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“Questo” Mistero è grande!

Roma

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 27 ottobre 2020

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

“QUESTO” MISTERO È GRANDE

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 27 ottobre 2020.

Abbiamo appena ascoltato la prima lettura di oggi, tratta dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini, capitolo V, versetti 21-33.

Che bello questo quadro che San Paolo fa del rapporto sponsale! Quanto ritorna costantemente il termine “aver cura”! Quanto ritorna il termine “chi ama la propria moglie ama se stesso”!

“… amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa… ”

Bellissimo! Bellissimo!

A leggere queste parole: “Ciascuno di voi ami la propria moglie come se stesso”, vien voglia di sposarsi, perché sono proprio belle, nel senso che dipingono il rapporto sponsale in un modo meraviglioso.

Dobbiamo chiederci se noi permettiamo a queste parole di realizzarsi nella nostra vita. Cosa voglio dire? Voglio dire che io devo permettere a queste parole di realizzarsi, a questo quadro meraviglioso del matrimonio devo permettere di realizzarsi.

Come posso sapere, se una persona veramente mi ama? Questa credo che sia la domanda fondamentale, che dobbiamo porci. Perché tanti dicono: «Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo… », no? Io come faccio a sapere veramente, se quella persona mi ama?

Quella persona mi ama se, prima di amare me, ama Dio. Allora io posso avere la certezza che mi possa amare.

Solo una persona che innanzitutto ama Dio, può avere cura e può custodire il mio cuore. Nessun altro!

Dio, invece, non è messo sempre e subito come prima istanza di verifica di una relazione.
Le istanze di verifica di una relazione sono: “mi piaci”, “sei bella”, “sei bello”, “sei il mio tipo”, “sei la mia tipa”, “hai un lavoro”, “sei simpatica”, “sei simpatico”, “sei una persona capace, brillante, intelligente”, “stai bene economicamente”, “hai già una casa”, “sei in salute” e via di seguito…

Dio viene per ultimo, magari non viene proprio.

Poi, quando tutte queste cose passeranno in secondo piano — perché la bellezza svanisce, i soldi finiscono, il lavoro termina e si va in pensione, la salute passa e via di seguito — rimaniamo tu e io, ma tu e io non riusciamo a stare in piedi, se in mezzo non ci sta Dio.

Tu e io ci stanchiamo, dopo un po’ ci stanchiamo, perché la vita sotto lo stesso tetto è pesante, l’ordinarietà dell’esistenza è pesante.

È pesante quando tutti i giorni ti devi svegliare, poi devi andare al lavoro, poi devi curare i bambini, poi devi preparare la casa, poi devi fare la macchina da lavare, poi devi andare a fare la spesa, poi devi ritirare i panni, poi devi cucinare, poi devi stirare, poi devi pulire la casa, poi devi fare i compiti con i bimbi, andarli a prendere scuola, portarli a catechismo, portarli a fare la ginnastica…

È pesante!

Giorno 1, giorno 2, giorno 3, giorno 4… , al giorno 300, al giorno 3000, è pesante!

Se in mezzo non c’è un datore di senso a tutto questo, che può essere solo Dio, esterno ai due, si crolla e si entra nella banalità, nella ripetitività, come dire, nella routine, tutto diventa una routine.

Ci si abitua ad essere famiglia e si perde l’altezza di queste parole: “Io ho lasciato mio padre, ho lasciato mia madre, per unirmi a te, per essere una sola carne con te”.

Capite? “Essere una sola carne”, cosa vuol dire? Vuol dire essere proprio un tutt’uno!

Ma io non penso innanzitutto all’aspetto sessuale, anche quello, ma quello può finire anche quello finisce, non è che può durare fino alla fine del tempo!

Capite? Ogni stagione ha i suoi frutti, ogni età ha la sua possibilità, quello che posso fare a 30 anni non lo posso fare quando ne ho 90, sia come lavoro, sia come prestanza intellettuale, sia come tutto, no?

Quindi, tante cose vengono meno, ed “essere la medesima carne” che cosa vuol dire, se non avere questa unità interiore, dove addirittura anche il corpo sente di essere di… , di appartenere a… , di vivere per…?

Mi ha commosso vedere un video, qualche giorno fa, di questi due anziani, che sono stati separati per il covid, poi si ritrovano e piangono mentre si accostano, uno in carrozzina e lei zoppicando un po’, si accostano per abbracciarsi e piangono.

