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San Luigi Orione e l’Eucarestia, 7ª e ultima parte

San Luigi Orione e l'Eucarestia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: San Luigi Orione e l’Eucarestia, 7ª e ultima parte
Domenica 30 luglio 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mt 13, 44-52)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
“Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?”. Gli risposero: “Sì”. Ed egli disse loro: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 30 luglio 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo tredicesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 44-52.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione di alcuni aspetti della vita di Don Orione. Oggi concludiamo questa nostra esplorazione della sua esperienza cristiana di uomo devotissimo dell’Eucarestia e di uomo tanto attento e delicato verso i più bisognosi. In questa ultima meditazione vediamo come Don Orione intendeva l’Eucarestia. Questo è il titolo:

L’Eucaristia “pignus futurae gloriae

Ecco, potremmo proprio chiamarla così da adesso in poi: “pignus futurae gloriae”. È un altro modo di chiamare l’Eucarestia: “Mi sto preparando per andare a ricevere il pignus futurae gloriae”. “Perché oggi devi andare alla messa?” — “Perché devo andare a ricevere il pignus futurae gloriae”. Leggiamo:

“Questo dono della santa Eucaristia Dio non l’ha riservato alle anime vergini o a dei privilegiati, ma l’ha dato per tutti e, quasi direi, di preferenza ai più deboli nella virtù e ai più doloranti; agli infermi di ogni languore, ai poveri, ai ciechi per ignoranza, agli storpi, a noi tanto imperfetti.

Sì, a noi afflitti da tanti mali spirituali, a noi tanto peccatori, a noi viene e si è dato il Dio di ogni santità!

Il nostro posto è dunque là, alla mensa del Signore! Là per essere guariti, là per essere illuminati, per essere consolati, nutriti e vivificati della sua stessa vita divina.

Parole bellissime! Parole bellissime che stanno — vi sarete già accorti sicuramente — in perfetta sintonia col Vangelo di oggi. Mi spiego: avrete notato, nel Vangelo di oggi, quando Gesù parla del regno dei cieli simile a una rete gettata nel mare che raccoglie ogni genere di pesci. Poi i pesci che vengono raccolti non vengono tenuti tutti. Noi che diciamo: “Sì, ma tanto tutti vanno in paradiso, sì, ma tanto tutti si salvano, sì, ma tanto la misericordia di Dio fa entrare tutti in cielo, si, ma tanto…” ecco.

Sapete, dovete\dobbiamo\devo sempre prendere le idee mie, le idee altrui, le idee che sento (idee, proposte teologiche, prospettive teologiche, indicazioni teologiche) e confrontarle col Vangelo. Tutto quello che una persona dice deve avere un fondamento nel Vangelo. Se non ce l’ha, lasciamo perdere. 

E nel Vangelo — anche in questo caso, come in tantissimi altri casi — non c’è un fondamento per quelle idee che vi ho detto prima. Almeno nel Vangelo che ho io, che ho da quando sono ragazzo, sul quale ho studiato. Poi non so se c’è un altro Vangelo, ma nel Vangelo che conosco io, in tutte le edizioni che uno può avere, non c’è fondamento al: “Sì ma tanto entrano tutti; sì ma tanto il Signore perdona tutti, sì ma tanto la misericordia di Dio…” Non c’è! Quello non c’è. Però, se uno lo trova e lo fa vedere, sapete, magari può anche essere che mi sia sfuggito…

E qui cosa vediamo che c’è? Qui c’è che i pescatori tirano a riva le reti e cosa fanno? Non prendono tutto e portano a casa, no, si mettono a sedere e dividono. Vedete? Quanto è divisiva la logica di Dio! Quanto è divisivo Gesù! L’abbiamo già visto: «Io non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma son venuto…» ricordate? E qui ancora è divisivo: divide i pesci buoni dai cattivi. E cosa fa? Quelli buoni li mette nei canestri e quelli cattivi li butta via. Onde evitare che si potesse fraintendere — magari uno dice: “Ma sai, li butta via… ma non è che li butta proprio via” perché c’è qualcuno che riesce a fraintendere anche l’ovvio — allora Gesù dice:

Così sarà alla fine del mondo

Eh, ma uno poteva dire: “Ah sì, ma questa parabola, questo paragone, questa cosa è stata detta, perché il Signore stava parlando di una situazione storica…”; no no, sta parlando della fine del mondo. E chi sono i pescatori? Te lo spiega Lui: i pescatori sono gli angeli. E cosa fanno? Lo ripete: “Separeranno — adesso non parla più di pesci, adesso ti sta spiegando, ti spiega ancora meglio, tutto quello che sta dicendo — i cattivi dai buoni, e getteranno i cattivi nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”.

Guardate, più chiaro di così si muore. Poi se uno non lo vuol capire, non capisce, se uno vuol fraintendere, fraintenda. Però, chi è onesto intellettualmente, deve dire: “Gesù è stato chiarissimo, a questo punto mi è tutto chiaro come funzionerà: ci sarà una divisione, non tutti verranno tenuti, non tutti entreranno”. 

Ma l’aveva già detto, no? Quando ha fatto il discorso del giudizio, il famoso momento del giudizio finale, Matteo 25: le pecore dai capri, una a sinistra e l’altro a destra, “Ah, ma quando Signore ti abbiamo vestito, quando eri nudo, quando eri malato, quando eri carcerato?”, vi ricordate? Tanto per fare degli esempi. Anche lì divide! 

E nel brano di oggi, quando dice che buttano via i pesci cattivi, specifica bene, così che a uno non possa sorgere il dubbio: “Li buttano via poi viene il gatto e se li mangia, vabbè, son serviti a qualcosa”, no, qui non viene nessun gatto, perché finiscono

nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

Sentite, per me è chiaro, poi non so, magari qualcun altro invece ci riesce a leggere chissà che roba, io ci leggo quello che c’è scritto, stiamo alle cose semplici: «fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti», ditemi voi che cosa vi ricorda, a me ricorda l’inferno, poi non so… 

Il brano di Don Orione che abbiamo letto adesso si inserisce perfettamente, perché uno dice: “Ma allora, in tutto questo, dove si colloca la misericordia di Dio? Ma allora non è vero che Dio perdona, se divide e manda i cattivi all’inferno, dov’è la misericordia di Dio?”. 

Appunto, ma come vi già ho detto tantissime volte, un’infinità di volte, la misericordia di Dio è per qui, per questa vita terrena che facciamo ogni giorno, è qui che si realizza la misericordia di Dio, non al momento del giudizio. Perché al momento del giudizio — e nel Vangelo che abbiamo ascoltato Lui dice: “Alla fine del mondo, quando arriveranno gli angeli” — fine! Lì non è più il tempo della misericordia, è questo che noi non riusciamo a capire (non è che noi non riusciamo a capire, qualcuno non lo vuol capire, perché fa comodo non capirlo, ovviamente). Invece, la misericordia del Signore è offerta adesso, qua su questa terra. Ogni giorno della nostra vita siamo pieni di misericordia, qui sì! Siamo avvolti, circondati, immersi dalla misericordia, se lo vogliamo. 

E vi ricordate che già vi ho detto “La misericordia di Dio” — diceva Gesù a Santa Faustina — “ha due troni: uno è l’Eucaristia, il tabernacolo, il secondo è il confessionale”, che vuol dire: “Vuoi incontrare la misericordia di Dio sulla terra? Vuoi incontrare la misericordia di Dio quando la misericordia di Dio si offre a te? — “Si, come faccio?” — “Due luoghi, due troni: tabernacolo, confessionale. Tu vai lì e tu trovi tutta la misericordia di Dio del mondo”. Questo è il modo corretto di intendere la misericordia di Dio. “Quindi c’è?” — “Certo che c’è. Ma è qui ed è in questi due luoghi”.

