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Tendere sempre a Gesù – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.19

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Tendere sempre a Gesù – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.19
Lunedì 8 aprile 2024 – Annunciazione del Signore

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Lc 1, 26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 8 aprile 2024. Oggi si festeggia l’Annunciazione del Signore. Questa ricorrenza è stata spostata a motivo del fatto che il 25 di marzo cadeva nella Settimana Santa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal primo capitolo del Vangelo di san Luca, versetti 26-38.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del testo di san Manuel González, la trascrizione di questa conferenza.

Il ritorno

Io non credo che ci sia tra gli uomini della Azione Sociale Cattolica, chi si azzardi a proporsi di andare al popolo solo per migliorarne la situazione economica, intellettuale e giù di lì. Questo è buono e degno di ogni encomio e, anche se non siamo riusciti a ottenere di più, abbiamo tuttavia operato come cristiani e meritato i beni di Dio e della società. Perché è certo che la fede mette nell’anima del cristiano una sensibilità tanto squisita, che tutta l’ingiustizia e tutto il dolore producono in essa la loro impressione e come un obbligo impellente di procurare rimedio. Però, signori, se cerchiamo veramente il bene del popolo e tutto il bene del popolo, se cerchiamo non solo di sradicare il cattivo frutto, bensì anche l’albero e la radice che lo hanno prodotto, dobbiamo andare ad esso non solo perché siamo cristiani, ma per farlo cristiano, perché unicamente facendolo cristiano e cristianizzando tutto quello che lo circonda, si ha modo di riparare quelle ingiustizie e dissipare quei dolori che tanto hanno ferito la nostra sensibilità di cristiani, e tagliare la radice dell’albero marcio dal quale sono venuti quei frutti cattivi. Bisogna dare a ciascuna cosa il suo posto: non facciamo diventare un fine quello che è un mezzo.

San Manuel dice che è importante avere a cuore la situazione economica, la situazione intellettuale, la situazione sociale di un popolo, di una parrocchia, delle persone a noi affidate; è importante, degno di encomio, è buono. E poi, chi ha fede sente tutta l’ingiustizia, tutto il dolore che certe situazioni sbagliate, brutte, ingiuste, producono e sente di dover porre rimedio. Però san Manuel dice che questo non è sufficiente e che, se noi veramente vogliamo tutto il bene del popolo, allora bisogna andare a sradicare l’albero e la radice che ha prodotto il male. Quindi dobbiamo andare al popolo non solo perché noi siamo cristiani, ma per farlo cristiano. Vale a dire: ci andiamo come cristiani, ma non semplicemente per fare un servizio importante. Ci andiamo per rendere cristiano quel popolo, perché — dice san Manuel — “unicamente facendolo cristiano e cristianizzando tutto quello che lo circonda, solo così si ha modo di riparare alle ingiustizie; solo così si ha modo di dissipare quei dolori che hanno ferito la sensibilità dei cristiani; solo così si può tagliare la radice dell’albero marcio dal quale sono venuti i cattivi frutti”.

Cioè, se tu vuoi risolvere un problema d’ingiustizia, di degrado, di tutto quello che non va, anche a livello sociale, il modo — dice san Manuel — non è semplicemente quello di andar lì e aiutare quelle persone ad affrontare quelle situazioni, no! Lui dice: noi dobbiamo cercare tutto il bene del popolo, non semplicemente fare del bene; quindi, dobbiamo tagliare la radice dell’albero marcio da cui son venute tutte queste ingiustizie, da cui son venuti tutti questi dolori, da cui è venuto tutto questo male che ha piagato e piegato il popolo. E come si fa? San Manuel dice che c’è un solo modo: farlo cristiano e cristianizzare tutto ciò che lo circonda, vuol dire portare Gesù! Questo è il modo per riparare alle ingiustizie, alle ingiustizie sociali, perché di questo sta parlando; poi anche quelle personali, ma innanzitutto quelle sociali. Questo è il modo di dissipare tutti i dolori che, di fatto, hanno ferito quel popolo. 

S. Manuel dice: mettiamo ciascuna cosa al suo posto, «non facciamo diventare un fine quello che è un mezzo». Il mezzo sono tutti quegli strumenti necessari per andare a sanare quelle situazioni di degrado e di ingiustizia che abbiamo già visto, per aiutare; ma questo è il mezzo, non è il fine. Il fine è fare cristiano il popolo, il fine è cristianizzare tutto ciò che lo circonda. San Manuel dice che non dobbiamo trasformare in fine il mezzo. 

