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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 39

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 8 aprile 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 39

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 8 aprile 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo X di San Giovanni, versetti 31-42.

Andiamo avanti con la meditazione del nostro libro di Padre Avrillon, oggi meditiamo il “Giorno di solitudine”.

Venerdì di Passione – Giorno di solitudine

“Siate oggi solo con Gesù, fuggite la moltitudine, cercate la ritiratezza. Quanto meno vi farete vedere alle creature, tanto più sarete in sicurezza della compagnia di Dio. Quanto meno starete attento ai loro discorsi, tanto più intenderete e gusterete quelli di Dio, che sono incomparabilmente migliori. Non vi contentate di osservare questa solitudine esteriore, la quale non consiste che nell’allontanarsi corporalmente dalle creature; essa non è solo noiosa, ma ancora inutile, quando non è accompagnata dalla solitudine dello spirito e del cuore. Il vostro spirito sia solitario, non pensando più alle creature, come se foste solamente nel mondo con Dio. Il vostro cuore sia solitario, rinunciando a tutti gli attacchi sensibili che non hanno Dio solo per oggetto: in questa maniera la vostra solitudine diverrà grata a Dio”.

Quindi, quest’oggi Padre Avrillon ci invita a vivere la solitudine, che vuol dire questo stare ritirati dallo sguardo, dalla compagnia, dai discorsi delle persone, ma non per un motivo fine a se stesso, ma per poter gustare i discorsi, la compagnia di Dio, cioè ci invita a svuotare il cuore per riempirlo di Dio.

Ci vuole la solitudine esteriore, ma anche quella dello spirito e del cuore, che vuol dire il non pensare più a niente e a nessuno, se non a Dio, cioè essere concentrati in Dio, essere proprio Cristo-centrati.

In questa maniera il nostro cuore sarà solitario.

Veglio e gemo come un passero solitario sopra un tetto”, ecco il Salmo.

Il nostro cuore sarà solitario, avrà solo Dio per oggetto del suo pensare e del suo amare.

Meditazione sulla solitudine, tratta dal Vangelo.

“Gesù non si faceva vedere più in pubblico dai giudei, e si era ritirato in una contrada presso il deserto. Questo si verificò dopo che i sacerdoti e i farisei ebbero tenuto consiglio contro di lui per farlo morire, e stette qualche tempo in questo ritiro. Lo stesso spirito che l’avea condotto un’altra volta nel deserto per digiunarvi quaranta giorni, lo condusse in questo, e vi si occcupò nella stessa maniera, vale a dire, in passare il suo tempo in rendere continui omaggi e adorazioni a Dio suo Padre”.

Quindi, Gesù ancora si ritira in un luogo presso il deserto, perché i Giudei volevano farlo morire. Gesù fugge.

“Imitiamo questo adorabile e divin Solitario, che ci spiana il cammino del deserto e ci addolcisce colla sua grazia le asprezze che vi si incontrano, sia nella generosa risoluzione che bisogna prendere di allontanarsi dal mondo, sia nei combattimenti che bisogna sostenervi, e per impegnarvisi più fortemente considerate da una parte i pericoli del mondo, e dall’altra i vantaggi considerabili della solitudine”.

Quindi, dobbiamo imitare Gesù, che appunto ci spiana questo cammino nel deserto, che ci addolcisce, attraverso la Sua grazia, le asprezze che noi incontriamo nel deserto, e ce le addolcisce sia per la fatica di prendere questa distanza (perché è faticoso) sia per i combattimenti che noi dobbiamo sopportare e vivere.

Quindi, in tutto questo, saremo aiutati dal pensiero dei vantaggi che abbiamo dalla solitudine.

