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Stare bene in monastero – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.131

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Stare bene in monastero – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.131
Domenica 10 marzo 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 3, 14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 10 marzo 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal terzo capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 14-21.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al capitolo quarantesimo, paragrafo settimo.

7 — Perciò, figliuole, quando vedete che una di voi è così favorita, ringraziatene il Signore, ma non crediate che ella debba essere sicura. Aiutatela piuttosto con preghiere più frequenti, perché nessuno può essere sicuro finché vive quaggiù fra i pericoli di questo mare tempestoso. Quanto a conoscere chi possiede questo amore non potrete sbagliare, perché non so come possa occultarsi. L’amore che noi portiamo alle creature è tanto basso che neppure merita questo nome, perché fondato sul nulla.3 Eppure si dice che non si riesca a nascondere, e che più si manifesta quanto più si cerca di dissimularlo. Ora, possibile che sappia dissimularsi quest’altro, tanto forte e giusto che va sempre aumentando e che trova in ogni cosa di che maggiormente avvampare? Esso si fonda sull’intima certezza di venir ricambiato con l’amore di un Dio, della cui tenerezza non si può certo dubitare, per avercela Lui stesso dimostrata con ogni sorta di tormenti e di travagli, fino allo spargimento del sangue, fino all’immolazione della sua stessa vita, appunto per lasciarcene persuasi. O gran Dio! Che differenza fra l’uno e l’altro di questi amori per l’anima che li ha provati!

3 È un paragone che mi ripugna.

8 — Si degni Iddio di darci questo amore almeno prima di morire! Sarebbe un gran conforto poter pensare, al momento della morte, di dover essere giudicate da Colui che abbiamo amato sopra ogni cosa! Gli andremmo innanzi con confidenza, anche con il carico dei nostri debiti, persuase di andare, non già in una terra straniera, ma nella nostra patria, nel regno di Colui che tanto amiamo e che pur tanto ci ama. Considerate da ciò, figliuole mie, i grandi vantaggi di cui è fonte questo amore e il danno che ci deriva dall’esserne prive. In questo caso è un metterci fra le stesse mani del tentatore: mani crudeli, nemiche di ogni bene e amiche di tutto ciò che è male.

9 — Che sarà della povera anima se, appena cessati i dolori e le terribili angosce della morte, andrà a finire fra quegli artigli? Oh, lo spaventevole riposo che ne avrà! Arriverà nell’inferno già tutta a brani. E che moltitudine svariata di serpenti! Oh, luogo pauroso! Oh, disgraziatissimo soggiorno! Se una notte sola passata in un cattivo albergo riesce tanto penosa a chi è abituato alle delizie — e sono appunto questi che vi devono andare in maggior numero — che dovrà mai provare l’anima infelice precipitata in quell’albergo senza uscita perché eterno? Oh, figliuole mie, fuggiamo le soddisfazioni del mondo! Come stiamo bene in monastero! Dopo tutto non si tratta che di una notte da passare in un cattivo albergo. Ringraziamone il Signore, e facciamo un po’ di penitenza. Come sarà dolce la morte di chi avrà fatto penitenza dei suoi peccati e non dovrà andare in purgatorio! Comincerà fin dalla terra a godere la gloria del cielo, senza timori e in pace perfetta.

10 — Se ciò a noi non sarà dato, supplichiamo il Signore che, dovendo subire delle pene, sia almeno in quel luogo ove regna la speranza di averle presto a finire, senza perdere la sua amicizia e la sua grazia, e le sopporteremo volentieri. Supplichiamolo inoltre di preservarci in questa vita dal cadere in tentazione senza saperlo.

E abbiamo finito il capitolo quarantesimo. 

Con molta sincerità vi dico: di tutto quello che vi ho letto, a me personalmente — poi a ciascuno sarà altro — colpisce questa frase di cinque parole, perché mi sembra che sia riassuntiva di tutto:

Come stiamo bene in monastero!

Ecco, io credo che, nella misura in cui ovunque siamo, e qualunque sia il nostro stile di vita e la nostra condizione di vita, noi ci percepiamo, percepiamo la nostra esistenza come se fossimo dei monaci e delle monache — vi ricordate che, un po’ di tempo fa, sempre commentando Santa Teresa, abbiamo parlato di questo monastero nel mondo, di essere monaci e monache nel mondo, con tutta la riflessione legata a questo, non così campata per aria, o un po’ spiritualeggiante, no, ma con tutta la riflessione che ha fatto Santa Teresa su questa chiamata all’essere monaco ovunque uno è, con tutti quegli atteggiamenti interiori tipici del monaco e tipici delle monache — ecco, a me sembra che se noi portassimo sempre questa percezione dello stare bene nel monastero — un monastero, appunto, è questo luogo appartato, di speciale incontro col Signore, questo luogo dove sta tutto fuori perché Dio sia totalmente dentro — ecco, io credo che sperimenteremmo veramente la bellezza della comunione con Dio.

