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Lunedì dell’Angelo

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «Lunedì dell’Angelo»
Lunedì 10 aprile 2023 – Lunedì dell’Angelo

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 28, 8-15)

In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 10 aprile 2023. Il Lunedì dell’Angelo.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo ventottesimo di San Matteo, versetti 8-15.

Oggi è il primo giorno dopo Pasqua, il primo giorno dell’ottava, il cosiddetto Lunedì dell’Angelo. Anche questo è un giorno particolare, di festa. Adesso per otto giorni saremo nell’ottava di Pasqua, quindi per 8 giorni sarà Pasqua. È talmente importante questa solennità, che la Chiesa ci invita a festeggiarla per otto giorni. Anche oggi moltissimi saranno a casa dal lavoro, è un giorno di riposo, anche dal lavoro, dalle nostre occupazioni quotidiane, è un giorno anche di famiglia, di stare insieme. E quindi, come sempre, vi raccomando questa attenzione, questa delicatezza, questo coltivare le relazioni, i rapporti con le persone a voi più care, non lasciare da solo nessuno.

Quindi noi continuiamo adesso la nostra preparazione alla solennità della Divina Misericordia che celebreremo domenica al santuario di Maria Rosa Mistica a Fontanelle di Montichiari, ci troviamo alle 7:30 del mattino, poi la Santa Messa alle 8:00, poi faremo un momento di catechesi, pranzo insieme, poi ci sarà anche la vestizione degli scapolari. E poi avremo, alle 15, l’Atto di Offerta: l’Atto di Offerta di Vittime di Olocausto all’Amore Misericordioso di Dio, scritto da Santa Teresa di Gesù Bambino e che stiamo meditando in questi giorni.

Vediamo adesso il quarto giorno della Novena della Divina Misericordia, che cosa Gesù disse e chiese a Santa Faustina Kowalska:

“Conducimi oggi quelli che non mi conoscono ancora. Anche ad essi ho pensato nell’amara mia Passione e il futuro loro zelo portò consolazione al mio Cuore. Immergili nell’oceano della mia Misericordia”.

Quante persone a questo mondo ancora non conoscono Gesù, nel senso che non c’è stato ancora nessuno, probabilmente, che ha fatto loro da ponte, da testimone, facendogli sperimentare, facendogli conoscere la bellezza dell’essere amici di Gesù. E quindi non lo conoscono; sì, sanno chi è Gesù, ma non c’è un rapporto di conoscenza che nasce dall’amicizia e dalla frequentazione, dallo stare con lui. Quante belle persone ci sono che non hanno fede, non certo per cattiveria, ma appunto perché ancora non lo conoscono.

E allora, forse, invece di parlarci sempre addosso e di perdere tempo sui social … 

Questa è un’altra brutta abitudine che abbiamo: questo pensare che il nostro compito di testimone della fede si realizzi mandando i messaggi su WhatsApp o scrivendo su Facebook, facendo i commenti chilometrici, polemici, innescando discussioni a non finire, o mandando gli “inoltro”. Spero che nessuno di voi abbia mandato gli auguri di Pasqua con “inoltrato”. Io spero questo, perché veramente è una roba… È meglio scrivere un messaggio, se proprio facciamo così tanta fatica a fare una telefonata! Abbiamo sempre il telefono in mano, però non chiamiamo mai nessuno… mistero! Comunque, se facciamo tanta fatica a fare una telefonata, almeno scriviamo un messaggio, almeno avere, come dirvi, la delicatezza di scrivere un messaggio: “Buona Santa Pasqua” punto. Tre parole. Ma non inoltrare la colomba con su il ramo di ulivo, non so che cosa. Almeno la fatica di scrivere due parole! Siamo entrati in una forma di pigrizia mentale veramente spaventosa, come se ci corresse dietro qualcuno per fare le cose.

E poi perdiamo le ore a mandare i messaggini, a mandare questo e quello e quell’altro invece che stare insieme e testimoniare insieme la nostra fede. Invece cediamo a questa esagerazione del dire, del parlare, a questa illusione, che una volta che ho parlato, io ho testimoniato.

Io ho testimoniato una volta che ho vissuto la mia fede: questa è la testimonianza; poi ci sarà anche il momento della parola, ma è innanzitutto con la testimonianza delle nostre opere, della nostra vita, che noi ci diciamo cristiani e non col messaggino su WhatsApp o su Telegram o su Facebook o su non so dove. Per l’amor del cielo, servono anche loro, ma stiamo attenti a non farli diventare il nostro tutto, a non farli diventare ciò che ci assorbe la giornata, a non farla diventare l’unica modalità comunicativa. Perché questo non va bene. E soprattutto stiamo attenti a non pensare che sia l’unica modalità di testimonianza.

