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Le sette Domeniche di S. Giuseppe e la grande Promessa

S.Giuseppe

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 28 gennaio 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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La Milizia Angelica e il Cingolo di S. Tommaso d’Aquino

Meditazione del 18 febbraio 2021

Speciale sulla Milizia Angelica e il Cingolo di S. Tommaso d’Aquino

Scarica il testo della meditazione

Le sette Domeniche di S. Giuseppe e la grande Promessa

Eccoci giunti a venerdì 28 gennaio 2022. Oggi festeggiamo San Tommaso d’Aquino, Sacerdote e Dottore della Chiesa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo IV di San Marco, versetti 26-34. 

Quest’oggi vorrei parlarvi di una devozione molto particolare, — nel senso che credo che pochissimi la conoscano — e, come tutte le belle devozioni che abbiamo imparato a conoscere in questi anni (ribadisco: devozioni e non devozionismi, c’è una differenza come tra il giorno e la notte tra queste due realtà), ecco anche questa devozione è un po’ questo seme, è un po’ questo granellino di senapa, piccolo, piccolo, quasi invisibile (tanto invisibile che, nonostante l’anno dedicato a San Giuseppe appena trascorso, non credo che molti di noi abbiano avuto modo di conoscere le due devozioni di cui adesso vi parlerò), questa realtà piccola che di fatto dentro di noi può produrre cose grandi, cose molto belle. 

Oggi vedremo due devozioni a San Giuseppe, una è la pratica delle sette domeniche in preparazione alla festa di San Giuseppe, la seconda è quella che si chiama la grande promessa di San Giuseppe. 

Dunque vediamo la pratica, la devozione alle sette domeniche in preparazione alla festa di San Giuseppe. 

Perché la vediamo oggi? La vediamo oggi perché sarà da cominciare domenica prossima, il 30. Se voi le contate a partire dal 30 compreso sono sette domeniche e, terminate le sette domeniche, ci sarà poi la festa di San Giuseppe il 19 marzo, quindi è da iniziare tra due giorni, praticamente, per chi vorrà. 

Questa pratica delle sette domeniche di San Giuseppe si diffuse fra la fine dell’800 e l’inizio del 900, in un periodo storico in cui la Chiesa era particolarmente attaccata dai suoi nemici.

E in cosa consiste? Come si fa? Le domande che voi mi fate, giustamente. Come si fa? 

“Consiste nell’offrire a San Giuseppe degli uffici — si dice così, degli atti, delle pratiche di pietà — per sette domeniche consecutive.”

Quindi non bisogna saltarne nessuna, non bisogna dimenticarsi. A partire da questa domenica 30 gennaio. Questo lo si fa in preparazione alla festa del 19 marzo.

Ognuno può scegliere quella che preferisce, ma sicuramente una delle preghiere più indicate è la corona dei sette dolori e delle sette allegrezze dedicate a San Giuseppe.

Quindi un modo è recitare, a partire da questa domenica, per sette domeniche, le corone dei sette dolori e delle sette allegrezze di San Giuseppe, che trovate tranquillamente su Internet, sui libri di preghiera. Per sette domeniche a partire da questa domenica, possiamo tutti recitare la corona dei sette dolori e delle sette allegrezze. Io la reciterò, farò questa pratica che ritengo molto bella, in onore a San Giuseppe alle sette domeniche, e chiedo a tutti voi di unirvi, di unirci per fare insieme questa bellissima pratica. 

Per quale ragione? Con quali intenzione?

Una duplice intenzione: per la Santa Chiesa, per la nostra amata Santa Chiesa e per la nostra amata Italia, per la nostra patria, per la nostra Italia e per il popolo italiano, per i nostri governanti, per coloro che hanno responsabilità di governo, questa pia pratica bellissima delle sette domeniche di San Giuseppe, per chiedere a San Giuseppe di intervenire. 

La devozione a San Giuseppe è una devozione profondamente carmelitana e proprio Santa Teresa D’Avila, Santa Teresa di Gesù, era devotissima di San Giuseppe, e lei scrive di fare la prova, dice di fare la prova, di pregare San Giuseppe. Diceva di pregare San Giuseppe perché San Giuseppe interviene sempre.

