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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 16° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 19 giugno 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 16° parte

Eccoci giunti a sabato 19 giugno 2021. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo VI di San Matteo, versetti 24-34.

Carissimi, non so a voi, ma a me questo Vangelo piace tantissimo, tutte le volte che lo ascolto mi fa sognare, è veramente un Vangelo bellissimo, è come quando guardo l’orizzonte fuori dalla mia finestra, questo cielo che non finisce più, questi colori meravigliosi, rosso, giallo, arancio, violetto, alle volte indaco, blu, azzurro, turchese, e poi i miei pappagalli. Mi hanno detto che Roma è stata colonizzata dai pappagalli verdi, questi pappagalli bellissimi. C’è un punto del parco della Villa Pamphili, quando vado a passeggiare, che mi sembra di entrare nella foresta di Sherwood, mi sembra di essere un po’ Robin Hood. È fatta in un modo particolare, tutta ombreggiata, e sembra di entrare in una voliera: tutti questi pappagalli che cantano, che fanno tutti i loro versi, ti passano sopra la testa, sono grossi, lunghi, affusolati, volano che è una meraviglia, vederli è una cosa che ti allarga il cuore, stare in mezzo ad una natura così bella, così incontaminata… Poi faccio due passi e vedo i miei cigni, grandi, con le papere, le anatre, insomma quando sento questo testo del Vangelo, questo riferimento ai gigli del campo, ai passeri del cielo, guardo i miei pappagalli e dico: “Pensa, loro vanno sulla pianta, mangiano le loro cose, e guarda come sono belli, io non sono mica bello come loro”. Sono bellissimi e il Signore gli dà tutto quello che gli serve. Poi ho scoperto che in questo laghetto dove ci sono i cigni e le papere ci sono anche le tartarughe d’acqua, ma giganti, mi sono spaventato, una volta ho detto: “Cosa sono quelle bestie lì che galleggiano?” Erano delle tartarughe d’acqua. Il Signore fa di quelle cose che sono strepitose. Un giorno vi darò appuntamento anche nella mia foresta di Sherwood, andremo a fare lì un momento goutè, come dicono in Francia, tutti insieme. Il parco è grandissimo, enorme, poi la Villa Pamphili è meravigliosa, ma questo punto particolare della “voliera”, io la chiamo così, questa voliera bellissima, sotto tutte queste piante messe una in fila all’altra, sotto sembra un sottobosco, tutto di erba bellissima, sembra un paradiso. Dio si preoccupa di tutto questo, e nessuno semina, nessuno miete. 

Ci sono delle volte in cui vi faccio partecipi dei miei sogni, un po’ infantili, ma a me piacciono… ogni tanto mi piace, quando sono lì a sognare e soprattutto quando leggo questo testo, lo leggo lì sotto, sotto ai miei pappagalli che volano — li chiamo miei ma non sono mei, ovviamente, li chiamo miei perché siamo diventati un po’ amici — mancano gli scoiattoli e poi siamo a posto. Quando sono sotto i miei pappagalli che volano e che cinguettano, con queste code lunghissime, verdi come lo smeraldo, leggo ogni tanto questo passo, li guardo e penso a quanto sono belli. “Come è grande il Padre! Come è meraviglioso Dio Padre che si occupa di tutto questo, come vi ha creati belli, come siete meravigliosi!”

Ogni tanto sogno e penso a come andrà a finire questo mondo, magari andrà a finire che dovremo un po’ ritirarci a vivere di caccia e di pesca, per come sta andando avanti la situazione, andare in qualche posto in mezzo alla natura, un po’ fuori da tutto questo ciarpame che c’è in giro, o magari noi che non mangiamo le more, ci metteranno chissà dove. Io vado subito, per amore del cielo, a me le more non piacciono. E penso: “Sarebbe bello anche questo, finire la mia vita in un posto così segnato dalla presenza di Dio nella natura.” 

