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S. Teresa di Gesù: le Fondazioni, V parte

Fondazioni 5

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 10 settembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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S. Teresa di Gesù: le Fondazioni, V parte

Eccoci giunti a venerdì 10 settembre 2021. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo VI di San Luca, versetti 39-42.

Il Signore ci domanda di guardare a noi stessi prima che guardare agli altri, di giudicare noi stessi prima di giudicare gli altri. Il Signore ci chiede di fare degli esami di coscienza molto serrati, di conoscerci per quello che siamo. 

Non ho il tempo oggi di approfondire ma vi lascio questo compito per chi vorrà: oggi ricorre il miracolo Eucaristico di Bois-Seigneur Isaac del 1405. È un miracolo Eucaristico poco conosciuto ma estremamente significativo, cercatelo su internet, andate a leggerlo, credo che ne ricaverete un grande vantaggio. 

Andiamo avanti con la lettura delle Fondazioni di Santa Teresa di Gesù, siamo al capitolo 5°, paragrafo 10.

“10 – Sapendo il demonio che l’obbedienza è la via più rapida per arrivare al sommo della perfezione, si adopera in mille modi per frapporre ostacoli e difficoltà sotto colore di bene. Si faccia attenzione e si vedrà chiaramente che dico il vero.”

Dobbiamo dircelo, noi, credo tutti, ci lamentiamo tanto del fatto che non troviamo un Sacerdote disponibile a farci da Padre Spirituale e da Confessore (anche se questi due non sono la stessa cosa) e diciamo: “Non trovo un confessore fisso, non riesco a trovare un Sacerdote che si prenda a cuore la mia anima, da cui confessarmi e mi voglia seguire e non riesco a trovare un Sacerdote che mi faccia da Padre Spirituale”.

Ovviamente fare da Padre Spirituale non è una passeggiata, vuol dire tante cose, non solo per l’anima che viene condotta, ma anche per il Sacerdote che, in quel momento, accetta questo compito della Paternità Spirituale, questo generare in Cristo. 

Il punto non è tanto trovare il Sacerdote, il punto è: ma una volta che l’hai trovato, tu sei veramente sicuro che poi sarai obbediente? Obbediente vuol dire obbediente. Certo, dirò il mio pensiero, quello che mi sta a cuore, che mi sembra essere opportuno, ma poi, come abbiamo visto nei giorni precedenti, l’obbedienza è la rinuncia alla propria volontà, è la consegna di questa mia volontà a Dio attraverso la mediazione del Superiore, del Confessore. Non è così frequente incontrare la virtù dell’obbedienza, ma è l’unica via, è la più rapida — dice Santa Teresa — per arrivare al sommo della perfezione e il demonio, che lo sa, cosa fa? 

“Si adopera in mille modi per frapporre ostacoli e difficoltà sotto colore di bene.”

Lui dice: “Io ti faccio vedere che se tu non obbedisci tu farai qualcosa di buono. È assurdo obbedire a quanto ti viene richiesto. Lì non c’è niente di bene o c’è poco. Il bene vero io te lo faccio vedere che è presente in ciò che tu vuoi fare, non in ciò che ti viene detto di fare.”

“Signore, Signore, vieni, vieni, la gente ti cerca”

“No, devo andare in un’altra città perché per questa sono stato mandato” 

Quanto bene avrebbe fatto Gesù a rimanere lì? Ma Gesù non è venuto a fare il bene, è questa la cosa interessante, Gesù non è venuto, innanzitutto, a fare del bene, a guarire, a fare i miracoli, a liberare l’uomo dalle malattie, dalla fame, dalla sete, dalla peste, non è venuto a salvare i lebbrosi. Gesù è venuto innanzitutto per compiere la volontà del Padre, poi, di conseguenza, per fare del bene e fare i miracoli. Ha fatto tante cose bellissime, ha moltiplicato i pesci, ma questo dopo. Fare del bene non è la priorità. 

Questo bisogna rispondere al demonio quando ci viene a tentare contro l’obbedienza, che io non sono al mondo per fare del bene, non è mio compito fare del bene. Il mio compito è fare la volontà del Padre, di Dio, che certamente non mi chiederà di fare il male, ovviamente, ma mi chiederà di fare un bene diverso probabilmente, da quello che ho io in testa, un altro tipo di bene, e il 99% delle volte io in quella cosa lì che devo fare, all’inizio non riuscirò a vedere il bene che sta dietro lì nascosto, perché la mia intelligenza non è ancora aperta a scorgere tutta la positività che c’è in quella proposta, perché ancora non la conosco bene. 