E lei ritorna su questo tema dell’amore portato alle creature e dell’amore invece che portiamo a Dio, e dice che questo amore alle creature è fondato sul nulla. È un’espressione è forte! La nota dice: «È un paragone che mi ripugna», cioè sono addirittura imparagonabili; l’amore per Dio non è neanche paragonabile all’amore per le creature. Non vuol dire non voler bene alle persone, no, vuol dire che c’è una priorità. La priorità è verso Dio, è dell’amore per Dio, e nella misura in cui noi vivremo bene questo amore per il Signore, impareremo anche ad amare correttamente le creature, però, appunto, senza scambiare l’ordine. Tutti facciamo l’esperienza di questo amore per le creature che non si può nascondere, che è un amore che si manifesta, e allora Santa Teresa dice: ma allora, quello per Dio? Ancora di più, visto che è fondato sull’intima certezza che è ricambiato con l’amore di un Dio e della cui tenerezza non si può dubitare, che lui ci ha dimostrato fino allo spargimento del sangue, all’immolazione della sua vita. Lei dice «Che differenza tra l’uno e l’altro di questi amori per l’anima che li ha provati!». Verissimo: credo che tutti abbiamo fatto un po’ questa esperienza.

E poi è bella questa riflessione sulla morte, questa prospettiva mi sembra molto bella, molto confortante: che paura dovremmo avere di essere giudicati da colui che abbiamo amato sopra ogni cosa? Lei dice: «Gli andremmo innanzi con confidenza, anche con il carico dei nostri debiti». Non dice: gli vanno innanzi i santi e basta, quelli che non hanno più debiti; no, no. Lei dice: “andremo innanzi a Gesù con grande confidenza perché l’abbiamo amato tutta la vita. Porteremo anche i nostri debiti, però andiamo nella nostra patria, andiamo nel Regno di colui che tanto amiamo e che tanto ci ama”, capite?

Allora capite che anche la dimensione del debito non è un grosso problema, perché quando tu torni in patria, quando tu torni a casa tua, dopo tanti anni e anni di esilio, ma secondo voi i familiari di questo esule che torna, o di questo sopravvissuto della guerra — a me vengono in mente quelli che sono tornati dalla guerra in Russia, per esempio, quelli che hanno fatto la guerra in Vietnam, questi reduci che tornano a casa, che magari se la sono fatta a piedi e hanno impiegato anni per tornare, e che tornano in condizioni terribili, pesantissime — secondo voi quelli che li riaccolgono, i familiari che li vedono tornare sani e salvi, stanno a guardare se hanno i pantaloni stirati, se hanno la barba fatta bene, se sono in giacca e cravatta, se hanno le scarpe di vernice, se si sono messi il profumo? No, ma cosa interessa se anche arrivano sporchi, malconci, feriti, tutti un po’ acciaccati, cosa interessa? Malati… cosa interessa? La gioia di rivedere questo familiare che si credeva scomparso o di cui non si avevano più notizie, che dopo due, tre anni da quando tutto è finito si dà per disperso e non si sa più che fine abbia fatto e tu lo vedi ritornare, ma come sarà l’atteggiamento di chi sta in casa che lo accoglie? Io credo che sia un’esperienza indescrivibile. Gli salti al collo e rimani abbracciato per un mese, non lo guardi neanche com’è vestito, com’è conciato, com’è malato. L’importante è che è arrivato, l’importante è che sia lì, l’importante è che sia tornato.

È questo credo che voglia dire Santa Teresa facendo questo ragionamento sulla morte. Avrai le tue ferite, i tuoi debiti, sarai sporco, sarai rovinato, tutto quello che volete, però intanto stai tornando a casa, hai vissuto i tuoi sessanta, settanta, ottanta, novant’anni nella terra d’esilio, che è questa vita, e adesso torni nella patria, che è il Regno di Dio. Il Signore ti vedrà un po’ malconcio, va bene, però stai tornando a casa. Non hai desiderato altro che casa tua, la tua patria, ricongiungerti alle persone amate, che sono i santi e i beati del paradiso, che sono la Vergine Maria, che è Gesù, la Santissima Trinità… Cioè, un padre, Dio Padre, che vede tornare a casa suo figlio — ricordate anche la parabola del figliol prodigo — secondo voi…? È proprio vero, quello che dice Santa Teresa, ci dà veramente tanta speranza. 

