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S. Teresa di Gesù: le Fondazioni, IV parte

Fondazioni 4

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 9 settembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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S. Teresa di Gesù: le Fondazioni, IV parte

Eccoci giunti a giovedì 9 settembre 2021. Ricordiamo quest’oggi San Pietro Claver, Sacerdote.

Abbiamo ascoltato la prima lettura tratta dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Colossesi, capitolo III, versetti 12-17.

Siamo chiamati a rivestirci della carità, a fare della Parola di Cristo la nostra ricchezza, a usarla per istruirci, ammonirci, rendere grazie a Dio e che tutto sia fatto nel nome del Signore Gesù.  

Continuiamo la nostra lettura che ci sta proprio insegnando, educando su questa importanza dell’amore verso Dio e verso il prossimo, questo testo di Santa Teresa di Gesù le Fondazioni, siamo al capitolo 5°, paragrafo 6.

“6 – Senza parlare di ciò che so per esperienza, ho trattato con alcune persone che mi fecero intendere questa verità proprio allora che mi sentivo molto afflitta per il poco tempo che avevo. Nel vederle in continue faccende ed immerse in altre cose comandate dall’obbedienza, ne avevo grande compassione e pensavo tra me — non esitando talvolta di dirlo —che in mezzo a tante occupazioni non era possibile progredire nello spirito: ed esse infatti non erano molto avanzate. Ma, o Signore, come sono diverse le vostre vie dalle nostre grossolane immaginazioni! Com’è vero che da un’anima già risoluta ad amarvi e tutta rimessa nelle vostre mani, Voi non volete altro che obbedisca, di null’altro bramosa che di desiderare e cercare quanto più sia di vostra gloria!”

Lei dice che nel vedere queste anime immerse in tante cose da fare, cose comandate dall’obbedienza, tante occupazioni, provava compassione perché lei pensava che era impossibile progredire nello spirito, e effettivamente, lei dice che non erano molto avanzate, ma poi dice:

“Ma, o Signore, come sono diverse le vostre vie dalle nostre grossolane immaginazioni!”

E dice che un’anima risoluta che è decisa ad amare Dio e si è rimessa completamente nelle mani di Dio, il Signore non vuole altro che lei obbedisca e non cerchi altro che la gloria di Dio. Questa è la cosa più importante da fare. Il Signore guarda questo, non quello che noi immaginiamo essere la via giusta per vivere nella perfezione della nostra preghiera: guarda l’obbedienza. Noi ci riempiamo la bocca della parola “obbedienza” ma poi facciamo quello che vogliamo e quando non riusciamo a farlo, quando non riusciamo ad ottenere quel permesso per quello che vogliamo fare, diventiamo come Dalila con Sansone, che tediamo a tal punto chi ci deve dare il permesso, che per disperazione, per il tedio che gli causiamo, ce lo dà, ma questa non è obbedienza. 

“Ma io… però… ma su… ma devi considerare…”

Questa non è obbedienza.

Prosegue:

 “Siccome la sua volontà è uniformata alla vostra, non ha bisogno di cercare né di scegliersi altra strada, perché questa cura ve la prendete Voi e la guidate per il cammino che le è più vantaggioso.”

Se la mia volontà si uniforma a quella di Dio, cioè se vivo nell’obbedienza, ci penserà Dio a guidare la mia anima per il cammino più corretto e più giusto, non solo, Dio si prenderà Lui cura di della mia anima.  

Sentite cosa dice adesso:

 “Anche se il superiore non avesse a cuore il nostro profitto spirituale e non badasse che agli interessi materiali della comunità, Voi, o mio Dio, vi procedereste ugualmente, disponendo in tal modo le anime e le occupazioni da trovarci in seguito, senza saperne la maniera, così avanzati di spirito e con tanto profitto da rimanercene meravigliati.”

Fa tutto Dio. L’importante è l’obbedienza, poi al resto ci pensa Dio. Perché? Perché io sto obbedendo, sto uniformando totalmente la mia volontà alla Sua.

“Anche se il superiore non avesse a cuore il nostro profitto spirituale e non badasse che agli interessi materiali della comunità..”

Voi non vi preoccupate, ci penserà Dio al vostro progresso.