E allora in questi giorni stiamo vedendo il luogo del tabernacolo, il luogo dell’Eucarestia. Ed è bellissimo quello che ci dice Don Orione, vedete come è confortante, non è per niente giansenista. È fantastico, lui dice:

“Questo dono della santa Eucaristia Dio non l’ha riservato alle anime vergini o a dei privilegiati, ma l’ha dato per tutti e, quasi direi, di preferenza ai più deboli nella virtù e ai più doloranti; agli infermi di ogni languore, ai poveri, ai ciechi per ignoranza, agli storpi, a noi tanto imperfetti.

È per tutti. Vedete perché Gesù ha detto a Santa Faustina: “Due sono i luoghi della misericordia, tabernacolo e confessionale”, perché? Perché proprio in virtù del fatto che tu ti scopri così — ed è una grazia: ti scopri debole, imperfetto, dolorante, povero, cieco, ignorante, storpio e debole nella virtù — ecco che tu vai al confessionale, lì riconosci tutto questo, lì prendi tutto questo, lo immergi nel fuoco incandescente del Cuore di Cristo, lì lo metti, lì lo fai bruciare, lì lo fai purificare, lì ti fai guarire, lì vieni assolto e a quel punto tu, stando davanti al tabernacolo, che cosa fai? Tu ti perdi nell’oceano del Cuore Eucaristico di Gesù. 

E Don Orione dice: “Guarda, qui c’è spazio per tutti, per tutti coloro che, riconoscendo quello che sono, chiedono al Signore la grazia di essere — lo dice lui — guariti, illuminati, consolati, nutriti, vivificati”. Bellissimo!

Sì, a noi afflitti da tanti mali spirituali, a noi tanto peccatori, a noi viene e si è dato il Dio di ogni santità!

Non è forse questo che siamo noi? E non è bellissimo sentirsi dire queste parole?

Mi ha molto commosso, devo dirvi la verità, e non me lo sarei mai aspettato, il ritorno che ho avuto da quelle brevi, piccole meditazioni che ho fatto sulla vedovanza e sui lutti. Un po’di settimane fa ho fatto queste meditazioni nelle quali, senza farne il tema principale, ho solo trattato qui e là, con una pennellata veloce, questo tema della vedovanza e dei lutti gravi: si perde un figlio, si perde il marito, la moglie; insomma, lutti importanti. Devo dirvi che mi avete veramente commosso per la quantità di e-mail, la quantità di messaggi, di WhatsApp, di vocali, per le tantissime, tantissime telefonate che ho ricevuto dopo aver trattato questi temi. Guardate, non me lo sarei mai aspettato. 

Sì, vi avevo detto che non si sente molto parlare di queste cose, ma non mi sarei mai aspettato che fosse un tema così sentito. Veramente, credetelo, non me lo sarei mai aspettato e mi avete commosso perché in tante persone — che non conosco, ovviamente — avete proprio aperto il vostro cuore in un modo veramente fanciullesco e mi avete fatto vedere e dire: “Misericordia di Dio, ma quanta gente bella c’è a questo mondo? Ma quante persone stupende ci sono a questo mondo?”. 

Ve l’ho sempre detto, io veramente sono un cultore della speranza, perché guardando voi, io vedo speranza. Credetemi, guardate, lo dico col cuore: guardando te, anche se non ti vedo fisicamente, ma guardando te che stai ascoltando questa meditazione, io vedo speranza. È importante la tua vita, perché tu sei un faro di speranza. Tu brilli la speranza del mondo, per tutto quello che porti nel cuore. Ma quante persone belle, quante persone che, nonostante questo dolore enorme, continuano ad essere persone, continuano a vivere, continuano a credere, quante persone che mi hanno scritto e mi hanno detto: “Padre, dopo mio marito, dopo mia moglie, non c’è più nessuno, non ci può essere più nessuno, perché il nostro è un rapporto troppo unico, troppo speciale, troppo incredibile, troppo irraccontabile, troppo introvabile. E quindi lui o lei è morta, però io sono rimasto così”. A me verrebbe da dire: “È rimasto nell’attesa; siamo rimasti nell’attesa del compimento, dell’oltre”. Vi ricordate che tante volte vi ho detto questa parola, “l’oltre”, noi siamo uomini “dell’oltre”, uomini e donne “dell’oltre”, stiamo sempre a guardare l’orizzonte.