Mi sembra molto chiaro: il fine non è fare del bene, il fine non è dare il pesce — come dice quel detto — ma insegnare a pescare. “Insegnare a pescare” per san Manuel vuol dire farlo cristiano, fare quell’uomo, fare quel popolo cristiano, cioè portare Gesù, fargli scoprire Gesù, fargli conoscere Gesù, la potenza umanizzante, salvifica, di Gesù; e allora, facendolo cristiano, cristianizzando tutto ciò che lo circonda, è chiaro che tu vai a strappare la radice dell’albero marcio che corrompe quel popolo, è chiaro! E lui, con la sua attività pastorale, ha dimostrato come questo è vero. 

Abbiamo visto proprio ieri tutte le opere sociali che S. Manuel ha fatto — la Cassa di Risparmio, due sartorie per i poveri, la panetteria economica, la biblioteca ambulante, il quartiere operaio, le scuole gratuite, un Monte di Pietà — ha fatto una marea di cose, quest’uomo; tutte cose sociali, oltre a quelle anche spirituali che poi lui ha fatto. Però vi fa capire come un uomo che rende cristiano, che cristianizza tutto ciò che sta intorno a quel popolo, poi fa maturare, fa sbocciare, fa fiorire quel popolo, capite?

Il termine

Abbiamo preparato il treno. Portati da lui siamo arrivati al popolo. Lo abbiamo a nostra disposizione, noi arriviamo con lui nel Circolo, nel Sindacato, nella Scuola, ecc. Abbiamo ottenuto per lui buoni salari, casa, roba da mangiare, abbonamenti economici. — vedete, cose molto concrete, molto ordinarie, molto di tutti i giorni. Qui si sta parlando di soldi, di cibo, di case, di abbonamenti — E adesso? Non c’è niente da fare con esso? Dobbiamo pensare solo ad adornare bene i vagoni, farli molto confortevoli, senza preoccuparci del termine e della direzione del viaggio? — capite, il termine e la direzione del viaggio; cioè, questo treno, dove sta andando, qual è lo scopo? — Ah!, Signori, il popolo non solo ha fame di pane, ma ha fame di molte cose che valgono più del pane! — di cosa ha fame il popolo? La gente, al tempo di san Manuel come oggi, qualunque persona, ovunque abiti, di che cosa ha fame? — Ha fame di verità, di simpatia, di benessere, di giustizia, di cielo e chissà, se se ne rende conto, di Dio. E se le lacrime dei suoi occhi ci spingono a muoverci a suo favore, le lacrime del suo cuore, le strazianti lacrime della sua anima, ci lasceranno in una impassibile neutralità? No, no. Bisogna procurargli, insieme o dopo il pane del corpo, il pane dell’anima. Bisogna imitare il Maestro, che dopo aver saziato di pane il popolo con un miracolo, lo prepara per annunciargli l’altro pane che dà la vita eterna.

Ricordate san Giovanni capitolo sei, il discorso sull’Eucarestia, sul pane del cielo. 

Quindi, dopo aver fatto tutte le opere sociali che ha fatto, S. Manuel dice: perché lo facciamo? Qual è il termine del viaggio? Il popolo non ha solo fame di pane, ma di molte più cose — anche di pane, perché tutti, se non abbiamo lo stomaco pieno, abbiamo fame, ma noi non abbiamo fame solo di pane — abbiamo fame di verità, abbiamo fame di simpatia, dite se non è vero! Fame di verità, simpatia, benessere, giustizia, di cielo, di Dio; ditemi se non è vero! Conoscete qualcuno che non ha fame di verità? Conoscete qualcuno che non ha fame di simpatia, che non ha fame di benessere, che non ha fame di giustizia, che non ha fame di Dio? Anche coloro che vanno a cadere nella superstizione, non c’entrano forse proprio con questo? Non hanno forse fame di Dio? Tutto quello che accade con la New Age, non è forse fame di Dio? Poi non lo si conosce, non si sa bene il volto di questo Dio, allora si vanno a fare cose sbagliate, però è una fame di Dio. E allora san Manuel dice: insieme o dopo il pane del corpo, bisogna procurare il pane dell’anima; come ha fatto Gesù, che prima li sazia nel corpo, e poi nell’anima.