Quindi ci sono grandi vantaggi — vedete, ha proprio ragione — «i grandi vantaggi di cui è fonte questo amore» e l’esserne privi vuol dire: mettersi nella mano del tentatore, «mani crudeli, nemiche di ogni bene e amiche di tutto ciò che è male». Essere privi di questo amore per il Signore, vuol dire cadere nelle mani del nostro nemico; sono mani malvagie, mani crudeli. E appunto, lei dice: «andrà a finire fra quegli artigli? Oh, lo spaventevole riposo che ne avrà!… Arriverà nell’inferno già tutta a brani… disgraziatissimo soggiorno».

Perché andare a finire lì, quando possiamo andare in Paradiso, quando possiamo tornare nel Regno del Padre nostro? Perché andare a finire in questo luogo di tormenti, di lontananza, di fallimento? L’inferno è un luogo di fallimento eterno. E poi Santa Teresa dice: «Come sarà dolce la morte di chi avrà fatto penitenza dei suoi peccati…».

E anche qui: offrire ogni sofferenza che abbiamo, che riceviamo, che viviamo, in sconto dei nostri peccati e per la conversione dei peccatori; perché no? Tutti noi abbiamo delle sofferenze; e perché non offrirle al Signore in sconto dei nostri peccati? E questo ci permetterà di vivere senza timori e in pace perfetta. Che bello, eh? Credo che tutti desideriamo questo. Ecco: «Supplichiamolo inoltre di preservarci in questa vita dal cadere in tentazione senza saperlo», sì, anche questo è importante, se cadiamo nella tentazione, è bene che lo sappiamo; per andare a chiedere perdono al Signore, per fare ammenda, per chiedere proprio perdono.

Ecco, allora, sarebbe bello, quando ci vedremo da Maria Rosa Mistica, al Santuario di Fontanelle di Montichiari — il tempo si avvicina, ormai — che passassimo quella giornata certamente con la preghiera, assolutamente però usandola anche come occasione di scambio nella nostra fede e nella nostra esperienza monastica.

Magari ci saranno persone che arrivano lì un po’ all’ultimo; sapete, magari l’amico dell’amico, o il conoscente, o la conoscente, che gli dice: “Dai, vieni con noi a fare questa giornata” — “Sì, boh, non lo so, ma non conosco nessuno” — “Vabbè, tu vieni lo stesso” — viene, e non sa il percorso che abbiamo fatto, le meditazioni su Santa Teresa che stiamo facendo, tutto questo lungo percorso. Insomma, quaranta capitoli sono tanti, adesso iniziamo il quarantunesimo, ci stiamo proprio avviando alla fine, e poi sapete che il prossimo libro sarà proprio quello dei tabernacoli abbandonati quindi, tutto questo tema eucaristico che adesso torna. Penso che, quando noi ci vedremo, per quella data, a Dio piacendo, avremo finito Santa Teresa (mancano due capitoli), e penso che per Pasqua sicuramente dovremmo essere dentro al libro dei tabernacoli abbandonati.

Beh, ma che occasione bellissima sarà! Io veramente vi invito: quel giorno usatelo veramente, spremetelo come si spreme un limone, dove praticamente non lasci più niente, hai tirato fuori tutto il succo; che vuol dire: innanzitutto, questo tema — del Cammino di perfezione di Santa Teresa — del “Tu come vivi la tua vocazione monastica nel mondo?”. Andate a riprendere le meditazioni che abbiamo fatto su quando Santa Teresa parla dell’essere monache e monaci — vi ricordate che vi ho parlato dei callisti monaci, dei monaci bellissimi? Ecco, andate a riprendere quelle meditazioni, per il giorno del nostro incontro, andate a riascoltarle, a rileggerle — e andate a rileggere anche le pagine di Santa Teresa, perché così quando qualcuno vi chiederà: “Ma come, monaco nel mondo? Ma io non sono un monaco, io sono sposato, io sono sposata, io sono sacerdote, io sono uno studente universitario…”; ecco, appunto, ma voi, se avrete riletto quelle pagine, le avrete rimeditate bene, saprete dire in che senso: “monaci nel mondo”. Non fatevi trovare impreparati, perché guardate che qualcuno ve lo chiederà sicuramente. Quindi, andate a riprendere quelle pagine, così saprete spiegare bene, perché lì si condensa tutto: questa priorità dell’amore per Dio, questo vivere distaccati da tutto ciò che ci circonda, ma a servizio di ciò che ci circonda.