Cerchiamo di testimoniare verso coloro che non conoscono ancora Gesù con una bella vita di fede, poi saranno loro che, se saranno catturati dalla nostra testimonianza, vorranno anche loro conoscere Gesù e frequentare un po’ Gesù.

Ecco perché insisto ogni giorno in questa novena sull’incontro che faremo il 16. Certo, non tutti abitiamo a cinque minuti di strada dal santuario di Maria Rosa Mistica, è evidente. È evidente che per qualcuno ci saranno delle fatiche, ma le fatiche si affrontano, le fatiche si superano. Se c’è una ragione, una ragione profonda, si superano. 

“No, ma io me la guardo in diretta streaming, no ma io me la guardo live, no, me ne sto a casa e me la guardo sul computer”. Stiamo attenti a queste cose, perché la nostra vita, alla fine — ci siamo tanto lamentati nel tempo del Covid perché eravamo chiusi in casa e perché tutta la nostra vita passava attraverso un cavo — stiamo attenti perché questa cosa è rimasta e la nostra vita ancora rischia di passare attraverso un cavo, attraverso un tubo, attraverso dei fili, ma la vita dell’uomo non può passare attraverso un tubo, attraverso un cavo, attraverso dei fili. 

Non può per sempre essere così. Un conto è l’emergenza, se c’è l’emergenza, dove c’è l’emergenza, quando c’è l’emergenza; un conto è quello, un conto se uno sta male, se uno è ammalato, se uno non può, va bene, questo va bene, tutto chiaro, è evidente all’intelligenza di ogni essere umano. Ma un altro discorso è quando la faccio diventare una forma di rifugio nella mia pigrizia, una forma di vita comoda, una forma di profondo individualismo, dove io mi vivo la mia fede come il supermercato, vado, prendo quello che mi interessa, pago ed esco. Qui non paghi neanche, prendi e esci. 

Poi arriva la domanda tipica: “Ma se io non sono presente, lo guardo in diretta streaming, vale lo stesso?”. Vedete? Perché dentro qualcosa ci dice che non va bene, perché se uno è a casa ammalato e ha la febbre, è chiaro che “vale lo stesso”, ma quando uno sta bene e sa che potrebbe esserci personalmente, vedete che la coscienza fa nascere la domanda. Perché c’è qualcosa che stride. Quando basterebbe magari accordarsi, quando basterebbe magari organizzarsi, quando basterebbe magari pensarla bene, quando basterebbe magari affrontare anche dei disagi…

I pellegrinaggi che facevano un tempo per andare a Gerusalemme, voi pensate che li facessero come? Con l’hotel a 5 stelle attaccato alla schiena mentre camminavano, pronto ad accoglierli a ogni tappa del pellegrinaggio? Ma scherziamo?

Conosco un padre — e concludo — che non è italiano, che studiava con me, straniero. Pensate, questo padre ha fatto da Roma fino a Santiago di Compostela a piedi da solo. E questo veniva da terre sperdute, non sapeva quasi niente di italiano. Questo si è messo uno zainetto in spalla ed è partito come io parto per andare all’università. È stato via non mi ricordo quanti mesi, e lui si è fatto da Roma a Santiago. È un pellegrinaggio, cioè è una cosa seria. E io, quando mi raccontava, dicevo: “Ma come hai fatto, per dormire, per mangiare…” — “Ah — diceva — il Signore provvede” — “Avrai dovuto telefonare a tutti gli hotel, i motel, le locande dell’universo mondo per farti ospitare” A parte che non sapeva niente d’italiano, quindi immaginiamoci, comunque a parte che non doveva stare solo in Italia, perché per arrivare là… “No, no — mi fa — assolutamente! Io vado e quando arrivo a sera cerco qualcosa”. Ah, però! A piedi! E noi stiamo lì a pensare: “No, sai, io abito a Como, io abito a Treviso, io abito a Bologna, io abito…” e quindi? Dopo poi ci lamentiamo: “Ecco, mi sento solo, ecco, non ho nessuno che condivide la fede con me, ecco mi manca l’essere Chiesa”. Ecco, allora, decidiamoci. Santa Teresa diceva che in cielo non si va in carrozza, quindi forza e coraggio! 