Non ci sbaglieremo di strada

Se la Azione Sociale Cattolica, non persegue altra cosa che risolvere i problemi economici, elevare le classi (sociali), annullare le disuguaglianze, rendere economici gli alimenti, ecc. non procurando con lo stesso affanno l’altro e dandole il primo posto, o lasciando che risulti come una conseguenza naturale di tutti questi benefici economici e sociali, io mi permetto di credere che questa Azione Sociale conseguirà solo effetti molto relativi e passeggeri a motivo del non aver toccato il male nella sua radice, o vedrà realizzato una volta in più il proverbio “colui che dà il pane al cane altrui perde il pane e perde il cane”. Perché, non dimenticatelo, il popolo, mentre non lo facciamo nostro attraverso la religione è un “cane altrui”, che verrà al nostro campo per prendere il pezzo di pane che gli diamo e, quando lo ha preso, ci volterà le spalle per andare a mangiarselo nelle botteghe socialiste e anarchiche.

Con questo io non dico che si formino i nostri Centri e le opere sociali per riunire gli uomini e pregare con loro il santo rosario tutte le notti o portarli per mano a Messa tutte le domeniche; né che queste opere siano confraternite con fini di pietà e l’una o l’altra applicazione sociale. No, ciò che dico è che se non vogliamo che i nostri avversari ci schiaffeggino chiamandoci ipocriti, dico che se siamo uomini di azione, dal momento che siamo cristiani, è normale scegliere Cristo con tutte le sue conseguenze. È normale cercarlo in tutte le nostre opere sociali. È giusto non dimenticare che le nostre opere, per molto popolari e di beneficenza che siano, e per quanto le presentiamo mascherate, si attirano prevenzione e odio, perché questa è la sorte di Cristo e delle sue opere nel mondo; è essenziale in una parola, alla Azione Sociale Cattolica andare sempre e tendere sempre a Cristo.

Guardate che è di una lucidità, di un equilibrio, quest’uomo, che è incredibile! 

Lui dice: se lo scopo del nostro essere cristiani, della nostra carità — oggi tanto famosa — è solo: «risolvere i problemi economici, elevare le classi (sociali), annullare le disuguaglianze, rendere economici gli alimenti, ecc. non procurando con lo stesso affanno l’altro e dandole il primo posto, o lasciando che risulti come una conseguenza naturale di tutti questi benefici economici…» — cioè che il credere in Dio diventa la conseguenza, e non si dà a Dio il primo posto — allora lui dice: io mi permetto di credere che questa Azione Sociale Cattolica produrrà solo effetti relativi e passeggeri, perché non ha toccato il male nella sua radice. “Colui che dà il pane al cane altrui perde il pane e perde il cane” (io non ho mai sentito questo proverbio, ma è molto bello) perché il cane se ne va, mangia il tuo pane e se ne va, perché è di un altro: è questo il punto!

Dopo noi ci stupiamo che i nostri ragazzi, finita la cresima, scappano via e non vengono più in oratorio. Ma pensiamo, ragioniamo sulle cose! Possibile domanda che nasce: non è che forse sono venuti fino alla Cresima, a catechismo, all’oratorio, in chiesa, perché erano obbligati? Obbligati da che cosa? “Se tu vuoi i sacramenti, se tu vuoi la confessione, se tu vuoi la comunione, se tu vuoi la cresima, devi fare questo percorso di catechismo, e questo percorso di catechismo prevede che tu venga anche alla Messa”. Quando non ho più il “pane” da darti — il pane inteso come i sacramenti — ecco che spariscono. Ma allora quando non ho qualcosa che ti interessa da darti, dal momento in cui non ce l’ho più, questi vanno via, perché appartengono ad altro! Ora la domanda che si pone è: ma in tutti questi anni di catechismo, di formazione, di oratorio — san Manuel dice: «non aver toccato il male nella sua radice» — è stato mostrato come Gesù debba essere il centro di queste vite e perché lo deve essere? Questi ragazzi sono stati cristianizzati? Se dopo la cresima scappano via, a chi appartengono? Scappano via per andare dove? A fare cosa?