E così anche famiglie che hanno perso i figli giovani, dolori che non si dovrebbero neanche pronunciare tanto sono profondi, eppure mamma e papà bellissimi, bellissimi proprio, che ti sanno raccontare il loro figlio come se fosse qui in questo momento. E che, nonostante tutto il dolore, continuano ad andare avanti, continuano a vivere, continuano a credere… 

Siete delle belle persone, guardate, credetelo, siete delle bellissime persone. E non credete a chi dovesse dirvi il contrario, perché veramente siete belli, siete una forza.

Sapete, per un sacerdote — almeno per me, poi non so, magari gli altri no, ma io sì — per me sacerdote avere questi ritorni delle vostre esperienze… voi non sapete quanto fa bene, quanto è utile vedere che ciò che viene predicato ha un riscontro concreto nella vita. E che quanto viene predicato ha una risposta, cioè c’è qualcuno che ti dice: “Padre, è così! Padre, quello che ha detto, io lo sto vivendo. Anzi, le racconto che…”. È bellissimo, fa bene, sapete? Fa bene. Poi magari io vi rispondo con una riga, con una parola, perché il tempo è quello che è, e i messaggi e le e-mail sono tantissimi, e mi dispiace perché ogni ognuna delle vostre mail, dei vostri messaggi, meriterebbe due ore di risposta ma non posso, quindi so che voi siete bravi, vi accontentate di una parola e di una benedizione. Però, sappiatelo, fa bene, fa molto bene.

E così anche qui, anche oggi, chissà quante persone che ci sono, che si sentono avvinghiate dal peccato, che sentono come se il peccato avesse l’ultima parola su di loro, che si sentono indegne di Gesù Eucarestia. Persone che qualcuno magari ha fatto sentire indegne di Gesù Eucarestia. 

Vi ricordate, ve l’ho già citato quando andavo in carcere, in quello che si chiama il “reparto degli infami”, sesto raggio secondo piano. Andavo al carcere di San Vittore — un tempo era così, sesto raggio, secondo piano, adesso non so se è ancora così — sopra al campanello con la penna c’era scritto “inferno”. Ricordo ancora io, ventiduenne, che andavo lì e suonavo questo campanello, mamma mia ogni volta…! E mi ricordo di questo ragazzo, questo ragazzo transessuale che è venuto a parlarmi, mi ricordo ancora il suo nome: Alberto, si chiama Alberto.

Era proprio come una pentola che sta per esplodere, si è seduto e mi ha detto: “Mi è stato detto che è inutile che io mi confesso perché andrò all’inferno”. Io vi dico, mi si è gelato il sangue. Mi si gelato, è come se l’avessi sentito detto a me. Ho pensato: “Ti immagini alla mia età sentirmi dire: «Guarda, è inutile che ti confessi, perché tanto tu andrai all’inferno»”. Io mi sono sentito morire. E lui — mi ricordo — guardava per terra, tutto avvilito, però era venuto a parlarmi. Io a quei tempi non ero sacerdote, quindi li preparavo alla confessione. Ho detto: “No, aspetta un attimo Alberto, aspetta un attimo, calma, riavvolgiamo il nastro, cosa stai dicendo?” — “Eh sì, mi han detto così, però son venuto a parlarti, perché non mi posso confessare, ma magari tu mi puoi dire una parola…” — “Non ti puoi confessare? Stai scherzando? Certo che ti puoi confessare, adesso io ti preparo. Non solo: io ti preparo per la confessione, e ti vado anche a trovare il prete a costo di prenderlo per il coppino e portartelo qui come si fa con il coniglio, che si prende per le orecchie. Stai tranquillo che tu sabato prossimo ti confessi, te lo garantisco assolutamente. Te lo garantisco, sarà così”. Io gli ho detto: “Vi sarete fraintesi, vedrai che ci spieghiamo e troviamo una soluzione”. 