Ricordiamocelo, l’obbedienza è la via più rapida per arrivare al sommo della perfezione, perché se no poi facciamo come quelli che hanno il Padre Spirituale, il Confessore con tutti i sacri crismi e sigilli, che fanno tutte le dichiarazione di amore, di figliolanza, e tutte le sbavature spirituali: “Lei è per me qui, è per me là…” — ricordate anche Padre Pio — tutte le promesse di obbedienza eterna, poi basta dire: “No, questo no” e apriti cielo! La prima domanda è: “Perché no? Devo capire”. No, non c’è niente da capire. L’obbedienza non si fonda sulla tua comprensione, l’obbedienza si fonda sull’amore per Dio, è un’altra cosa. Non è che io devo capire, io innanzitutto devo amare, devo seguire, devo avere fede.

Che cosa ha capito prima Abramo quando è andato a sacrificare sul monte Isacco? Niente. Non ha capito niente. Quante domande ha fatto Abramo a Dio per andare a sacrificare Isacco? Nessuna domanda. Non ha chiesto niente.

Noi siamo lontani milioni di anni luce dall’obbedienza. Noi abbiamo una religiosità fondata sull’amor proprio, sul gusto personale, sulle proprie idee, su quello che io voglio fare, che mi piace fare.

“Sotto colore di bene”

Sotto pretesto di bene: “Ma che male c’è?”

Quante volte si sente questa domanda: “Ma perché Padre, ma che male c’è a fare questa cosa? Mi spieghi che male c’è”.

No, non c’è niente da spiegare, perché se no non cresci. Te lo spiegherò dopo che lo hai fatto, ma a quel punto non ci sarà bisogno perché da solo lo capirai e dirai: “Ah ecco! Adesso capisco perché”. e se non lo capirai qui, lo capirai in Cielo.

Io so che questi discorsi fanno venire l’orticaria — non a tutti grazie al cielo — che uno li prende come se fossero discorsi da medioevo.

È un po’ come quelli che dicevano: “Ma oggi i tre voti non si possono più vivere come al tempo di Santa Teresa, oggi vanno interpretati”. Quindi bisogna fare l’obbedienza discussa, la castità periodica e la castità retribuita, vale a dire il nulla, l’ipocrisia. La castità non esiste periodica, se è una povertà retribuita non è più povertà e se l’obbedienza è discussa non è più obbedienza. L’obbedienza è obbedienza, Sant’Ignazio diceva: “Come un cadavere”, che se lo metti lì sta lì, e se lo metti là sta là.

Abbiamo già visto nei giorni scorsi cosa dice Santa Teresa sull’obbedienza: che, addirittura, assieme alla carità ha una priorità sulla preghiera. Capite la nostra testa che rivoluzione copernicana deve fare! È potentissima questa cosa che scrive Santa Teresa, e non è niente ancora, perché tra un po’ vedremo cosa scrive Santa Teresa su un altro argomento che non vi anticipo ma veramente molto bollente, un argomento molto caldo soprattutto oggi, e vedremo Santa Teresa cosa scrive. Quando ve lo leggerò allacciatevi le cinture di sicurezza, altro che le nostre devozioni “ma io ho bisogno, ma non posso farne a meno, ma io… ma io…”, vedrete cosa dice Santa Teresa, vedrete quando ci andremo a confessare la prossima volta quante cose avremo da dire.

“L’obbedienza è la via più rapida per arrivare al sommo della perfezione”

Forse è per questo che noi non ci siamo.

“Si adopera il demonio in mille modi per frapporre ostacoli e difficoltà sotto colore di bene.”

Sotto il pretesto del bene, cioè c’è più bene a fare così che nell’altro modo. 

Prosegue:

“Chiaro è che la somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori”

“Ah io sento un calore! Io sento lo Spirito Santo, sento delle dolcezze! Gesù mi parla… mi parla… mi dice… è bellissimo! Sento tutto un rapimento!”