Quanto si sono amati nelle loro vite e quanto si amano tutt’ora! Questo aver cura, questo potersi rivedere, questo poter stare insieme…

Ieri ve l’ho detto, oggi ve lo ripeto e penso che ve lo ripeterò fino a non so quando: «Bisogna fare rete!» Bisogna fare rete perché le famiglie alle volte sono sole, sono abbandonate a se stesse, ai loro drammi, alle loro fatiche, alle loro difficoltà, ai loro pesi.

Io dico: «Ma scusate, tanto diciamo che è importante avere dei bambini e delle famiglie numerose, che è bello e quant’altro, va bene, ma se un papà e una mamma hanno tre, quattro, cinque figli e hanno un lavoro rispettivamente l’uno e l’altro, e ci sono dei vicini che non hanno figli o che sono anziani, ma ancora prestanti, sui 60, i cui figli sono usciti di casa, sono anche lì da soli, magari non fanno i nonni, magari hanno più tempo, ma perché non aiutarli?»

Perché non dire: «Guarda, senti, te li tengo io»?

«Ma sì, vengo lì io o falli venire qui da me, vai fuori con tuo marito a mangiare al ristorante! Fate una bella serata di pesce, se ti piace, o di carne — non il venerdì però — e vai a mangiarti un una bella porzione di profiteroles, un bel gelatone, una bella torta, come piace a te! Passa una serata, come forse è da tanto tempo che non ne passi più con tuo marito, perché ingoiati, travolti dalle cose da fare, non avete più tempo per voi due, per stare insieme voi due, invece è fondamentale questo tempo!»

Non si può sempre solo essere per… , bisogna essere anche con…

È bene che recuperino anche questo bello stare insieme, no? Di fatto poi cosa fa uno, quando trova l’amante? Fa quello che dovrebbe fare con la moglie, cioè fanno i fidanzatini, vanno a bere il caffè insieme, si tengono la mano, vanno a fare le cene, vabbè poi tante altre cose… , ma queste cose qui si fanno perché si sono perse dentro al matrimonio, andrebbero recuperate.

Di sicuro non pregano insieme, va bene, però anche questo è importante, è fondamentale in una famiglia! Pregare insieme, tutti i giorni, con i propri bambini, fin da piccoli!

Perché è importante fare rete? È importante fare rete per dirci: «Ma qui siamo cristiani, siamo in un condominio di dieci famiglie cristiane, ma possibile che non ci possiamo aiutare? Perché devi prendere la baby sitter, che costa e sono altri soldi che escono: ma ti aiuto io! Te li tengo io, ma stai in pace, vivi tranquillo e sereno, ci penso io!»

Tante persone un po’ anziane vanno a pulire le chiese, fanno i gruppi a cicli di pulizia delle chiese; boh, io non so se dico una cosa assurda, ma perché non si offrono anche e dicono: «Senti, fate così questo weekend, andatevi a fare una bella passeggiata! Io e la mia amica Priscilla vi puliamo la casa, ve la sistemiamo e vi stiriamo quella montagna, quella pila di indumenti da stirare, che tra poco sembra di vedere l’Everest, possiamo farci le discese di sci a slalom, slalom gigante però eh, perché qui veramente, tra poco, quello che sta sotto è da rilavare tanto è impolverato, oramai».

Del resto, una giornata ha ventiquattr’ore, non è che si può inventare di più, no?

Questa povera donna, cosa è che può fare di più? I miracoli? No, no, non può fare i miracoli, non ha i topolini come Cenerentola, che le vanno a stirare e rammendare le cose, no, quindi deve fare lei, se non ha i topolini.

Perché non fare queste cose? Perché non renderci disponibili? Perché non aiutare queste famiglie? Fare rete! Bisogna fare rete, rendersi presenti, dirsi, aiutarsi! Bisogna smetterla di essere superbi e fintamente umili! «No, ma io non voglio disturbare! No, ma io non voglio essere invadente! No, ma io non voglio che magari pensino che io…»

Ma lascia perdere questi discorsi da beghine! Lascia perdere questi discorsi da Donna Prassede, da Perpetua di Don Abbondio, ma salta fuori da te stessa, ma svegliati un po’, ma impara ad essere una donna, un uomo cristiano di Cristo!