E quindi noi vogliamo fare questa bellissima devozione delle sette domeniche in onore a Giuseppe per la Chiesa, perché la nostra amata Chiesa Cattolica ha sempre bisogno, sempre bisogno dell’intervento, dell’intercessione, della protezione, della custodia di San Giuseppe. Quindi per il Santo Padre, per tutti i Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose, per tutte le amate meravigliose famiglie cristiane cattoliche che ci sono, per tutte le fatiche e le sofferenze. Per tutto il popolo di Dio, l’amatissimo popolo di Dio, per tutte le splendide e meravigliose persone che vivono su questa terra che ci danno la speranza ogni giorno di credere in un mondo migliore, di credere possibile un mondo sempre migliore, sempre rinnovato. Per tutti coloro che soffrono, per tutti coloro che fanno fatica, per tutti coloro che cadono, per tutti coloro che tradiscono, per tutti coloro che vorrebbero ma non riescono. E infine per il popolo italiano, per la nostra amata patria che è l’Italia. Questa è la prima. 

Sapete che a me piace andare alle fonti e capire, dove è possibile, come nascono le cose. 

Questa bellissima corona dei sette dolori e delle sette allegrezze di San Giuseppe, dove nasce? Quando nasce? Come nasce? 

La devozione dei sette dolori — attenzione: dei sette dolori, non delle sette allegrezze — nasce con Fra Giovanni da Fano che nacque nel 1469 e visse fino al 1539. Fu un frate cappuccino, grandissimo predicatore, riformatore del ramo francescano dei Cappuccini. Lui descrisse un’apparizione di San Giuseppe a due frati, dalla quale nacque nella Chiesa la devozione dei sette dolori di San Giuseppe, e anche poi delle sette gioie, devozione che fu poi indulgenziata da grandi pontefici i quali Papa Pio VII, Papa Gregorio XVI, e Papa Pio IX.

Sentiamo dal suo racconto che cosa accadde a questi due giovani frati:

“Mi narrò un frate — scrive un frate minore dell’osservanza degno di fede — che essendo due frati del detto ordine in una nave che andava in Fiandra con circa 300 persone, ebbe per otto giorni grandissima tempesta. Uno dei frati era predicatore devotissimo di San Giuseppe al quale con tutto il cuore si raccomandava. La nave si sommerse con tutti quegli uomini e il frate con il suo compagno si trovarono nel mare sopra una tavola sempre raccomandandosi con grande, con grandissima fede a San Giuseppe. Il terzo giorno…”

Quindi dopo tre giorni in mezzo al mare attaccati a una tavola, immaginatevi: tre giorni, notte e giorno, dispersi in mezzo al mare, è tantissimo tre giorni in mezzo al mare, dentro nell’acqua.

“Il terzo giorno apparve in mezzo alla tavola — quindi proprio sulla tavola — un bellissimo giovane che con la faccia allegra, salutandoli disse: «Dio vi aiuta, non dubitate». 

Detto questo, tutti e tre con la tavola si trovarono a terra. Allora i frati inginocchiati con molta devozione ringraziarono il giovane, poi il predicatore disse: «O nobilissimo giovane, vi prego per l’amor di Dio, che mi diciate chi voi siete».

E lui rispose: «Io sono a San Giuseppe, degnissimo sposo della Beatissima Madre di Dio, al quale tanto vi siete raccomandati»”.

Vedete perché è importante pregare San Giuseppe? Bisogna chiamarlo. 

“al quale tanto vi siete raccomandati”

Dobbiamo tanto raccomandarci a San Giuseppe.

“E per questo dal Benignissimo Signore sono stato mandato a liberarvi, e sappiate che se questo non era, voi sareste annegati insieme con gli altri”

Tutti gli altri 298 sono tutti morti annegati, solo loro due sono stati salvati.

“Ho impetrato della Divina Clemenza Infinita…”

Ecco attenti che adesso arriva la grande promessa di San Giuseppe, quella che vi propongo di iniziare a partire da oggi. Sentite che bella:

“Ho impetrato tutta la Divina Clemenza Infinita che qualunque persona dirà ogni giorno, per tutto un anno, sette Pater e sette Ave Maria, a riverenza dei sette dolori…”

Non parla delle allegrezze.

“A riverenza dei sette dolori che io ebbi nel mondo, ottenga da Dio ogni grazia, purché sia giusta.”

Che vuol dire conformemente, convenientemente al proprio bene spirituale. Ecco la grande promessa:

“Chiunque dirà ogni giorno, per tutto un anno, sette Pater e sette Ave Maria, a riverenza dei sette dolori che io ebbi nel mondo, ottenga da Dio ogni grazia, purché sia giusta.”

