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Il Padre Nostro e l’Eucarestia, parte 1

Il Padre nostro e l' Eucarestia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione del ciclo dal titolo: “Il Padre Nostro e l’Eucarestia” di giovedì 1° settembre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 5, 1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Il Padre Nostro e l’Eucarestia, parte 1

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 1 settembre 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo quinto del Vangelo di san Luca, versetti 1-11.

Oggi è il primo giovedì del mese di settembre e, come ormai è nostra consuetudine, siamo chiamati a seguire quanto il Signore Gesù chiede alla beata Alexandrina Maria da Costa nella promessa fatta il 25 febbraio 1949. Dice Gesù:

“Figlia mia, fa’ che io sia amato, consolato e riparato nella mia Eucarestia. Fa sapere in nome mio che, a quanti faranno bene la Santa Comunione con sincera umiltà, con fervore e amore per i primi sei giovedì consecutivi e passeranno un’ora in adorazione davanti al mio Tabernacolo in intima unione con me, prometto il Cielo. Di’ che onorino attraverso l’Eucarestia le mie Sante Piaghe, onorando per prima quella della mia Sacra Spalla così poco ricordata. Chi, al ricordo delle mie piaghe unirà quello dei dolori della mia Madre benedetta e ci chiederà grazie spirituali e corporali, ha la mia promessa che gli saranno accordate, a meno che non siano di danno per la loro anima. Nel momento della loro morte io condurrò con me la mia Santissima Madre per difenderli.”

Questa è la promessa di Gesù del 25 febbraio 1949 alla beata Alexandrina Maria da Costa, quindi, come già ogni primo giovedì, venerdì e sabato del mese, vi richiamo la bellissima pratica dei primi sei giovedì, dei primi sette venerdì e dei primi cinque sabati del mese. Anche oggi vi invito a iniziarla, facendo quello che Gesù ha chiesto.

Più volte vi ho detto che ho preparato un PDF dei “primi” dove ho raccolto tutte le richieste, le promesse, le condizioni per vivere bene i “primi”, in modo corretto, secondo le fonti. A chi ne avesse la necessità io spedisco volentieri questo PDF: voi mi inviate una email al sito www.veritatemincaritate.com dove trovate l’indirizzo di Padre Giorgio, così le persone che gestiscono il sito me la gireranno e io vi manderò il PDF. Non c’è da pagare nulla: si tratta di un PDF che ho preparato e che invio gratuitamente. Contiene anche delle preghiere da recitare davanti al Tabernacolo e all’Eucarestia. 

Ho preparato anche un PDF per prepararsi alla Confessione e uno, intitolato Adest!, con delle belle immagini e delle belle preghiere da recitare durante la giornata. 

Ovviamente mi dovete dire di quale avete bisogno e io lo invierò gratuitamente, così poi, a vostra volta, potrete stamparlo, farlo girare: l’importante è che dietro a tutto ciò non ci siano soldi. Gratuitamente avete ricevuto e gratuitamente date: chi diffonde, lo faccia gratuitamente!

Detto questo, vorrei tanto commentarvi il bellissimo Vangelo di oggi su cui si dovrebbe fare una catechesi di due ore, ma purtroppo non è possibile… l’unica cosa che vi dico è che in questo Vangelo c’è spiegato che cosa sia l’obbedienza, che cosa significhi avere fiducia e credere…

Prendi il largo e gettate le reti per la pesca…

Questa è chiaramente una richiesta di obbedienza “Fai come ti dico”; è una richiesta di obbedienza assurda, perché, come già vi ho detto altre volte, è senza senso che un falegname pretenda di dire a un pescatore di riprendere la pesca e gettare le reti, dopo che il pescatore è sceso dalla barca, ha lavato le reti perché la pesca è finita e non è più notte, ma nemmeno l’alba quando i pescatori tornano dalla pesca. 

E come si fa a rispondere a questa richiesta di obbedienza, ai dettami della Divina Provvidenza? 

“Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla…” 

Noi non siamo schiavi, non siamo bestie, siamo figli di Dio: Gesù conosce già il nostro dubbio, la nostra fatica, la nostra esitazione, ma noi diciamogliela lo stesso. “Sono stato a pesca tutta la notte e non ho preso niente… io sono già uscito e sono qui con il mio fallimento tra le mani…”

“… ma sulla tua parola getterò le reti.”

