Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di martedì 11 maggio 2021
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.
Scarica il testo della meditazione
MARIA CI PORTA GESÙ- DON CLEMENTE BARBIERI
Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.
Eccoci giunti a martedì 11 maggio 2021, abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal cap. XVI, vv. 5-11 di San Giovanni. Il Signore ci manda il Paraclito, si sottrae alla nostra vista per inviarci lo Spirito Santo. È un dono continuo: tutta la vita di Gesù, dall’Incarnazione del Verbo fino alla sua morte e Resurrezione, passando per l’Eucarestia, è stata tutta un dono, e persino il suo andarsene è l’occasione di un altro dono, l’invio dello Spirito Santo, e noi abbiamo tanto bisogno dello Spirito Santo.
Continuiamo la nostra lettura del testo di don Barbieri “Maggio Eucaristico”:
XI GIORNO – Maria ci porta Gesù
Appena ho letto questo titolo mi sono chiesto: Maria porta Gesù, e io chi porto? Potremmo chiamare Maria la prima Cristofora. Cristoforo è un bellissimo nome, molto raro da incontrare, vuol dire portatore di Cristo. Andate a leggere la storia di San Cristoforo, il nome è diventato la sua storia. Maria Santissima è la prima Cristofora.
E io chi porto? Questa è una domanda che, penso, dobbiamo porci ogni giorno: io, oggi, chi ho portato?
“La missione del sacerdote si amplia e si magnifica nel mandato che egli ha di portare Cristo alle anime.”
Se noi Sacerdoti non portiamo Gesù alle anime, cosa portiamo? Se la nostra preoccupazione principale non è portare Gesù alle anime, qual è la nostra preoccupazione principale? Se non portiamo Gesù vuol dire che portiamo altro. Che cosa, o chi? Magari noi stessi, le nostre idee, i nostri gusti, la nostra ignoranza, che non è semplicemente ignoranza nel leggere i libri, ma innanzitutto è ignoranza dell’esperienza di Gesù. E il rischio è che noi non sappiamo parlare alle anime di Gesù, perché noi non parliamo mai con Gesù o ci parliamo talmente poco che è come non parlarci.
Parlare con Gesù che cosa vuol dire? Vuol dire innanzitutto ascoltarlo, vuol dire stare davanti a Lui nell’Eucarestia, vuol dire innanzitutto adorarlo, essere in grazia di Dio e quindi confessarsi con grande frequenza. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di confessarci con grandissima frequenza. Noi che poi sediamo in confessionale ad assolvere i peccati degli altri, noi dovremmo essere i primi ad abitare il Confessionale anche dall’altra parte e a dare il buon esempio.
“La missione del sacerdote si amplia e si magnifica nel mandato che egli ha di portare Cristo alle anime.”
Noi siamo stati scelti da Gesù innanzitutto per stare con Lui, dice il Vangelo, e poi per portarlo agli altri, in tutti i modi e le forme che lo Spirito Santo suggerirà alla nostra mente, portare Gesù agli altri.
Scrive Don Barbieri:
“Il Sacerdote è l’araldo di Dio”
Chissà se noi quando ci vestiamo al mattino pensiamo che siamo l’araldo di Dio. E se così è per il Sacerdote in modo sommo, lo è per tutti i cristiani battezzati e cresimati. La cresima, questa effusione di Spirito Santo ci viene data proprio per essere araldi di Dio, dei Cristofori, dei portatori di Dio, attraverso il lavoro, lo studio, la famiglia, attraverso quello che facciamo, come ci organizziamo, come noi ci ordiniamo, come parliamo, ragioniamo.
Il cristiano dovrebbe essere colui che dice, che pensa e che fa tutto in funzione del portare Dio.
Se non portiamo Dio o portiamo noi stessi, o non portiamo niente, o portiamo il pensiero di altri, o portiamo il diavolo, non c’è molta alternativa.
