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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 59

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard di sabato 30 luglio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 14, 1-12)

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!».
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 59

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a sabato 30 luglio 2022.

Oggi festeggiamo San Pietro Crisologo, Vescovo e Dottore della Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XIV di San Matteo, versetti 1-12.

Come promesso ieri, oggi andremo avanti nella lettura del libro: “LA PERFEZIONE RELIGIOSA ALLA LUCE DELL’EUCARISTIA”, di San Pietro Giuliano Eymard; stiamo affrontando il tema della semplicità, molto importante.

È veramente molto importante questo tema della fiducia, dell’affidamento, dell’abbandono in Dio, del non turbamento, del non scoraggiamento, della non inquietudine, del guardare sempre al Cielo.

Come vi dicevo, oggi iniziamo un approfondimento sulla semplicità, molto importante e delicato, però, prima di fare questo, volevo dirvi una cosa che non sapevo e che mi è stata riferita, molto, molto bella.

So che diversi di voi, dopo aver ascoltato le meditazioni sulle apparizioni della Vergine Maria a Laus, si sono recati in questo Santuario a pregare, a prendere l’olio della lampada e tutti mi hanno raccontato che è stata un’esperienza molto, molto bella.

Una persona mi ha riferito che c’è un testo dell’immagine di San Pietro Giuliano Eymard nella cappella dell’oratorio di Benedetta, lì, a Laus, dove c’è l’esposizione perenne del Santissimo Sacramento.

Allora, mi sembra bello leggervi questo testo dell’immagine di San Pietro Giuliano Eymard, perché scopriremo una cosa importante, vedrete che bello.

C’è scritto (è San Pietro Giuliano Eymard che scrive):

Come desidero questo bel paese di Laus, dove la Vergine Santa mi ha fatto tante grazie!

Ho meditato sull’amore che la Santissima Vergine ha avuto per me fin da quando ero piccolo. Ho benedetto Nostra Signora di Laus il giorno in cui l’ho presa per Madre, quando è morta la mia povera mamma. E da allora quante grazie!

Le domandavo ai suoi piedi nella cappella di San Roberto (che noi abbiamo visto e spiegato in quelle meditazioni) di diventare prete un giorno. Come mi ha condotto per mano, tutta sola al Sacerdozio e poi al Santissimo Sacramento! Oh! com’è stata buona con me la Santa Vergine! Ne piango la tenerezza”.

Mi fermo. Adesso dico due parole.

Io non sono San Pietro Giuliano Eymard, ma posso dire che, veramente, se noi prendiamo la Vergine Maria come Madre, veramente Lei ci conduce per mano alla nostra e alle nostre mete.

Anch’io posso e anch’io devo dire, per giustizia e per rendere gloria a Dio, che la Vergine Maria mi ha condotto per mano; anzi, devo dire che, in certi momenti, mi ha proprio preso in braccio per portarmi al Sacerdozio e al Santissimo Sacramento.

Devo proprio confessare che la Vergine Maria è stata, non buona, ma buonissima con me, e questo accompagnamento al Sacerdozio non è cominciato con l’ingresso in convento; questo accompagnamento al Sacerdozio per me è cominciato fin da quando ero bimbo, perché ho tanti ricordi legati a questa maternità spirituale della Vergine Maria.

Ed è vero: mi ha condotto al Sacerdozio e al Santissimo Sacramento insieme.

Ovviamente, io, a quei tempi, non mi rendevo conto, ma neanche mi sono reso conto veramente durante gli studi di teologia prima del Sacerdozio, mi rendo conto ora; ora mi rendo conto di quello che Lei ha fatto, ed è stato un percorso veramente incredibile. Io credo che lo possa fare per tutti, lo credo profondamente, bisogna però affidarsi.