Che bello, in questi posti dove sembra che Dio passeggi su questi fili d’erba verdi, freschi… poi qui è sempre ventilato, con questa brezza, che non so se venga dal mare, dalle colline, non so da dove venga. 

Qualche pittore mi ha scritto, si è fatto vivo, adesso dobbiamo fare una rete anche di qualcuno che ha qualche bel posto, qualche casa, baita, questi posti antichi che vengono ripresi in mano e rivitalizzati, un po’ fuori dal mondo, un po’ fuori da tutto, si faccia vivo, non si sa mai nella vita cosa può succedere. Se c’è qualcuno che ha un bel posto sul cocuzzolo o in mezzo al mare, un po’ fuori da tutto, dal mondo, un piccolo o grande — ancora meglio — eremo, cenobio, tipo monastero, si faccia vivo, nella vita non si sa mai cosa può succedere, magari un domani dovremo ritirarci e andare chissà dove, lontano dai mangiatori di more. Ogni tanto vi racconto un po’ anche i miei sogni infantili e scocchi. 

Un giorno, un bravo, carissimo Vescovo, mi disse: “Padre Giorgio, dovete fare rete, dovete fare rete. Gli empi fanno rete, i nemici di Dio fanno rete. Perché i cristiani non fanno rete?” Per una falsa umiltà, sapete, per una sorta di errore circa il nascondimento, il non disturbare. Sono tutte stupidaggini. Gli empi non si fanno questi problemi, assolutamente, non si fanno questi problemi. E anche noi dobbiamo fare rete, conoscerci, presentarci, dirci, già ve lo dissi:

“Io sono un falegname, ho questo bel posto… ”

“Ma cosa vuoi che serva… ”

Tu non lo puoi sapere, nessuno di noi lo può sapere. 

A un mio confratello ho detto:

“Io so cucire i buchi delle calze”

“Davvero! Ho un armadio pieno di calze bucate Padre Giorgio, aiutami! Non so come fare”

“Vieni qui, facciamo lezioni di cucito, così ti insegno, devi comprare l’uovo di legno però, perché se compri l’uovo normale e lo spacchi nelle calze viene fuori un disastro! Compra il tuo uovo di legno, prendi i tuoi aghi, il tuo filo e ti insegno a cucire”

Non che io sia un sarto, però me la so cavare con quello che ho imparato. E gli ho fatto un po’ vedere come rammendare le calze. Vedete? Se io non l’avessi detto lui, poverino, avrebbe avuto ancora l’armadio pieno di calze rotte, tutte bucate. Aveva dentro dei buchi mamma mia, sembrava la mia fede, e la Madonna sta lì sempre a ricucirmela. E quindi fatevi vivi, fatevi presenti, mettetevi a disposizione, non si sa mai nella vita cosa può succedere, potremmo veramente avere bisogno. Pensate quando nei tempi di guerra, di difficoltà, quando sono dovuti scappare tutti suoi monti, hanno dovuto rifugiarsi, fuggire, non si sa mai nella vita. Dovremmo fare una sorta di “prodigal city”, mi ricordo un film, dove c’era questo luogo un po’ agreste, si chiamava “Prodigal City”. 

Dopo questi momenti di piccoli sogni, che però chissà magari hanno un fondo di verità, vedremo cosa succederà nella vita, di sicuro io le more non le mangio.

Qualcuno mi ha detto: “Padre, ma cosa sono le more? Perché non ce lo dice?” Eh cippirimerlo, cosa sono le more? Chi ha orecchi per intendere, intenda, e il resto, auguri! Mai dirò cosa sono le more. Chi lo deve capire, lo capisce da solo. E voi non mettetelo nei commenti, perché so che subito qualcuno potrebbe dire: “Io so cosa sono le more!” E comincia a scriverlo. No. Chi ha capito cosa sono le more se lo tenga per se, chi deve capire capisce, il resto va bene così.

 

Proseguiamo con il testo del Venerabile Fulton Sheen “Il Sacerdote non si appartiene”.

