Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 20 maggio 2021
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
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MARIA PREGA GESÙ – DON CLEMENTE BARBIERI
Eccoci giunti a giovedì 20 maggio 2021, oggi ricordiamo San Bernardino da Siena, un illustre discepolo di San Francesco d’Assisi che nacque a Massa Marittima nel 1380 dalla nobile famiglia senese degli Albizeschi Ricordiamo oggi tutti gli amici di Siena — sono tante le persone che mi scrivono e mi contattano da Siena — quindi facciamo loro tanti auguri visto che c’è questo Santo così importante, così tanto innamorato di Gesù. Lui fece parte dei francescani minori e percorse tutta l’Italia, infatti il suo simbolo, il Nome di Gesù, lo si trova un po’ ovunque nelle città, segno del suo passaggio. Lui diffuse e fu devotissimo del Nome di Gesù e fu un grandissimo predicatore. Fu un uomo di una grandissima santità. Non so se lo sapete, è il patrono dei pubblicitari italiani, c’è un patrono anche per loro, e quindi impariamo a invocarlo.
Il Vangelo che abbiamo letto oggi è tratto dal capitolo XVII, versetti 20-26, siamo ancora nella grande preghiera sacerdotale di Gesù. Gesù sta pregando per noi. Gesù prega, questo non ci stancheremo mai di dirlo. Gesù prega, guardando il Cielo che è la nostra patria, il nostro vero luogo. Non so se vi ricordate, ma il 9 aprile, il titolo dell’omelia mi sembra che fosse “Il lato oscuro della luna”, è stata messa sul sito l’immagine del paesaggio notturno con la luna in alto che illuminava, è una foto che ho fatto io dalla mia finestra a Roma. Se è vero che c’è un lato luminoso della luna, e in quella foto lo si vede bene quanta luce sa fare la luna, è anche vero che c’è un lato oscuro che noi non vediamo. C’è questo rapporto tra Gesù e il Padre che in questo Vangelo risuona ancora di più, questa confidenza, questo affidamento, questo amore.
“Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.”
Il mondo crederà nella misura in cui noi siamo dentro a questo lato oscuro della luna, cioè al lato che sporge unicamente sull’Eterno, sull’Infinito, solo così avremo una luce da dare agli altri, solo così gli altri vedranno il lato luminoso della luna. Il Signore ci chiede di essere “Ut Unum sint”
“Affinché siano una sola cosa.”
Ho sentito pochi giorni fa un sacerdote che diceva: “Noi non siamo capaci di essere uniti. Coloro che combattono Gesù sono capaci di fare unione, di unire le loro forze.” È vero, condivido questa cosa che ha detto. I nemici di Gesù sanno unirsi, noi, invece… ognuno va per la sua strada. Capite quanto è importante questa preghiera di Gesù? E non solo ognuno va per la sua strada, ma ci morsichiamo a vicenda. È terribile. E poi, mi verrebbe da dire, “non ci cerchiamo”. Ma c’è un perché, perché noi non riteniamo di avere bisogno uno dell’altro, non veramente, se no ci cercheremmo, se no brameremmo di stare insieme, faremmo di tutto per stare insieme. Mi ricordo un ragazzo che un giorno mi disse: “Padre ho sentito la frase più brutta della mia vita.” Me lo diceva con la morte nel cuore e negli occhi. Sapete, sono dei momenti nei quali uno capisce che sta per succedere qualcosa di grosso. Allora io ho chiesto: “Cos’è successo?” e lui mi ha risposto: “La mia mamma mi ha detto: «Ma tu sei sempre qui?»”
Gesù non ce lo dirà mai, chi ci ama non ce lo dirà mai, perché chi ama brama la presenza della persona amata e Gesù chiede questo.
“Siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.”
La nostra vita non è una vita che deve essere moralmente buona e basta, non è questo. Noi non dobbiamo fare i bravi. Grazie al cielo i miei genitori non mi hanno mai detto: “Mi raccomando, fai il bravo!” Per amor del cielo! Noi non dobbiamo fare i bravi, noi dobbiamo essere gli amici di Gesù, noi dobbiamo essere in Gesù, che è molto altro e molto di più dal fare il bravo.