Ma, secondo te, Santa Teresa, San Giovanni della Croce, San Francesco, San Vincenzo de’ Paoli facevano questi discorsi?

Quando San Francesco è andato a baciare il lebbroso, faceva questi discorsi?

Ma per l’amor del cielo!

Ma per l’amor del cielo, finiamola di stare dentro a questi meccanismi borghesi pidocchiosi, dove stiamo lì a guardare di non…

Sapete, come in quelle case…

Mamma, mi ricordo quando ero ragazzo…, quelle case dove per entrare dovevi usare le pattine.

No, veramente, guardate, io ne ho in mente una… Io, ragazzo, che andavo a trovare questa compagna di scuola, studiavamo insieme (immaginatevi, io facevo le superiori, quindi arrivavo là in bicicletta tutto sudato, un po’ accaldato), appena entravo: «Giorgio, metti le pattine!»

«No, ti prego, le pattine no! Tutto, ma le pattine no! Guarda, se vuoi cammino sulle mani, ma le pattine no!»

Mi inchiodavo con le pattine, cadevo, facevo un passo, due passi, poi mi inchiodavo sul pavimento, inciampavo e quindi cadevo per terra.

Sarà che sono un po’ imbranato, non lo so, però queste pattine… o sul pavimento ci metti giù quattro litri di cera, altrimenti con queste pattine…

Io sciavo, ma non è come andare sulla neve che vai giù e voli, lì con queste pattine se prendi in mano qualcosa, l’attrito c’è, la pattina rimane indietro e tu vai avanti, capite?

Io dicevo: «Perché le pattine? Ma a cosa ti servono le pattine?»

«Perché, sai, se no si sporca il pavimento».

Il pavimento è stato pensato da Dio per essere sporcato, capisci?

Come le posate sono state pensate da Dio per essere sporcate, come i tuoi figli sono stati pensati da Dio per essere sudati!

Io avevo quei miei compagni, le cui mamme, dopo quattro ore di gioco, a “libero in croce”, “ce l’hai!”, a saltare la corda e nascondino, ad arrampicarci sui garage, a non so quali altre cose, arrivavano e dicevano: «Vieni qui, che sento se sei sudato!» e gli mettevano due dita dietro la schiena.

Io li guardavo e dicevo: «Questa è peggio di una tortura coreana, o cinese. Ma cos’è questa roba? Ma è chiaro che è sudato!»

Mi ricordo che una volta, per salvare un mio amico…

Non era sudato… di più! Non c’era un millimetro cubo del suo corpo che non grondasse sudore (avevamo fatto i pazzi, poi era giugno, ci eravamo rotolati nella terra, eravamo una roba pazzesca, indescrivibile, eravamo più neri che bianchi) mentre arriva questa mamma solita, che deve sentire se era sudato, perché noi dovevamo giocare senza sudare, vabbè.

Allora, io lo vedo, poverino, mentre lui era col terrore negli occhi, “crepati”, tipo Willy il Coyote, e gli dico: «Vai via, nasconditi! Vai a lavarti a una fontana, asciugati! Vado io dalla tua mamma!»

Quindi sono andato là dalla mamma (a me gocciolavano persino le dita, cioè il sudore mi scendeva dalle braccia e mi gocciolava tra le dita e mi cadeva per terra dalle unghie, una roba pazzesca) e le dico: «Signora, Xy non c’è, adesso arriva, però non siamo sudati, tranquilla! (mi gocciolava nella bocca il sudore, dal naso) Non siamo sudati! Non abbiamo corso tanto, un pochino, ma non siamo sudati!»

Capite? Noi abbiamo bisogno di viverla questa vita!

Le pattine vanno bene per metterci sopra il gatto, o il criceto, o il topo d’India, a farci il nido, a dormire, ma non noi a camminare! Sporchiamo i pavimenti? Viva il Signore! Viva il signore che abbiamo sporcato il pavimento!

Siamo sudati? Vuol dire che siamo vivi, vuol dire che ci stiamo divertendo, vuol dire che stiamo giocando, vuol dire che facciamo rete!

Capite? Vuol dire che stiamo insieme! È importante questa cosa! Tutto questo comporta un rischio? Sì, sempre! Il rischio di essere rifiutati, il rischio che gli altri pensino male di te, il rischio che… non so quale, tutti i rischi che volete, qualunque rischio va bene!