Punto. Tutto in una frase, senza tentare di fare opera di convincimento, di fare cambiare idea a Gesù polemizzando con Lui, no! Tutto in una frase: ‘‘Ho faticato tutta la notte, non ho preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti.” Il “ma” azzera tutto quello che sta prima: quello che conta è che prenderò il largo e getterò le reti… 

Lo fecero e tutti sappiamo come andò a finire. 

E a quel punto, di fronte a quel bellissimo miracolo operato dalla fede, ecco che Pietro si getta alle ginocchia di Gesù e si scopre peccatore, bellissimo! Uno scopre di essere peccatore grazie allo stupore, non al senso si colpa, alla paura dell’inferno, al moralismo, al doverismo, agli scrupoli… no, no: io mi scopro veramente un peccatore con la P maiuscola solo quando sono catturato dallo stupore. 

Ecco: dovrei fare un ciclo di catechesi sullo stupore… voi segnatevi tutte le catechesi che dovrò fare, così in chissà quale vita, epoca, dimensione, i Giorgio1.0/2.0/3.0 faranno tutte queste catechesi… Quello dello stupore è davvero un tema da indagare… bellissimo! 

Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui…

E davanti all’essere peccatore — allontanati da me che sono peccatore — Gesù risponde: 

“Non temere. D’ora in poi sarai pescatore di uomini”

Cioè: adesso che hai imparato a pescare i pesci, adesso che hai capito che cosa significhi avere fede grazie alla pesca dei pesci, nella stessa maniera pescherai gli uomini, però dovrai fare la stessa maniera, uguale. 

E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Certo, si può seguire Gesù solo quando si è presi dallo stupore; si può lasciare tutto solo quando si sente la meraviglia, quando si ha il cuore che esplode nel petto … solo così… solo lo stupore può reggere una vocazione. 

Quando noi vediamo le vite, le vocazioni immerse nella mestizia con le facce “da muro” che ci circondano, con gli occhi spenti. Quando noi vediamo le vite morte, ci chiediamo: “Ma questo che vita fa? Che vita è la sua?” 

Io le chiamo facce “da muro”: un muro ha un’espressione indifferente, identica a se stesso… da muro! Che tristezza; non c’è niente… uno potrebbe essere chissà che cosa, ma è morto, non ha nessun segno di stupore.

Invece, un bambino che scopre una cosa per la prima volta porta sul volto due occhioni, una boccuccia che si aprono in un “Ahhh!” ed è tutto estasiato come se stesse vedendo chissà che cosa! 

Solo chi vive con questo stupore negli occhi, nel cuore, nella volontà, nella mente, negli affetti, nella carne e nello spirito può lasciare tutto e seguire il Signore. 

Gesù vuole gli stupiti, non le facce “da muro”, di morte; non vuole visi tristi, rancorosi, ringhiosi, digrignanti, mesti, avviliti, depressi, musoni… no… che cosa se ne fa il Signore? Ne abbiamo già abbastanza di queste vite che non vale la pena di vivere…

Quando mi immagino la Vergine Maria, me la immagino come la Vergine dello stupore! Così mi immagino la Vergine Maria davanti a Gesù: costantemente stupita. Chissà la Vergine Maria com’era sempre stupita e meravigliata quando guardava Gesù! Estasiata nel vedere il Bambino Gesù…

E allora: con lo stupore che piace tanto a Gesù, perché Gesù ci insegna a essere degli stupiti, iniziamo un tema nuovo sul Padre Nostro, l’unica preghiera che Gesù ci ha insegnato — e su questo siamo tutti d’accordo perché è nel Vangelo… Ovviamente non sarà possibile occuparsi di tutto il Padre Nostro e mi concentrerò su un aspetto che si inserisce nel grande tema dell’Eucarestia a cui ci stiamo dedicando dal primo di giugno di quest’anno. 