“…e non solo con la sua vita esemplare, non solo con la sua parola e con la grazia che Dio gli concede egli deve essere l’angiolo che fa conoscere, amare e adorare Dio, ma come Dio nella infinita sua misericordia ha voluto essere con noi sotto le apparenze del pane nel Sacramento del suo amore, questo mirabile Sacramento egli è chiamato a distribuire ai fedeli e a portare alle loro anime in preziosissimo nutrimento di vita.”
È il portatore di Dio, ma non solo con l’esempio, le opere e la parola, ma è l’angelo. Che bello se tutti i Sacerdoti fossero angeli, cioè messaggeri, mandati! Un po’ come Sant’Antonio da Padova. Bellissima figura quella di Sant’Antonio, graziati coloro che abitano a Padova, che hanno la Basilica del Santo vicina. Non sono mai stato nella Basilica di Sant’Antonio, è stato un araldo di Dio incredibile, morto a 36 anni, canonizzato 11 mesi dopo la sua morte! Nessuno nella storia della Chiesa è stato canonizzato così velocemente. Andate a vedere che vita ha fatto, che cosa è stato S. Antonio da Padova.
Se noi non facciamo conoscere Gesù come possono le persone amarlo e adorarlo?
E come va fatto conoscere, amare e adorare?
Come Lui ha voluto essere con noi, sotto le apparenze del Pane e del Vino nel Sacramento.
“E distribuire ai fedeli e portare alle loro anime il preziosissimo nutrimento di vita”.
Questi sono i nostri compiti di Sacerdoti, tutto il resto lo può fare chiunque altro. Questo è il nostro compito, quindi dobbiamo fare di tutto per far adorare il Signore, innanzitutto facendolo conoscere. C’è veramente tanta ignoranza di Dio oggi, così come c’è tanta fame di Dio. Ed è vero che molta responsabilità è di noi Sacerdoti. Perché anche noi non sappiamo, non studiamo, non leggiamo — non tutti, ovviamente — ma c’è tanta ignoranza nelle cose di Dio, si ignorano i fondamenti. E questo accade perché non si ha una relazione profonda con il Signore. Ogni giorno mi devo verificare, mi devo misurare su quanto ho frequentato Gesù, su quanto sono stato con Gesù, su quanto tempo ho trovato per stare alla presenza di Gesù e su quanto ci sono stato nonostante la mia preghiera fosse vuota, meccanica e piena di distrazioni.
“Padre, quando faccio il Rosario mi distraggo e allora non lo dico più, perché mi hanno detto che è meglio dire un’Ave Maria detta bene che cinquanta dette male”
Quanto è stupida questa frase. Come se il centro della preghiera fossimo noi: la mia preghiera è venuta bene se io ho detto con attenzione quella preghiera. È sempre la solita questione in cui l’uomo è al centro, ma il centro della preghiera è Dio, non io. Quello che conta non è che io dica tutte le mie preghiere perfettamente concentrato in Dio, perché di fatto sono un essere umano e la mia testa è un po’ pazzerella, è normale che ci siano le distrazioni.
“Sa, Padre, a dire tutti i Salmi del Breviario mi distraggo quindi ho deciso che ne dico uno detto bene e gli altri non li dico”.
