Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione sulla Beata Vergine Maria Addolorata di giovedì 15 settembre 2022
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
Ascolta la registrazione:
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VANGELO (Gv 19, 25-27)
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Testo della meditazione
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Beata Vergine Maria Addolorata
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a giovedì 15 settembre 2022.
Oggi festeggiamo la memoria della Beata Vergine Maria Addolorata.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo diciannovesimo di San Giovanni, versetti 25-27.
Anche oggi ci fermiamo un attimo rispetto al percorso eucaristico che stiamo facendo perché anche questa memoria mariana, immediatamente dopo la memoria della Santa Croce, è molto importante.
Qui apro una parentesi…
Mi riferiscono che, non di rado, nei commenti su YouTube alcuni di voi mi fanno delle domande e pongono delle questioni. Io non ho la possibilità di rispondere anche su YouTube; quello non è il luogo dove rivolgermi domande: uno può fare commenti, scrivere impressioni, ringraziamenti, però le domande teologiche, bibliche di un certo spessore o anche, magari, domande personali non vanno inserite in un post su YouTube. Se avete domande da porre sulla meditazione ascoltata, su qualcosa che vi sta a cuore, mi scrivete: andate sul sito www.veritateincaritate.com e lì vedete ‘Scrivere a Padre Giorgio’, cliccate e lì si apre già la mail precompilata e lì scrivete le vostre domande. Se no, è impossibile che io risponda a tutte le domande che mi inviate sui numerosissimi social, anche perché il tempo che necessariamente dedico allo studio è molto.
Già vi ho parlato della necessità di avere l’umiltà di non pretendere: è molto impegnativo offrire una meditazione, solitamente di circa trenta minuti, tutti i giorni dell’anno dal primo di gennaio al trentun dicembre. Questo richiede tempo, perché le cose vanno preparate, lette, studiate e poi vanno dette e io, come sapete, vado a braccio nel commentare i testi che leggo…
Poi il mio compito primario oggi è lo studio: sto finendo un ciclo di studi per conseguire il Dottorato in Teologia e l’anno che inizierà con il mese di ottobre sarà per me molto impegnativo, quindi ci vuole un po’ di comprensione.
Già vi ho chiesto di non mandarmi dei vocali che spesso sono lunghissimi da ascoltare: non potete pensare che io sia il vostro ‘sacerdote di corte’ sempre a disposizione, per cui ‘un vocale per ogni cosa’: mi viene in mente questo? Mando un vocale! Succede quest’altro? Mando un vocale! Ho bisogno di un consiglio? Mando un vocale! Se tutti fate così… chi ha veramente bisogno rimane ‘sepolto’. Non è possibile! Fisicamente, umanamente non è possibile…
Io capisco benissimo che ci sia un bisogno grande, ma anche voi dovete capire che io sono uno, non siamo mille! Sono io quello a cui scrivete e sono sempre io quello che deve rispondere… se ho centocinquanta messaggi su WhatsApp, quaranta e-mail, trenta messaggi su Messenger cui rispondere e poi le telefonate da fare e poi lo studio, … devo fare delle scelte: o non rispondo più a nessuno, cambio numero di telefono e non ci sono più per nessuno oppure dobbiamo un po’ venirci incontro.
Avere pretese non mi pare un atto di umiltà… ‘Le scrivo perché ho bisogno; le scrivo perché le voglio bene; le scrivo perché ho voglia di scrivere; le scrivo perché mi sento solo…’. No, non si può: capisco il bisogno, ma oggi come oggi non è possibile altrimenti, facendo così e andando avanti così, mi costringete ad assumere una posizione diversa per la quale non ci sono più per nessuno. Faccio solamente le meditazioni e non rispondo più a nulla: il mio compito dello studio è importante e va rispettato perché fa parte della obbedienza della mia vita. Questo va capito….
Poi ci sono effettivamente situazioni gravi, di bisogno.
Quando uno mi scrive: “Padre, quando mi può dedicare un’ora del suo tempo?”, io guardo e rido: un’ora? e chi ha un’ora? Come si fa a scrivere questo? Ma è possibile che uno non ci pensi? Credo di non aver mai chiesto una cosa del genere a un sacerdote in cinquant’anni, perché non è possibile! Uno che conosce minimamente la vita sacerdotale sa benissimo che non c’è questa disponibilità, ma non perché uno è cattivo e deve stare a casa a giocare con i video-giochi o leggere delle partite di calcio… no… è perché fisicamente non c’è!