“7 – Tale è il caso di una persona con cui ebbi a parlare pochi giorni fa. Per quindici anni circa l’obbedienza l’aveva occupata in tali uffici e prelature, che in tutto quel tempo non si ricordava d’aver avuto un giorno solo per se. Tuttavia faceva del suo meglio per trovare ogni giorno alcuni tratti di tempo da consacrare all’orazione, e procurava di mantenersi pura la coscienza. È un’anima delle più fedeli all’obbedienza che io abbia conosciuto, ed innamora a praticarla chiunque tratti con lei. Il Signore l’ha ricompensata assai bene, perché senza saperne la maniera, si è trovata con quella preziosa e tanto cara libertà di spirito..”

Questo è il dono che gli ha fatto Dio, la libertà di spirito

 “che si riscontra nei perfetti, nella quale, veramente, si gode tutta la felicità che si può desiderare in questa vita. Chi ne è favorito non vuole nulla, e possiede tutto; non teme niente e niente desidera; non si sgomenta per le prove, né si esalta per le delizie: nulla insomma gli può togliere la pace, perché questa dipende solo da Dio, da cui nessuno riuscirà a separarlo. Solo il timore di perderlo gli può dar pena. Tutto il resto è come se neppure esistesse, né per aumentare né per togliere la sua gioia. Oh, benedetta obbedienza! Felici le sue distrazioni, se così vantaggioso è quello che ne viene!…”

Capite? Per quindici anni non aveva avuto un solo giorno per sé, però aveva fatto di tutto per cercare di dare un pochino di tempo alla preghiera e di mantenersi pura la coscienza, questo dobbiamo farlo tutti, sempre. Dio cosa fa? Dio, senza sapere come, quando e dove, gli dona la grazia della libertà di spirito.

Libertà di spirito che cosa vuol dire? Vuol dire essere liberi da tutto e da tutti, non volere nulla però possedere tutto, non temere nulla e niente desiderare. 

Possiamo dire che in questo tempo non siamo molto liberi di spirito. Quante paure abbiamo in questo tempo, quante paure! Quanta paura ci hanno instillato, il terrore! 

“Non teme niente e niente desidera; non si sgomenta per le prove, né si esalta per le delizie”

Non cade in depressione, è sotto la croce e neppure si esalta perché:  

“Nulla gli può togliere la pace, perché questa dipende solo da Dio”

Che cosa gli dà pena? Il timore di perdere Dio.

Tutto il resto è come se non esistesse, quindi tutte le distrazioni e tutte quelle cose che vengono a motivo dell’obbedienza che stiamo facendo lei le chiama:

“Felici le sue distrazioni”

Prosegue Santa Teresa:

“8 – Altrettanto è avvenuto, oltre che alla persona di cui parlo, anche a varie altre di mia conoscenza. Alcune non le vedevo da qualche anno, ed anche più. Domandando loro in che modo avessero trascorso quel tempo, apprendevo che erano state occupate in continue opere di obbedienza e carità. Ma le scorgevo così innanzi nelle vie dello spirito che ne rimanevo stupita.

Coraggio quindi, figliole mie! Non affliggetevi se l’obbedienza v’impiegherà in opere esteriori! Vi mettesse pure in cucina, il Signore verrebbe ad aiutarvi, interiormente ed esteriormente, anche là fra le pentole: siatene persuase.”

Capite? Questa è una Monaca di clausura che dice queste cose! Quanto dobbiamo cambiare testa! Quanto dobbiamo cambiare modi di pensare le cose di Dio. Non è dover cucinare, pulire, stirare non è questo che ci allontana da Dio, anzi… si va avanti nelle vie dello spirito senza che uno lo sappia. 

“Vi mettesse pure in cucina, il Signore verrebbe ad aiutarvi, interiormente ed esteriormente, anche là fra le pentole: siatene persuase.”

Anche quella diventa preghiera, momento di incontro.

“9 – Mi vien in mente ciò che un religioso mi raccontò di se stesso. Aveva preso la ferma risoluzione di non mai rifiutarsi a quanto il superiore gli avesse comandato, qualunque fosse la pena che ne avesse avuto.