La preghiera anche quando è vuota, anche quando è meccanica, anche quando siamo pieni di distrazioni, facciamola sempre tutta bene, affidiamola a Dio: “Guarda, Gesù, oggi non ho la testa, per tutto quello che mi è successo, non ho la testa neanche per dire un Gloria al Padre detto bene, non ci riesco, però lo dico, non riesco neanche a dire mezza Ave Maria detta bene, il Rosario però lo dico, mi distrarrò, pazienza, intanto lo dico, intanto ti dedico il tempo, e sto qui con Te”
Adesso vi faccio un po’ sorridere. Vi ho parlato più di una volta di kronos e di kairos, i due termini greci che si usano per definire il tempo sacro e il tempo profano. Siccome ho trovato un altro orologio che avevo, mi è venuta una cosa in testa: quando inizio il tempo di Dio cambio l’orologio, voglio vedere se ho bene in mente di cambiare l’orologio perché entro in un altro tempo. E quando inizio il tempo più profano, delle cose da fare, ricambio l’orologio perché entro in un’altra temporalità — sempre alla presenza di Dio, sempre in Dio, però non è proprio quel tempo dedicato al colloquio con il Signore. In modo che il tempo che dedico alla preghiera non sia dedicato ad altro, sia solo per Dio, un tempo dato solo a Dio. Il primo giorno è andata bene, il secondo pure, il terzo mi sono dimenticato di cambiare l’orologio. Si corre il rischio di entrare nel tempo di Dio con tutto quel modo di essere e di fare che si ha nell’altro tempo e viceversa, si finisce il tempo di Dio senza avere ben chiaro che si inizia un altro tempo. Quanto è difficile non portare nel tempo di Dio tutte le faccende del mondo! Non è che il cambio dell’orologio risolve il problema, ma è stato un esperimento utile, perché mi ha fatto capire che ci vuole una sorte di camera di decompressione.
Quando ero postulante mi ricordo che, appena uscivo dalla cappella e andavo in refettorio, subito iniziavo a chiacchierare. I Padri, invece, erano tutti in fila, raccolti, tutti devoti, tutti in silenzio dalla cappella fino al refettorio. Io, come una pulce impazzita, saltavo dall’uno all’altro a rompergli le scatole, a parlare, a ridere, scherzare e loro, questi anziani venerandi, santi e pieni di pazienza, di buon cuore mi sorridevano, mi sopportavano, un po’ come le aquile sopportano le mosche che gli girano intorno. Ad un certo punto quello che era il mio Maestro, il mio Educatore un giorno mi disse: “Giorgio, non è che ti riesce per una volta, dalla cappella al refettorio, che saranno 200 passi, di fare come fanno gli altri, cioè di stare zitto? Hai appena finito di pregare, non è che magari puoi provare anche tu ad arrivare senza dire una parola e continuare a coltivare nel cuore la bellezza di quello che hai detto a Dio, e di quello che Dio ha detto a te? Questo fanno i Padri che tu vai a importunare con la tua superficialità”.
Aveva ragione, è fondamentale la nostra decisione di pregare, è fondamentale il tempo che noi offriamo a Dio anche se poi ci distraiamo, anche se è vuoto, meccanico e faticoso, non fa niente: “Gesù, questo tempo lo dedico a Te. Piuttosto che stare davanti alla televisione, sto davanti a Te”.
“Padre, mi sono addormentato davanti a Gesù”
Meglio addormentarsi davanti a Gesù che davanti alla televisione. Che brutta abitudine quella di addormentarsi sul divano davanti alla televisione, addormentarsi avendo nelle orecchie e nella testa il vociare di quella macchina! Vuol dire non avere coscienza del limite. Noi abbiamo un limite, ce lo impone la notte, che è quello di prendere e andare a riposare. È bruttissima questa cosa. Così come trovo un’altra cosa veramente brutta e prego ogni giorno il Signore che se dovesse capitare a me ci sia un’anima Santa che mi avvisi — lo dico in questa omelia così lo sentite tutti e magari uno lo farà — che brutto quando entravo nelle case di riposo delle persone anziane, vedere queste persone tutte parcheggiate nel salone con il grande idolo acceso, io lo chiamo Moloch. Tanto non lo guardano e non lo sentono. Non c’è nulla di peggio di una macchina che va senza senso. E poi il peggio del peggio possibile, quando andavo a trovare le persone all’hospice, persone che ormai erano in fase super terminale, spesse volte in agonia, entravo, c’era la persona che rantolava e davanti a lei la televisione accesa! Pensavo: “Questa persona sta rendendo l’anima a Dio, i parenti sono fuori a chiacchierare, a ridere, e quest’uomo dentro, da solo, a rantolare con la televisione che va…”
Una scena che non dimenticherò mai per tutta la mia vita.
