Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 9 aprile 2022
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 40
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a sabato 9 aprile 2022.
Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XI di San Giovanni, versetti 45-56.
Come dicevamo, oggi è il “Giorno di mortificazione”, leggiamo cosa ci dice Padre Avrillon.
Sabato di Passione – Giorno di mortificazione
“La pratica che oggi vi viene prescritta secondo lo spirito del Vangelo, è d’una grande estensione, e richiede molta attenzione e coraggio, poiché si tratta di dichiarar la guerra alla delicatezza, e di mortificare in tutto i vostri sensi esterni ed interni; di prevenirne e di punirne le mancanze più piccole. Portate dunque, secondo il consiglio dell’Apostolo, la mortificazione di Gesù nel vostro corpo, e trattatelo da peccatore. Vegliate con sollecitudine sugli sguardi dei vostri occhi, sulle azioni delle vostre mani, sulle parole della vostra bocca, e sui sentimenti dell’udito e dell’odorato. Non vi contentate di questa mortificazione esteriore; mortificate ancora la vostra memoria, la vostra immaginazione, i pensieri e la curiosità del vostro spirito, i desideri, i sentimenti, le inclinazioni del vostro cuore, e invigilate soprattutto sulle passioni dell’anima vostra, affinché la mortificazione sia universale”.
Possiamo tradurre questo in un linguaggio forse a noi più comprensibile: mettete ordine. Mortificare, alla fine, cosa vuol dire? Vuol dire ordinare, vuol dire mettere ciascun aspetto della nostra vita (che sia un aspetto spirituale, che sia un aspetto corporale) al suo posto, questa è la mortificazione.
Perché questa si chiama mortificazione? Perché, siccome noi siamo disordinati, fare questo vuol dire fare fatica, vuol dire fare rinunce.
È difficile mettere ordine nel disordine, richiede una quantità di tempo incredibile e, alla fine, sei distrutto come se tu avessi scalato il Monte Bianco. È estenuante mettere ordine, ma la fatica non viene dall’ordine, ma dal disordine che tu curi, questo è il punto.
Ecco perché fai fatica, ecco perché sei sfiancato.
Ciò che sfianca è il disordine che devo rimettere in ordine, non è l’ordine, perché l’ordine non è sfiancante, anzi è riposo.
Una vita spirituale e fisica, materiale, ordinata, è generatrice di grande riposo, di grande serenità.
Quindi, ordine negli occhi, negli sguardi, nelle azioni, nelle parole, nell’udito, nell’odorato, nella curiosità, nella memoria, nell’immaginazione, nei pensieri, nei desideri, nei sentimenti, nelle inclinazioni.
In tutte queste cose, quanto disordine abbiamo?
Meditazione sulla mortificazione tratta dal Vangelo.
“In verità, in verità io dico, se il grano del frumento muore dopoché è stato gittato in terra, resta solo; ma quando egli é morto, produce molto frutto. Osservate che il vostro divin Salvatore avea fatta l’entrata in Gerusalemme colle acclamazioni di tutto il popolo; ma poco sensibile a questi onori, perché era occupato della sua vicina passione, non parla che di mortificazione colla figura del grano del frumento. Studiatene tutte le parole, poiché esse sono altrettante istruzioni e misteri. Il cristiano è questo grano di frumento. Fa d’uopo primieramente che cada”.
Attenti… Guardate, è veramente bravo Padre Avrillon. Per prima cosa deve cadere…
“Non farà mai frutto, chi non abbia mortificato e domato il suo orgoglio”.
Ecco il cadere: l’umiltà.
“Conviene in secondo luogo che cada non solamente in terra; ma ancora nella terra, e che ne sia coperto. Non è in sicuro se non quando si cela agli occhi degli uomini e si nasconde nell’elemento da cui è stato formato, sovvenendosi che non è che terra”.
Prima di tutto deve cadere, quindi via l’orgoglio.
Secondo, deve nascondersi nella terra, si deve proprio nascondere agli occhi degli uomini.
“Finalmente bisogna che vi muoia, cioè a dire, che rinunzi a se stesso, che muoia alla sua carne e ai suoi appetiti, alle sue inclinazioni e a tutte le sue passioni”.
Padre Avrillon, evidentemente, doveva aver letto abbastanza bene San Giovanni della Croce. Quindi, deve morire a se stesso.
Come dicevamo prima, deve morire al suo disordine, lì deve morire.
“Questo è il mezzo di produrre frutti abbondanti, e di conservarsi per l’eternità. Assomigliatevi dunque a questo grano di frumento: cadete spesso in terra col disprezzo di voi stesso, nascondetevi e morite a tutto per vivere solo a Dio”.