Ma vi rendete conto di San Luigi, che ha corso il rischio di prendere la peste, si carica l’appestato sulla schiena, lo porta a essere curato, prende la peste e muore a venti e rotti anni?

Ma se non vivi la vita così, che senso ha vivere la vita? Che vita viviamo?

La vita dei morti che camminano, degli zombie, ma non viviamo la vita dei figli di Dio!

Che non vuol dire diventare dei disperati (vabbè alle volte sì, anche quello!), ma vuol dire soprattutto capire che di vita ne abbiamo una sola, i giorni passano, non tornano più questi giorni, quindi dobbiamo fare di tutto perché le cose belle fioriscano!

Dobbiamo fare qualunque cosa, aiutarci e aiutare, ed essere accanto a tutti coloro che possono avere bisogno di aiuto e regalare momenti di pace, di serenità, di unità, di verità.

Un marito e una moglie hanno bisogno anche di fare verità, hanno bisogno di uscire una volta a cena, di fare una passeggiata insieme, di andare mano nella mano!

Qui oggi sono andato in questo bellissimo parco di Villa Pamphili, bellissima, cosa strepitosa, ne ho visto un pezzettino, poi sono tornato indietro, mai visto un parco così bello, bellissimo proprio!

Ho visto i cigni, ho visto le oche che vengono lì a mangiare il panino dalle mani dei bambini, dicevo: «Gesù, ma che bello è? Ma quanto bello è tutto questo!», poi mi sono seduto ad un certo punto su una panchina e ho visto davanti un panorama bellissimo: questi alberi altissimi, questi colori autunnali stupendi, mi sembrava un po’ come quando ero al parco a Dublino.

A Dublino c’è un parco bellissimo, che attraversavo sempre per andare a studiare l’inglese, però questo di Roma è più bello del parco di Dublino, bisogna dire che è molto più “pratoso”, molto più aperto, molto più “coloratoso”.

Mentre ero lì al parco, guardavo le persone (a me piace guardare le persone), guardavo le persone e vedevo queste mamme con i loro bambini, questi genitori, questi amici, questi compagni di studi, si vedeva che erano ragazzi universitari, che erano lì che parlavano, studiavano, chiacchieravano, stavano insieme, se la raccontavano, dicevo: «Guarda che bello, questi fanno rete, questi fanno rete!»

Vedevo anche gente da sola, soprattutto persone anziane, da sole, sedute, sole, queste non fanno rete e non c’è nessuno che fa rete con loro.

Noi dobbiamo fare rete, farci presenti, non aver vergogna di dire: «Senti, ma stasera vieni a mangiare da me?», interessante, oppure ancora più interessante: «Senti stasera vengo a casa tua a cena, ti va?»

«No, non ho niente di pronto!»

«Ma che cosa ci interessa di qualcosa di pronto! Mica vengo a mangiare, cioè vengo sì a mangiare, ma io non vengo per riempirmi la pancia, non è questo lo scopo, non sono mica denutrito!».

Ma noi ci comportiamo come se fossimo denutriti. Io non sono mica denutrito, vengo lì a cena ma è una scusa, lo sappiamo tutti che è una scusa, non è che vengo perché sono interessato a mangiare, poi certo se c’è qualcosa di buono, meglio, però io non vengo mica perché devo mangiare, vengo per stare insieme.

Magari tu ti devi un po’ svegliare ad invitarmi. Allora mi invito io, mi auto invito.

La cosa più bella? Andate là senza auto invitarvi, suonate i campanello e dite: «Io sono qui a cena, questi sono i pasticcini, ci stai?»

«Io sono qui a cena, mi sono portato il pane pugliese! Facciamo una bella bruschetta e due spaghetti, aglio, olio e peperoncino, così non sporchiamo pentolini, padelline di sugo e quant’altro, via, così, ma stiamo insieme!»

Poi ci mettiamo su i pomodorini pachino, ci mettiamo su un po’ di quel buon olio pugliese con il sale, quello buono, poi ci mettiamo su un po’ di basilico, mettiamo un attimo nel forno poi li prendiamo e ce ne facciamo una pelle e intanto, e intanto facciamo rete, costruiamo le maglie della rete, costruiamo la maglia della rete.