“Non siete voi persuasi che basta viver nel mondo per essere in pericolo di dannarsi? Vi si respira insensibilmente, senz’avvedersene, un’aria contagiosa. Taluno si trova riempito delle sue maniere e delle sue massime. Tutto è pieno di scogli, di lacci, di pericoli, di pietre di scandalo; la sua aria infetta, il suo discorso seduce, la sua fallace apparenza incanta, i suoi costumi autorizzano ed il torrente del cattivo esempio attrae seco tutti i deboli. Voi lo sapete, voi ne avete delle fatali esperienze: perché vi state dunque? E se voi non potete lasciarlo, perché non vi ritirate di tempo in tempo nella solitudine per conversar con Dio? Colà prenderete nuove forze per entrar nel mondo senza correre alcun rischio, e comprenderete con S. Agostino, che è molto difficile non solamente di amare, ma di conoscere Dio nel mondo, e che tutto allontana dal grande affare della salute”.

Quindi, questa frequentazione col mondo, ci dice Padre Avrillon, comporta tanti pericoli, allora lui dà una intuizione interessante.

Se tu non lo puoi lasciare, almeno impara a ritirarti ogni tanto dal mondo, per stare un pochino con Dio, cioè impara a ritagliarti degli spazi di solitudine.

Appena ti è possibile, dove ti è possibile, ritagliati questi spazi per stare da solo col Signore.

Si può fare, ciascuno di noi lo può fare.

“Se è molto difficile, dice S. Giovanni Crisostomo, che un albero piantato in una pubblica strada conduca i frutti sino alla loro perfetta maturità perché è troppo esposto; così non è meno difficile che un cristiano, il quale nel suo battesimo ha rinunziato al mondo e alle sue pompe, e non si allontana dal gran mondo, produca frutti di grazia e li conservi sino al fine del viver suo per divenire frutti di gloria”.

È difficile, ma questa è l’esperienza di tutti.

È difficile, perché sono veramente tante le suggestioni, gli inganni, tante cose cercano di impedire questa fruttificazione.

“Ritiratevi dunque con prudenza da questa grande strada, nella quale tutto ciò che incontrate, procura di togliervi i frutti nascenti che producete. Trasferitevi, se lo potete, in un luogo più nascosto, ove niente abbiate di comune col mondo. Se non potete separarvene col corpo, separatevene almeno collo spirito e col cuore”.

È importante eh…

“Voi sarete solitario nel mondo medesimo, dice S. Bernardo, se disprezzerete ciò ch’egli stima, se odierete ciò che ama e se fuggirete ciò ch’egli ricerca”.

Capite?

Ecco come si è soli, come si vive la solitudine nel mondo, pur continuando a vivere all’interno di questa realtà: disprezzando ciò che egli stima, odiando ciò che ama e fuggendo ciò che egli cerca.

Ecco, in questo modo si è soli, si può vivere in solitudine.

Poi, ovviamente, non mi devo lamentare, perché poi, se comincio a lamentarmi: «Eh però non ho… non faccio…», vabbè, allora è inutile.

Dobbiamo avere prima di tutto chiaro nella mente che questa compagnia del mondo e di tutto ciò che comporta non produce niente di buono.

C’è chi dice: «No, ma io lo faccio per convertire le persone…»

Santa Teresa su questo avrebbe tanto da dire…

“Gesù dimorò in questa solitudine co’suoi discepoli. Se appartiene a Dio di condurre un’anima in solitudine per parlarle al cuore ed inspirarle la generosa risoluzione di fuggire il mondo, appartiene anche a lui di difenderla nel suo ritiro”.

Quindi, è compito di Dio.

“Infatti è un’azione generosa di lasciare tutti i piaceri e le lusinghe del mondo per abbracciar la solitudine, e star ivi costanti come fece il Salvatore, e come han fatto, a suo esempio, i santi, i quali hanno passata la loro vita, vincendo altresì la noia, il disgusto, l’incostanza e la leggerezza. Questo è un sacrifizio che costa molto più al cuore”.

Quindi, la solitudine comporta anche la noia, il disgusto, l’incostanza, la leggerezza, eppure il Signore ci aiuterà a vincerle.