Proseguiamo la nostra lettura, meditazione, dell’Atto di Offerta di Santa Teresina, da Consigli e ricordi di Celina, leggiamo:

Riporto ora la confidenza che mi fece suor Maria della Trinità, mia compagna di noviziato: «Suor Teresa del Bambino Gesù non mi fece conoscere la sua donazione come vittima d’olocausto all’Amore Misericordioso, se non il 30 novembre 1895. Le manifestai subito il desiderio di imitarla e fu deciso che avrei fatto la mia consacrazione l’indomani.

Vedete, i Santi? Tac, via, veloce! Non: “Tra un mese, e poi mi devo preparare e poi ci devo pensare e poi lo devo valutare e poi lo devo soppesare e poi lo devo pesare e poi lo devo chiedere e poi…” Sì, e poi arriva la fine del mondo e tu sei ancora lì che pensi! Forza, forza, forza! Ci vuole un po’ di grinta nella vita, amici miei, ci vuole un po’ di grinta. 

Rimasta sola, riflettendo sulla mia indegnità — attenzione, ecco vedete: “Ma io non mi sento pronto no ma io mi sento un peccatore…” — conclusi che mi occorreva una più lunga preparazione per un atto di tale importanza. 

Vedete? I Santi ti dicono: domani! Lei comincia: “Eh, ma io come faccio? Ma io non sono degno! Eh, ma questo cosa vuol dire? Ma che impegno mi prenderà? Eh, ma io non ce la farò! Non ce la faccio! C’è il signor “Non-ce-la-faccio!” Sapete, abbiamo parlato del mio caro amico, signor “Non-ce-la-faccio”, non so se anche voi lo conoscete, il signor “Non-ce-la-faccio”, è sempre presente. “Dai, organizziamo una pasta aglio, olio e peperoncino!” — “No, ma io non ce la faccio, no, ma io non ci riesco, no, ma…”. “Ho un sacchettino di caramelle, vuoi una caramella?” — “No, io metà!”.

Avete presente quelle caramelle che ci davano le suore quando eravamo bambini? Quelle caramelline alla menta, a forma di parallelepipedo? Mamma mia, io non le potevo sopportare perché erano dure come non so cosa, piene di zucchero e non finivano mai, non le ho mai volute mangiare. C’erano queste caramelle lunghe, durissime. E io quando sento questa battuta — “No, io metà” — mi viene in mente sempre quando da bambini la suora ci tagliava a metà la caramella, perché era troppo grossa, metà io e metà l’altro. Mi dà la caramella, la metà: “Ma cos’è sta roba!” — “Vuoi un rapanello?” — “Si, un quarto” — il rapanello? — “No, ma io non ce la faccio, no, ma io non riesco, no, ma io…”.

Oh, poveri noi! E dopo queste cose si riflettono nella vita di fede ovviamente, certo, perché poi tutto diventa complesso, tutto diventa difficile: “Io non ce la faccio io, non ci riesco, io non sono degno, io qui, io là…”.

E quindi anche lei dice “Mi occorre più lunga preparazione per un atto di tale importanza” e uno dice: “Ma che bello, guarda che brava!”. E allora cosa fa? Ritorna dopo questo ripensamento. Perché viene sempre dopo, quando si innesca il movimento del ragionamento è finita, cominciamo a ragionare, nel modo sbagliato ovviamente, ed è finita.

Ritornai dunque da suor Teresa… 

A uno verrebbe da pensare: ma se Suor Teresa che l’ha scritto non ti ha detto niente e ti ha detto che domani va bene, non è che ti viene il pensiero che non sia proprio una suora così superficiale, così banale, così lontana da Dio, da non porsi il problema che forse non era da fare l’indomani? Se ha detto che va bene l’indomani, ma qual è il problema? Fidati! No! Meglio fidarsi dei miei scrupoli, meglio fidarsi delle mie bilancine, meglio fidarsi del signor “Non-ce-la-faccio”, piuttosto che fidarmi di Suor Teresa, di Santa Teresa di Gesù Bambino. 

Allora ritorna:

… spiegandole i motivi per cui volevo rimandare la mia offerta. Il suo volto assunse una espressione di gioia — ecco, qui Teresina è sempre Teresina — e mi disse: “Questo atto certamente è importante, più importante di quanto noi possiamo immaginare…

Quindi con delicatezza estrema le dice: “Guarda che in realtà neanche tu hai capito quanto è importante, nonostante ti senti così tanto indegna, in realtà tu non hai capito. Cioè, non è la percezione della tua indegnità che ti mette al riparo dal non aver capito pienamente l’importanza di questo atto, assolutamente” anche perché ci può essere dentro l’amor proprio. Le sta dicendo: “Attenzione, perché non si immagina bene quanto è importante questo atto”.