Dobbiamo fare rete e, fare la maglia della rete, vuol dire fare nodi, vuol dire fare quadrati, vuol dire che nessuna maglia si può rompere, perché se no si spacca su tutto.

Vuol dire che dobbiamo ogni giorno ricucirla questa rete e pensate se facciamo questo all’interno di un matrimonio…

Siamo fidanzati? Bene, cresciamo nell’amore per il Signore insieme, custodiamoci uno con l’altro nell’amore per il Signore e facciamo rete tra di noi!

Non che, siccome siamo io e te, basta, tutto il resto non conta più!

No, più siamo io e te, più dobbiamo aprirci agli altri, dobbiamo cercare gli altri, più dobbiamo stare insieme agli altri, più dobbiamo diventare contagiosi di questa bella esperienza che stiamo facendo io e te, della bella esperienza dell’essere insieme, dell’avere cura uno dell’altro, del volerci bene, del farci presenti, del dircelo, del dircelo quanto ci amiamo!

Io agli sposi qualche volta, o ai fidanzati anche, ma soprattutto agli sposi, dico: «Ma perché il giorno dell’anniversario, mensilmente, non una volta all’anno, ogni mese a quella data lì, perché non andate insieme in chiesa ad accendere una bella candela? Perché non dite una bella preghiera insieme, speciale? Perché quel giorno non vai a casa e porti un fiore?»

«Come mai oggi mi porti un fiore?»

«Oggi è il mese-anniversario è il “mesesario” del nostro matrimonio, del nostro dono, dell’esserci scoperti uno per l’altro, di quell’amore bellissimo che ci portiamo dentro e fuori, nei nostri bambini, è un giorno speciale!»

È bello! Per dei figli, guardate, non c’è niente di più educativo di vedere due genitori che si vogliono bene, che si rispettano, che non si insultano mai, che non gridano mai, che non alzano la voce, che si vogliono bene, che sanno parlarsi uno con l’altro, che sanno risolvere le cose insieme, che li coinvolgono, che coinvolgono i ragazzi…

È bello, è esternamente educativo!

Oggi ho postato su Facebook, sulla pagina pubblica delle omelie, il video di due sacerdoti polacchi, che vengono portati via dalla polizia in un modo terrificante.

Perché? Perché con la scusa del Covid avevano fatto questa Messa e c’era lì la gente, vabbè, qualcuno come al solito avrà detto che… e quindi…

Mentre li guardavo, sentivo le persone che urlavano, che gridavano, che cercavano di tenerli, pensavo: «Non potrebbe capitare a me o a qualche mio confratello che conosco, a cui voglio bene?»

Che roba è terribile, no?

E tutto questo perché accade?

Perché non facciamo rete, perché non siamo uniti!

Gesù è morto in croce, perché Giuda l’ha tradito! Giuda ha spaccato la rete e quindi, quel tradimento lì, è costato la vita al Maestro.

Di certo Gesù è andato incontro da figlio di Dio, da innamorato, alla sua morte, e l’ha vissuta fino in fondo, bellissima testimonianza; per noi l’insegnamento credo che sia che dobbiamo unirci e stare uniti, fare rete, volerci bene, aiutarci e conoscerci, conoscerci…

Quanti Cristiani ci sono in America, in Turchia, in Russia, in Inghilterra e non so dove?

Facciamo rete! Cerchiamo di farci conoscere, di farci conoscere e di conoscerci, sì, di farci conoscere e di conoscerci, di essere tutti insieme, perché questo essere rete permette ad altri di salvarsi.

La rete a cosa serve? A pescare, certo, ma anche a salvare coloro che cascano giù.

Quando c’è una rete robusta, chi casca nella rete, non casca per terra e si salva.

Chi di noi può dire di non cascare da un momento all’altro?

Chi di noi può dire, da un momento all’altro, di non avere un problema, di non fare un pasticcio, di non combinare un disastro, di non crollare?

Chi di noi può dirlo?

E noi abbiamo bisogno di qualcuno che ci prenda.

Ma se abbiamo accanto nessuno, chi ci prende? Nessuno!

E quindi abbiamo i suicidi, quindi abbiamo la droga, quindi poi abbiamo l’alcol, per forza, quando si è soli, dov’è che si va a finire?