Sentite cosa dice Gesù:
“Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.”
Che belle quelle case di una volta, ringrazio tanto Dio che mi ha fatto la grazia di poter incontrare, di poter vivere quel pezzo di storia che adesso è praticamente ormai quasi totalmente sparito. Che belle quelle case dei nostri nonni — ma anche dei nostri genitori perché qualcuno ha avuto questa grazia — la cui porta non era mai chiusa e arrivava il vicino che ti portava le ciliegie che aveva raccolto dal suo albero e poi ti arrivava quell’altra che ti portava le prugne: “Ne vuoi un po’ che fai la marmellata?”. E poi arrivava quell’altra: “Guarda mi sono arrivati i fichi, i fioroni, buoni”. “Guarda mi sono avanzate le uova, ne vuoi un po’?” Mi ricordo ancora: le uova le portavano in quei cestini di vimini bellissimi, con dentro queste bellissime tovagliette, che adesso non si trovano più, tutte colorate, un po’ screziate, fiorate, ricamate a mano, bellissime. Non ti sbattevano le uova dentro il foglio di giornale come facciamo noi, dentro la plastica. Loro le tenevano solitamente in sala, per chi l’aveva non era molto abitata perché si viveva tutti in cucina. Il salotto era una sorta di sala ufficiale per chi l’aveva, una zona un po’ più fresca, che non è che si frequentasse molto, perché si stava tutti insieme dove si viveva, dove si mangiava, dove si parlava. Mi ricordo questo “paniere” con dentro tutte le uova fresche e, quando io andavo a raccogliere dalle galline le uova, mi ricordo che poi venivano prese e messe dentro in questo paniere e quando erano troppe — perché le galline di una volta facevano tante uova non come quelle di adesso che sono un po’ a dieta anche loro — si regalavano: “Porta le uova a quella persona che è un po’ sofferente, che fa fatica, vedrai che le gradiranno”. Poi succedeva che quella persona prendeva le uova e il giorno dopo arrivava con la torta: “Guarda con le tue uova ho fatto tre torte, e te ne porto una da assaggiare. Guarda che la marmellata di fragole che c’è sopra, sono le fragoline del mio orticello.”
Mi fermo, altrimenti andrei avanti a parlarvi di queste cose bellissime. Quando vi parlo di Dio, di Gesù, della mistica, non riesco a non pensare a queste cose, mi vengono in mente queste immagini così plastiche, così pittoresche, ecco perché sto cercando pittori, perché ho queste idee bellissime, bellissime non perché le ho in mente io, ma perché vengono da una realtà che è bellissima.
Ti davano l’uva. Noi com’è che oggi diamo l’uva? Noi oggi non diamo niente a nessuno, diamo le scatolette, il superfluo. Davano l’uva del loro orto, del loro giardino. Noi com’è che la diamo? La prendiamo, la mettiamo dentro in un sacchetto, che poi va nell’umido e poi si scioglie, quei sacchetti che non si possono quasi neanche toccare. Raccoglievano l’uva, poi prendevano questi panieri di vimini, che erano sempre tre o quattro che giravano, poi foderavano il fondo con le foglie della vite, tutte attorno, come se ricoprissero internamente il cestino di foglie di vite, ne bastavano tre-quattro, belle grosse, fresche e verdi, tagliavano i grappoli d’uva, solitamente al mattino perché sono freschi, li adagiavano dentro, coprivano il cestino con il loro telo ricamato a mano, e con questo cestino andavi a portare l’uva alla persona destinata. Io la mangiavo quell’uva ma non con la bocca, con l’anima, con il cuore, me la guardavo, me la godevo, mi nutrivo di quella bellezza. E dicevo: “Ma quanto è bella questa cosa!”
Per i fichi la stessa cosa, tagliavano le foglie di fico che sono un po’ ruvide, grosse anche quelle, le facevano sgocciolare un po’ perché nel fico c’è dentro quel latte che da fastidio, poi ricoprivano l’interno, prendevano i fichi al mattino presto, freschi, e non aperti troppo, anche lì c’era una tecnica per non spaccarli nel prenderli, li adagiavano nel cestino, poi li coprivano e si andavano a portare i fichi in dono a qualcuno.