Un giorno aveva tanto faticato che si sentiva in pezzi. Verso sera, non potendo più reggersi in piedi, andava a sedersi per riposare un poco. Ma incontrò il superiore che gli disse di prendere la zappa e di andare nell’orto a lavorare.”

Era distrutto questo frate e il Superiore gli dice di prendere la zappa e di andare a lavorare. 

 “Benché fosse così spossato da non sapersi reggere, prese la sua zappa senza dir parola. Ed ecco che mentre attraversava…”

A me qui vengono in mente veramente tanti di quei casi… questo frate era distrutto perché aveva lavorato come un mulo tutto il giorno, tanto da non riuscire a stare in piedi e quando il Superiore gli dice di prendere la zappa e di andare a lavorare, noi avremmo fatto mille lamentele: “Ecco però io sono stato in ufficio… ho cucinato… ho lavato… però io devo fare questo… sono stanco…”  

Questo frate invece, senza dire niente, si alza dalla sedia sulla quale si era appena seduto e va.

Noi pensiamo che per essere penitenti noi dobbiamo fare digiuni, cose grosse, poi ce le inventiamo: “Adesso farò digiuno per un mese… quell’altra penitenza…”

Sono cose importanti, io tante volte vi ho parlato dell’importanza del digiuno e della penitenza, non rinnego nulla, sono importanti, però è altrettanto importante non vivere di contraddizioni perché se no vuol dire che sono tutte ipocrisie.

Mi metto a fare il digiuno, poi il giorno dopo sono a tavola e vedo che finisce l’olio, l’aceto, l’acqua, per esempio uso la boccetta dell’olio, dell’acqua, dell’aceto, del sale, di quello che volete, lo uso io per me e finisce. Cosa devo fare? Mi alzo e lo vado a riempire o ne prendo un altro, non lo pianto lì vuoto, perché così quello che ne avrà bisogno dopo, si deve alzare lui, ma sei stato tu ad usarlo per ultimo e finirlo, quindi carità vuole che tu ne metti uno nuovo.

Invece noi queste cose non le facciamo, facciamo finta di non vederle, facciamo come quelli del buon samaritano che passano oltre, oppure quelle mamme o papà, mogli o spose che devono stirare, devono lavare, cucinare e cominciano le lamentazioni poco pie: “Ecco io sono stanco, stanca, devo riposare, ma lavoro solamente io”.

Poi cominciano a sbuffare, ti mettono giù il muso… e guai se ti dimentichi non so che cosa, ti sei dimenticato o dimenticata di andare a fare la spesa, o qualunque cosa, succede ci si dimentica in casa o in famiglia, o al lavoro.

Questo non dice niente, prende la zappa e va nell’orto a lavorare. Noi non facciamo così, noi immediatamente puntiamo i piedi, e mettiamo giù un chiodo che non è più finito.

“Eh ma io ho tante cose da fare… eh ma io di qua… di la… di su… di giù”

Noi vogliamo fare quello che vogliamo noi, diciamoci le cose col loro nome! Facciamo tanto i carini, i gentili, i caritatevoli ma non è vero, noi vogliamo fare quello che vogliamo noi e vogliamo scegliere la via sempre più facile, non vogliamo servire gli altri veramente, questo è il punto. Giovanni 13 dentro di noi non c’è. Perché noi la cosa del servizio la facciamo perché la dobbiamo fare. 

Guardate che nelle famiglie si consumano delle vere e proprie ingiustizie, noi le vediamo, ne siamo coscienti, consapevoli, ma siccome ci torna comodo così, le lasciamo andare avanti, per cui ci sono delle sproporzioni, c’è chi si spacca la schiena e chi non fa un tubo o fa poco, e questo non è giusto, e poi non è giusto che continuiamo a tirare avanti la questione: “Eh ma sono stanco, ho tante cose da fare perché Tizio non lo fa, Caio non mi aiuta, Sempronio di qua, quell’altro mi lascia da solo, ecco ma io allora…”

Ma prendi questa zappa e vai nell’orto a lavorare e basta! Ma finiamola con queste maschere da finti devoti, da finti santini e finte santine, basta! Ma chiamiamoci con il nostro nome!