Pensate che una volta, in preda a un disgusto incredibile, ho preso il telecomando e l’ho spenta. Non ci crederete, appena ho spento la televisione, nel giro di pochissimi secondi quel malato ha smesso di rantolare. Il respiro si è fatto molto più pacato, si è calmato, quasi a dirmi: “Non ne potevo più, grazie”
Quella televisione serve a noi per distrarci dalla morte, perché abbiamo paura, ma una persona che è in fin di vita, secondo voi, non ha bisogno di prepararsi all’incontro col Signore? Non ha bisogno di qualcuno che preghi per lui e con lui? Non ha bisogno di silenzio? Quella persona ha bisogno di pace, di silenzio, di calma, ha bisogno di raccogliersi, ha bisogno di incontrare la morte.
La morte di San Galdino è bellissima, il beato cardinale Schuster chiese a Dio sempre di morire come morì San Galdino, ma Dio non glielo concesse. Vi confesso che la chiedo sempre al Signore perché è una morte stupenda: San Galdino morì mentre predicava durante la Messa. Stava facendo l’omelia e morì durante la Santa Messa, morì parlando di Gesù, così come Mons. Fulton Sheen morì davanti all’Eucarestia, durante l’Ora di Adorazione che lui faceva da quando è diventato prete. Anche questa è una morte bellissima, chiedetela anche voi per me se volete farmi questa carità. Se il Signore dovesse decidere diversamente e dovessi finire in un letto, il primo che mi verrà a trovare, vi prego, prenda la televisione e la sbatta fuori dalla finestra, la faccia proprio portare via, non basta spegnerla, va portata via.
Quando ebbi da dover essere ricoverato in ospedale, un po’ di tempo fa, per un tempo un po’ lungo, mi ricordo che ogni giorno entrava quell’uomo e diceva:
– “Vuole la televisione?”
– “No”
– “Vuole che l’accenda?”
– “No”
Ogni giorno! Era impossibile che in quella stanza non ci fosse Moloch che parlasse. Un bel giorno gli ho detto: “Senta facciamo così, quando vorrò la televisione la chiamerò io, tanto ormai conosco il suo nome, il suo volto, l’orario in cui passa, stia tranquillo”.
Incredibile quanto fuggiamo dall’incontro con Dio.
Noi dobbiamo avere la televisione anche quando mangiamo. Non si può mangiare semplicemente nel silenzio? Che film guardavano San Giovanni Bosco, il Santo Curato d’Ars o San Benedetto quando mangiavano? Non puoi mangiare in silenzio o mettendoti davanti un bel Crocifisso e guardare Gesù? C’è una frase bellissima: “Ad mensam sicut ad crucem”. Alla mensa come alla Croce. Guardare il cellulare, guardare facebook o altro mentre si mangia sono tentazioni terribili. Se quando ci sediamo per mangiare non usassimo tutte queste cose, impiegheremmo molto meno tempo per mangiare e sarebbe tutto più preciso ed ordinato.
“Ebbene, anche questa missione sacerdotale è stata compiuta dalla Vergine. Ella ha portato Gesù alle anime, e lo ha portato in benedizione, tenendolo nascosto nelle sue immacolate viscere come in una ingemmata pisside d’oro, che l’Artefice eterno aveva impreziosito di tutti i tesori celesti.
Pissidi d’oro non se ne vedono più, a quei tempi invece c’erano. Oggi invece vogliamo Dio povero e noi ricchi. Impoveriamo le cose di Dio mentre noi abbiamo tutto e siamo soprattutto ricchi di noi stessi, della nostra superbia, un po’ come faceva Lutero. Ben diverso era invece quello che faceva San Francesco, poverissimo lui e ricchissime le cose di Dio. Lo stesso era per il Santo Curato d’Ars. Per Dio, loro, usavano il meglio.