“La somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori”

Scrive Santa Teresa, Dottore della Chiesa, che di mistica se ne intende.

“La somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori, nei grandi rapimenti, nelle visioni e nello spirito di profezia”

Non sta in queste cose, per noi invece sta in queste cose.

Dove sta la somma perfezione? Ce lo dice subito:

 “Bensì nella perfetta conformità del nostro volere a quello di Dio, in modo da volere, e fermamente, quanto conosciamo esser di sua volontà, accettando con la medesima allegria tanto il dolce che l’amaro, come Egli vuole.”

Fondazioni, capitolo 5°, paragrafo 10. Meditiamolo molto bene.

“La somma perfezione sta nella perfetta conformità del nostro volere a quello di Dio, in modo da volere, e fermamente”

Fermamente, non lagnandosi, non col muso. No, fermamente.

“Quanto conosciamo esser di sua volontà accettando con la medesima allegria tanto il dolce che l’amaro, come Egli vuole.”

Completamente affidati alla volontà di Dio.

 “L’estrema difficoltà che ci sembra d’incontrare, non è tanto nell’opera”

Cioè non è tanto nel fare quella cosa.

“bensì nel doverne sentir piacere, nonostante le ripugnanze della volontà che in questo segue le sue naturali inclinazioni.”

Ovviamente noi non proviamo nessun piacere ad obbedire, quantomeno all’inizio, perché la nostra volontà non segue la volontà di Dio, ma segue la naturale inclinazione: fare quello che voglio, quando voglio, come voglio, dove voglio, con chi voglio. E il cercar piacere nelle cose genera questa pesantezza nell’obbedire.

Voi direte: “Ma come facciamo noi a capire quanto siamo legati alle nostre inclinazioni naturali?” Dal punto di vista spirituale è un po’ più difficile da scoprire, perché siamo tanto bravi ad ingannarci.

“Ma no, tra me e San Pietro D’Alcantara non c’è proprio una grande differenza, c’è qualche chilo di troppo in me, ma ovviamente più o meno siamo simili!”

San Pietro D’Alcantara ci guarda e ci dice: “Se tu sei convinto di questo va bene”.

Facciamo un esperimento fisico: “Togliete per tre giorni, ai più coraggiosi dico per sette, ai meno coraggiosi dico per tre, minimo tre, sotto tre non vale l’esperimento. Se volete fare un esperimento che porta al successo dell’esperimento dovete fare sette giorni, una settimana pulita e allora capirete bene quanto il piacere, la ricerca del piacere, l’inclinazione al piacere è presente in noi, quanto siamo condizionati dal piacere. Per sette giorni provate a togliere totalmente l’uso di tutto ciò che è dolce, a partire dallo zucchero, togliete ogni cosa che è dolce. 

La prima domanda che sento subito è:  “Ma a colazione come faccio?”

È un problema tuo, siccome tu non sei schiavo del piacere la tua intelligenza saprà risolvere questa questione assolutamente amletica. Vaglielo a dire ai cristiani incarcerati in Cina nei campi di rieducazione mentale. Andateglielo dire a loro: “Ma tu a colazione cosa mangi?”

Togliete per sette giorni tutto ciò che è dolce e tutto ciò che contiene lo zucchero, quindi le bibite, tutto ciò che contiene il dolce, scoprirete che c’è il dolce da tutte le parti, togliete per sette giorni il caffè, il vino, e togliete il sale, per sette giorni. Tra sette giorni mandatemi una mail e mi raccontate la vostra esperienza se siete arrivati in fondo, perché non è detto che si arrivi in fondo ai sette giorni. Voi vedrete quanto profonde sono le radici del piacere del gusto e dell’inclinazione. E non abbiamo tolto niente, non morite, tranquilli! Persino la nostra intelligenza non è capace di pensare ad altro se non a quello. 

“Ma io cosa mangio a colazione?” Guarda che c’è un mondo di cose, un mondo, solo che tu non lo vedi, perché il gusto, il piacere ti ha talmente preso il cervello che non vedi altro.

“Ma posso usare il dolcificante?” No, perché il tema qui non è la glicemia, il tema qui è la penitenza, è vedere quanto io sono segnato da ciò che mi piace. Vedrete che bello mangiare la pasta scondita, o il riso scondito, il riso scolato, senza sale e senza niente, messo nel piatto così, vedrete che gusto.