Non sono vissuto al tempo di “Heidi” e non facevo “Dolce Remì” da piccolino, però ho avuto la grazia di vivere queste cose, di vedere queste bellezze superlative, di nutrirmi di questa carità che ti fa sentire “uno” con le persone.
Era bellissimo vedere queste persone anziane che ricevevano questi doni, sempre dignitose, pulite, ordinate, sempre con la corona del rosario in mano. Io quando penso a queste donne mi sento così ignorante, così lontano da Dio. Avevano la quarta o la quinta elementare ed erano sempre la corona del rosario in mano, sempre che ti parlavano di Dio. O lavoravano o pregavano, o pregavano o lavoravano; se si sedevano, o pregavano o lavoravano, non stavano mai con le mani ferme, sempre a ricamare corredi e tovaglie.
“Ma cos’è che sta cucendo? Ma cuce sempre? Ma cos’è che sta facendo?”
“Questo è per mia figlia”
Che aveva la mia età, quindi dieci anni.
“È per mia figlia quando si sposerà, le sto preparando il corredo”
E quindi tovaglie, lenzuola di cotone bellissimi che oggi non esistono più, ricami meravigliosi, stupendi, pizzi, lavori fatti ad uncinetto, pazzeschi.
“Affinché siano una cosa sola cosa; il mondo creda che tu mi hai mandato.”
La mia nonna diceva sempre: “Se c’è posto per uno, c’è posto anche per due.” E quando eravamo in dodici-tredici, ma il tavolo era sempre quello, e magari qualcuno diceva: “Ma ormai siamo in tanti, come facciamo a metterci a tavola, non c’è più posto”…. Queste frasi non le posso sentire: “Non c’è più posto”. E lei rispondeva sempre: “C’è sempre un posto”.
Voi non ci crederete ma il posto saltava sempre fuori.
Arrivava qualcuno all’ultimo momento perché non era invitato e arrivava alle 11.45, ed era sacro per noi magiare a mezzogiorno perché si recitava l’Angelus e poi, finito l’Angelus, non si sa come, era pronta la pasta. A mezzogiorno era sempre pronta la pasta. Finivi l’Angelus e arrivava la pasta. “Ma quand’è che l’ha fatta?” Lei riusciva a fare queste cose. La pasta era pronta in tavola alla fine dell’Angelus, fumante, in queste teglie grandi, le metteva al centro della tavola e cominciava a mescolare questo sugo buonissimo, mi sembra ancora di vederlo e di sentirlo. Non ho mai mangiato una pastasciutta così buona in vita mia.
E qualcuno arrivava alla prossimità dell’Angelus, si sapeva che mangiavamo a quell’ora. “Scusate, scusate sono arrivato un attimo a salutarvi”. Mancavano 4 minuti all’Angelus, perché suonava la campana della Chiesa. Quando suonava il primo rintocco di mezzogiorno: “Angelus Domini nuntiavit Mariae” E tutti a pregare la Madonna.
Qualcuno andava in cucina e andava a dire a mia nonna di non invitarlo, perché non c’era più posto, e poi la pasta ormai era già stata messa. E lei diceva sempre: “C’è sempre un posto”
Arrivava lei con la sua pastasciutta fumante e diceva: “Tu spostati un pochino a sinistra, poco, poco; tu un pochino a destra, poco, poco.” E poi, rivolta all’ospite: “Vuoi sederti a mangiare con noi un piatto di pasta? Un piatto di pasta cosa vuoi che sia, c’è anche per te.”
Faceva prendere la sedia, metteva la sedia e c’era il piatto di pasta. E tu guardavi questa tavola, una famiglia assolutamente normale, e dicevi: “Che bello sapere che questa porta è aperta, respirare questo clima di unità, che bello”.
Mentre mangiavo mi guardavo un po’ intorno, vedo ancora quei volti, che bello passarsi da mangiare, prendere tutti da quell’unico.