“Per andare dove”, “a fare cosa”, rivela a chi appartengono, a cosa appartengono. Evidentemente non è stato toccato l’albero e le sue radici sbagliate; evidentemente quell’albero ha continuato a produrre frutti e, dopo la cresima, si raccolgono questi frutti; e quali sono? Che questi spariscono, non c’è più nessuno. Perché appartengono ad altro! Sono venuti a ricevere i sacramenti ma, intanto, il loro cuore, la loro mente era altrove; loro venivano, ma non appartenevano a Gesù, non appartenevano a quel cammino, non lo sentivano proprio; e quindi, appena non hanno più avuto ciò che gli interessava, hanno fatto come il cane che non ha più il pane che gli serve per mangiare: ritorna a colui a cui appartiene. Colui che dà il pane al cane altrui perde il pane e perde il cane, e quindi questi ragazzi spariscono. 

La domanda è: allora forse bisognerebbe rivedere — non so, è un’idea che mi viene, poi magari sarà sbagliata, sicuramente sarà sbagliata — il modo in cui viene fatto tutto questo percorso, perché forse questi ragazzi non sono stati veramente cristianizzati. Cioè, tradotto vuol dire: non sono stati fatti innamorare del Signore, non hanno percepito l’appartenenza a Dio come la più importante, la più bella della loro vita. Nella loro vita ci sono altre appartenenze, per esempio: l’appartenenza al mondo, l’appartenenza alle cose del mondo, l’appartenenza alle logiche del mondo, l’appartenenza alla vita del mondo, allo stile del mondo, al pensiero del mondo, al gusto del mondo; e quindi torno, vado a chi appartengo. 

Tu mi hai dato quello che mi interessava avere, così sono a posto, ho fatto il mio percorso, un po’come quando uno dice: devo fare la quinta elementare per passare alle medie, poi faccio l’esame, poi vado alle superiori, ho il diploma. Ecco, una volta che ho il diploma prendo e vado altrove, poi faccio l’università, ho la laurea, poi prendo e vado. 

E così fanno col catechismo: prendo i miei sacramenti e poi vado. Solo che io non posso pensare ai sacramenti come se fossero il diploma o la laurea, che una volta ricevuti prendo e vado e lascio la scuola. Quella è la tua chiesa, quella è la tua parrocchia, quei sacramenti servono a te per vivere, ti vengono dati per vivere la tua vita cristiana ogni giorno, non per prendere, andare via e fare altro. Sennò perché li ha ricevuti? Infatti, san Manuel scrive: «mentre non lo facciamo nostro attraverso la religione è un “cane altrui”», vedete: appartiene ad altro! Se non lo rendi parte effettiva, cosciente di quella realtà parrocchiale, del suo essere chiesa, è di un altro! Quindi, scrive san Manuel: «verrà al nostro campo per prendere il pezzo di pane che gli diamo», certo, e «quando lo ha preso — quando ha ricevuto tutto, quando ha fatto la cresima — ci volterà le spalle per andare a mangiarselo nelle botteghe socialiste e anarchiche». Nel periodo di san Manuel, era questo un po’ il problema; oggi non ci saranno più le botteghe socialiste e anarchiche, ma c’è altro! E quindi i ragazzi vanno altrove, perché come avevo detto prima, non sono stati cristianizzati, non sono stati fatti innamorare di Gesù. E quindi Gesù, Buddha o qualsiasi altro, è uguale per loro! Gesù, non assume evidentemente questa posizione di unicità, di imprescindibilità; santa Teresa direbbe: “non hanno evidentemente sviluppato una vera amicizia con Gesù”; perché sennò, non puoi prendere e andartene, ma anzi, proprio perché hai ricevuto tutti questi doni, il tuo impegno diventerà ancora più grande; e invece non è così.

E san Manuel dice: questo non vuol dire che quando formiamo i nostri centri o le nostre opere sociali dobbiamo stare con il Rosario in mano tutte le notti, portarli per mano a Messa tutte le domeniche; non è questo, non sta dicendo questo. Lui dice: “non è questo che dico, quello che dico è che è normale scegliere Cristo con tutte le sue conseguenze. Scegliere Gesù comporta delle conseguenze e bisogna agire di conseguenza; quindi, è normale cercarlo in tutte le nostre opere sociali; e non dobbiamo mai dimenticare che queste opere, per quanto mascherate siano, si attirano prevenzione e odio, perché è quello che capita a Gesù e alle sue opere nel mondo. Però ogni azione sociale, ogni azione cristiana, tende sempre a Gesù, deve sempre tendere a Gesù”.

Vedete queste riflessioni, questa conferenza quanto è importante, quanto è densa; è per questo che ve l’ho voluta sottoporre.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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