Ecco, quindi vi pregherei tanto di fare una piccola revisione della vostra vita e di rimettervi al vostro posto.
Se poi ci fosse un bisogno, ci mancherebbe! Ma un bisogno reale, non ‘facciamo un’amicizia spirituale e io ti parlo delle mie cose’… no! Non è possibile… oppure: ‘Padre devo parlarle delle ultime news del rapporto con mia suocera, di mia nuora, dei litigi familiari…’. No! Non funziona così, perché fisicamente e realisticamente non c’è questo spazio: bisogna lasciare questo spazio a chi veramente sta male, a chi veramente ha bisogno e usare la telefonata, i messaggi, le mail unicamente per questioni urgenti e gravi.
Guardate che ci sono sacerdoti famosi, molto più conosciuti di me che non sono raggiungibili: nessuno ha il loro numero di cellulare, la loro mail, nessuno manda loro WhatsApp, se non pochissimi… Mi è capitato di cercare uno di loro e non ci sono riuscito, pur chiedendo ovunque… niente! Non è stato possibile! Dico: “Sono un sacerdote, un confratello…” Risposta: “No, non si può! Se vuole lasci il suo numero e poi vedremo se…”. Non giudico negativamente questa scelta: uno si deve difendere… Io ho fatto una scelta diversa rendendomi molto più disponibile, ma ciò non significa che si debba abusarne, per non doverci poi lamentare, se uno fa un passo indietro, dicendo: “Ecco, siamo stati lasciati soli!”.
Quando noi abbiamo nella testa di chiamare, scrivere, mandare un messaggio, prima dobbiamo guardare il Crocifisso e dire: “Signore Gesù, questa cosa è grave, urgente sì o no?”; se la risposta è sì, allora mando.
E poi, io non posso rispondere a domande sulla Summa Theologiae di San Tommaso, perché io non posso rispondere alle domande fondamentali della metafisica per e-mail! Anche qui c’è tanta pigrizia: sei andato prima a leggerti il Catechismo della Chiesa Cattolica? Il sacerdote diventa un po’ una scorciatoia: siccome non conosco, sono pigro e non ho voglia, è più facile mandare la domanda e ricevere la risposta, per messaggio o mail, su questioni anche importantissime.
Prima vai alle fonti, cerchi la questione, c’è internet: clicchi il problema e verifichi che sia già stato trattato; cerchi che cosa hanno detto i santi, i teologi, i Padri e, alla fine di tutto questo percorso, se rimane qualche dubbio… Qualche dubbio! Formulare una domanda cui si possa rispondere ‘sì/no’. Non domande del tipo “Mi spieghi il dogma della Santissima Trinità” oppure “Mi spieghi la Transustanziazione”… Te la vai a studiare come l’ho studiata io e l’hanno studiata tutti! È importante…
Chiusa la parentesi.
Allora vediamo dove nasce, quando nasce e che senso ha la Devozione alla Madonna Addolorata.
Essa nasce sul finire del XII secolo con un primo cenno alla celebrazione dei suoi Cinque Gaudi e dei suoi Cinque Dolori, simboleggiati dalle cinque spade, anticipatrici della celebrazione liturgica istituita più tardi.
Anche a seguito delle apparizioni della Vergine Maria ci fu un incremento del culto della Vergine Addolorata e la composizione dello Stabat Mater attribuito a Jacopone da Todi. Ma la sua storia ha un inizio preciso: il 15 agosto 1233, quando sette nobili fiorentini iscritti all’Arte dei Mercanti e poeti-attori della compagnia dei Laudesi erano soliti esprimere il loro amore a Maria in laudi davanti un’immagine dipinta su parete di una via, come i giullari facevano con la donna amata. Improvvisamente videro l’immagine animarsi, apparire addolorata e vestita a lutto per l’odio fratricida che divideva Firenze. Questi giovani gettarono le armi, indossarono un abito a lutto, istituirono la compagnia di Maria Addolorata, detta dei Serviti e si ritirarono in penitenza e preghiera sul Monte Sanario. Inizialmente il culto dell’Addolorata era collegato alla Settimana Santa, poi è nata la sua festa, originariamente celebrata il venerdì prima della Settimana Santa o dopo la Pasqua ed infine al settembre.