Quando ero ragazzo e studiavo alle Superiori mi ricordo che, andando a Messa alla sera alle 18.00, nella mia parrocchia, al termine della Santa Messa, andavo sempre, sempre, tutti i giorni, proprio tutti i giorni, all’altare della Vergine Maria del Rosario e là, al mio posto, mi inginocchiavo e Le affidavo tutti i miei compiti in classe, tutte le mie preoccupazioni di ragazzo, di adolescente, tutte le mie paure, tutti i miei fallimenti.

In un giorno di Pasqua, prima delle vacanze pasquali, mi ricordo che Le affidai una cosa impossibile, era una tragedia annunciata… proprio una tragedia annunciata, legata ad un compito in classe di italiano che avevo fatto, non sto a dirvi i dettagli.

Io mi ricordo ancora lo spavento che avevo, la preoccupazione… e poi c’era il tempo delle due settimane di vacanza, che mi separavano dal ritornare a scuola e dall’avere l’esito, che chissà quand’è che sarebbe arrivato poi; ma ero sicuro che era una causa proprio persa.

Ebbene, mi ricordo, anche in quel contesto, di quanto l’ho pregata, di quanto ho affidato a Lei tutto questo, e incredibilmente è successo il miracolo… incredibile… incredibile, me lo ricordo ancora adesso.

Tutta quella tragedia annunciata, tutto quel disastro che doveva essere così, che era certo che sarebbe stato così, si è sciolto come neve al sole ed è andato tutto benissimo.

Veramente la Vergine Maria è la Mamma delle mamme… e allora, anche noi, domandiamoLe ai Suoi piedi questa grazia di essere la nostra Mamma. È proprio bello stare alla Sua presenza!

Scrive San Pietro Giuliano Eymard:

Quanto Le devo di riconoscenza e di amore, a questa buona Madre! Quanto bene mi è venuto da Lei, quante grazie da Laus! Le devo l’essere stato preservato, la vocazione. Mi ha donato al suo Divin Figlio come suo servitore e suo tenero figlio.

Quanto mi ha amato il Buon Dio! Mi ha condotto per mano fino alla Società del Santissimo Sacramento: tutte le mie grazie sono state di preparazione, tutti i miei stati un noviziato; il Santissimo Sacramento ha sempre dominato.

È la Santa Vergine che mi ha condotto a Nostro Signore, alla Comunione tutte le domeniche a Laus a dodici anni; dalla Società di Maria a quella del Santissimo Sacramento.

Quanto dolore, penso a Laus, quante avversità a Laus; quanta festa a Laus; quanti malati a Laus, quanti morti a Laus, sperando e invocando Nostra Signora di Laus, la buona Madre di Laus!

Ah! potessimo trovarci un giorno ai suoi piedi in Cielo come siamo qui uniti col cuore, con i sentimenti e con l’amore ai piedi del suo trono di grazia, di misericordia e di amore! Amen”.

 

Non c’è che dire, è una bellissima preghiera questa di San Pietro Giuliano Eymard, e ci fa piacere avere scoperto che, esattamente dopo queste meditazioni su Laus che abbiamo fatto e che ci hanno accompagnato per un lungo periodo, siamo stati condotti dalla Vergine Maria all’Eucarestia, esattamente come scrive San Pietro Giuliano Eymard, senza saperlo.

Vedete, amare la Vergine Maria vuol dire amare l’Eucarestia; lasciarsi condurre dalla Vergine Maria vuol dire lasciarsi portare all’Eucarestia.

Bene. Dopo questa grazia bellissima ricevuta di questo testo di San Pietro Giuliano Eymard, proseguiamo.

Adesso ci inoltriamo in questo approfondimento sulla semplicità.

Vi raccomando di seguire con tanta attenzione e di lasciarci proprio scavare nell’anima, perché ci farà tanto bene.

Scrive San Pietro Giuliano Eymard:

“II. […] Ascoltate bene questo: non fate e non ascoltate mai critiche degli atti dei vostri Superiori, qualunque essi siano. Quand’anche il vostro Superiore avesse tutti i difetti del mondo, non giudicate mai, pregate e soffrite; il fare altrimenti sarebbe ferire al cuore la vita di obbedienza, e il buon Dio prenderebbe il partito del suo rappresentante”.

