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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 10° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 10 giugno 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 10° parte

Eccoci giunti a giovedì 10 giugno 2021. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo V, versetti 20-26 di San Matteo.

Il Signore chiede che la nostra giustizia sia superiore a quella apparente, evidente, esteriore, ipocrita degli scribi e dei farisei. Questo punto non è così ovvio e banale, non è: “si va be ma io più o meno ci sono… cerco di non arrabbiarmi, di non insultare le persone… e quindi va bene…”. 

Alle volte mi capita di leggere qualche commento a quello che pubblico su internet, o quello che pubblicano altri confratelli, o anche sulla vita di altri Sacerdoti. Non faccio i nomi perché purtroppo viviamo in un mondo cattivo e questa cattiveria si respira tanto e non è principalmente solamente da intendere come il mondo che è cattivo — certamente ha una cattiveria anche il mondo nella misura in cui diventa anticristico, nella misura in cui si ribella a Dio — ma c’è una cattiveria anche intrinseca, tra noi, nel nostro essere fratelli, come dice il Vangelo di oggi. Dicevo, quando mi capita di leggere articoli, post o commenti che mi mandano da leggere su Sacerdoti molto più conosciuti di tanti noi preti molto più ordinari, noto che si passa da complimenti stupendi e meravigliosi a offese brutte, polemiche feroci, attacchi tremendi. Ma perché?

Come se non fosse importante raggiungere, vivere, consumarsi nella santità, no, ma come se fosse più importante avere ragione, affermare il mio pensiero su tutto e su tutti, come se il mio pensiero fosse la quarta persona della Santissima Trinità — che non c’è, grazie al Cielo. La quarta persona non esiste, nessuno di noi è la quarta persona della Santissima Trinità. Uno propone il suo pensiero e come Sacerdote può dire: “A me sembra che sia così, credo in questa cosa, mi sembra onestamente che questa sia la strada” e uno se vuole lo ascolta, ascolta quello che dice, ascolta le prove che porta, le fonti che porta, poi uno può dire: “Quello che dice questo Sacerdote non fa una grinza, è logico, è in fila, ma io in coscienza non mi sento di fare mio questo pensiero, questa prospettiva, questa intuizione, questa lettura, non dico che sia falsa ma…”

Va bene, ma non c’è bisogno di denigrare, attaccare, insultare, parlar male, diffamare. Ma perché? Dov’è il rispetto? Dov’è la giustizia che si deve vivere tra i figli di Dio? Ma siamo o non siamo figli dello stesso Padre? Come si può essere così feroci?

E dopo andiamo a fare la Comunione? No… Questa cosa non sta. C’è una reazione leucemica nei confronti di tutto ciò che non è il mio pensiero, ma non solo il mio pensiero: il mio pensiero detto con le mie parole. Questa è una forma patologica grave di narcisismo che può portare a diventare sociopatici e questa è una cosa molto grave. Mi annego talmente in me stesso che non sono più capace di relazioni sane con le persone che mi stanno attorno e quindi abito un mondo parallelo, fatto delle mie idee, del mio mondo. Posso arrivare a dire ad una persona: “Io non voglio più essere tuo fratello, non voglio più vivere la fraternità con te”. Posso arrivare a fare questo, e posso arrivare a dirlo dicendo che ho la coscienza in pace dicendo questa cosa. Ti posso escludere dalla mia famiglia, dicendo di dormire sonni tranquilli.

Ma ci rendiamo conto che quella persona, quelle persone, sono figli di Dio? Ci rendiamo conto che quelle persone, anche se avessero fatto tutto il male del mondo, sono persone per le quali Gesù ha versato il suo sangue? 

Leggete cosa dice Dio Padre a Santa Caterina da Siena nel “Dialogo alla Divina Provvidenza”, in quel testo voi vedrete tante cose, ma vedrete quanto è pressante, da parte di Dio Padre, il non vanificare il Sangue di Suo Figlio.

Io non posso dormire sonni sereni escludendo qualcuno dalla mia vita. Padre Pio da Pietrelcina era ferocissimo, come San Giovanni Maria Vianney, verso la mormorazione. Del resto anche nel “Dialogo della Divina Provvidenza”, andate a leggere cosa dice Dio circa il parlare male contro i Sacerdoti, andate a leggere, perché non so quanti di noi si salveranno. Leggendo quel testo uno potrebbe dire: “Io forse no”. Sono parole veramente di fuoco da parte di Dio, e parla di Sacerdoti indegni, non di Sacerdoti Santi, di quelli che sono oggettivamente, pubblicamente, indegni. Andate a leggere cosa dice Dio sul “non toccarli” nel senso di non giudicarli, non parlare male di loro, non diffamarli. Non vuol dire che se io sbaglio non devo andare incontro ad una Giustizia, assolutamente no, ma vuol dire: “State attenti che il compito del Giudizio sull’anima, sulla coscienza della persona, del Sacerdote spetta solamente a Dio, poi certo se uno fa degli atti sbagliati poi dovrà rispondere, ma lì è un altro discorso.