“Quando il Signore disse: «È colui al quale porgerò il boccone che sto per intingere»”

Siamo sulla figura di Giuda.

“Egli stava compiendo un gesto di amicizia. Sembra che porgere un boccone sia stato un gesto tradizionale tanto presso i Greci quanto presso i Semiti. Socrate disse ch’era sempre un segno di favore offrire un boccone al commensale. Nostro Signore spalancò a Giuda la porta del pentimento offrendogliene l’opportunità con il boccone, come più tardi avrebbe fatto nuovamente nell’Orto degli Ulivi. Ma benché il Signore tenesse spalancata la porta, Giuda non volle entrare. Anzi, fu piuttosto Satana a entrare in lui.

E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto» (Gv 13, 27).”

Quindi Gesù ci insegna che fare gesti di amicizia a chi non li vuole è inutile, non serve a niente, neanche Gesù è riuscito.

“Satana non possiede che le vittime volontarie.”

Altro che “sono fragile, sono debole, sono piagato, sono ferito”.

“Satana non possiede che le vittime volontarie.”

Se ti prende è perché lo vuoi, se ti prende è perché hai aperto la porta, in un modo o nell’altro, altrimenti non lo può fare, non c’è spazio. Lui può varcare porte aperte, le porte chiuse non le può forzare. La porta è la volontà.

 “I segni di misericordia e d’amicizia offerti dalla Vittima avrebbero dovuto muovere Giuda al pentimento. Quel pane dovette bruciargli le labbra, come più tardi i trenta denari gli avrebbero bruciato le mani. Soltanto qualche minuto prima, le mani del Figlio di Dio gli avevano lavato i piedi; ora, quelle stesse mani divine gli toccano le labbra con un boccone; e nel volgere di poche ore, le labbra di Giuda avrebbero baciato quelle di Nostro Signore nell’atto finale del tradimento.”

Vi ricordate nel film di Mel Gibson, poco prima di impiccarsi, quando Giuda viene avvicinato dai bambini, che rappresentano proprio la voce della coscienza che ti morsica e ti divora — la coscienza è terribile — in quella scena lì Giuda viene rappresentato con le labbra tutte bruciate. Se guardate bene il film vedete che, quando viene ripreso con i bambini che lo prendono in giro, che gli dicono “Tu sei maledetto! Tu sei maledetto”, ha tutte le labbra rotte, ustionate e briciate.

 “Il Mediatore divino, ben sapendo qual sorte Gli sarebbe toccata, ordinò a Giuda di aprire maggiormente il sipario sulla tragedia del Golgota. Quel che Giuda aveva da fare, lo facesse in fretta. L’Agnello di Dio era pronto al sacrificio.

La Misericordia divina non smascherò il delatore. Nostro Signore, infatti, tenne celata agli altri l’identità di chi lo tradiva. La norma vigente nel mondo, che ama spargere ai quattro venti gli scandali, anche quelli non veri, è qui applicata alla rovescia per nascondere la verità. Nel vedere che Giuda si alzava, gli altri supposero che uscisse per una missione di carità.

Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri (Gv 13, 28-29).

Ma Giuda era uscito per vendere, non per comprare.”

Mai svendere le persone, mai smascherarle pubblicamente, non è segno di carità.

“Sarebbe andato non in soccorso ai poveri, ma ai ricchi che custodivano il tesoro del tempio. Pur conoscendo le malvagie intenzioni di Giuda, Nostro Signore continuò a comportarsi con gentilezza. Avrebbe sopportato l’ignominia da solo. In molti casi Gesù agì come se gli effetti delle azioni altrui gli fossero ignoti. Sapeva che avrebbe risuscitato Lazzaro anche mentre piangeva. Sapeva chi credeva in Lui e chi lo avrebbe tradito, ma ciò non indurì il suo Sacratissimo Cuore. Giuda respinse il suo ultimo appello e così la disperazione gli rimase nel cuore.”