Partirò da una domanda: quando voi recitate il Padre Nostro e arrivate a dire “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, a che cosa pensate? A quale pane fate riferimento? Al pane della panettiera? Alla michetta? Alla rosetta? Alla ciabatta, buonissima? Al pane di Firenze, buonissimo? Al pane pugliese, buonissimo? Alla baguette francese, buonissima? A quale pane fate riferimento? A questi? Perché poi vedo che i fedeli — e non solo loro — quando recitano il Padre Nostro, magari a braccia aperte che è tipico del Rito Ambrosiano, quando arrivano a ‘pane quotidiano’, stringono le braccia mettendole più vicine e fanno come per ricevere qualcosa, avvicinano le mani come per ricevere qualcosa. Ecco: voi pensate a quale pane…

Aspetto a qualche secondo così ciascuno di voi si focalizza sul pane che ha in mente… ieri, stamattina, quando avete recitato il Padre Nostro a quale pane avete pensato? 

E poi chiedo: “dacci oggi il nostro pane quotidiano” è la traduzione corretta? 

Bene, adesso inizieremo la nostra meditazione, sempre con le nostre fonti. Quando morirò, vorrei essere ricordato come il “Padre delle fonti”: o ci sono fonti autorevoli, o io non perdo tempo e non voglio farlo perdere a voi.

Vangelo di san Matteo, 6, 11

τόν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον·

Questo è il testo greco. 

San Girolamo traduce il testo greco in latino così:

panem nostrum cotidianum da nobis hodie

“il pane nostro quotidiano dai a noi oggi”. 

San Girolamo traduce correttamente dal greco? Noi abbiamo a nostra volta tradotto dal latino di san Girolamo, ma il greco non dice esattamente così, perché in greco l’aggettivo ‘quotidiano’ non c’è. 

τόν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον

ἐπιούσιον deriva da ἐπι ουσία che significa “soprasostanziale”: nell’insegnare la preghiera del Padre Nostro Gesù non ha usato l’aggettivo “quotidiano”, ha detto: “dacci oggi il nostro pane soprasostanziale”. 

Quindi ha detto un’altra cosa: tra “quotidiano” e “soprasostanziale” c’è una differenza. 

Bene: da qui noi partiamo, perché dobbiamo riuscire a capire che cosa voglia dire questo ἐπιούσιον, che cosa voglia dire concretamente l’espressione “pane soprasostanziale” e se ci sia una profonda differenza tra “quotidiano” e “soprasostanziale”. 

Di sicuro in greco è “soprasostanziale”: τόν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον, il pane nostro soprasostanziale.

Origene, che in questi giorni abbiamo imparato a conoscere e che conosceva bene la sua lingua, il greco, afferma che il termine ἐπιούσιον era rarissimo e non usato né dai colti né dalla plebe; addirittura sostiene che la parola potrebbe essere stata inventata dagli evangelisti (De oratione, 27,7). 

Anche Giovanni Cassiano conferma che la parola ἐπιούσιον non è stata menzionata da nessuno dei greci, neppure dai sapienti e nemmeno è usata nel linguaggio comune del popolo, ma sembra che sia stata coniata dagli evangelisti Matteo e Luca che l’hanno citata (Conferenze ai monaci, 9, 21). 

Gli studiosi moderni confermano il mistero legato alla parola per la quale, a seconda delle accezioni del significato che si possono cogliere dallo studio comparato sulla Sacra Scrittura, propongono diverse possibili traduzioni come ‘necessario’, ‘quotidiano’, ‘di domani’, ‘spirituale’. 

La Vulgata latina traduce Matteo, 6,11 con ‘supersustantialem’, favorendo interpretazioni più impegnative del corrente e comune ‘quotidiano’. 

Sempre la Vulgata per la versione del Padre Nostro di Luca 11 traduce, invece, ‘cotidianum’. 

Il possibile riferimento di questo passo all’Eucarestia, ma anche alla Parola di Dio, è dato fin dai Padri della Chiesa e, nel corso dei secoli, dai Papi, come Leone XIII; dai Dottori della Chiesa, come santa Teresa di Gesù, che ne hanno sottolineato l’interpretazione eucaristica.

Capite? Non è una questione peregrina… 

Bene, questa è l’introduzione sul termine ἐπιούσιον. Ora proseguiamo.

Origene e san Giovanni Cassiano dicono: questo termine ἐπιούσιον era rarissimo, non era usato, non era di uso comune… forse lo hanno inventato gli evangelisti Matteo e Luca.