Leggiamo che cosa scrive Sant’Ildefonso parlando dei dolori di Maria Santissima:
Parlando dei dolori di Maria Santissima Sant’Ildefonso non temette di asserire che tutti questi furono maggiori di tutti insieme i tormenti di tutti i martiri. E la verità di quanto detto può provarsi con diverse ragioni:
- perché tutti i martiri hanno patito nel corpo e Maria nell’anima; noi quindi siamo stati comprati, strappati dal dominio del demonio con il Sangue di Gesù e le lacrime della Regina del Cielo e della Terra. Ecco una seconda effusione di sangue e acqua, non solo dal costato di Gesù, ma anche dalla parte più profonda del suo essere in unione amorosissima e profondissima con la sua mamma. Pensa all’amore abbandonato, livido, insultato e cambia vita: ogni giorno, ogni tua intenzione, pensiero, desiderio, azione, parola, sguardo urli in faccia al mondo che tu sei stato comprato con il sangue di Dio e con le lacrime di Regina; sei salvato da infiniti miracoli d’amore; ti è stata ridata la libertà di essere te stesso, figlio di Dio, erede del Regno, araldo sulla Terra della santa bandiera di Cristo Re dell’universo.
Bello, eh? Oggi siamo chiamati a meditare sulla sofferenza della Vergine Maria, su quanto Lei ha sofferto per noi sotto la croce e sul fatto che, nelle apparizioni più conosciute, come quella a Fatima, Lei venga sempre a lamentare una grande sofferenza causata dal peccato dell’uomo, dalla mancata riconoscenza da parte dell’uomo. Noi siamo ‘comprati dal Sangue di Gesù e dalle lacrime di Regina’ … molto bella questa espressione di Sant’Ildefonso!
2) perché, come argomenta sant’Antonino, arcivescovo di Firenze, tanto più è nobile e doloroso il martirio quanto è più nobile la vita che si dà per Dio. Avendo, dunque, Maria sacrificata la vita di suo Figlio, che era insieme la più nobile di tutte, e amata da Lei più della sua propria vita, ne segue che la corona di Maria fu maggiore di tutte, e che la rende Regina di tutti i martiri;
3) perché gli altri martiri patirono solo per il tempo in cui erano straziati dai tiranni; mentre il martirio di Maria durò per tutto il corso della sua vita.
Certo: dall’inizio, dal momento della Incarnazione, fino alla morte di Gesù la vita della Vergine Maria fu tutta una vita di travaglio, sofferenza, rifiuto da parte degli uomini perché Lei portava nel grembo e poi nella sua casa Gesù bambino, Gesù adolescente, Gesù ragazzo, Gesù giovane custodendolo, nutrendolo, educandolo. La vita della Vergine Maria fu tutta una sofferenza.
4) perché Maria amava suo Figlio più di se stessa. Di conseguenza, furono per Lei di assai maggior pena i tormenti e la morte del Figlio, che non sarebbero stati i tormenti e la morte di se stessa, come afferma il beato Amedeo.
5) perché, come dice Alberto Magno, Maria soffrì un dolore così grande, che bastava a darle più volte la morte; e perciò fu avvalorata da Dio con un miracolo per sostenere uno spasimo insoffribile alla vita umana. Così conclude che con tutta ragione si deve a Maria la preminenza sopra tutti i martiri: “Dunque ebbe la grazia del martirio e la corona dei martiri, e la sua corona fu più grande della corona di tutti gli altri martiri”. Ah Maria! Poiché Voi siete martire, più che martire e Regina dei martiri, siete degna altresì di esser compatita Voi sola più che tutti i martiri insieme.
Ecco le cinque ragioni per cui oggi noi staremo accanto alla Vergine Maria Addolorata e la contempleremo in questo suo dolore: impariamo a recitare la Corona dei Sette Dolori di Maria. C’è anche la bellissima Corona delle Lacrime, molto bella! E poi, al giovedì nell’Ora Santa, impariamo la bellissima recita dei Dolori della Vergine Maria.