Come si fa ad escludere qualcuno solo perché non la pensa come me? Da quando io sono diventato la norma normante del Vangelo? Noi tutti dovremmo dire: “A me sembra… questo secondo me… ”

Non c’è bisogno di attaccarci, insultarci, diffamarci. Questi sono tutti frutti del giudizio, dell’ingiustizia, perché colui che non è giusto non può fare giustizia. Impariamo a tenere la bocca un po’ chiusa e le mani un po’ ferme rispetto alla tastiera che ho davanti, non è che siccome non ho un nome chiaro che appare allora posso scrivere tutto quello che voglio. Gli altri non sanno chi sono, ma Dio lo sa, Dio sa quello che io scrivo, Dio sa quello che io dico, stiamo attenti a non tranciare le gambe, a non gambizzare le persone con le cattiverie, non spettano a noi.

Quando qualcuno mi chiede: “Ma Padre cosa ne pensa di Tizio, Caio e Sempronio?”

Io rispondo: “Guardi, io non ci ho mai mangiato assieme neanche un bignè, non ho mai parlato con questa persona neanche una volta, come posso esprimere un giudizio? Come posso dire un parere? Non so neanche chi sia. Posso dire una parola su quello che magari sento dire da lui quando spiega, posso dire che in questa spiegazione mi ritrovo, in quest’altra un po’ meno, questa mi piace moltissimo, mi è molto utile, l’ascolto volentieri perché mi ha aiutato a migliorarmi…” Ma di più di questo cosa posso dire? Non cadiamo in questa scorrettezza da bar, da crocicchio di strada, da mercato, da gente senza Dio. Non siamo d’accordo? Nessuno ci costringe ad ascoltare chicchessia, basta schiacciare un pulsante e andiamo altrove, ma non costringiamo gli altri ad essere cloni di noi stessi, lasciamo le persone libere, basta non ascoltarle, non siamo costrette ad ascoltarle. Non ti piace? Vai altrove, senza bisogno di sparare nelle gambe di nessuno. 

A me, grazie al Cielo, non è successo, solo qualche commento un po’ vuoto, viscerale, di volgarità bassa, senza argomentazione, ma mi è successo di vedere altri Sacerdoti trattati veramente molto male, con molta cattiveria, e — aggiungo — senza averli mai ascoltati. Ma che sistema è?

Quando andavo in carcere — e non ci sono andato per due giorni — mi ha sempre colpito, ero giovanissimo, l’ho già detto, avevo 23 anni, mi ha sempre colpito una cosa che mi è sempre piaciuta e anche dispiaciuta in alcuni casi. Nel tempo in cui andavo io c’erano anche detenuti molto famosi di cui non vi dico il nome per rispetto delle persone e della privacy. Quello che mi è sempre piaciuto era vedere che l’uomo famoso, esattamente come l’ultimo della terra, tutti, avevano il loro processo. Prima di condannarti io ti ascolto. Non possiamo condannare una persona senza neanche averla ascoltata una volta, questa è una cosa disumana, di un’ingiustizia gravissima. Anche se hai fatto il male peggiore del mondo devo darti la possibilità di dirti, poi ti darò il massimo della pena, ma devi poter parlare E tutti hanno parlato, anche i più grandi criminali della storia, anche quelli che hanno avuto i 41 bis, che sono stati rinchiusi nell’aula bunker, che hanno fatto le stragi più efferate, persino loro sono stati ascoltati. Ed è giusto, poi hanno ricevuto le loro condanne, ma è giusto e doveroso che ogni uomo possa dire la sua ragione, il suo pensiero, quello che porta nel cuore. Poi, i giudici, coloro che avranno il pesante compito di giudicare, faranno le loro sentenze, e dobbiamo pregare per i giudici perché il loro è un lavoro durissimo. 

Che sistema è quello di non ascoltare le persone?

Quello che mi dispiaceva era invece quando vedevo che una persona stava in carcere e magari passavano molti mesi prima di un processo. Dispiace se vi mettete nei panni di quella persona che aspetta magari 4 mesi prima del processo e magari poi alla fine viene fuori che è innocente… però intanto si è fatta 4 mesi di carcere. È pesante. Il processo deve essere fatto il più velocemente possibile perché bisogna fare giustizia. 