Invece, noi vogliamo essere guardati, visti, amati, ammirati, adorati, ricercati, stimati…
“Felice caduta, poiché ella procura la più gloriosa divozione! Felice oscurità, poiché ella c’illumina coi lumi celesti! Felice morte, poiché ella produce la vita della grazia e ci conserva per quella della gloria”.
Quindi: cadere, essere coperto nella terra, quindi morire.
“Se pretendete di esser di Gesù Cristo, dovete condurre una vita mortificata; perché coloro che sono di Gesù, dice S. Paolo, hanno crocifisso la loro carne con tutte le sue concupiscenze”.
Si capisce quando uno è di Gesù. Si capisce perché è mortificato, cioè mette ordine.
“Dimandate dunque a voi stessi se appartenete a lui e se crediate che non ostante tutte le vostre proteste, non lo siete se non siete mortificati”.
Domanda radicale, da esame di coscienza:
“A chi appartenete voi dunque? Da una parte ascoltate con spavento le sentenze di morte che Gesù pronunzia contro i sensuali, quando dice: Guai a voi che riponete la vostra consolazione in questo mondo! Guai a voi che ora siete sazi e poi avrete fame! Guai a voi che ora ridete e poi piangerete! Sopra di chi cadono queste maledizioni? Sopra coloro che amano i piaceri. Non li amate anche voi? Vedete da un’altra parte ciò che facevano i santi, e ciò che credevano di dover fare per assicurare la loro salute. S. Paolo dice: Castigo il mio corpo e lo riduco in servitù, per timore che dopo aver predicato agli altri, non divenga reprobo io stesso. Dal che ne segue che secondo il sentimento di questo grande Apostolo, vivere senza mortificazione è lo stesso che vivere nella dannazione”.
Dovremmo veramente chiederci dove siamo, perché a leggere queste cose…
“Così esorta i Romani alla mortificazione con parole piene di unzione e di forza, quando dice: Io vi scongiuro, miei fratelli, per la misericordia di Dio, di fare del vostro corpo un’ostia vivente, santa e grata a Dio. Questo è il solo mezzo d’assicurare la propria salute”.
Capite? Questa è la mortificazione: fare del tuo corpo un’ostia [cioè una vittima] vivente.
E un’ostia com’è? Ecco, tutte le caratteristiche che ha l’ostia le dobbiamo avere anche noi, perché, senza mortificazione, è lo stesso che vivere nella dannazione.
“Quello che ama la vita, la perderà; ma colui che la odia in questo mondo, la conserva per la vita eterna. Amar l’anima sua e la sua vita, nel linguaggio di Gesù, significa amar la sua carne e trattarla con delicatezza, com’anche amar se stesso; e questo oracolo è abbastanza chiaro per farci intendere che è impossibile di salvarsi senza la mortificazione dei sensi esteriori, degli appetiti della carne e delle passioni dell’anima. Mortificate i vostri occhi corporali, poiché spesso per essi entra la corruzione nel cuore: per gli occhi, dice Geremia, entra la morte nell’anima. Se la disgraziata Dina avesse repressa la curiosità degli occhi, non avrebbe perduto il più prezioso di tutti i tesori. Se Davide avesse raffrenato i suoi, non sarebbe caduto nell’adulterio, e nell’omicidio”.
Certo, perché lui vede Betsabea…
“Imitate piuttosto il santo Giobbe; fate patto cogli occhi vostri — interessante questa cosa — di non mai aprirli sopra alcun oggetto, che possa farli piangere in seguito e per indurvi a questa mortificazione, persuadetevi che quello che li tiene chiusi sopra gli oggetti pericolosi, si rende degno di veder Dio nel cielo: è lo Spirito Santo, che parla per bocca del profeta Isaia”.
Questo lo disse anche l’Angelo a Santa Gemma Galgani.
Impariamo ad ordinare i nostri occhi, non dobbiamo guardare tutto, sempre, tutto e tutti.
È bella questa espressione: “Fate un patto con i vostri occhi di non mai aprirli sopra alcun oggetto che li possa far piangere in seguito”.
È vero che dagli occhi entra la corruzione.
“Mortificate il vostro udito e tenete lontane le vostre orecchie da tutti i discorsi delle persone del secolo. Sovvengavi che per le orecchie di Eva, la quale ascoltò il serpente, il peccato e la morte entrarono in questo mondo”.
Capite che non è una cosa da poco… Lei ha ascoltato quei ragionamenti, stiamo attenti a ciò che ascoltiamo!