Distaccati non in modo platonico, non “distaccati” come se fossimo manichei — questo corpo, questo mondo, questa materia, è una prigione, una cosa brutta, e io devo sganciarmi per vivere tutto di spirito, no, no, no; perché il Verbo si fece carne, noi lo sappiamo bene dell’incarnazione — ma distaccati in questa logica di Santa Teresa, cioè, come vi ho detto, la priorità per l’amore per Dio, il quale ci pone a servizio dei fratelli e delle sorelle che il Signore ci mette accanto. Quindi, vedete, anche l’amore per le persone, il servizio e la carità per le persone, ma lasciando la priorità di questo amore solo per il Signore; vi ricordate? Andate a riprendere! E questo è un messaggio — ce ne sono tanti di messaggi di Santa Teresa da portare a casa — è un po’ una suggestione che adesso vi lascio, anche per quello che abbiamo letto oggi.

Ora, stante tutto questo, capite l’aggancio con i tabernacoli abbandonati di quel santo vescovo. L’aggancio è: siccome abbiamo capito l’importanza di vivere come monaci callisti… Vi chiederanno: “Cosa vuol dire monaci “callisti”? È un nuovo ordine?” no, non è un nuovo ordine; “È una nuova congregazione?” no, non è una nuova congregazione; kalòs in greco vuol dire “bellissimo”, quindi monaci “callisti” vuol dire: monaci “bellissimi”, ma non nel senso che mi guardo allo specchio e dico come sono bello, no! Monaci “bellissimi” perché vanno dietro al “bel” pastore. Vi ricordate nel Vangelo: “Io sono il buon pastore”? Vi avevo già spiegato che il greco non dice “buono”, ma dice “bello”, quindi è kalòs, ecco da dove viene “callisti” monaci; quindi sono quelle pecorelle “belle” perché seguono il “bel” pastore, capite? Guardate che vi interrogo! Il 7 aprile, vi interrogo davanti a tutti, vi dico: cosa vuol dire essere monaci nel mondo? Prima domanda. Poi vi chiederò: cosa vuol dire essere callisti monaci? Dove si fonda questa cosa? Del monaco me l’avete già detta, e del bello, anzi del bellissimo? Perché kalòs, perché bellissimi? Bellissimi perché vanno dietro al bellissimo pastore, “Io sono il bel pastore”, Gesù si presenta così, non buono, bello, andate a vedere il greco, kalòs. Bene, e dov’è che io realizzo questo andare dietro, questo essere gregge, il bel gregge del bel pastore, dov’è che si realizza? Davanti al tabernacolo, davanti all’Eucarestia, ecco, punto. Ed ecco: i tabernacoli abbandonati!

Ecco perché da Santa Teresa migreremo, con tutto il bagaglio che abbiamo accumulato, a questo santo vescovo, con il suo testo stupendo, meraviglioso. Lì è il luogo dove il monaco callisto riceve la sua bellezza: la riceve stando davanti al bel pastore, stando davanti al bel maestro. Il maestro comunica la sua bellezza, il bel pastore comunica la sua bellezza.

Ecco, quindi faremo appunto questo passaggio, dove al centro avremo l’Eucarestia, ancora; perché vedete, sembra quasi che si arrivi al giugno di ogni anno dove rimettiamo al centro l’Eucaristia. Vi ricordate quando abbiamo fatto il mese eucaristico? Qualche anno fa abbiamo fatto il mese eucaristico di giugno, tutto concentrato sul sacerdozio, con quel bellissimo testo di Monsignor Fulton Sheen. E poi abbiamo fatto le Passiflore Eucaristiche. Insomma, abbiamo fatto tante cose, e sto già preparando il testo che verrà dopo quello dei tabernacoli abbandonati, però adesso ancora non ve lo dico, perché è presto, devo ancora fare quel libro, che ci porterà via un po’ di tempo — però vi piacerà tantissimo, sono sicuro — e adesso sto preparando quello successivo, perché devo vedere se va proprio bene come genere, secondo me sì. Sarà la prossima “migrazione”, noi siamo come le anatre, che volano, che migrano. Ecco, noi migriamo, e allora, dopo aver fatto bene tutto il tema dei tabernacoli abbandonati, migreremo verso una nuova terra bellissima, che sono certo non avete mai ascoltato; sono certo che non avete mai letto niente di ciò che riguarda quella terra. Sapete perché? Perché (sono un po’ presuntuoso) neanch’io l’ho mai sentita, in tutti questi anni non avevo mai sentito quell’argomento, mai, mai sentito, mai letto niente. Uno dice: “Beh, sei un po’ presuntuoso perché, se non l’hai letto tu, non l’ha letto nessuno?” È vero, sì, sono un po’ presuntuoso, in questo caso sono stato presuntuoso. No, certo, io non l’ho letto, ma non sono mica il centro del mondo, quindi va bene, non l’ho letto io, magari voi l’avete letto; però mi sembra un argomento poco trattato, è per questo che credo che non l’abbiate mai letto, perché io non l’ho mai sentito, mai letto, mai trattato. Quindi, mi vien da pensare che anche voi probabilmente siate in questa infelice compagnia di coloro che non hanno mai sentito parlare di questo argomento.

