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Cosa è il mondo – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.132

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Cosa è il mondo – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.132
Lunedì 11 marzo 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 4, 43-54)

In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 11 marzo 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quarto capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 43-54.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo giunti al capitolo quarantunesimo.

CAPITOLO 41

Del timore di Dio e come preservarci dai peccati veniali.

1 — Come mi sono estesa!… Ma non così come avrei voluto, perché non v’è nulla di più dolce che parlare dell’amore di Dio. E che sarà possederlo? Il Signore si degni di concedermelo per Quegli che è.1

Nota 1:

1 Che almeno non muoia prima di essermi staccata da tutto il mondo e aver compreso la grande stoltezza che si commette quando si ama qualche altra cosa fuor di Voi! No, che non profani mai questa parola — amore — applicandola alle cose del mondo, le quali non sono che falsità! Se il fondamento è falso, forse che resisterà a lungo l’edificio? Io non so come ci meravigliamo quando udiamo dire: “Quegli mi ha ripagato male; quest’altro non mi ama”. Io me ne rido. Perché vi devono ripagare? Perché vi devono amare? Imparate da ciò che cosa sia il mondo. Siete punite dallo stesso amore che avete avuto per lui, perché ora vi trovate nell’angoscia, e il cuore piange amaramente per essersi abbandonato a questi giochi da bambini. (Manoscr. Escor.)

Prosegue:

Parliamo ora del timore di Dio.2 

Nota 2:

2 Vi dirò che mi costa alquanto a non parlarvi di questo amore mondano che io, purtroppo, ho conosciuto. Vorrei farvelo conoscere per indurvi a preservarvene; ma per non uscire d’argomento, non dirò nulla. (Manoscr. Escor.).

Allora, mi sembra che la prima nota sia molto importante, perché è la fotografia di quello che credo capiti a ciascuno di noi, forse molto, molto, molto spesso. 

S. Teresa chiede la grazia di non morire «prima di essermi staccata da tutto il mondo e aver compreso la grande stoltezza che si commette quando si ama qualche altra cosa fuor di Voi!». Questa è una grazia che chiede Santa Teresa: da una parte essere staccata da tutto il mondo, che è un po’ il tema ricorrente di tutto questo libro — e il secondo tema — anche questo ricorrente — è la grande stoltezza che si commette quando si ama qualcosa fuori dal Signore. 

S. Teresa qui si concentra proprio sulla parola amore, infatti lei dice: «che non profani mai questa parola — amore — applicandola alle cose del mondo, le quali non sono che falsità!» E qui, purtroppo, credo ci siamo dentro un po’ tutti; “io amo ballare, io amo le ciliegie, io amo cantare, io amo andare a correre”; oppure, peggio ancora, pensate a quando noi diciamo “io adoro la pastasciutta col sugo”, pensate a questa frase; “io adoro stare al sole ad abbronzarmi”, pensate! “Io adoro poter rimanere a letto a dormire fino alle dieci”; noi arriviamo anche a dire “io amo (o io adoro) il mio gatto (o il mio cane)”; “io adoro il mio cagnolino, io lo amo”. Ecco, lei dice che questo è profanare la parola amore, perché l’applichiamo alle cose del mondo, le quali sono tutte falsità; in paragone a che cosa? In paragone a Dio, perché solo Dio è verità, solo Dio resta, tutto il resto passa.

Pensate, per esempio (oggi è molto diffusa questa cosa degli animali, dei cani, dei gatti) al tempo, oltre che ai soldi, che noi dedichiamo per questi animali da compagnia; che, per l’amor del cielo, sono tenerissimi, ed è vero che fanno tanta compagnia, ed è vero che sono molto dolci, nessuno può negare questo, nessuno può smentirlo; ma, come tutto il resto, anche loro muoiono. Magari stanno con noi dieci anni, quindici anni, diciotto anni, poi muoiono. E, se voi vi fermate un secondo, dite: in tutti questi anni, quante energie, quanto tempo, ho dedicato a questa realtà — lasciate perdere: è buona, è cattiva, è tanta, è poca, mi ha dato tanto, mi ha dato poco, lasciamo perdere questo — questa realtà, come ogni realtà.