Prima di lasciarvi, vorrei leggervi quanto disse Gesù a una ragazza che non è né beata né santa, ma che ebbe una vita veramente durissima. Non sono sicuro perché vado a memoria, ma forse hanno aperto il processo di beatificazione oppure è Serva di Dio… non so, non ricordo… confesso la mia ignoranza, ma questo non toglie niente alla storia di Anneliese Michel sulla vita della quale hanno fatto anche un film che porta il titolo ‘L’esorcismo di Emily Rose’.
Questa ragazza ebbe una vita che fu un calvario: posseduta da sei demoni tra i peggiori, fu l’unico caso della storia in cui la posseduta morì a causa della possessione, ma questo accade anche perché Anneliese, che aveva anche delle visioni mistiche, accettò la proposta della Vergine Maria di non essere liberata dal demonio e offrire la sua terribile sofferenza per i giovani e per la santificazione dei sacerdoti. Anneliese accettò questo martirio e, di fatto, poi morì. Il demonio, durante gli esorcismi disse che lui avrebbe voluto andare via, ma non poteva perché il Cielo non lo permetteva e questo fu il calvario di questa ragazza.
Tra le tante cose che sono pervenute dai lunghi, impegnativi e gravi esorcismi fatti su questa ragazza, ci sono tre frasi che mi hanno tanto colpito e che vi leggo, perché oggi si sente troppo il contrario. Gesù le disse:
“Rifletti: anche un prete indegno è un secondo Cristo. Non condannare nessuno per non essere condannata. Lascia a me questo compito”.
Uno può benissimo dire che Anneliese Michel non è beatificata, non è canonizzata, quindi sono tutte frottole e sue invenzioni: siamo liberi di non credere a queste esperienze di vita così particolari. Io, invece, credo – ho studiato molto questo caso qualche anno fa – e mi ha colpito molto questa espressione di Gesù che richiama ciò che Lui disse anche a Suor Maria Magdolna, di cui vi ho già parlato. Anche in quel caso disse una cosa simile…
Ecco, impariamo tutti a lasciare a Dio il giudizio sulle persone, specialmente sui consacrati: insultare, maltrattare anche verbalmente, parlare male non credo che renda felice il Cuore di Gesù. E noi tutti i giorni siamo esposti a questo rischio… ogni giorno… tutti noi… perché vediamo il male — il male si vede — ma non è compito nostro giudicare le persone; è invece compito nostro pregare, fare atti di riparazione, sacrificarci, andare al cuore, all’Eucarestia, abitare lì e lasciare a Dio il compito tremendo del giudizio. Noi non sappiamo quello che c’è nel cuore di un uomo e non sappiamo perché compie certi atti e fa certe scelte, non lo sappiamo… Certo, la tentazione è quella di sparare a zero e giudicare.
Però non ce lo dimentichiamo… in questa frase non c’è nulla che vada contro il Vangelo. Non credi alla vicenda di Anneliese Michel? Bene, ma in questa frase non c’è niente che non sia un’eco del Vangelo; avremmo dovuto arrivarci noi a questa frase, a questa conclusione.
“Anche un prete indegno è un secondo Cristo. Non condannare nessuno per non essere condannato. Lascia a me questo compito”
Nulla contro il Vangelo! Solo Dio giudica. Allora cerchiamo di usare il velo della carità, che non vuol dire essere mafiosi ma vuol dire ‘coprire, avvolgere’ tutte le miserie che vediamo, soprattutto quelle nei sacerdoti e riparare e affidare a Dio dicendo: “Signore, pensaci tu, provvedi tu!”.
Impariamo a sacrificarci: vediamo un sacerdote che, secondo noi, non si comporta bene, non fa bene? Impariamo a sacrificarci per lui, a fare penitenze, a offrire Rosari, preghiere. Supplichiamo Dio che gli tocchi il cuore e lo converta: il Signore ascolta queste preghiere. Questo è il modo giusto di fare. Ecco, oggi volevo lasciarvi questo pensiero!
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen.
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.