Ecco, vediamo adesso di finire questo e di fare i tabernacoli abbandonati, se muoio prima, vabbè, ve lo dirò in cielo che cos’era, e pazienza, basta così.

Abbiamo finito questo capitolo quarantesimo, quindi, quel giorno — quando ci troveremo a Rosa Mistica — usatelo proprio per questo scambio bello della fede, ve lo consiglio proprio, non usiamolo per parlare di chiacchiere inutili, usiamolo proprio fino in fondo, per dire: “Ma tu come vivi il tuo essere monaco nel mondo? Tu come vivi il tuo essere monaco bello, la tua bellezza? E questo rapporto con Gesù, come lo vivi? Questa cosa dell’Eucaristia, come la vivi? Questi tabernacoli abbandonati, come li vivi?”

Ecco, vedrete che avremo davvero tanto da imparare tutti, quindi io vi aspetto, spero che facciate tutto il possibile per esserci, perché anche per me, anche per noi sacerdoti che saremo lì, sarà una testimonianza.

Forse considerate poco il fatto della testimonianza che voi date ai sacerdoti quanto è importante! Ecco, un po’ mi dispiace quando leggo (ho letto in questi giorni in alcuni commenti) qualcuno che scrive: “Ah, si, beh, io quel giorno non ci sarò, vabbè, sarò unito con voi nella preghiera!”. No, non è la stessa cosa, non siate così leggeri! Non è giusto essere così leggeri, questa è una leggerezza un po’ triste, ecco. Non perché la preghiera non sia importante, per l’amor del cielo, io vi chiedo sempre la preghiera, ma perché non si possono saltare così facilmente certe cose, perché non capitano tutti i giorni, capite? Questo l’abbiamo una volta all’anno — per ora lo stiamo avendo una volta all’anno — quindi dire: “Sì, vabbè, no, io non ci sono, però vabbè, fa niente, io vi sarò vicino nella preghiera”: no!

Ed è per questa ragione che quest’anno non farò fare le riprese YouTube. Gli anni scorsi le abbiamo fatte, ma quest’anno non le faremo. No, questo evento è per chi verrà, perché tanto chi è unito nella preghiera non ha bisogno di vedere, tanto è unito nella preghiera, sta nella preghiera. Se qualcuno vuole partecipare, viene. Guardate, i modi si trovano, veramente. Abbiamo un mese di preavviso, ci si può organizzare benissimo. Come vi ho detto, basta dire: “Io vengo da…, c’è qualcuno che mi ospita lì, nella zona di Milano?” Basta dire: “Padre, noi siamo di Milano / siamo di Brescia / siamo di Bergamo / siamo in queste zone, abbiamo un posto letto / due posti letto, possiamo ospitare”. Guardate, le soluzioni si trovano, veramente, le soluzioni si trovano.

Ah, poi ci sarà una sorpresa che non vi dico, una sorpresa bellissima, che il Signore ci ha donato e che voglio tenervi come sorpresa, una sorpresa molto, molto bella, che scoprirete quando sarete lì. 

Però, veramente, fate il possibile per esserci. Io lo dico proprio in riferimento a questa unione, questo scambio nella fede, a questo supplicare la Divina Misericordia (perché sarà la domenica della Divina Misericordia) insieme, per offrirci — insieme — all’Amore Misericordioso di Gesù, come dice Santa Teresina, per rinnovare il nostro Atto, per… non lo so, per riposare insieme, condividendo insieme quella giornata.