Questa cosa ve la devo dire assolutamente… che bello quando mia nonna metteva il pane sul tavolo — scena che non ho mai più visto in vita mia — metteva le rosette sul tavolo, un profumo quelle rosette! Guai a mettere il pane girato, lei diceva che “se no Gesù piangeva”, il pane doveva essere dritto, non al rovescio, poi quando lei prendeva in mano il pane, prima di mangiarlo, lo baciava. Che bei tempi! Che belle scene!
“Cos’hai portato tu?”
“Sono venuto a portarvi un po’ di insalata”.
“Dammela che la facciamo e la mettiamo nell’acqua fresca, così si riprende e la serviamo dopo insieme al secondo”.
E poi c’era il caffè, che a me non è mai piaciuto, ma lei non faceva il caffè come fanno tutti dalla macchina e viene fuori una brodaglia schifosa, lei metteva su la moka di caffè, ma non faceva solo il caffè, lei faceva il caffè con la crema di zucchero fatta col caffè. Stava a curare quando veniva su il primo caffè, prendeva la tazza, metteva dentro lo zucchero, prendeva il primo caffè che veniva e lo metteva dentro alla tazza, poi cominciava a muovere con le mani, con il cucchiaino, questo zucchero dentro la terrina e veniva fuori la crema. Quando serviva il caffè metteva dentro questa cremina. Una bontà! Io non bevevo il caffè ma mangiavo la cremina. Una bontà incredibile!
Dopo questo spaccato, che Gesù mi ha fatto venire in mente leggendo questo Vangelo, di questo bisogno di unità che abbiamo tutti, veniamo al capitolo di oggi del “Maggio Eucaristico”. Speriamo che la Madonna non si sia offesa, perché ho rubato un po’ di tempo alla meditazione di questo capitolo XX, “Maria prega Gesù”, di don Barbieri. Leggiamo qualcosa:
XX GIORNO – Maria prega Gesù.
“Alle feste nuziali di Cana in Galilea”
Siamo ancora ad una festa nuziale, non sono andato allora proprio fuori tema.
“Alle feste nuziali di Cana in Galilea, Gesù dà principio a suoi segni o miracoli.”
Inizia lì.
“A questo inizio è presente Maria; anzi, questo inizio ella inaugura con la sua preghiera. E il prodigio singolarissimo della mutazione dell’acqua in vino che Gesù compie ben si può dire a lei in certa qual guisa dovuto, perché ella lo seppe degnamente pregare.”
La Madonna con la sua bella preghiera “costringe Gesù a compiere il miracolo”
“Con quanto ardore di fede e con quanto zelo d’amore ella preghi non c’è chi lo possa vedere; e quanta copia di grazia ella ottenga non è possibile dire. Ella è inoltre colei che, tutta santa e tutta meritevole, una benefica signoria materna ha sul cuore sacratissimo di Gesù; così ci insegna a confidare nella misericordia di Dio, così a far umile e fervoroso appello a lui nelle nostre miserie; così a ritenerci sicuri di essere da lui sempre e generosamente soccorsi! […]
Ammettendo ella senz’altro il potere, la misericordia e la pietà amorosa di soccorrere che sono nel suo divin Figliuolo, non fa che esporre la condizione degli sposi e dei commensali con le poche e concise parole”
La preghiera della Vergine Maria non è logorroica, non è un fiume di parole in un deserto di pensieri, sono quattro parole. Questa preghiera è fatta di quattro parole: “Non hanno più vino”. La Madonna non fa l’omelia a Gesù, non dice a Gesù che loro hanno bisogno, no, la Madonna non dice a Gesù cosa deve fare, non fa le omelie a Gesù come invece forse facciamo noi. No. “Non hanno più vino”. Basta.
“..Quasi insinuando al cuore di lui con materno cuore la sua preghiera; perché a lui che ama, che è potente, che sa e che è disposto a soccorrere, è sufficiente manifestare la necessità del suo intervento salutare.”
“Non hanno più vino”. Basta. Non c’è altro da dire.
“Argomenta S. Bernardo e dice…”
Sentite che bella questa cosa, io non ci avevo mai pensato.