Prosegue il testo:
E fu allora che mosse alla sua parente Elisabetta, raffigurando quasi nel visitare la casa di lei e nel portarvi Dio, di entrare nella casa dell’umanità a rendere partecipe l’umanità delle misericordie, che il Signore recava nel visitare il suo popolo. Se noi, riconoscenti alla Vergine, a lei dobbiamo tributare sempre nuove azioni di grazie, ancora a questo suo sacerdozio dobbiamo far in modo di corrispondere con tutte le nostre forze, col far sì che Gesù Redentore da lei portato a noi sempre con noi abbia a rimanere. E però disponiamo noi stessi nella santità, interponendo la intercessione di tanta madre, perché più facilmente e più degnamente alla santità abbiamo a poter giungere.”
È fondamentale che ci disponiamo alla santità e in mezzo ci mettiamo la Vergine Maria perché ci possa far arrivare presto a Gesù.
“E così avremo la grazia singolarissima di avere Gesù con noi mediante la santa Comunione, studiamoci di insistere con suppliche e con la pratica di ogni virtù, perché permanendo in noi, Iddio si degni largire a noi quell’abbondanza di misericordia, che ci valga a meritare le sue divine compiacenze in vita e le sue divine retribuzioni nell’eternità.”
Parlare di Maria è parlare di Gesù Eucarestia.
Prima di concludere devo leggervi una cosa bellissima: tra il 1687 e il 1737 visse una meravigliosa Beata, la Beata Maddalena Martinengo, andate a leggere la sua storia. Questa Beata nell’orazione scrive:
Vidi la Santissima Vergine come un sole di infinito splendore nel cuore, ma non conobbi il significato di così grande luce. Avida di intenderlo interrogai, pregando la divina Signora che si degnassi di spiegarmi che cosa fosse tanto splendore. Ebbi da Lei questa risposta:
“Sappi figliola che avanti che io spirassi, ricevetti il mio figlio Sacramentato…”
La Madonna ha ricevuto l’Eucarestia prima di morire.
“…E tra i suoi amplessi, gli resi l’anima, come tutta liquefatta da una piena di amore, rimandando il mio corpo reliquiario e tabernacolo del Sacramento che così intatto in me si conservava.”
Ha ricevuto l’Eucarestia e poi ha reso l’anima e il suo corpo è rimasto tabernacolo e reliquiario del Santissimo Sacramento.
“Dopo il terzo giorno scesi dall’empireo e rientrai gloriosa nel mio corpo, lo trovai depositario di così infinito tesoro e più immensa fu la mia consolazione nel riassumerlo e glorificarlo. Fui assunta con tale gemma di pregio infinito dentro di me, per mia eterna consolazione e anche per giubilo di tutti i Santi ma specialmente per sempiterna letizia dei devoti del Santissimo Sacramento.”
Questa notizia – scrive la Beata – mi recò così tanta contentezza che non stavo in me stessa. Da l’ora in qua dico al Signore che volentieri andrò in Paradiso perché ancora lassù lo adorerò Sacramentato.”
La Beata Maddalena Martinengo ci dice che quando moriremo noi potremo ancora adorare Gesù Sacramentato, perché è conservato nel corpo trasfigurato, assunto in Cielo di Maria. Bellissima questa cosa.
“Fui assunta con tale gemma di pregio infinito dentro di me, per mia eterna consolazione…”
L’ultima Particola ricevuta dalla Madonna è rimasta lì.
“… e anche per il giubilo di tutti i santi ma specialmente per sempiterna letizia dei devoti del Santissimo Sacramento.”
Un giorno trovai in un libro questa sentenza di teologi e Santi di un po’ di secoli fa, che diceva così:
“L’Ultima Ostia che sarà consacrata nell’ultima Messa celebrata sulla terra, verrà conservata per tutta l’eternità nel Cuore Immacolato di Maria, trasparente di luce”
Questa è una riflessione che alcuni teologi e santi di tanti secoli fa fecero. Abbiamo una grande consolazione: avremo Gesù Eucarestia anche lassù!
E con questi bellissimi pensieri, che confortano sicuramente voi che siete innamorati di Gesù e di Maria e confortano anche me, di cuore vi benedico, nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.
Martedì della VI settimana di Pasqua
VANGELO (Gv 16,5-11)
Se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito.
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».