“Noi vediamo per nostra consolazione l’esempio dell’uno e dell’altro in Gesù. Lascia Gerusalemme dov’era adorato dal popolo e va nella solitudine di Efrem: eccovi l’esempio che c’impegna a fuggire il mondo; ma vi sta nascosto sinché la volontà del Padre suo glielo faccia abbandonare, per andare a patire e morire pel mondo. Eccovi il sacrifizio generosamente sostenuto. Seguite quest’esempio”.

Quindi, va via da Gerusalemme, va ad Efrem, lì rimane nascosto.

Quando tornerà a Gerusalemme? Quando poi dovrà morire.

“Volete voi durarla nel ritiro? Bisogna che vi occupiate. Senza di questo sarete esposto a disgusti e a noie mortali”.

Quindi, vediamo adesso le due occupazioni, i due mezzi del solitario.

“La prima occupazione d’un solitario è dinotata da Geremia, quando dice: Sarà solitario, e tacerà. Qui non può parlare del silenzio della bocca, perché questo solitario non ha alcuno con cui parlare; ma del silenzio interiore, cioè, che imporrà silenzio a tutte le sue passioni, che la sua memoria dimenticherà il mondo, che il suo spirito non vi penserà, e che il suo cuore lungi da attaccarvisi, non avrà altro desiderio che per le cose di cielo”.

Quindi, questa è la prima occupazione.

Anche se noi lo facciamo brevemente, perché abbiamo il lavoro, perché abbiamo la famiglia, però si può fare lo stesso… si può fare lo stesso.

In quel momento, la memoria dimenticherà il mondo, il mio cuore sarà lontano dagli affetti umani, e il mio desiderio sarà totalmente in Dio.

Provate a fare questo quindici minuti ogni giorno e vedete cosa succede.

“Il secondo mezzo di calmare le sue noie nella solitudine, è la preghiera. Abbracciamo, dice S. Bonaventura…”

Vedete (io ve lo dico sempre per richiamare la vostra attenzione) come Padre Avrillon fa sempre riferimento ai Santi, vedete?

“…la solitudine, come la madre della preghiera e dell’orazione, ed esercitiamoci nella cognizione di Dio e di noi stessi, e in tal guisa ne allontaneremo i disgusti”.

Quindi, per calmare le noie, pregare.

“La solitudine è la madre della preghiera e dell’orazione”, qui ci dovremo esercitare nella conoscenza di Dio e di noi stessi, così terremo lontani tutti i disgusti e tutte le noie.

“Il solitario, dice S. Bernardo, che legge, prega e medita, chiama Gesù appresso a sè, e questo divin Salvatore gli tien compagnia e lo consola, gli parla, gli fa gustare il suo stato, e lo risarcisce così delle dolcezze che avrebbe potuto godere nelle conversazioni mondane”.

Quindi, quando sei solo, dice San Bernardo, leggi, prega, medita, chiama Gesù presso di te e Lui ti terrà compagnia, e Lui ti consolerà, e Lui ti parlerà, e Lui ti farà gustare questo stato solitario e ti farà provare dolcezze che la frequentazione degli uomini non avrebbe mai potuto darti.

“Soprattutto il solitario deve assai meno combattere che nel mondo: perché egli è felicemente libero dai combattimenti che somministrano gli occhi, le orecchie e la lingua. I suoi occhi non vedono oggetti pericolosi che seducono il cuore; le sue orecchie non sentono né maldicenze, nè parole dannevoli; e la lingua non parla che a Dio solo: e voi sapete bene quanti peccati fan commettere questi tre sentimenti. Amate la solitudine, poiché essa vi libererà da quest’inciampi; ed è il soggiorno della pace e delle virtù, dice un santo Vescovo, la morte dei vizi e la vita dello spirito”.

Verissimo!

Quando noi siamo nella nostra solitudine (che duri un’ora, che duri un quarto d’ora, che duri dieci minuti, che duri una giornata intera), noi sappiamo come le nostre orecchie, i nostri occhi, la nostra lingua, riposano, non hanno da combattere contro niente, non c’è niente di rischioso. Questa solitudine ci libererà dagli inciampi.