Gesù sa tutto, eppure è tanto delicato. 

Ogni tanto quando sono nella mia foresta di Sherwood e sono lì da solo, magari non c’è nessuno e ascolto seduto queste melodie, mi dico: “Pensa che cosa stupenda sarebbe se tu vedessi arrivare da lontano Gesù, pensa che bello se mentre sono qua adesso che guardo questa meraviglia, una mano dietro mi si appoggia e mi dice: Giorgio.”

Ogni tanto ci penso, chissà il giorno dell’incontro come sarà, chissà come lo vivrò, cosa farò, cosa gli dirò. Penso che anche voi pensiate a questi momenti, saranno il tutto della nostra esistenza, forse non avremo nemmeno la forza di dire niente. Razionalmente mi dico che avrei tante di quelle cose da raccontargli, da dirgli, da narrargli, ma poi mi dico che probabilmente non direi niente. Ci sarà davanti a me la risposta ad ogni cosa. Pensate che cosa sarebbe la nostra vita se non avessimo l’Eucarestia. È vero, è una Presenza nascosta, noi non lo possiamo toccare e vedere, come me che vi sto parlando adesso, abbiamo i sensi che lì falliscono, però, se non avessimo l’Eucarestia ci sarebbe da impazzire, da morire, sarebbe veramente una disperazione.

“Appena preso il boccone, Giuda uscì. «Era notte» (Gv 13, 30), condizione appropriata per un’azione così tenebrosa. Forse era un sollievo trovarsi lontano dalla Luce del mondo.”

Verissimo, quando abbiamo la notte dell’anima noi fuggiamo tutto ciò che è luce. 

“Dio manda all’inferno…” Ma guardate che neanche ci arriviamo lì davanti, io penso che si provi una tale vergogna, un disagio, un rimorso tale che uno non ce la fa proprio, deve fuggire.

 “A volte la natura si accorda con le nostre gioie e i nostri dolori; a volte discorda. Il cielo è plumbeo se in noi vi è malinconia. La natura si stava adeguando all’azione malvagia di Giuda. Quando uscì, non trovò il sorriso del sole di Dio, ma l’oscurità della notte e la tenebra sarebbe scesa anche in pieno giorno all’atto della crocifissione del Cristo.

Giuda è intelligibile unicamente in relazione al Corpo e al Sangue di Cristo. Il fatto che volesse arraffare denaro fu l’effetto, non la causa che portò alla rovina il suo sacerdozio.”

E il suo episcopato, perché era anche Vescovo. 

“Un Sacerdote può sempre vendere Nostro Signore, ma non vi è Sacerdote che possa comprarlo.

E quelli gli fissarono trenta monete d’argento (Mt 26,15).

Qualunque piacere, vantaggio o guadagno si possa avere ottenuto respingendo Gesù Eucaristico, si dimostra così nauseante che chi ne ha goduto si sente spinto, come Giuda, a gettarlo in faccia a chi glielo ha dato.

Non si poteva dare quel denaro ai poveri? Giuda, in quel momento, non ci pensò nemmeno.”

Neanche ci pensa, ai poveri.

“Le psicosi e le neurosi… ”

Qui riprende Larchet.

“… sono in gran parte dovute a un incoercibile senso di colpa.”

Che oggi noi vogliamo togliere con la questione che Dio perdona, e invece è fondamentale il senso di colpa perché è molto legato al senso di peccato.

 “Il Signore avrebbe perdonato Giuda, come aveva perdonato Pietro, ma Giuda non glieLo chiese mai.”

Ecco la colpa, ecco il peccato! E non lo risolvi dicendo: “No tu non hai peccato” ma lo risovi dicendo: “Tu non hai voluto andare a chiedere perdono, perché se tu avessi chiesto perdono, colpa e peccato andavano via come dovevano andare via.”   