E ora attenti:

ma sai qual è la preparazione che Dio ci chiede? 

Teresina prima non gliel’aveva detto. Adesso che lei va là con questo discorso, le dice: “Ma sai qual è la preparazione che Dio ci chiede?” Risposta di Teresina: 

È quella di riconoscere umilmente la nostra indegnità e, siccome ti fa questa grazia, abbandonati a lui senza timore.

Queste è la preparazione: riconosci la tua indegnità e abbandonati in Dio. Fine. Ci si prepara così ai grandi passi della vita. “Ho fatto un anno di preparazione per fare quell’atto” — “Eh, miseria, addirittura!”. Teresina neanche 24 ore ha fatto fare. Riconosci la tua dignità con umiltà e abbandonati in Dio, basta!

Domani, dopo l’atto di ringraziamento, …

Cioè dopo la comunione. Fatta la comunione, c’è l’atto di ringraziamento, o meglio c’era!! Adesso ormai… l’atto di ringraziamento lo facciamo al bar, andando a prendere l’aperitivo, piuttosto che cappuccio e brioche, oppure facendo le chiacchiere in chiesa: questo è il nostro atto di ringraziamento, e magari di domenica… 

… resterò vicino a te all’Oratorio, dove sarà esposto il SS. Sacramento e mentre tu pronuncerai il tuo atto, io ti offrirò a Gesù come la piccola vittima che ho preparato per Lui”».

Capite? Non glielo fa fare da sola, non le dice: “Vai e fai”. Con Celina l’hanno fatto insieme davanti all’immagine della Vergine Maria, invece, con suor Maria della Trinità, lo fanno davanti a Gesù esposto nell’Eucarestia, insieme. E lei offre Suor Maria della Trinità come vittima che lei ha preparato. Ma non facendo il corso di 30 giorni di esercizi spirituali. In poche ore, l’ha preparata. Vedete, i Santi non sono mai per le lungaggini inutili. Sono svelti, i Santi, sono svelti. Cercano di fare le cose nel più breve tempo possibile, fatte bene, ma svelti.

Adesso vediamo il nostro Atto di Offerta di Vittima di Olocausto all’Amore Misericordioso di Dio. Leggiamo, andiamo avanti:

Il Suo Divin Figlio, mio Sposo Amato, nei giorni della sua vita mortale, ci disse: “Tutto ciò che domanderete al Padre mio, nel nome mio, Egli ve lo darà!” Sono dunque certa che esaudirai i miei desideri. Lo so, mio Dio, “più vuoi donare, più fai desiderare” (Giovanni della Croce, Lettera 15).

Quindi Santa Teresa mette nelle mani di Dio il suo desiderio, i suoi desideri. Il suo desiderio è quello di offrirsi Vittima di Olocausto all’Amore Misericordioso. Ed è vero che Dio più vuole donare più fa desiderare, perché il desiderio dilata il cuore. Il desiderio fa muovere la mente, il pensiero, lo fa come preparare. Fa preparare tutte le persone ad accogliere i doni di Dio.

Sento nel mio cuore desideri immensi ed è con fiducia che ti domando di venire a prendere possesso della mia anima. 

Questa è proprio la comunione spirituale, questo invocare la presenza di Dio affinché prenda possesso della nostra anima: proprio la comunione spirituale. 

Non posso ricevere la Santa Comunione così spesso come lo desidero, ma, Signore, tu non sei l’Onnipotente? Rimani in me, come nel tabernacolo, non allontanarti mai dalla tua piccola ostia.

L’Atto di Offerta di Vittime di Olocausto, di fatto, lo possiamo recitare tutte le volte che dobbiamo fare la comunione spirituale. Perché di fatto è un invocare la presenza di Dio dentro di noi. Un chiedergli di rimanere in noi, un chiedergli di diventare anche noi dei tabernacoli viventi. Un riconoscerci piccole ostie insieme all’Ostia Magna che è Gesù.

Bene, allora pensandovi gioiosamente insieme quest’oggi, facendo anche un bel pranzetto, una bella cenetta insieme, di cuore vi do la benedizione. E spero proprio caldamente di potervi incontrare, domenica prossima, a Dio piacendo e così poter trascorrere insieme una Santa Domenica della Divina Misericordia.

 Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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