Quando gli ho detto così ha cominciato a piangere, Mi ha guardato, ha detto: “Ma veramente?” — “Ma certo — ho detto — ma stai scherzando? Ma di cosa stiamo parlando? Ma certo che ti puoi confessare”. Ha cominciato a piangere che non finiva più, con i singulti. Non sapevo più come fermarlo, poverino, gli ho dato i fazzoletti, l’ho consolato in tutti i modi possibili e immaginabili, ho detto: “Ma cosa stai facendo? Ma stai calmo!”. Guardate, era come se gli avessi dato la vita, gli avessi ridato l’anima, non so come spiegarlo diversamente.

E il sabato dopo si è confessato, tranquilli, la storia è finita bene, sì, sì, assolutamente, è stata una confessione bellissima. Io non c’ero, non potevo essere presente, ma quando poi sono arrivato l’ho visto — perché da quel momento in poi siamo diventati “amore puro”, bellissimo, un’amicizia bellissima — e quindi quando sono ritornato l’ho rivisto, ma non camminava, volava! Sembrava di vedere un uccellino volare, in carcere non camminava più, aveva un sorriso da cinquecentosessanta denti che guardate, era una roba incredibile, non l’ho mai visto.

Io lì ho visto che cos’è il potere della confessione, l’ho scoperto lì. Ho detto a me stesso: “Fra Giorgio, le tue confessioni non sono confessioni, cosa sono queste cose? Tu sei mai stato così? Ti sei mai visto così? No? E allora impara a confessarti, perché questo vuol dire essere confessato, questo vuol dire perdono di Dio. Questo è il perdono di Dio. Questa è la misericordia di Dio. Guarda quest’uomo, un uomo rinato, un altro uomo, guarda la vita, guarda la speranza”. Era lì, davanti a me, che camminava. 

Oggi spero che questo messaggio di Don Orione possa arrivare proprio a coloro che si sentono così lontani da Dio. C’è sempre una soluzione, a qualunque situazione, credetelo, c’è sempre una soluzione, si può trovare una soluzione, se si vuole veramente, si può trovare una soluzione. Se uno dentro dice: “No, ma io voglio”. È questa la cosa importante che lui aveva detto, lui diceva: “Io sono disposto tutto pur di ricevere il perdono di Dio”, e infatti l’ha ricevuto. Ho detto: “Proprio perché tu sei disposto a tutto, adesso mettiamo giù le cose messe bene, ti faccio una catechesi di tre ore, full immersion sul sacramento della confessione, così tu puoi mettere giù tutti i tuoi bei peccati — non sono tanto belli, ma comunque… — che hai fatto…

Poi era simpatica questa cosa con i carcerati perché dicevano: “Ok, va bene, allora facciamolo insieme!” — “No, non si può, non posso farlo insieme a te, perché se tu li metti giù con me, tu ti confessi. Quindi non si può, io ti insegno come si fa, ti faccio gli esempi, ma dopo devi essere tu che vai nella tua celletta, ti metti lì e metti giù i tuoi peccati”. Ma la stragrande maggioranza poi diceva: “No no no, non mi interessa, lo facciamo insieme” e io continuavo a ripetere: “Non si può, lascia stare, non posso, non puoi fare la confessione con me, io non ti posso assolvere” — “No no no, no no, non mi interessa, non mi interessa, non mi interessa, io non voglio che tu mi assolva. Io voglio metterli giù bene, quindi adesso te li dico!”. E quindi loro cominciavano a dire i loro peccati, li mettevano giù, li mettevamo giù insieme e così dopo allora avevano tutte le loro idee belle chiare e andavano, e uscivano…

