le prime a nutrire sospetti, ad accogliere sospetti e soprattutto a scaricarti in autostrada come un cane, mentre la macchina va. Questa credo che sia veramente una delle esperienze più pesanti da portare. Che uno dice: “Mangiamo insieme, viviamo sotto lo stesso tetto, condividiamo la medesima vita, dormiamo nello stesso letto, ci svegliamo insieme, abbiamo dei figli… Ma come puoi pensare che io sia stata capace di fare una cosa del genere?” 

Ma è proprio in momenti come questi che si rivela il cuore delle persone. È sufficiente che qualcuno si alzi e accusi qualcun altro perché ai nostri occhi questo qualcuno precipiti nel fango dell’infamia. Ma tutta la conoscenza che abbiamo avuto di questa persona fino a quel momento dove è andata a finire? Noi pensiamo che è come se ognuno di noi fosse capace di fare il peggio possibile dall’oggi al domani. Guardate che non è così. Stiamo attenti a queste cose. Una persona non è che improvvisamente si sveglia serial killer dalla sera alla mattina. Non è che una persona improvvisamente diventa immorale. Non esiste questa cosa. A meno che uno non perda il lume della ragione, ma non funziona così. Noi non possiamo permettere che la storia condivisa con quella persona venga vaporizzata in un secondo, non è giusto, non è reale. E infatti Dio interviene.

Guardate, Daniele non è Sherlock Holmes, non è che uno dice: “Mamma, che genialata, ci voleva proprio Daniele per arrivare a una cosa del genere!” Cioè è una genialata, nel senso che il Signore fa vedere quanto gli uomini sono stupidi quando credono ai pregiudizi e quando credono alle chiacchiere, alle calunnie. Ma guardate che la domanda che fa Daniele è veramente una domanda da prima elementare, è la domanda di uno che dice: “Ragioniamo sull’evidenza: hanno fatto questo, questo e quest’altro, bene, dove? Ci sarà un luogo”? La seconda domanda che avrebbe potuto fare era: “Bene, a che ora”? Domande proprio banali: “Dove li hai visti, dove l’hanno fatto?”. Neanche a questa domanda sono arrivati. 

Se succede un crimine, la prima cosa da chiedere è: “Dove è stato commesso il crimine e a che ora è stato commesso il crimine?”. No, niente, questi qua dicono: “Ha fatto questo, questo e quest’altro” — “Ah, sì, benissimo, prendiamo e ammazziamola”. No, scusami un momento, ma un briciolo di indagine non si può fare? Ma perché dobbiamo avere questa fretta di ammazzare le persone? Perché dobbiamo avere questa fretta di condannare a morte le persone? Perché dobbiamo avere questa fretta di credere a chi getta badilate di fango sulla fama delle persone?

Perché dentro di noi, uomini di Dio, uomini di preghiera, uomini di orazione, uomini di tante cose, dentro di noi abbiamo questo prurito, abbiamo questa curiosità morbosa, questa voglia morbosa di male e non ci sembra vero di trovare qualcuno da poter divorare vivo, non ci sembra vero di trovare qualcuno da buttare nella fossa dei leoni e sbranarlo, non ci sembra vero, è troppo bello, è troppo gustoso avere qualcuno di cui parlar male, di cui pensar male, di cui dire le peggiori cose possibili.

In questo caso la storia finisce nel migliore dei modi e ringraziamo Dio che per la casta Susanna e per tante altre persone la storia sia finita così. In altre occasioni, purtroppo, non è finita così. In altre occasioni le persone sono state condannate innocenti. 

Purtroppo, di queste cose ne succedono: “Se tu non accetti di…, io metto in giro la voce che…”, e noi subito a credere. 

Eppure, abbiamo un giudizio nostro, noi abbiamo l’intelligenza, abbiamo una capacità di valutazione. Noi dovremmo sempre dubitare di chi ha questa squallida abitudine di parlar male degli altri, di sottolineare sempre ciò che è più fragile nell’altra persona, e soprattutto di coloro che sguazzano nel torbido, di coloro che hanno il gusto di gettare fango sulle persone. Noi dobbiamo stare molto lontani e dire: “ Non mi interessa”.