Infatti, se voi vedete alcuni commenti di persone che sono venute, hanno tutti un ricordo bellissimo, io per primo. È vero, sono arrivato a fine giornata che ero distrutto, stanchissimo, però io ho un ricordo stupendo, sempre, tutti gli anni — non li ho contati, ma credo che saranno sette/otto anni che stiamo facendo questa cosa, quasi dieci, se non dieci, e l’abbiamo fatto in modi diversi, però sempre lì, al Santuario di Maria Rosa Mistica — e tutte le volte è sempre stato un evento bellissimo, semplicissimo; di una giornata, ma bellissimo. Quindi io veramente vi invito ad esserci, portate anche persone a voi care. Bello, no? Anche per loro può essere una testimonianza, è la prima volta che magari vedono un qualcosa e … perché no? Perché no?

Tra l’altro vi devo dire questo, mi viene in mente adesso: l’anno scorso, quando siamo stati, qualcuna delle persone che erano con noi, ha conosciuto una persona — per motivi di privacy, non dico né uomo né donna, una persona, posso dire che è una persona giovane — che ci ha visti, che era lì, ma era lì per conto suo, con una sofferenza enorme, una gravissima forma di cancro. Una persona molto giovane, con una gravissima forma di cancro, e gli avevano dato, se non ricordo male, qualche mese di vita; quindi, si stava preparando. E questa persona ci ha visti, si è interessata, questa persona è rimasta colpita e quindi si è avvicinata ad alcuni di voi, ha cominciato un po’ a chiedere chi eravamo, cosa eravamo lì a fare; insomma, così e cosà e, tra questa persona e un paio di giovani che erano lì presenti, si è creata un’amicizia, che è ancora viva adesso, ed è durata un anno. Questa persona mi aveva chiesto di confessarla e mi aveva un po’ raccontato la sua storia; quindi, io ho confessato questa persona e, appunto, si è rimessa in grazia con Dio e poi si è affidata alle preghiere di questi giovani che erano lì, che l’hanno conosciuta. Ebbene, volete sapere? Questa persona è ancora viva, è ancora viva! Io spero che venga anche quest’anno, adesso però, come parte di tutto questo “essere insieme”. Questa persona non è morta; hanno pregato tantissimo, veramente tantissimo, questi ragazzi, e invece di accompagnarla a morire, l’hanno accompagnata a vivere. E quindi, miracolosamente, il cancro si è fermato e, miracolosamente, non è morta e adesso sta bene. Dico, ma rendiamoci conto di cosa fa l’essere Chiesa, di cosa fa l’essere insieme; guardate, una persona sconosciuta, conosciuta per caso sui sassolini del Santuario, per un pourparler di qualche minuto. Io stavo andando via e mi hanno chiamato: “Padre, venga, può confessare questa persona?” — “Sì, sì, va bene, volentieri!” — Così, tutto è nato così, verso la fine del nostro incontro. 

Quindi, sono veramente esperienze di Chiesa molto belle, secondo me. Non hanno la pretesa di essere né un assoluto, né un unicum di nulla, no, esperienze tra le esperienze, possibilità tra le possibilità, però perché non sfruttarle? Perché non coglierle? Perché non dire: “Vabbè, avevo un impegno, lo posso rimandare!” Ma cosa cambia? Lo faccio prima o lo faccio dopo, ma cosa cambia? Ma questo non posso rimandarlo? E allora vado e mi porto dietro qualcuno. Pensate se ciascuno di voi si portasse un amico, un’amica, un compagno di scuola. Portate chi volete, portate tutte le persone che volete, perché noi non sappiamo se per qualcuna di queste persone sarà un’ora di grazia.

Era la domenica della Divina Misericordia, la Divina Misericordia in questa persona è intervenuta, è ancora viva. Mi piacerebbe, se venisse, farla venire all’altare e dire: “Sono io, questa persona sono io”. Ecco, mi piacerebbe, se mai se la dovesse sentire, che venisse e dicesse: “Sono io la persona che è ancora viva. Dovevo essere morta, a quest’ora, e invece sono ancora qui, grazie alle vostre preghiere”. Magari succederà, magari verrà, io certamente non la vado a chiamare ma, se questa persona ascolterà questa meditazione, sarebbe bello, perché sarebbe una testimonianza veloce, brevissima, di poche parole — proprio basta che si avvicini e me lo dica — poche parole per dire: “Quella persona sono io. Vi ringrazio per le vostre preghiere, la Divina Misericordia mi ha concesso di essere ancora qui un altro anno”, che bello.

Quindi, io vi aspetto numerosi.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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