E allora perché non dare innanzitutto la possibilità all’altro di dirsi? Di dire fino in fondo le sue ragioni e i suoi pensieri, e facendo dopo regolari processi, processi equi. A me sembra che non a tutti è stato riservato questo trattamento, non a tutti è stata data questa possibilità. 

“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli”

La nostra giustizia deve essere una giustizia superiore, non deve essere una giustizia apparente, vuota di un riscontro concreto nella nostra vita, deve essere una giustizia a tutto tondo, che ci piaccia o non ci piaccia chi abbiamo davanti, dobbiamo essere giusti, anche se non ci piace, anzi, a maggior ragione poiché non ti piace devi essere giusto, proprio perché non ti piace, in funzione del fatto che non ti piace. Chiunque di noi è chiamato ad essere giusto. 

Mi auguro che tutti noi possiamo fare in modo di mettere giustizia all’interno della nostra vita, per quanto difficile possa sembrare o essere. Cerchiamo di mettere giustizia ed evitiamo di giudicare le persone per sentito dire o in modo facilone, perché di ogni parola dovremo rendere conto a Dio, dice Gesù nel Vangelo,  di ogni parola.

Andiamo avanti con questo testo del Venerabile Fulton Sheen “Il Sacerdote non si appartiene”

“II pastore d’anime dovrebbe interessarsi primariamente del tabernacolo, non della canonica; del Signore, non del suo «io»; della gloria di Dio, non delle sue comodità.”

Quello che abbiamo detto fino adesso. Se io mi interesso innanzitutto del Tabernacolo e non della mia canonica non ho il tempo di stare a criticare e polemizzare con gli altri, anche perché la polemica non serve a niente. 

Quando mi dicono: “Padre ma devo andare a dire… ”

Lascia stare…

“Padre devo andare da quel Sacerdote e correggerlo… ”

Lascia stare… prega. Non fare polemica. È tanto difficile correggere, tanto difficile dire una parola di correzione.

Voi non sapete quante volte a me succede di dire a me stesso: “Questa cosa è bene che la dica a questa persona”. Mi metto lì, scrivo tre righe e poi cancello. Quante volte! La maggioranza delle volte. Perché? Perché, vedete, correggere è difficile Essere corretti difficilissimo, e c’è oggi tanta superbia, che vuol dire tanta permalosità. Se quando veniamo corretti la nostra reazione è quella di inalberarci, di metterci sulla difensiva, di attaccare, di giustificarci, di chiuderci, sono tutti segni di superbia che noi chiamiamo permalosità, sono tutti segni di una persona che sta annegando dentro di sé. 

“II pastore d’anime dovrebbe interessarsi primariamente del tabernacolo, non della canonica… ”

Se tu ti interessi del Tabernacolo e non della canonica, succede che miracolosamente vedi che è meglio stare zitti su certe cose e dirle al Signore. Non potrò stare sempre zitto, quando ci sarà qualcosa di grosso e gravissimo qualche parola la diremo, ma se no è meglio stare zitti e lasciar perdere, perché va a finire che il frutto che ne esce è peggio di quello che c’era prima. A cosa è servito? A niente, anzi… 

“… del Signore, non del suo «io»”

Quindi io dovrei avere più interesse a guardare Gesù, a leggere il Vangelo, a meditare la parola di Dio, a leggere i Santi che guardare Facebook, la televisione, ascoltare la radio, a leggere il giornale e quant’altro. 

“della gloria di Dio, non delle sue comodità.”

Certo, ma la gloria di Dio per noi è ancora importante oggi? Fare le cose per la gloria di Dio o farle per noi? Per la gloria di chi noi facciamo le cose? Per la gloria di chi siamo contenti se quella cosa ci va bene? Che sia un esame, un lavoro, una cosa in famiglia, una torta: “ho fatto una bellissima torta”, per la gloria di chi? Per il piacere di chi? Per il gusto di chi? 

Non sono dettagli questi. 

 “Una canonica con i pavimenti coperti di tappeti da parete a parete non va d’accordo con un tabernacolo che sembra una capanna su palafitte. Forse che il Re non ha diritto a una casa migliore di quella del suo rappresentante?”

A me è capitato di vedere un Tabernacolo che ho scoperto dopo essere un Tabernacolo, perché era una scatola delle scarpe. Non sto scherzando, non è un’esagerazione, non è un modo di dire, era proprio una scatola delle scarpe. Avevano messo sull’altare una scatola delle scarpe di cartone, grazie al cielo senza più le scarpe dentro, ed era diventata un Tabernacolo.

Ho detto: “Cosa fa una scatola delle scarpe sull’altare?”

“Non è una scatola delle scarpe”

“A me sembra una scatola delle scarpe, c’è su anche lo stemma delle scarpe!”