“Se per corso di qualche tempo stringe taluno nelle sue mani un frutto saporoso ed odoroso non è egli vero che ancora per qualche tempo le sue mani ne serberanno l’aroma fragrante?”
Quando voi sbucciate un’arancia, o tenete in mano i limoni, se c’è qualche amico della Sicilia diciamoglielo, mi è capitato di assaggiare i cedri, quei limoni grossi, dove si mangia anche la buccia, non sono limoni ma tanto per intenderci, sono quei limoni giganti, i cedri. Che buoni! Belli freschi che li tagli a fette quando c’è quell’arsura d’estate e mangi quelle due-tre fette di cedro ghiacciato. Ah come ti disseta! O quelle arance siciliane succosissime e buonissime. Quando le avete mangiate dopo vi sentite il profumo sulle mani, vi rimane addosso.
Ecco, San Bernardo dice:
“Se per corso di qualche tempo stringe taluno nelle sue mani un frutto saporoso ed odoroso non è egli vero che ancora per qualche tempo le sue mani ne serberanno l’aroma fragrante?”
Quanto dunque la stessa essenza della pietà non si sarà impressa più altamente in quelle viscere castissime nelle quali ebbe a porre per nove interi mesi la sua dimora!”
La Vergine Maria profuma, è tutta intessuta della fragranza di Gesù: non l’ha toccata ma l’ha abitata. Bellissima.
Un giorno vi dovrò dire la mia ricetta del risotto agli agrumi, buonissima. Un giorno vi dovrò cucinare un pò delle mie ricette, vi farò il risotto agli agrumi con la marmellata di ciliegia. Voi non avete idea di che risotto esce! È una cosa spaziale! Ve lo farò assaggiare. Non chiedetemi la ricetta perché non ve la dò. Qualcuno è venuto a chiedermi le mie ricette ma non vi dò le mie ricette segrete. Non ve la posso dare perché non sono capace di fare le ricette, io vado a occhio. Se mi mettete in mano una bilancia ho finito di cucinare. Vado a senso, non sono capace di andare a dosi, per cui non chiedetemi le ricette, però un giorno a qualcuno farò assaggiare il mio risotto agli agrumi. Pensate che quando voi lo servite, nonostante l’arancia, il limone e se mettete dentro anche il mandarino è ancora più buono, nonostante l’arancia, il limone e il mandarino che si mettono dentro, l’arancia e il limone con la buccia e il mandarino sbucciato, nonostante ci siano dentro tutti gli ingredienti e nonostante venga cotto tutto insieme con un po’ di crescenza di capra, un po’ di gorgonzola di capra, le croste del grana, la marmellata di ciliegia, alla fine di tutto questo, quando è cotto, nonostante quasi non si veda più niente, quando è tutto sciolto, voi sentite ancora il profumo del limone e dell’arancio, non solo in bocca, ma anche se l’annusate. Sopra ci metto anche la cannella, un po’ di pepe e un pizzico di peperoncino.
Invece della meditazione, di parlarvi di Gesù e del Vangelo, oggi vi ho parlato di fichi, uva, di risotto agli agrumi. Cosa ci volete fare. Così ricordando il mio risotto agli agrumi penso alla Vergine Maria, la fragranza di Gesù rimane in Lei nonostante il suo essere poi rimasta qui dopo la morte di Gesù e la sua Resurrezione. Lei rimane qui per un po’ a vivere in questo mondo, ma la fragranza non si perde, non la perde l’arancia e il limone nel riso, nonostante tutto il resto che si metta dentro, immaginatevi che fragranza è rimasta nella Vergine Maria, grazie alla presenza di Gesù.
“Il seno immacolato della Vergine Maria, degno Tabernacolo vivente di Gesù. [..]
Se dal mondo si togliesse il sole, che rimarrebbe se non tenebra? E non grande ombra avremmo se dalla Chiesa non ci fosse questa Vergine madre? [..]
La Vergine benedetta non fu per nulla turbata della risposta del suo Gesù. Anzi, in tutto affidandosi alla benignità di lui, non fece che volgersi ai ministri del convito per ammonirli: Fate quanto egli vi dirà; sicura com’era che l’esaudimento alla sua preghiera sarebbe venuto. Oh sì ch’ella sapeva che Gesù, il quale tanto l’amava, l’avrebbe onorata!”