“Quando un uomo si odia per ciò che ha fatto, ma non si pente in Dio, talvolta si batterà il petto come per cancellare un peccato. Vi è una differenza enorme tra battersi il petto per disgusto di sé e battersi il petto con il mea culpa di chi implora il perdono. L’odio di sé può diventare così intenso da scacciare la vita dal cuore dell’uomo, conducendolo al suicidio. 

Prima del peccato, la coscienza di Giuda lo ammonì. Dopo il peccato lo rose e la sofferenza fu tale ch’egli non riuscì a sopportarla. Scese nella vallata di Cedron, quella vallata così piena di apparizioni spettrali. Rocce frastagliate, alberi nodosi e intristiti furono lo scenario ch’egli scelse, lo scenario appropriato per svuotarsi dell’«io».”

Che oggi va tanto di moda! “Ti devi svuotare! Ti devi perdere! Ti devi abbandonare!” All’oblio. Oggi sono tutti profeti della valle di Cedron, oggi sono tutti zombie dello spirito, terrible.

“Tutto ciò che gli stava d’attorno proclamava il suo destino e la sua fine. Ai suoi occhi, niente era più rivoltante del tetto dorato del tempio, perché gli rammentava il Tempio di Dio ch’egli aveva appena venduto.”

I profeti della valle di Cedron che dicono “Ti devi svuotare, ti devi lasciare, ti devi abbandonare, ti devi dimenticare, ti devi perdere, non devi più sapere chi sei”, che vuol dire malattia mentale pura, perdita di ogni identità, terribile, che oggi invece è un dogma, queste persone sono le stesse che poi nella liturgia hanno l’odio di tutto ciò che è sacro, bello, perché non l’hanno più dentro di sé. L’odio alla liturgia, l’odio al gregoriano che è il canto per eccellenza, da dove viene? Da qui. 

“perché gli rammentava il Tempio di Dio ch’egli aveva appena venduto.”

Io, vivendo in quel modo lì, vendo Dio e quindi tutto ciò che è sacro mi ricorda Dio, e quindi lo detesto, perché mi ricorda ciò che io ho rinnegato, ciò che io ho venduto, ciò che io ho calpestato, mi ricorda ciò che io ho tradito, quindi lo odio, quindi lo devo strappare, lo devo abbruttire, lo devo rinnegare, ne devo parlare male, devo fare la teologia al contrario.

 “Ogni albero pareva il patibolo al quale aveva condannato sangue innocente. Ogni ramo un dito accusatore. Dal poggio, sul quale si trovava, si vedeva il Calvario, il monte sul quale Colui ch’egli aveva mandato a morte avrebbe compiuto l’unione tra il cielo e la terra. Ed egli si accingeva a fare un ultimo sforzo perché quell’unione non si effettuasse. Gettata una corda sul ramo di un albero, Giuda si impiccò (Mt 27, 5).

La lezione è chiarissima. Noi siamo Sacerdoti Eucaristici. Osservando un prete celebrare la Messa si può capire come tratta le anime nel confessionale; come si comporta con i poveri e gli ammalati; se si interessa o no delle conversioni; se si preoccupa maggiormente di piacere a monsignor Vescovo che al Signore Dio.”

Noi a chi vogliamo piacere, agli uomini o a Dio?

 “Con quanta efficacia sa infondere pazienza e rassegnazione in chi soffre; se è un amministratore o un Pastore; se ama i ricchi o i ricchi e i poveri; se predica soltanto le questue o la parola del Cristo. La corruzione morale del Sacerdozio inizia dalla mancanza di una fede ardente nella presenza Eucaristica, dalla quale fede invece inizia la santità.”

Osservando un prete celebrare la Messa si può capire tutto. Tutto. Da come si veste, a come esce, e a come celebra si capisce tutto, grazie al cielo non lo dico solo io, lo dice Monsignor Fulton Sheen, Venerabile.

È dalla presenza Eucaristica che inizia la santità.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

 

Sabato della XI settimana del Tempo Ordinario

VANGELO (Mt 6, 24-34)
Non preoccupatevi del domani.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

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