Io vi ho citato quella degli animali, perché oggi è molto diffusa, ma potrei prendere, non so, ad esempio, il calcio; potrei prendere l’estetista o la parrucchiera; non che siano lavori non buoni, ma per intenderci. Quanto tempo io — ipotesi — dedico ai miei capelli, al mio aspetto esteriore, al mio aspetto fisico? Quante ore, quanti soldi, quante energie, quanta attenzione, quanta concentrazione interiore? E poi, cosa si fa? I capelli si tagliano e vanno a finire nella pattumiera, capite, è questa la cosa incredibile! Le unghie, che sto lì a laccarmi, non so a far che cosa, si tagliano e vanno a finire nella pattumiera. Tutto il trucco che mi posso mettere addosso, si lava e va a finire nel lavandino, ecco. Il pallone, che tanto inseguo, che cos’è? Niente, questo è proprio il niente del niente, perché finisce in niente, in niente. Eppure, attorno a queste cose, si fanno i giornali, i quotidiani, si fanno le cose su YouTube, voglio dire… Tutte queste cose, che uno può dire: “no, ma sono cose innocenti, sono cose buonissime”, si, tutto quello che volete, tutti i giudizi più positivi del mondo, benissimo, ma paragonate a Dio? Paragonate al tempo/energie/soldi che do a Dio!?

Per andare ad ascoltare un concerto, i ragazzi, ma non solo ragazzi, anche quelli più adulti, sono capaci di fare code di tutta la notte; per aspettare che esca il nuovo cellulare, stanno fuori dal negozio fino dal giorno prima; ma non perché non ce ne sono più, ma perché voglio essere il primo a prenderlo. Ma facciamo queste cose anche per il Signore? Non lo so…

Quindi, Santa Teresa dice: “non applicate questa parola alle cose del mondo”, perché le cose del mondo, non sono capaci di reggere la portata — mi verrebbe da dire infinita — di queste parole: “amore” e “adorare”. Non diciamo mai “io adoro le frittelle di Carnevale”, o “adoro vestirmi in maschera”, non sono cose che si dicono, perché io adoro Dio, basta; la parola adorare è solo per Dio. Santa Teresa dice: quando usi la parola amore, non applicarla alle cose del mondo. Infatti, la usiamo talmente tanto, e talmente male, che ormai non ha quasi più significato; è una parola svenduta, talmente usata ed abusata. Dovremmo veramente riflettere, dovremmo veramente riflettere… «che non profani mai questa parola — amore — applicandola alle cose del mondo, le quali non sono che falsità!».

Va bene, adesso andiamo avanti. Santa Teresa dice: «Io non so come ci meravigliamo quando udiamo dire: “Quegli mi ha ripagato male; quest’altro non mi ama”; qui fa riferimento alle persone, e lei dice: «Io me ne rido». Pensate alla sofferenza che c’è dietro a coloro che dicono: “Quello lì mi ha ripagato male, non mi ha contraccambiato tutto il bene, tutte le cose che io gli do”, oppure quello che dice: “Non mi ama; io lo amo tanto e lui non mi ama”; Santa Teresa dice: “Io rido”. E aggiunge: “Perché vi devono ripagare? Perché vi devono contraccambiare? Perché vi devono amare?”

Guardate, al di là del metterci a dire: sono d’accordo, non sono d’accordo — anche perché stiamo parlando di Santa Teresa di Gesù, dottore della Chiesa, quindi voglio dire: un po’ di umiltà, non mettiamoci a fare i maestrini — ma quante volte, nella nostra giornata, nel nostro cuore e nella nostra mente, pensiamo a queste cose: “Quello non mi ama, quello non mi ha ringraziato; quello non mi ha ripagato; non sono più al centro della sua attenzione; non sono più il suo sole e lei (o lui) non è più il mio girasole”. Santa Teresa dice: «Imparate da ciò che cosa sia il mondo»; il mondo siamo noi, anche noi creature, siamo il mondo; e aggiunge: «Siete punite dallo stesso amore che avete avuto per lui, perché ora vi trovate nell’angoscia, e il cuore piange amaramente per essersi abbandonato a questi giochi da bambini».