Vedete che San Pietro Giuliano Eymard subito scopre una piaga importante, che è quella delle mormorazioni, esattamente come San Giovanni Maria Vianney, come Santa Teresa d’Avila e come tutti gli altri Santi.

Dobbiamo stare lontani dalla critica, dalle mormorazioni, che non vuol dire diventare ciechi e sordi, non vuol dire non vedere, perché lui lo dice chiaro: “… pregate e soffrite”.

Cioè, ci sono situazioni anche pesanti, dove abbiamo a che fare con profonde immaturità e anche probabilmente con una sorta di lontananza e di insensibilità verso Dio, può essere tutto questo, però noi siamo chiamati non a criticare ma a pregare, che è meglio, che è più fruttuoso.

Quindi, quando ci troviamo di fronte a qualcuno che per responsabilità ci è superiore (pensate al vostro papà e alla vostra mamma, per esempio, tutti abbiamo un papà e una mamma; pensate anche al vostro superiore nel mondo del lavoro), preghiamo, offriamo la nostra sofferenza per chiedere a Dio di illuminare quella mente, di illuminare quel cuore, di dargli la grazia della luce, il dono del Consiglio, dell’Intelletto.

Offriamo questa sofferenza e diciamo al Signore: «Gesù, Tu lo vedi, Tu vedi quanto questa situazione è pesante, è brutta, è ingiusta, è malvagia, fai Tu!»   

“Oh! ve ne sono purtroppo sempre nelle case religiose di quei che spargono la zizzania col criticare i Superiori. Chiunque voi siate, se tale critica si fa alla vostra presenza, protestate, costringete al silenzio quel sussurrone, chiunque esso sia, fosse anche sacerdote, dotto, eminente per tutte le qualità”.

È dura eh… è dura.

Capisco, capisco molto bene che, ascoltando queste parole, ciascuno di noi, insomma, suda da seduto e da fermo.

Nelle case religiose, come nelle parrocchie, come nelle chiese, come nelle famiglie, ci sono sempre coloro che spargono la zizzania della critica e della maldicenza, del pensar male, del dubitare, del lamentarsi, con questa scusante: «No, ma aspetta, mi voglio confrontare…»

Abbiamo sempre questa falsa scusa: «Vengo a parlare con te di Tizio, per confrontarmi, perché ho bisogno di sfogarmi, perché ho bisogno di un consiglio, perché ho bisogno di un parere».

Non ci rendiamo conto (spero, speriamo) che in questa maniera noi avveleniamo la mente e il cuore dell’altro con tutto quel mondo di dubbi, di sospetti, di immaturità che ci portiamo dentro.

In primo luogo, questo è  un atto di egoismo.

In secondo luogo, la persona di cui tu vuoi andare a parlare, l’oggetto di questo confronto, è viva o morta?

Allora, se è morta non serve a niente, perché tanto oramai è morta; se è viva, scusa un momento, facciamo una ipotesi: se Dante fosse vivo, secondo voi, avrebbe senso che io andassi dal più grande esperto di Dante a parlare di Dante, con Dante vivente? No. Se io devo capire Dante, se io devo parlare di Dante, se io devo approfondire Dante, da chi andrò? Andrò da Dante, se è vivo, perché nessuno meglio di lui mi sa rispondere sulla Divina Commedia, cioè c’è uno studioso che conosca la Divina Commedia meglio di Dante? No, non esiste, perché l’ha scritta Dante.

Nessuno conosce i quadri di Picasso come Picasso, neanche il più grande esperto, perché Picasso è Picasso, è quello che li ha fatti.

Quindi, se voglio studiare, approfondire, capire un dubbio su un quadro di Picasso, da chi andrò? Andrò da Picasso, se è vivo.

Quindi, noi abbiamo quella persona vivente, e andiamo a parlare con un altro, di lui, ma che senso ha? Ditemi logicamente che senso ha?