Poi io facevo come faceva Don Bosco, magari il sacerdote non se lo ricordava, allora io dicevo: “Tu mettili giù scritti, scriviamoli tutti bene, uno dopo l’altro, tu li scrivi bene, li metti giù tutti bene”. E allora loro andavano con il loro fogliettino, poi si confessavano e poi ritornavano, quando io arrivavo per la catechesi, loro arrivavano col fogliettino in mano — era come vedere i bambini, era come quando preparavo i bambini di terza elementare alla confessione, uguale — arrivavano col foglietto in mano pieno di peccati che, capite, un carcerato non è proprio una monaca di clausura nel fare i peccati. Quindi arrivavano col fogliettino in mano: “Mi sono confessato, mi sono confessato, mi sono confessato!”. Correvano con questo fogliettino. E allora dicevano: “Adesso cosa facciamo?”. Dicevo: “Adesso facciamo così. — e allora facevo come faceva Don Bosco — Adesso questi peccati non ci sono più. Quindi lo prendi e lo facciamo in mille pezzi, distruggilo in mille pezzi”; allora loro lo prendevano, lo strappavano tutto in mille pezzi e lo facevano diventare un coriandolo. E poi gli dicevo: “E poi adesso buttalo fuori dalla finestra della cella”. E quelli andavano lì e… vedevi tutti questi coriandoli che volavano… insomma, una scena da dipingere.

Vabbè, mi sono un po’ perso. Ecco, io spero che tutti questi racconti, queste parole, possano veramente servire a chiunque di noi che vive queste situazioni, per dire: “C’è speranza, per ricevere il perdono di Dio siamo sempre in tempo, basta sistemare bene le cose e poi si può fare. Senza sconti — perché loro non cercavano sconti — quella è la strada, quella si percorre, ma c’è”. 

E allora dice Don Orione:

Il nostro posto è dunque là, alla mensa del Signore! Là per essere guariti, là per essere illuminati, per essere consolati, nutriti e vivificati della sua stessa vita divina.

Scrive Don Orione:

La Chiesa chiama questo sacramento “pignus futurae gloriae“, — eccolo qua — pegno della resurrezione e della gloria futura. Cos’è questa gloria futura? E in che consisterà quella resurrezione e felicità eterna che ci promette? Non sarà, o fratelli, che una comunione continua: — bellissimo! — un’unione intima, perenne con Dio, da cui deriverà una conoscenza così perfetta che escluda il mistero. È qualche cosa di sublime, di inebriante: è il Paradiso! Ma unioni così intime non si possono addonare — non si possono fare — tutto ad un tratto. Anche quaggiù, quando si vuole stringere amicizia o unione, si va per gradi, precedono preliminari più o meno lunghi. Ebbene, o fratelli e amici miei, anche la Provvidenza ci viene educando gradatamente a questa unione: l’Eucaristia è indirizzata ad abituarci ad essa; — l’Eucarestia ti abitua a questa unione — e la Comunione eucaristica è il celeste pegno e il rannodamento di questa vita colla futura”.

Capite? Quindi l’Eucarestia ci prepara progressivamente a questa Unione sempre più profonda col Signore. “La Comunione eucaristica è il celeste pegno, è ciò che unisce questa vita con quella eterna”. Guardate che sono parole bellissime! E quella eterna cosa sarà? Una comunione intima, eterna, per sempre con Dio. Mamma mia che parole bellissime! Già queste ti fanno venir voglia di…

Eleviamoci dunque in alto, sino a quel sublime mistero e sacramento di amore, e andiamo umili e fidenti a Gesù: l’Eucaristia “è il pane di vita: chi mangia di questo pane, avrà la vita eterna”.

E allora alziamoci, riconosciamo i nostri peccati, confessiamoci, chiediamo perdono a Dio e poi liberi come uccellini, a perderci per sempre in questo meraviglioso orizzonte dove non ci sarà mai più tramonto, dove sarà un’aurora, un sorgere continuo del sole, dove sarà una bellezza senza fine per sempre e per tutti coloro che lo vogliono. 

Io son sicuro che tra di voi c’è qualcuno che è come se si sentisse escluso da tutto questo, è come se dicesse: “No, ma non è per me, non è per me, no, ma io non posso, ma io non riesco, ma io non sono capace” — “No! È proprio per te. Oggi queste parole sono proprio per te. Oggi questa meditazione è proprio per te. Rialzati e corri incontro al tuo Gesù”.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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