E io mi domando, sono domande mie…: se l’hanno inventato, perché lo hanno fatto? Se Gesù avesse detto: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, perché mai i due evangelisti avrebbero dovuto pensare di cambiare ‘quotidiano’ con ‘soprasostanziale’? Perché Matteo e Luca avrebbero dovuto pensare questa cosa? Questo termine non era usato, dice Origene, era un termine rarissimo, però non era un termine impossibile; non era in uso nella parlata del popolo, neanche tra i sapienti, ma ciò non significa che non possa essere usato. E Gesù che è la Sapienza non avrebbe potuto decidere di usare un termine che in quel momento non era stato usato? E poi, perché Matteo e Luca avrebbero dovuto prendere ‘quotidiano’ e trasformarlo in ‘soprasostanziale ‘? Perché? 

Comunque, con tutte queste belle domande e riflessioni, noi andiamo avanti… noi siamo aperti, no? 

Adesso prendiamo alcune citazioni autorevoli; ci lasciamo condurre da alcuni autori assolutamente autorevoli, dalle fonti, perché noi andiamo sempre alle fonti.

Sant’ Efrem il Siro, nel Commento al Διὰ τεσσάρων, 6,16a, scrive: 

Dacci oggi il nostro pane ἐπιούσιον, vale a dire ‘soprasostanziale’, quello che un altro evangelista chiamò ‘quotidiano’. Il primo aggettivo ‘soprasostanziale’ sta a significare la prerogativa di quel cibo, ossia la sua nobiltà e la sua sostanza, per cui esso sta al di sopra di ogni altra sostanza poiché la sublimità della sua suprema santificazione supera ogni altra sostanza e tutte le creature. L’altro aggettivo, ‘quotidiano’, ci indica propriamente il suo uso e la sua utilità.

Quindi cominciamo a vedere che c’è un riferimento particolare al soprasostanziale, che dice la nobiltà della sostanza santa, “altra” di questo pane, ma anche al ‘quotidiano’ che ne dice l’uso e la sua utilità ordinaria.

Andiamo ora a prendere un passo, tratto dalla Mirae caritatis di papa Leone XIII del 1902, in cui il papa cita il Concilio di Trento:

“Con paterno affetto, ammonisce il santo sinodo [si intende il Concilio di Trento], esorta, prega e scongiura, per la bontà misericordiosa del nostro Dio, che, tutti i Singoli, quelli che appartengono alla professione cristiana, in questo segno d’unità, in questo vincolo di carità, in questo simbolo di concordia finalmente una buona volta si uniscano e si accordino; e memori di tanta maestà e di tanto esimio amore di Gesù Cristo Signore nostro, che diede la diletta anima sua a prezzo della nostra salute, e la sua carne ci porse a mangiare: con tanta costanza e fermezza di fede, con tanta devozione e pietà e culto, di cuore credano e adorino questi sacri misteri del corpo e sangue di lui, …” 

sentite che cosa dice adesso papa Leone XIII, facendo riferimento al Concilio di Trento:

“… affinché possano frequentemente ricevere questo pane soprasostanziale, ed esso sia veramente la vita dell’anima loro, e la perpetua sanità della mente, e confortati dal suo vigore, possano giungere, dalla via di questo misero pellegrinaggio, alla patria celeste, dove mangeranno senza alcun velo questo medesimo Pane degli angeli, che ora ricevono velatamente”.

… “affinché possano frequentemente ricevere questo pane soprasostanziale”. Quindi stiamo adesso imparando a chiamare il Cuore Eucaristico di Gesù anche “pane soprasostanziale”… sta iniziando a sorgere un nuovo sole, o meglio, il nostro sole sta cominciando a mostrare raggi ancora più belli: quando recitiamo il Padre Nostro, cominciamo a pensare che gli chiediamo il pane soprasostanziale che è il suo Corpo, che è sostanza sopra a tutte le sostanze. 

Vedremo… vedremo anche come sta insieme ‘quotidiano’. 

Ci fermiamo qui e domani andremo avanti con alcune altre bellissime citazioni che, sono sicuro, vi rapiranno cuore e mente. La prima sarà incredibile e nessuno di voi se l’aspetta.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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