Non ha nessun senso, perché un altro non mi potrà mai dire esattamente ciò che quella persona ha nella testa, i motivi per cui ha fatto qualcosa, con che cuore l’ha fatta; non lo può sapere, nessuno lo può sapere, solo la persona in esame, e allora vai da quella persona, no?

Ma noi non ci andiamo, perché?

Perché abbiamo paura, perché noi abbiamo paura di un confronto serrato, abbiamo paura di metterci in discussione, abbiamo paura delle reazioni che ci possono essere, e poi è più faticoso, ci vuole più umiltà.

In questa maniera noi seminiamo zizzania, c’è poco da fare eh…

Quando io vado a parlare negativamente di qualcuno con qualcun altro, io sto mormorando, punto, senza “se” e senza “ma”.

E sto dicendo la verità, perché la mormorazione è dire il negativo di una persona, vero: ho visto una persona rubare, l’ho vista e lo vado a dire ad un altro. Ecco, questa è la mormorazione.

Quindi, vado dalla mia amica, dal mio amico, e dico: «Ah lo sai cosa ho visto? Ho visto che rubava le ciliegie».

Bene. Questa è la mormorazione.

Se poi quella persona, in realtà, era in casa sua e io, per il rancore che le porto, dico che l’ho vista rubare le ciliegie quando non era vero, questo è un peccato gravissimo contro la carità e si chiama calunnia, ed è sempre diffamatorio, è un peccato gravissimo.

Anche la mormorazione può diventare un peccato mortale eh… stiamo molto attenti ai peccati della lingua!

Anche nelle famiglie succedono queste cose, anche tra amici succedono queste cose, e morire che ci sia qualcuno che si alza quantomeno a difendere quella persona e a dire: «Ma tu cosa ne sai? Perché devi vedere il male?»

Noi dovremmo costringere al silenzio e dire: «Stai zitto!», a chiunque esso sia, anche perché vale il detto: “Chi parla male degli altri con te, con gli altri parla male di te”. È sicuro, è sicura questa cosa.

Spesse volte è banalmente (nel senso che è proprio una cosa banale, però è grave) uno sfogo, è proprio sintomo di una grande immaturità, psicologica e spirituale, perché vuol dire che siamo ancora un po’ involuti.

“[…] Dio tratta i sudditi com’essi trattano i loro Superiori. Quali soggetti, tale Superiore; Dio dà ai sudditi ciò che si meritano; e se avete un cattivo Superiore, gli è perché l’avete meritato. Mutate condotta, siate umili e sottomessi, Dio vi darà un padre”.

Uno dice: «No, non è vero». Facciamo l’esperimento, proviamo a fare l’esperimento. Siamo umili, sottomessi, preghiamo, offriamo, soffriamo, e vedremo se Dio ci darà un padre.

“Oh, ve ne prego, non soffrite mai critiche in vostra presenza. Ricordatevi l’ammirabile condotta di Costantino, che ricusò di giudicare dei vescovi accusati dinanzi a lui. — «Chi scruta curiosamente la maestà, sarà schiacciato dal suo peso» (Prov., 25,27); vale a dire, colui che cerca e scopre i difetti dell’autorità, sarà maledetto da Dio come lo fu Cam da Noè”.  (Perché lo vide nudo).

Quindi, stiamo lontani dalla critica, dal giudizio, dalla diffamazione, dalla calunnia.

Qualcosa non ci è chiaro? Andiamo da quella persona, è un dovere della coscienza, lo dice San Tommaso d’Aquino.

È una grave mancanza contro la carità, se io…

Facciamo un’ipotesi (che poi non è molto un’ipotesi, perché mi è successo più di una volta): un Parroco, per esempio, un Sacerdote, fa un qualcosa che secondo me non va bene, non so, sbaglia nella liturgia, sbaglia in un’omelia, qualunque cosa che secondo me non va bene.