Così gli fa fare subito il miracolo. Perché aveva fede.
“O nostra celeste avvocata, o Maria madre di Gesù e madre nostra, ecco come necessita che voi abbiate a dire al vostro e nostro Gesù come noi non abbiamo per nulla di quel vino spirituale che occorre perché le anime nostre possano meritare di potersi degnamente accostare alla santa Comunione. Manca il vino della grazia dello Spirito Santo, il vino della contrizione dei nostri peccati, che sono molti e gravi; il vino di quella pietà e di quella devozione per le quali solo è possibile con vera preparazione accedere a lui; il vino di quel trasporto di gioia, che ci sollevi al suo amore con un amore tutto santo e tutto puro!”
Quanto vino manca a noi! E allora dobbiamo andarlo a chiedere a Lei, a Colei che sa procurare questo vino.
“Come è mai preclaro questo calice di vino purissimo che ci inebria! Inebria, riscalda, ci eccita, ci rende audaci e forti, ci fa prudenti e sonnolenti. Ci inebria dell’amore di Dio e del disprezzo del mondo; ci riscalda poi che ci trasmuta in fervorosi; ci eccita perché ci erudisce; ci fa divenire audaci contro ogni contrarietà e forti col renderci invincibili contro i nostri nemici: il demonio, il mondo, la carne; ci dona la prudenza facendoci conoscere la giustizia; ci largisce la sonnolenza e la noia per tutto quanto è vanità nel tempo; ci rende proclivi e pronti alla contemplazione delle cose celesti.”
Eh sì, però dobbiamo prenderlo.
“Esempio. — La Regina delle vittorie. — Nelle ansiose giornate della Marna, contro l’avanzata tedesca s’era infranta ogni resistenza dei francesi. Il generalissimo Joffre, accigliato, incrociate le braccia, crollava nervosamente il capo e ripeteva fra i denti ai due generali che gli stavano al fianco:
— Tutto è perduto!…Qui non resta più nulla a fare !
— No, interruppe vivamente il generale Castelnau; resta ancora la speranza, perché resta ancora di pregare Dio, che soccorra la Francia.
— Pregare?
— Sì, generale; noi preghiamo; ma voi pure dovete pregare con noi !
— Pregate voi, aggiunse Joffre.
— Dovete pregare anche voi insieme a noi, perché voi siete il generale in capo. Invocheremo la Regina delle vittorie. Dite: Ave, Maria….E Joffre genuflette con fede suprema, e tutti e tre i generali supplicano: Ave, Maria… E furono gloriosamente esauditi. Il nemico venne sopraffatto, e volse in spaventosa ritirata. Era apparsa a lui una visione….Un prete tedesco, ferito e fatto prigioniero durante quella battaglia, e poi morto in un’ambulanza francese, disse alle suore che lo assistevano: Come soldato dovrei mantenere il silenzio, come prete devo dirvi che durante il combattimento fummo stupiti di sentirci respinti. Non eravamo inferiori alle legioni francesi e contavamo di raggiungere presto Parigi… Ma vedemmo la Madonna bianco vestita e recinta di una fascia azzurra… Ella volgeva le spalle a noi, e pareva respingerci con un gesto della mano… Ciò che narro lo udrete raccontare da altri; tutti l’abbiamo veduta…”
E se quel generale non si fosse inginocchiato a pregare la Madonna, la Regina delle Vittorie? Secondo me avrebbero perso. Pensate che responsabilità, se chi ha il compito non fa quello che deve, ci rimettono tutti. E allora preghiamo la Regina delle Vittorie, oggi. Abbiamo bisogno di vincere contro tanti nemici noi oggi, tantissimi e quindi impariamo a invocare la Regina delle Vittorie.
Per i meriti e l’intercessione di Maria Santissima, Regina delle Vittorie, vi benedica Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Giovedì della VII settimana di Pasqua
VANGELO (Gv 17,20-26)
Siano perfetti nell’unità!
In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».