Tra l’altro uno conosce la persona interessata dovrebbe dire: “No, io conosco Susanna, Susanna non è quel tipo di persona. Tu dici così di lei, ma la mia esperienza di Susanna mi dice che è impossibile”. 

Quanti matrimoni rovinati per queste cose, perché tizio o caia, non avendo ottenuto quello che volevano, calunniano, diffamano il marito o la moglie, dicendo che c’è stata una relazione e invece non è vero. E subito uno dei due crede immediatamente a queste stupidaggini e inizia a dire: “Ho dei dubbi e allora lo devo far pedinare e allora lo devo controllare e allora devo guardargli nelle tasche di pantaloni che cosa ha dentro, qualche biglietto, qualche cosa”. No, ma questa è vita? Ma questa è vita? Questo guardare l’altro con questi occhi sospettosi, con questi occhi dubbiosi, come se veramente l’altro avesse voglia di fare il furbo.

“Ah, ma io nella mia vita ho avuto delle esperienze negative e quindi sa…” — “No, quindi non lo so. Tu hai avuto delle esperienze negative? Mi dispiace, ma con il signor o con la signora Tizio, Caio e Sempronia, io non sono né tizio né Caio né Sempronia, punto, quindi no, non lo capisco. E non lo voglio capire, perché se quelle persone ti hanno fatto fare una brutta esperienza, sono quelle persone, non sono tutte le persone”. Anche questo è un modo di ragionare assolutamente sbagliato: cosa c’entrano gli altri? 

“Siccome un cane mi ha morso, allora tutti i cani sono cattivi, ho paura di tutti i cani” — Ma che ragionamento è? — “Un cane mi ha morso, ho paura di tutti i cani” — Ma cosa vuol dire? Ma tutti i cani sono quel cane? Quel cane ti ha morso, ma gli altri cani non ti hanno morso. E perché devi aver paura degli altri cani? — “Perché sono fatti con quattro zampe, la bocca e i denti e gli occhi” — Eh ho capito, cosa vuol dire? A questo punto non viviamo più. “Siccome una volta da bambino ho vomitato — chi è che nella sua vita non ha vomitato una volta da bambino? Tutti abbiamo vomitato nella nostra vita — ora non mangio più” — “Siccome quando avevo tre anni io ho vomitato, allora da tre anni in avanti ho smesso di mangiare” — Sì e sei morto dopo sei mesi. Capite l’insensatezza di questo modo di procedere? “Hai vomitato, va bene, ti ha fatto male, non lo so, la mortadella che hai mangiato che non era fresca; va bene, per un po’ non mangerai più la mortadella, ma vai avanti a mangiare il resto. Non è che tutti gli alimenti adesso sono motivo di star male”.

Noi abbiamo questa mania generalizzante. 

Allora che cosa fare in queste situazioni? Beh, come vi dicevo, purtroppo è un’esperienza pesantissima, terribile, credo che sia una delle peggiori. E cosa fare? Una cosa sola: pregare Dio, basta, non si può fare altro, parlare è inutile, spiegarsi non serve a niente.

Perché tanto quando scatta questa furia cieca, se questi si mettono in testa che devi morire, devi morire. Pregare perché il Signore magari susciterà un Daniele, susciterà qualcuno che avrà il coraggio, perché comunque Daniele è stato coraggioso, un ragazzo che si mette contro tutti e ferma tutto. Non è così frequente trovare persone così coraggiose. Che si alzano in piedi a dire: “No, un momento, io non c’entro niente”. Non è così frequente.

Pregare… e se nessun Daniele si alzerà… aveva ragione la casta Susanna:

“Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!”

Quindi chiediamo al Signore questa grazia grande di vivere sempre con questa profonda, radicale rettitudine. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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