“Ascoltate dunque il consiglio del Savio, che dice: Circondate le vostre orecchie con folte siepi di spine, e non ascoltate mai la lingua malefica”.
Noi invece siamo curiosissimi, appena possiamo affogarci come il cinghiale nel fango, subito entriamo anche noi per sapere, per dire la nostra, per far vedere che noi siamo informati, siamo intelligenti, siamo capaci… e così ci scaviamo la fossa.
Invece le nostre orecchie dovrebbero essere dedicate ad altro.
“Privatevi di tutti gli odori deliziosi, e sovvengavi della minaccia di Dio fatta pel profeta Isaia alle figlie di Sionne, quando disse che i loro profumi sarebbero cambiati in fetori. Imitiamo piuttosto la Maddalena che li consacra a Gesù”.
Ricordate, quando eravamo piccolini (poi speriamo anche da adulti), i fiori che si offrivano a Gesù e a Maria Santissima non bisognava odorarli.
Sì, lo so, che qualcuno oggi si metterà a ridere e dirà: «Queste qui son cose da 1200, sono cose sciocche e stupide, che hanno fatto il loro tempo».
No! Non è vero, non è vero, avevano e hanno un senso grande, quello di ordinarci ad un fine supremo; quindi, rinuncio ad annusare (tra poco arriverà il tempo) le rose, perché desidero donarle alla Vergine Maria. Capite? Rinuncio, quindi, a questo profumo, per donarlo alla Vergine Maria.
“Mortificate la vostra bocca sia nel gusto che nelle parole. Riguardo al gusto vi sovvenga che per intemperanza Lot fu reo di un gran peccato. Esaù perdette il suo diritto di primogenitura, — ricordate il piatto di lenticchie — e i figliuoli di Eli, dopo aver scandalizzato il popolo di Dio, perirono miseramente. Imitate piuttosto la temperanza di David, il quale dopo aver desiderato con ardore un bicchier d’acqua della cisterna di Betlemme, la sacrificò al Signore piuttosto che beverla”.
Ho sete, ho sete, ho sete…
Quando io ero piccolino (e giocavo fino a morire), arrivavo poi alla fine dei miei giochi che ero sudato, gocciolavo persino dalle sopracciglia, ero sudato, bagnato. Immaginatevi, d’estate, quelle belle fontane d’acqua fresca che c’erano un tempo. In montagna, poi, c’erano quelle belle fontanone grosse, grandi, con questo tubo dal quale usciva un getto di acqua gigante, ghiacciata, buonissima. Io vedevo tutti i miei compagni che si gettavano in massa su questa fontana, da cui usciva quest’acqua ghiacciata, e bevevano fino a morire, poi si schizzavano, si buttavano l’acqua addosso, si lavavano la testa… Io, invece, stavo seduto sulla panchina all’ombra, e la mia nonna mi diceva: «No, non andare a bere adesso, sei troppo agitato, berresti nel modo sbagliato. Hai troppa sete, calmati. Quando avrai smesso di sudare e ti sarai calmato, allora andrai a bere».
Guardate, io nella mia vita ho fatto pochissime penitenze, ma vi posso assicurare che questa è stata la più terribile, me la ricordo ancora adesso. Era veramente dura, veramente dura. Questa penitenza della sete, della gola riarsa, quando leggo la Parabola del ricco Epulone, so un po’ cosa vuol dire. È una penitenza terribile, soprattutto quando vedi che è lì, e devi fare cinque passi per raggiungerla.
Dobbiamo imparare a farle queste penitenze, perché ci aiutano, ci ordinano, e non fanno male a nessuno.
“Mortificate la vostra lingua riguardo alle parole”.
Oh Cielo! Oh poveri noi!
“Fate, secondo il consiglio del Savio, una porta della vostra bocca con ferramenti, e con bilancia per pesare tutte le parole che ne usciranno. Una lingua che non è mortificata, cade ora nella menzogna, ora nella maldicenza, ora nell’ostentazione, ora nell’adulazione, e spesse volte in qualche cosa di peggio”.
Impariamo a tenere la bocca chiusa e la lingua al suo posto.
“Mortificate le vostre mani; occupatele in lavori conformi al vostro stato, e in soccorso caritatevole verso il vostro prossimo. Tagliate la vostra mano destra, dice il Signore, se essa vi scandalizza, e state sempre pronti ad alzar le mani al cielo se volete esser esaudito. Non vi contentate della mortificazione corporale; mortificate il vostro spirito, i suoi desideri sregolati, le sue inclinazioni, le sue antipatie. Questa mortificazione sincera ed universale vi conserverà per l’eternità”.