Si va a finire nell’alcol, nella droga, nella pornografia, nella depressione…

Dov’è che si va a finire? Sei solo, cosa vuoi fare?

Ma quando in quella casa, in quella casa che è in quella vita, entrano dei volti, tutto fiorisce, tutto fiorisce…

Volti che ti interrogano, volti che ti cercano, volti che ti domandano, volti che sono interessati a te, volti per i quali ha valore svegliarsi al mattino, volti che sono la mediazione del Volto di Gesù. Gesù ci raggiunge attraverso questi bei volti!

Io devo ringraziare tanto il Signore, perché nella mia vita ho sempre avuto dei volti meravigliosi che, nonostante i miei pasticci, nonostante quello che sono, mi hanno sempre mediato il Volto bellissimo di Gesù.

Un Volto che ti spezza il fiato in gola, perché per la commozione ti fa piangere, capite? Perché uno dice: «Ma perché così tanto? Perché così bello? Perché tutta questa ricchezza proprio alla mia vita?» Questo è quello che davvero io vi auguro con tutto il cuore!

E sapete, non se ne ha mai abbastanza, non si può mai dire: «Ho volti abbastanza!»

No, c’è sempre posto per volti nuovi, perché ogni volto porta un frammento nuovo del Volto di Gesù, un’espressione nuova del Volto di Gesù e quindi noi abbiamo bisogno di questi volti, di stare proprio uniti insieme. Io vi auguro proprio di poterli incontrare!

Persone vere, autentiche, belle, oneste, semplici, amanti, amorevoli, amabili… ci sono, sapete, ci sono! Ci sono! Ci sono! Ci sono tante persone belle! Il mondo ci vuol far credere di no, ma non è vero!

Ci sono persone veramente grandiose a questo mondo, stupende, meravigliose, persone capaci di sacrifici enormi, persone oneste, persone che morirebbero piuttosto che compiere un atto sbagliato, che essere brutte, che…

Ce ne sono, ce ne sono, ci sono bellissime persone!

E sicuramente una di quelle che sta ascoltando adesso, che ascolterà questo audio, ecco, sicuramente dirà: «Anch’io sono una bella persona! Anch’io voglio dare quel frammento del Volto di Gesù, che porto dentro di me! Anch’io lo voglio dare ad altri!»

Facciamoci quindi presenti!

Facciamoci presenti nella vita delle persone, facciamoci presenti!

Cerchiamo di renderci presenti!

Quando sono partito per venire a Roma, mi ricordo che qualcuno mi ha scritto e mi ha detto: «Padre, ho pensato di venire a trovarla! Dopo un po’ di anni che ci stavo pensando, ho deciso di venire a trovarla domenica!» e io ho risposto: «Domenica io sarò a Roma, non ci sono più!»

«No, ma veramente? Avevo rimandato, rimandato, quando ho deciso, lei è partito!»

Questa è la vita, questa è la vita!

Ve l’ho sempre detto nelle omelie: «Devi cogliere oggi, adesso, in questo istante!»

«Ma è tardi, è sera!»

«Non ti interessa! Adesso è il momento!», perché quella persona può partire per Roma, può partire per Shanghai, può morire e tu rimarrai per sempre col rimorso di non avergli detto: «Ti amo!», di non avergli detto: «Grazie!», di non avergli detto: «Voglio essere tuo amico, tua amica!», di non avergli detto: «Voglio stare in tua compagnia!», di non avergli detto: «Andiamo a mangiare un gelato insieme?»

Quello che dice l’Innominato a San Carlo Borromeo: «Se anche tu non mi aprirai la porta, io resterò qui fuori dalla tua porta come un cagnolino, sullo zerbino, ti aspetterò!»
Non possiamo aspettare di dirla a qualcuno una frase così, perché questa frase ti cambia la vita, dà senso alla vita! Quindi, non aspettiamo domani, non aspettiamo dopo, ora! Adesso! Questo è il momento, questo l’istante! Questa è l’ora! Perché poi il treno parte, e quando parte, non ti rimane altro che un po’ di vento e basta.  Tu rimani da solo sulla panchina, come colui che ha perso un treno.

Ma per voi, per noi, non sarà così! Noi faremo rete!

Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo! Amen

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Sorridete, sorridete sempre!

Martedì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

PRIMA LETTURA (Ef 5,21-33)

Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.
Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.

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