“No”

“E che cos’è?” 

Ho pensato che fossero magari sono quei doni che si fanno come oratorio, i bambini che portano all’offertorio qualcosa, ho pensato quello.

“No, è il Tabernacolo”

“Come il Tabernacolo?”

“Si il Tabernacolo”

“La scatola delle scarpe?”

“Certo! Ma Gesù è povero!”

“Cosa c’entra che Gesù è povero?”

Il Tabernacolo una scatola delle scarpe, anche questo ho visto nella mia piccola vita. 

 “Il Signore rimprovera quelli che si costruiscono delle belle case e trascurano il suo Tempio:

La parola di Dio fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo così: “Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina?… . Perché la mia casa è in rovina, mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa. Perciò su di voi i cieli hanno chiuso la rugiada e anche la terra ha diminuito il suo prodotto” (Ag 1, 4; 1, 9-10).

Però, mentre facciamo erigere chiese degne del Signore Eucaristico, diamo il dieci per cento di quanto ci costano per costruire in Asia e in Africa umili dimore per lo stesso Dio. Chi fa l’Ora di Adorazione penserà anche a questo, perché sa che la sua parrocchia, sede di un sacerdozio regale, deve essere anche la sede dello spirito vittimale.

Verranno momenti in cui l’Ora di Adorazione è difficile. Avviene quasi sempre durante le vacanze, ma talvolta anche in periodi di profondo abbattimento. Possono essere periodi di tenebra, come quello in cui i Greci andarono da Nostro Signore e gli dissero: «Vogliamo vedere Gesù».”

Oppure altri periodi, quindi stiamo attenti. Stiamo attenti quando dobbiamo riposarci, come le vacanze, che non vadano a discapito del Signore e stiamo attenti quando ci avviliamo. Oggi è molto diffuso, questo tema della depressione, dell’esaurimento, dell’insonnia, tutti questi disturbi molto importanti, e in quei disturbi viene la tentazione di lasciare perdere la preghiera, e invece quello è il momento in cui bisogna pregare di più, in cui abbiamo più bisogno.

“Sono, infatti, i falli degli amici assai più di quelli dei nemici che ci turbano il cuore!”

E che turbano il cuore di Gesù. Certo. Pensate a Giuda, agli Undici che se ne vanno.

“Quando si tratta del Cristo, ora come sempre, dallo stato d’animo più depresso si passa a quello più beato, perché non vi è Croce senza Risurrezione.”

 È vero, quando stiamo davanti al Signore dopo un po’ quello che sembrava essere un problema grave, serio, che ci genera ansia, comincia a ritrovare il suo posto, il suo equilibrio.

Ecco, finisce qui questo capitolo sull’Ora Santa, sull’Ora di Adorazione. Il prossimo capitolo che affronteremo domani è il capitolo tredicesimo del libro, si intitola:

“Giuda e la prima incrinatura nel suo Sacerdozio”

 È un capitolo meraviglioso, bellissimo, che toglie il fiato, comincia così, domani risponderemo a queste domande:

“Da dove comincia il declino spirituale? Qual è il primo sintomo di tutta una catena di peccati? I nemici tradizionali della spiritualità sono il mondo, la carne e il demonio, ma non vengono essi per secondi? Non si ha forse il distacco da qualcosa prima che sia possibile un attaccamento a qualcosa?”

Queste domande vi fanno già capire a che livello siamo. Sono domande profondissime, verissime, gravissime che toccano tutti noi e vi fa già capire come, usando Giuda, Mons. Sheen sarà in grado di spiegarci da dove inizia un declino spirituale, qual è il sintomo primo, chi sono i veri nemici che vengono prima del mondo, della carne e del demonio e da che cosa ci stacchiamo per poi attaccarci a qualcos’altro. Lo vedremo domani. Domani vedremo questo capitolo e sono sicuro che ne trarremo un grande giovamento. 

Tema di oggi: Cuore che ama i nostri cuori.

Fioretto: Trasformate in puro amore ogni atto, anche minimo, della giornata per espiare la satanica noncuranza degli atei volontari.

Per espiare la satanica noncuranza. La non cura ha qualcosa di demoniaco, così come la cura ha qualcosa di divino. Qui ci sarebbe da fare un altro ciclo di catechesi.

Ossequio: Durante la giornata ripetete l’invocazione: Cuore Eucaristico di Gesù, che ardete di amore per noi, infiammate i nostri cuori di amore per Voi.

Giaculatoria: Cuore Eucaristico, fonte di amore, Ti canti ogni anima, gloria ed onore.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga 

 

Giovedì della X settimana del Tempo Ordinario

VANGELO (Mt 5,20-26)
Chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

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