“Ah ma io sono distaccato dal gusto mio personale!” Fate la prova per sette giorni, poi vedremo. Credo che sarà la prima volta nella mia vita che probabilmente al termine dei sette giorni a partire da oggi, che penso che riceverò una o due mail, probabilmente. La realtà purtroppo supera sempre la fantasia.   

Prosegue Santa Teresa:

 “Ma l’amore, quando è perfetto, ha pur la forza di farci dimenticare ogni tuo contento per contentare l’Amato.”

Quando è perfetto. Pensate se questo che dobbiamo vivere con Dio lo vivessimo per esempio dentro le nostre famiglia: per contentare l’amato, supero, dimentico ogni mio contento.

Vi dico, allora mettetevi un bel crocifisso piccolino dove mangiate così quando farete i sette giorni di prova del piacere, delle inclinazioni, voi direte: “Lo faccio per Te Gesù, vediamo quanto ti amo. Vediamo se mi dimentico dell’importanza del dolce, del sale, di bere l’acqua al posto del vino.”

 “Ed è proprio così, tanto è vero che ci divengono leggere anche le tribolazioni più gravi quando, sopportandole, sappiamo di far piacere al Signore. Ciò spiega perché le anime giunte a questo stato amino i disonori, le persecuzioni e gli oltraggi: cosa così evidente e conosciuta che non occorre fermarsi più a lungo.”

Qui siamo oltre, altro che il sale, l’aceto, l’olio, lo zucchero, il caffè, qui siamo molto oltre. Amare le tribolazioni, le persecuzioni, il disonore. Quando io amo veramente Dio il dolce è uguale al salato e al sapore di niente.

“11 – Voglio far comprendere il motivo per cui mi pare che l’obbedienza sia la via più breve e il mezzo più efficace per arrivare a questo felicissimo stato. Saremo padroni della nostra volontà in modo da applicarla tutta e perfettamente al servizio di Dio”

Ecco perché obbedire, per applicare perfettamente e totalmente la mia volontà al servizio di Dio. 

“Solo allora che l’avremo assoggettata alla ragione.”

La volontà sta sotto alla ragione, non il contrario. 

“Ora, la vera via per arrivare a questo è appunto l’obbedienza. Le buone ragioni non bastano, perché la natura e l’amor proprio ne hanno in contrario in sì gran numero che non vi riusciremo mai. Spesso, infatti, ci diviene sciocca anche la cosa più ragionevole, solo per il fatto che, non piacendoci, non ci sentiamo di farla.”

Certo, ci sono ragazzi, persone adulte che non si muovono mai. “Ma vai a fare una passeggiata di un’oretta al giorno”, così dicono i dottori. No. 

“Ci diviene sciocca anche la cosa più ragionevole”

Per esempio: “Smetti di fumare”. Questa è la cosa più stupida che uno possa fare, perché fa più male in assoluto, la cosa più ragionevole è “non fumare”, c’è scritto anche sul pacchetto di sigarette, che fanno venire il tumore, ma per il fatto che mi piace, io la faccio e non smetto. 

Ovviamente non è che mi faccio la penitenza dei sette giorni e poi mi fumo 5 pacchetti di sigarette in un’ora, perché sono attaccato al tavolo con gli occhi di fuori e le unghie, mi arrampico sui muri perché sono disperato e non ce la faccio più. No, non funziona così. 

Le buone ragioni non bastano, ci vuole l’obbedienza. Per praticare l’obbedienza occorre che sia fondata sull’amore perfetto, sul decidere di dimenticare ogni nostro contento per far contento l’amato — questo è l’amore perfetto, questo volere solo ciò che vuole Dio — solo in questo caso potremo vivere l’obbedienza. Altrimenti la natura e l’amor proprio non ce lo concederanno mai, non riusciremo mai e alla fine faremo solamente quello che vogliamo, diventeremo così petulanti, così insistenti da ottenere di far sempre e solo quello che vogliamo. 

Noi tante cose non le facciamo non perché non le possiamo fare, o perché sono sbagliate, non le facciamo perché non ci piacciono.

Perché facciamo i peccati? Perché ci piacciono, se non ci piacessero non li faremmo mai.     

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 6, 39-42)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

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