 Allora, tantissime volte a me è successo che qualcuno viene e dice: «Padre, guardi, è successo questo, questo e quest’altro… Senta, secondo lei, va bene se io adesso prendo carta e penna e scrivo al Vescovo, così lo informo di questa cosa e gli dico cosa sta succedendo in parrocchia?»

E io dico sempre: «Mi scusi, ma al Sacerdote lo ha detto? È andato, almeno una volta, a dirgli il suo pensiero e a chiedere spiegazioni?»

  • «Ah, no, no».

—  «Ma scusi, questa non è la carità, questo non è giusto! Ma che sistema è?»

San Tommaso lo dice chiaramente eh, a parte che lo dice il Vangelo.

Innanzitutto, tu devi andare dalla persona a dire il tuo pensiero, il tuo imbarazzo, la tua fatica, la tua perplessità e a chiedere spiegazioni; poi, se la cosa non si risolve, se la situazione rimane dubbia, se non si arriva a un dunque, se l’altra persona si inasprisce o quant’altro, allora si può pensare ad un’altra strada, ma non in prima battuta.

E invece noi (diciamolo che siamo un po’ vigliacchi eh, diciamolo che siamo un po’ codardi), cosa facciamo?

Scriviamo o andiamo direttamente da chi, di fatto, neanche conosciamo, e quindi è facile, è gioco facile metterci lì a parlare male di qualcuno, a gettare sospetti su qualcuno, quando questo qualcuno non può neanche difendersi, neanche può dire una parola, perché non lo sa.

Neanche può dire: «No, guardi che, in realtà, ho fatto questa cosa per questo motivo…», oppure: «Guardi che, in realtà, questa cosa l’ho fatta dopo», oppure: «Grazie, non ci avevo mai pensato, non lo sapevo. Grazie che me lo ha fatto presente».

Noi abbiamo il dovere morale di andare sempre prima dalla persona, sempre, se è viva ovviamente.

Dobbiamo andare dalla persona, dire quello che facciamo fatica a capire, quello che non capiamo, quello che non condividiamo, chiedere spiegazioni, e poi vedere cosa succede.

La stessa cosa bisogna farla in famiglia. Non è giusto che, siccome ho una fatica con mio fratello, allora vado subito da mio padre, non è giusto!

Prima ne parlo con mio fratello o con mia sorella; se la situazione è così irrisolvibile, allora vado a chiedere un aiuto al superiore, ma non subito, non è giusto.

La carità mi chiede di andare per prima cosa da quella persona a chiedere spiegazioni. Guardate che questo è fondamentale.

È come andare dal preside a denunciare un professore perché fa qualcosa di sbagliato. Non è giusto. Prima vado dal professore, dico al docente le cose che secondo me non vanno bene, chiedo spiegazioni, e poi, nel caso, vado dal preside, ma dopo.

Bisogna sempre rispettare i gradini.

Quando si sale le scale, bisogna salirle giuste, non si può saltare una rampa; i gradini vanno rispettati e vanno fatti, uno dopo l’altro, se no cadiamo nella mormorazione, o peggio, nella calunnia, nella diffamazione.

Sì, poi, in merito allo scoprire i difetti dell’autorità, anche nei confronti dei nostri genitori, nei confronti dei nostri Parroci, nei confronti dei nostri Sacerdoti, nei confronti dei nostri professori, nei confronti di…, impariamo ad avere questo rispetto, a non fare come ha fatto Cam con Noè. Non c’è niente di utile nello scoprire i difetti dell’autorità, non serve.

Guardate, sono cose difficilissime eh… essere rigorosi su queste cose è veramente un martirio, veramente un martirio, soprattutto in questo tempo storico nel quale viviamo, dove tutto viene messo in piazza.

È veramente un martirio, è veramente difficile.

Ecco, pensavo oggi di finire, ma non riesco, perché è ancora lungo, è lungo nel senso che è denso.

Lo vedremo domani. Intanto credo che abbiamo tutti motivo di un grande e radicale esame di coscienza.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

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