Preghiera:
“Son io morto a me stesso? O mio Dio! Son io morto alla mia carne? Son io morto alle mie passioni? Son io quel grano di frumento caduto, nascosto e morto in terra per produr frutti di penitenza, di grazia e di gloria? Non son io al contrario quell’albero cattivo che merita di esser tagliato e gettato nel fuoco, perchè non produce frutti, ed occupa inutilmente la terra? lo so che corro rischio di perdermi, se non odio me stesso, e Gesù che me lo dice, e non posso ignorarlo: nondimeno non ho fatto alcun progresso nella mortificazione; la fatica mi affanna, la tribolazione mi spaventa, l’umiliazione mi confonde, e le contraddizioni mi rivoltano. La mia carne non cerca che delicatezza e piacere; le mortificazioni che mi vengono da Dio mi fan paura, quelle che mi vengono dagli uomini m’irritano; ed invece di impormele volontario, cerco di evitarle; e se ne ho alcuna, sono per lo più mortificazioni di mia scelta…
Certo, noi siamo tutti capaci di fare le mortificazioni che vogliamo noi…
“…nelle quali la mia vanità trova il segreto di compiacersi”.
Quindi, non solo sono inutili, ma sono anche dannose.
“Ah Signore! Abbiate pietà della mia debolezza, fortificatemi, animatemi d’un odio santo contro me stesso, e datemi forza di morire alla mia carne e a tutto ciò che sono, per non vivere che per voi solo”.
Oggi, prima di concludere, desidero leggervi brevemente una cosa.
Vi ho già citato un libro, che vi consiglio di leggere e di meditare, soprattutto ai Sacerdoti, che si intitola: “In Sinu Jesu”, un libro bellissimo.
Sono dei dialoghi tra Gesù e un monaco.
Ne ho trovato uno molto interessante. Dice il monaco:
«Ho chiesto a nostro Signore, riguardo alle distrazioni che mi affliggono durante la Santa Messa e l’Ufficio divino».
Domanda: «Chi di noi non è afflitto da questa piaga: il distrarsi durante la preghiera?» Noi diciamo: «È il demonio», oppure diciamo: «No, è questa vita che dà tante suggestioni, siamo tanto disturbati da mille pensieri…».
Sentite la risposta di Gesù:
«Tu provi distrazione durante la Santa Messa, durante la tua preghiera, perché non hai ancora permesso al Mio ordine — esattamente la meditazione di oggi, poi qualcuno mi venga a dire che a Gesù non sta a cuore l’ordine… — di regnare sul tuo cuore nella tua vita. Questo è il Mio desiderio: che tutta la tua vita, anche ora, rifletta l’ordine e la bellezza che caratterizzano il Mio Regno».
Tutta la tua vita, la tua persona, le tue cose, la tua camera, il tuo letto, il tuo vestito, le tue matite, i tuoi capelli, il tuo corpo… tutto rifletta l’ordine e la bellezza che caratterizzano il Mio Regno.
Il Regno di Dio non è una topaia!
Il Regno di Dio non è brutto, come certi quadri o certe raffigurazioni, certe immagini, che oggi vanno per la maggiore. Il Regno di Dio è ordine e bellezza.
«Questo è anche il desiderio di Mia Madre per te, e Lei ti aiuterà a raggiungerlo. Ascolta la Sua guida e le Sue ispirazioni e segui la Sua saggia direzione; in questo Lei è il puro strumento dello Spirito Santo, che ad ogni momento porta ordine dal caos, pace dal dissenso e unità dalla molteplicità».
Caos, dissenso e molteplicità, intesa in un certo modo, sono tutte forme di disordine. Quindi, invochiamo la Vergine Maria per essere aiutati.
Attenti adesso…
«C’è disaccordo nella tua vita, quando due interessi si competono il tuo tempo, la tua attenzione e la tua energia».
Ecco dove sta il disordine! Ecco dove nasce la distrazione! Capite?
Quando due interessi diversi si competono il tuo tempo, la tua attenzione, la tua energia… ecco perché ti distrai, altro che il demonio!
«Permetti a Mia Madre di riordinare la tua vita e scoprirai la gioia di vivere in una Santa semplicità, in un ordine che anticipa l’ordine glorioso preparato per tutti i Miei Santi in Cielo».
Quante volte torna la parola “ordine”?
“Custodisci l’ordine”, dicevano gli antichi, “e l’ordine custodirà te”.
Ordine, pulizia, tenere le cose al loro posto…
Volevo leggervelo, credo che possa essere utile a voi, come lo è per me.
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen.
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.
VANGELO (Gv 11, 45-56)
In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».