Dieci giorni prima non avevo tempo per fare niente, dieci giorni dopo improvvisamente il tempo arriva per quello che voglio fare io. Ma allora? Ci prendiamo in giro?

Dieci giorni prima niente poteva essere introdotto nella mia giornata perché io ho tante cose da fare, dieci giorni dopo improvvisamente il tempo si dilata e io metto dentro cose nuove che interessano a me. Allora è una bugia! Allora vuol dire che io sono furbo e gli altri sono stupidi, perché per le cose che interessano a me io il tempo lo trovo, per quello che riguarda gli altri, il servire gli altri, allora no.

“E sono di corsa, devo lavorare, sono impegnato, ho mal di testa, sono stanco…”

È tutta una grande bugia, questa non è devozione, non è spirito di preghiera, non è vivere in Dio nel modo più assoluto. Stare lì con i bilancini a vedere quante forchette sposti tu e quanti coltelli sposto io, a vedere quanti calzini e magliette ho stirato io e quanti ne hai fatti tu, questa non è carità, assolutamente.

E la carità non si misura.

“Ma io ho fatto questo, e quell’altro non ha fatto quell’altro”.

Non si fanno i confronti. Se lo fai, lo fai tu e lo devi fare bene tu, se no lasci stare, però ce lo diciamo con molta sincerità.

Questo frate, spossato, distrutto dalla fatica, da non sapersi reggere in piedi — noi non siamo mai conciati così, ci fermiamo molto prima — lui prese la sua zappa e andò a zappare.

“Ed ecco che mentre attraversava un corridoio per andare nell’orto, gli apparve nostro Signore Gesù con la croce sulle spalle, così affranto e sfinito da fargli comprendere come, in paragone, la sua stanchezza fosse da nulla.”

Gli appare Gesù carico della Croce. Guardando Gesù questo frate ha detto: “Sto benissimo, non sono stanco”

Già mi sento qualcuno che dice: “Ma quello è Gesù, io non sono Gesù. Quello è un Santo, ma io non sono un Santo”

E così alla fine faccio quello che voglio, quando voglio, con chi voglio e dove voglio, e poi però ho la corona del Rosario in mano. Se noi ricordiamo le persone che ci hanno educato, i nostri nonni, le nostre mamme, ma quando mai dicevano che erano stanche? Io non ho mai sentito la mia nonna dire: “Sono stanca”

Già lo dissi, quando questa povera donna — che in realtà è una donna meravigliosa — ma quando questa povera donna si sedeva, per riposare cuciva e ricamava il corredo per le figlie e i nipoti, tovaglie, tovaglioli, lenzuola, il mondo! Lavorava a maglia per fare i cappellini e le sciarpe. Il suo riposo era come quello di San Carlo Borromeo, si distraeva facendo altro. 

Noi no. Noi sapete cosa facciamo? Noi sveniamo.

Come quello che mangiava e poi si sdraiava sulla panca della cucina dove si mettevano a mangiare, finito di mangiare si sdraiava sul legno e dormiva lì. Oppure quelli che dormono sul divano. Che uno dice: “Ma vai a letto a dormire!”

No, rimane sul divano. E non cambiano! È il disordine fatto persona, magari davanti alla televisione che va, che è di una tristezza!

Oppure quelli, ma questo capita anche a me, suona la sveglia e non ti alzi subito. Io non punto più sveglie. Mi devo puntare la sveglia alle sette, comincio a puntare la sveglia alle sei, che suona ogni quarto d’ora e io sto lì ogni quarto d’ora a spegnerla e vado avanti a spegnerla fino ad arrivare alle sette.

Ma che cos’è questa cosa qui? Capite che disordine?

Suona la sveglia, prendi e ti alzi. Capita anche a me, suona la sveglia, e aspetti ancora cinque minuti, e poi ne passano venti. Ma questo è disordine, questa è pigrizia. Bisogna a combatterla questa cosa.

Mai farsi vedere insofferenti, mai sbuffare, mai fare la parte dei disturbati, di coloro che per chiedergli un piacere devi farlo in carta bollata e te lo fanno pesare in un modo! 

Immaginiamoci Gesù con la croce sulle spalle, sfiancato e sfinito.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

PRIMA LETTURA (Col 3, 12-17)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.
Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!
La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre.

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