Cosa dicevano gli antichi?

O beata solitudo, o sola beatitudo!

O beata solitudine, o sola beatitudine!

Potremmo scrivercelo questo motto, questa espressione latina e tenercela lì, perché, guardate, è verissima.

O beata solitudine, o sola beatitudine!”, che non è isolamento, perché è stare con Gesù e Maria. Non è stare soli, è questo il concetto.

Non è isolamento, perché non sto da solo, ma sto con Dio, è diverso.

Quindi, senza tutto ciò che riguarda il mondo, solo con Dio.

Ripeto, fosse anche dieci minuti, ma che siano fatti bene.

Preghiera:

“Adorabile e divin Solitario, permettete ch’io vi siegua in ispirito, e me ne stia con voi nella solitudine. In questa io vi adoro egualmente che quando vi vedo seguito da un gran popolo, ascoltatore dei vostri oracoli, e rispettare i gran prodigi ch’escono dalle vostre mani onnipotenti. Io mi unisco alle adorazioni che avete rese al vostro Padre celeste in questo ritiro sì santo; ma datemi forza di esser costante nell’allontanarmi dai reo mondo…”

Il punto è la costanza, perché, sapete, si rischia di fare sempre i tira e molla, un po’ sì è un po’ no.

“…il cui commercio è stato purtroppo pregiudizievole all’anima mia. Inspiratemi un vero disprezzo pel mondo e fate che io l’odi come l’odiate voi stesso”.

Il mondo, non come creato, non come i miei bei pappagallini, la mia Villa Pamphili, i miei alberi stupendi e meravigliosi che ho qui davanti.

Di sera, quando apro le mie finestre, ho davanti, innanzitutto un tramonto bellissimo, stupendo, con sempre dei colori rosso, rosa, arancione, giallo, stupendo, ma, al di là di questo, anche alla sera, ho la grazia, vivendo in questo luogo, che non sento un rumore, che a Roma… non sentire un rumore a Roma, è una grazia incredibile.

C’è un’aria sempre frizzante, fresca, ventosa, qui è sempre arieggiato, molto asciutto, c’è un clima bellissimo, bellissimo.

Questo non può essere un male, Dio non odia questo, perché Dio ha fatto questo e noi non possiamo odiare il creato.

Dio non ci chiede di vivere in una cantina come i topi, non è questo.

È il mondo inteso come tutto ciò che è anticristico, come tutto ciò che si oppone a Dio, come tutto ciò che è alternativo a Dio, proprio inteso nel senso di San Giovanni Apostolo, quando lui diverse volte parla di “mondo” nel suo Vangelo.

“Fate che io prenda piacere alla vita ritirata che mi è tanto necessaria. Io vi confesso, o mio Salvatore, che conosco la mia debolezza ed il mio cuore purtroppo inclinato verso questo crudele nemico: ve ne dimando la guarigione”.

Pensate all’esperienza di Santa Gemma Galgani, pensate a questa ragazza laica, eppure così ritirata, eppure così totalmente in compagnia di Dio.

Siamo andati nella sua casa, dove lei ha vissuto, a Lucca, nella stanza dove lei ricevette le stigmate, dove lei ebbe le visioni, era una semplice cameretta. Fa impressione, quando uno entra lì, pensare che lì è apparso Gesù, che lì lei vedeva Gesù e il suo Angelo Custode.

Come fa uno ad essere solo?

È impegnatissimo, è impegnatissimo… è così che si diventa amici di Dio.

“Conosco altresì che la mia salute sarebbe in pericolo, se non mi ritirassi dalla compagnia de’ mondani”.

Questo è verissimo.

I mondani sono dei perditempo, dei ritardatari, fanno lungaggini incredibili, per fare tre cose ci vogliono cinque ore, vuoti, insensati, girovaghi, gironzoloni, veramente dei perditempo, con il gusto del perdere il tempo.

