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Essere stimati – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.117

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Essere stimati – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.117
Domenica 25 febbraio 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mc 9, 1-9)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 25 febbraio 2024. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal nono capitolo del Vangelo di san Marco, versetti 1-9.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati capitolo trentaseiesimo, paragrafo sesto. 

6 — Per amor di Dio, sorelle, guardiamoci dal camminare per questa via, perché vi si sbaglia fin dal principio. Piaccia a Dio che per seguire questi brutti punti di onore, non si finisca col perdersi! Oh, se si comprendesse in che consiste il vero onore! Eppure alle volte si ha il coraggio di credere di aver fatto fin troppo col perdonare qualche miseria di queste, in cui, dopo tutto, non v’è nulla di ingiurioso né di offensivo. E poi, come se avessimo fatto un grande sforzo, ci presentiamo al Signore per domandargli perdono col pretesto di aver anche noi perdonato!… Ah! Signor mio, fateci intendere che non comprendiamo nulla, e che le nostre mani sono vuote! Degnatevi sì di perdonarci, ma soltanto per la vostra misericordia! Giacché tutto quaggiù ha da finire, mentre il castigo dovuto ai nostri peccati deve essere eterno, null’altro vedo, o mio Dio, che meriti di esservi presentato per ottenere in ricambio la grande grazia del perdono, fuorché questo vostro Figlio divino che così vi prega.

7 — Oh, quanto stima il Signore la carità vicendevole! Il buon Gesù, infatti, poteva avanzare altre ragioni e dire: “Perdonateci, o Signore, perché facciamo molta penitenza, perché preghiamo molto, perché digiuniamo, perché abbiamo lasciato per Voi ogni cosa e vi amiamo assai”. Non ha neppur detto: “Perdonateci perché siamo disposti a sacrificare per Voi anche la vita” ed altre cose del genere, ma soltanto: Perdonateci perché perdoniamo. Credo che abbia posta questa condizione perché, sapendoci tanto attaccati ai brutti punti d’onore, vede che per noi non vi è nulla di più difficile che calpestarli; e poiché calpestandoli si rende al Padre un gratissimo sacrificio, il Signore glieli offre in nome nostro.

Allora, come possiamo vedere, ritorna, continua, questo tema dei punti di onore, per i quali si fanno guerre per niente, perché di fatto, poi, non c’è nulla di ingiurioso, né di offensivo, sono proprio stupidaggini, son proprio legati al nostro orgoglio. Lasciar perdere questi punti d’onore richiede un grandissimo sforzo, lei dice.  Quindi uno dice: “Ah, se ho fatto questo, ho perdonato”. Beh, insomma…

Ritorna anche questo tema, già trattato, del castigo dovuto ai peccati, che è un castigo eterno. Anche questo ci fa capire, ci fa ricordare, quello che già abbiamo studiato, e cioè che il peccato comporta anche una pena, come ogni male che facciamo, come ogni torto che facciamo, come ogni cosa brutta che facciamo. “Comporta una pena”, cosa vuol dire? Non è che vuol dire che io sono un poveretto e Dio invece è spietato e mi colpisce, no! “Comporta un castigo”, tradotto nella nostra lingua, vuol dire che comporta una responsabilità. Ciascuno dei nostri atti, comporta una responsabilità, e ciascuno deve rispondere alle sue responsabilità.

So che oggi non va molto di moda questo tema delle responsabilità, però è così. Siamo chiamati a rispondere delle nostre responsabilità, siamo chiamati a dare ragione. E lei ci richiama all’importanza della carità vicendevole. Infatti, lei dice che Gesù poteva dire: perdonateci perché noi facciamo penitenza, perché preghiamo molto, digiuniamo, eccetera eccetera; invece no, “perdonateci perché noi perdoniamo”; quindi, dobbiamo imparare a perdonare.

Questi punti di onore, questi brutti punti di onore, lei dice che non vi è nulla di più difficile che calpestarli; e, quando li calpestiamo, rendiamo al Padre un graditissimo sacrificio. Ecco: siamo in Quaresima, uno dice: “Che sacrifici posso fare? Che penitenza posso fare?”. Questa! Questo è un graditissimo sacrificio: calpestare i punti di onore.

Ecco, chiediamo al Signore questa grazia grande di riuscire proprio a calpestarli, di riuscire proprio a schiacciare questi punti di onore, di impegnarci.

8 — Considerate ancora, sorelle, il modo con cui si esprime: Come noi perdoniamo. Parla come di una cosa già fatta. Perciò esaminatevi se dopo aver ricevuto le grazie che Dio accorda nell’orazione, che ho chiamato di contemplazione perfetta, siete decisamente disposte a perdonare, e se all’occasione perdoniate veramente, per quanto l’ingiuria ricevuta possa esservi assai grave. Non parlo già di quelle bagatelle a cui si dà il nome d’ingiuria, ma che non toccano l’anima elevata da Dio a un’orazione così alta… Essere o non essere stimata importa poco a questa anima. Ho detto male: le dà più pena l’onore che il disonore, più disgusto la consolazione che i travagli. Dopo che Dio le ha dato il suo regno, non vuole altro quaggiù. Questa è la strada sicura che conduce al regno senza fine: l’anima lo vede, e vede pure per esperienza di quale utilità e profitto sono i travagli accettati per amor di Dio. Raro è infatti che Dio accordi tali grazie, quando prima non si siano sopportate per Lui, e volentieri, delle gravi tribolazioni. Perciò, come ho detto più sopra, le croci dei contemplativi sono molto pesanti, e il Signore non le manda se non ad anime già a lungo provate.

Quindi, bisogna essere disposti a perdonare, bisogna essere pronti a perdonare veramente, qualsiasi sia l’ingiuria ricevuta. Poi dice: la stima, ad un’anima di un certo livello — di questo livello dell’alta contemplazione — non interessa. Anzi — lei dice — a quest’anima dà più fastidio l’onore che il disonore, perché ormai ha scoperto il Regno di Dio e le interessa solo quello. E vede l’utilità e il profitto dei travagli accettati per amor di Dio. Questo è importantissimo: accettare le nostre sofferenze per amor di Dio. E dice ancora: Dio accorda tali grazie quando un’anima è stata disposta a soffrire. E, a quel punto, allora, stiamo veramente uniti a Gesù, e stiamo realizzando il “Padre nostro”. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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