E allora io vi dico quali sono i sette dolori di San Giuseppe. Ve li dico perché quando li recitate, se volete recitare questi sette Pater e sette Ave, mi sembra bello saperli. San Giuseppe non li precisa, e neanche dice che vanno ripetuti ogni giorno, Lui chiede sette Pater e sette Ave. Nelle apparizioni i Santi, Gesù, la Vergine sono molto semplici, molto sintetici nelle richieste che fanno, molto precisi, poi siamo noi che appesantiamo, carichiamo di cose, di preghiere. Io personalmente farò così — ma non è legge — perché mi piace, nel senso che non li conoscevo, così li imparo, ogni giorno enuncio il dolore di San Giuseppe e poi dico il Pater e l’Ave. I dolori sono sette, vengono fuori sette Pater e sette Ave. Per ogni dolore un Pater e un’Ave.

Primo dolore: il travaglio, il dolore del tuo cuore (il cuore di San Giuseppe), nella perplessità di abbandonare la tua purissima Sposa.

E qui si dice un Pater e un’Ave. 

Secondo dolore: il dolore che provasti nel vedere nascere con tanta povertà il Bambino Gesù.

E qui si dice un un Pater e un’Ave.

Terzo dolore: il Sangue Preziosissimo che il Bambino Redentore versò nella circoncisione e che trafisse il cuore di San Giuseppe.

Quarto dolore: la profezia di Simeone, delle sofferenze che Gesù e Maria avrebbero dovuto patire, e che causò certamente un dolore profondo al cuore di San Giuseppe.

Quinto dolore: quanto soffristi per sostenere e proteggere il Figlio dell’Altissimo, particolarmente nella fuga in Egitto.

Sesto dolore: San Giuseppe che vedesti il Re del Cielo ubbidire ai tuoi cenni, la tua consolazione nel ricondurre dall’Egitto, si turbò per il timore di Archelao.

Voi direte: “Chi è Archelao?”. Andate a cercare questo malvagio.

Settimo dolore: smarrito senza tua colpa il fanciullo Gesù, con grande dolore lo cercasti per tre giorni.

Per ogni volta un Pater e un’Ave. 

Non è richiesto da San Giuseppe, ma a me piace ripeterli quando recito questi sette Pater e sette Ave, perché mi piace meditare sul dolore un secondo, cioè questo Pater e quest’Ave li dico in in memoria di quale dolore? Mi piace ripensarlo. 

Voi direte: “Ma le sette allegrezze?”

Ricordate che prima vi ho detto che i carmelitani hanno una grande devozione per Giuseppe: 

“Le sette allegrezze vennero aggiunte in seguito dal carmelitano Padre Jeronimo Gracian nel 1597, un po’ dopo la morte di Fra Giovanni da Fano”

Riportando la storia di Fra Giovanni da Fano, è lì che lui aggiunge le sette allegrezze. Nel riportare la storia lui dice che San Giuseppe rivelò loro i sette grandi dolori e le sette allegrezze. C’è questa aggiunta e quindi alla fine abbiamo come due narrazioni del medesimo evento, ma la più antica è quella di Fra Giuseppe da Fano. 

Noi possiamo usare la corona dei sette dolori e delle sette allegrezze per le sette domeniche, in preparazione della festa di San Giuseppe, mentre i sette dolori che ho detto prima, per la pratica della grande promessa, quindi la recita dei sette dolori, collegata ai sette Pater e sette Ave, da fare ogni giorno. Sono due cose diverse. 

Ho scoperto grazie a un’anima bella queste pratiche, che a causa della mia ignoranza crassa e supina non conoscevo, e sapete quando scopro qualcosa subito mi piace comunicarvelo affinché anche voi possiate godere di queste bellissime ricchezze della Chiesa.

Ecco vi auguro di cuore quindi una bellissima festa di San Tommaso d’Aquino, già l’anno scorso vi parlai del cingolo di San Tommaso, della milizia Angelica, quindi potete andare a riprendere quella meditazione per chi non l’avesse ascoltata, questo cingolo bellissimo di San Tommaso, per aiutarci a vivere la purezza. E quest’anno nella sua festa ancora, vi parlo di questa nuova, ma non è nuova, non so quanti la conoscessero, speriamo tanti, che ignorante fossi solo io, perché avere dei tesori e non conoscerli è proprio brutto, sono così importanti, sono delle occasioni così belle. Uno arriva a cinquant’anni: “Possibile che non devo sapere queste cose?” 

Non siamo obbligati ma magari ci sono quelli che lo vogliono fare, perché dobbiamo proibirglielo non dicendoglielo? Le cose vanno dette, vanno diffuse, fatevi promotori di queste belle cose, fate conoscere queste due belle devozioni, così come il cingolo di San Tommaso.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mc 4, 26-34)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

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