Io, personalmente, non so voi, ma io credo che questo sia un testo che dovremmo copiare e mettere nel nostro esame di coscienza quotidiano; perché è troppo vero, è troppo vero tutto questo. “Mi sento messo da parte, non mi sento guardato, stimato, amato”, e lei dice: “Perché dovrebbe essere? Così tu impari che cosa sia il mondo”; questo è il mondo! Il mondo è così, le persone sono così, le persone oggi cantano “Osanna”, due giorni dopo, tre giorni dopo, cantano “crocifiggilo”, capite? Questi siamo noi; oggi ti dicono: “Io ti amo, tu sei tutta la mia vita, io per te morirei, io sono disposto a tutto per amore tuo”; oggi! Domani, la stessa persona è capace di dirti: “Non provo più niente per te, mi dispiace, non è colpa tua, ma io non ti amo più. Non so cosa fare”. Tu hai voglia di star lì a dire: “Ma cosa stai dicendo; no, ma aspetta, parliamone, andiamo a parlarne con qualcuno”; no, no, quello ti dice: “Io non ti amo più, fine,  è finita, basta” — “Si ho capito, ma ci sono tre bambini, abbiamo una famiglia” — “Si, si va bene, però io non ti amo più, quindi non ha più senso che rimanga con te; devo andare”… «Imparate da ciò che cosa sia il mondo».

Ecco perché, quando noi amiamo le persone, dobbiamo imparare ad amarle con libertà. Le persone vanno amate perché è giusto amare, amare secondo il Vangelo, non perché io voglio avere un contraccambio. Non è che io amo l’altro perché mi aspetto che l’altro, quindi, mi ami, faccia questo per me, e mi aspetto che ci sia un ricambio, e se non c’è ricambio “cento”, come mi aspetto io, litigate su litigate; no, non è questo l’amore evangelico. La carità di cui noi parliamo, è quella descritta nella Prima lettera ai Corinzi, capitolo 13; quella è la carità, quello è l’amore, altrimenti restiamo puniti. Perché se noi amiamo così, come quindi faceva Santa Teresa, come ha fatto Gesù ovviamente, come facevano tutti i santi, noi mettiamo già in conto che l’altro (“l’altro” a partire da me; l’altro non è colui che mi sta di fronte, e io sono escluso; no, no), tutti noi dobbiamo mettere in conto che noi esseri umani, senza la grazia di Dio, senza una vicinanza di Dio in modo speciale, non siamo capaci di amare, non siamo capaci di essere costanti nel nostro amore, non riusciamo! Perché è troppo impegnativo, troppo difficile; “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per gli amici”, capite? È questo l’amore.

Quindi lei dice: «ora vi trovate nell’angoscia, e il cuore piange amaramente per essersi abbandonato a questi giochi da bambini»; cioè, tu hai abbandonato te stesso a qualcosa che non ha niente di serio; tu hai cercato il tuo sostegno, il tuo conforto, la tua consolazione, il tuo tutto, non in Dio — che è fedelissimo, che è verità, che è amore puro, che è costanza, che è tutto quello che volete — ma agli uomini! E gli uomini, le creature, non sono capaci di essere costanti, o, quanto meno, lo saranno, lo sono, nella misura in cui Dio sta al centro, nella misura in cui è Dio che educa a questo amore; allora sono capaci di amare senza attendere di essere ripagati, di amare senza un contraccambio, di amare senza fare conti, quindi di amare senza gelosie, perché purtroppo c’è anche questo. Quante volte noi sperimentiamo nel nostro cuore la gelosia; ci dà fastidio, e sarebbe già tanto; ma se almeno fossimo fermi lì, perché poi si va molto oltre; quindi, ci dà fastidio se la persona che noi amiamo — non che lei ci ama, quello è un altro discorso, ma la persona che noi amiamo o diciamo di amare — si mette a guardare, a stare, a parlare di più con qualcun altro che non siamo noi, ci dà fastidio. Questa è gelosia. E questo cosa ci dice? Ci dice che in noi non c’è proprio niente dell’amore evangelico, niente; non c’è niente dell’amore divino; dell’amore di Dio, non c’è niente.

Ecco, io quindi ancora ve lo raccomando, siamo alla fine di questo libro, ma, come vedete, le parole sono ancora belle forti. «Vi dirò che mi costa alquanto a non parlarvi di questo amore mondano che io, purtroppo, ho conosciuto (l’amore mondano, quello di cui stiamo parlando adesso). Vorrei farvelo conoscere per indurvi a preservarvene; ma per non uscire dall’argomento non dirò nulla».

Ecco, diciamo che un po’ ce ne ha parlato, Santa Teresa, nei capitoli precedenti, però certo, sarebbe stato bello se l’avesse ancora ripetuto o aggiunto qualcosa. Vabbè, comunque ce ne ha parlato già tanto.

Adesso, lei dice: «Parliamo ora del timore di Dio», ecco, però io mi fermo, perché è vero che abbiamo fatto tre righe del paragrafo, però abbiamo fatto tanto sulle note e questa cosa del timore di Dio è molto importante, e quindi la affronteremo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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