Vi sarà capitato che voi tornate a casa alla sera o al pomeriggio, e siete stanchi, e dite: «Ma io non ho fatto niente, come faccio ad essere stanco?»

Ti senti rintronato, ti senti svuotato, ti senti proprio stanco: questa è la compagnia degli uomini, che svuotano, svuotano…

La compagnia di Gesù, invece, è pienezza, è pace, è tranquillità, è ordine, è rigore, è lavoro costante, indefesso, è operosità, come l’ape.

Avete mai visto un’ape oziosa?

Voi vi immaginate un’ape oziosa?

Ma è contro la sua natura, non esiste l’ape oziosa, non la si può pensare!

L’ape passa la sua vita a lavorare… questo deve essere il nostro modello.

Infatti, pensate, a noi novizi, il nostro Padre Maestro, dopo aver fatto la lezione del mattino (finivamo intorno alle 10.00), diceva (ricordo che i primi giorni eravamo un po’ storditi, pensavamo che fosse impazzito da quello che stava dicendo): «Bene, adesso tutti in camera a fare il miele!»

Noi dicevamo: «A fare il miele? Ma questo è impazzito, ma cosa sta dicendo?»

Allora, poi, abbiamo chiesto: «Cosa vuol dire “andare a fare il miele”?»

E lui ci ha spiegato: «Adesso, come le api, andate a ruminare, rigurgitare, produrre tutto quel succo dolce (che è il miele), quale frutto di quello che avete raccolto in questa lezione».

Ecco cosa voleva dire “produrre il miele”!

Quindi: la meditazione, lo studio…

Capite?

Impariamo a produrre il miele!

Non stiamo sempre a chiacchierare e non stiamo sempre con un piede fuori dalla finestra, sempre un po’ con la testa fuori a vedere chi passa, chi ci chiama, a vedere cosa succede, a sperare di essere chiamati, cercati, desiderati, che qualcuno ci venga a trovare…

Mi ha sempre fatto un po’ sorridere quando alcuni ragazzi o ragazze partono per l’avventura della loro vita, cioè lasciano il nido di mamma e papà, magari a ventisette anni, ventotto anni, trent’anni, e vanno a vivere da soli (finalmente!)… tragedie…

Pensano: «Ecco, adesso cosa farò? Mi sentirò solo, sarò solo… Con chi parlo, chi vedo, con chi sto? Mi addormento da solo, mi sveglio da solo, mangio da solo…»

Sì… ma questo non è un problema, questa è una grazia, così ti misuri con te stesso, così vedi chi sei, perché nella solitudine, che vuol dire vivere alla presenza di Dio, solo con Dio solo, tu vieni fuori per quello che sei, è lì che emerge quello che sei.

È lì, è quando tu dovrai pensare a fare la tua spesa, ad organizzare le tue provviste, ad organizzare i tuoi risparmi, a vedere cosa vuol dire tornare a casa alla sera dal lavoro e poi dover cucinare, lavare, stendere, ritirare, stirare, preparare, pulire la casa…

È lì che ti misuri con te stesso, nello stare in casa da solo, nel sentire la tua compagnia insieme a quella di Dio.

E lì, capite, se ci sono i fantasmi dentro, vengono tutti fuori; se ci sono dei mostri dentro, vengono tutti fuori. Certo, sempre che tu tenga l’idolo, la televisione, in cantina, perché, se tu incominci ad accendere la televisione, la solitudine è finita, tu porti dentro il mondo… allora basta.

“Il ritiro procura tutta la mia sicurezza; ma nondimeno esso mi spaventa”.

Certo, per le ragioni che vi ho appena detto.

“Ah Signore! In questo istante il mio partito è preso: se non posso assolutamente ritirarmi dal mondo, voglio viverci almeno come il suo dichiarato nemico”.

Ecco, vediamo… dipende da noi, dipende da noi.

Domani vedremo il “Giorno di mortificazione”, così, se a qualcuno già è venuta l’orticaria, domani magari salta e va a raccogliere le primule.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

 

VANGELO (Gv 10, 31-42)

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

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