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Le Passiflore Eucaristiche: Ven. Marthe Robin, parte 5

Le Passiflore Eucaristiche: Ven. Marthe Robin

Meditazione

Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Le Passiflore Eucaristiche: Beata Alexandrina Maria da Costa, Serva di Dio Teresa Neumann, Beata Anna Caterina Emmerick, Venerabile Marta Robin” di lunedì 21 novembre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 12,46-50)

In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli.
Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti».
Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 21 novembre 2022. Oggi festeggiamo la Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo dodicesimo del Vangelo di san Matteo, versetti 46-50.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione sulla vita di Marthe Robin; vediamo dallo sguardo particolare di Jean Guitton alcuni estratti dal suo libro.

Pagg. 66-67:

“Poiché non alimentava più l’amore di sé, Marthe era naturalmente presente a tutti e a tutto. (…) La parola banale, «presenza», raggiungeva in lei la pienezza del suo significato. Era, anche se morente e isolata, presente a tutto e a tutti, e lo era tanto più in quanto era, nel suo corpo senza consistenza, assente da tutto e da tutti”.

Questo è un particolare interessante… la persona che vive di Gesù, e tanto più vive di Gesù, è presente a tutto e a tutti; vive una vita ‘presente’, vive una profonda presenza certamente a se stessa – Marthe era sicuramente e profondamente presente a se stessa, grazie alla presenza di Dio che lei percepiva costantemente – e poi vive una presenza a tutto il resto: cose e persone. Non serve camminare, correre, saltare e giocare per poter essere presenti nella vita degli altri: uno può essere paralizzato in un letto ed essere più presente di colui o di colei che corre dalla mattina alla sera, perché la presenza nella vita delle persone è un fatto dello spirito e non dipende da quanto tempo sto con gli altri o da quanto tempo io dedico al fare per gli altri.

Credo che non tutti riescano a capire questa particolare annotazione di Jean Guitton, non perché c’è chi è più bravo e chi è meno bravo, ma semplicemente perché credo che dobbiamo aver fatto almeno un poco esperienza di questa cosa per poterla comprendere. Per comprendere il significato di questa parola apparentemente banale – presenza – bisogna averne fatto esperienza e così nella propria vita si vede il miracolo di riuscire a essere presenti ovunque: questa è proprio una caratteristica tipica di chi è spirituale… come riesce uno a essere presente a questo è a quell’altro? Riesce perché vive di questo.

Quando non riusciamo a esser presenti a noi stessi e agli altri non è perché abbiamo tante cose da fare (questa è la scusa che ci diamo per assolverci): pensiamo a san Carlo Borromeo, al Cardinal Schuster che avevano certo più cose da fare di noi. In realtà, il tema non sono gli impegni, non è l’agenda: questo è un problema legato al proprio livello di spiritualità e quando vediamo che ‘facciamo un po’ acqua’ e vediamo che non riusciamo a stare dietro a tutto ciò che richiede la nostra presenza, si tratta di un problema spirituale; vuol dire che siamo poco ‘Cristo-centrati’ e siamo molto ‘ego-centrati’.

Pagg. 76-77:

Io (Jean Guitton) “Allora, Marthe, come va oggi? Lei non mangia, non beve, non dorme: che strana vita!”

LEI “Mi piacerebbe poter mangiare, poter bere un po’. In compenso immagino dei buoni pranzetti.”

Io “Lo facevamo anche noi durante la prigionia.”

LEI “Sa che cosa ho fatto proprio questa settimana? Ho preparato dei pacchi per i prigionieri; non prigionieri di guerra ma condannati a morte. Ho una gran paura che uno di loro sarà presto giustiziato… Ebbene, immaginavo di mangiare con loro tutto quello che mettevo nei pacchi”.

Che vita missionaria, nonostante fosse paralizzata in un letto!

Dal libro di J.J. Antier, Marthe Robin, a pag. 109 vediamo un inciso che spiega la questione dei pacchi.

“Per ricompensare del disturbo, ogni visitatore a casa Robin portava il suo regalino, com’è di regola tra persone ben educate. Rapidamente ci furono molti regali! Un pollo, una dozzina d’uova, un pane di burro. I contadini, che non osavano o non volevano dare del denaro, non potevano offrire che quello che producevano! Ma Marthe non mangiava niente, e la sua famiglia produceva ciò di cui avevano bisogno. Dopo essersi rovinati per le malattie di Marthe, i Robin si sarebbero arricchiti grazie a questa manna celeste? Ben consapevole di questo rischio, Marthe, d’accordo con i suoi, fece prima distribuire questi doni ai poveri per mezzo della parrocchia. Poi organizzò un servizio di doni per chi non aveva niente, dei pacchi confezionati da Victorine Reynaud e altri volontari, che venivano inviati per posta o consegnati ai parroci e ai missionari di passaggio. Così ebbe origine il «cestino di Marthe”.

L’ingegnosa fantasia della carità!

Riprendiamo il dialogo fra Jean Guitton e Marthe, dal quale si capisce il distacco che ella viveva da tutti i doni straordinari che aveva ricevuto dal Cielo. Mai li difese, mai li giustificò, mai volle sottoporsi a verifiche:

LEI “Ma lei che cosa ha mangiato ieri sera? E questa mattina? Cosa c’era per pranzo?”

Io (Jean Guitton) “Non ci ho fatto caso.”

LEI “Fa male. Io mi ricordo bene gli odori, i profumi. Il caffè mi è sempre piaciuto. La cioccolata, invece, la trovo dolciastra.”

Io “Lo sa, Marthe, che quando racconto a qualche collega che lei non mangia, non beve, mi sento rispondere che è impossibile e che lei certamente va di nascosto in dispensa durante la notte a prendere un po’ di formaggio o a bere un po’ d’acqua?”

LEI “I suoi amici non hanno torto. Io do poca importanza a questo digiuno a cui Gesù mi sottomette. Sono in una fattoria, vivo nella casa di mio padre; ho le mie mucche. Se potessi bere il latte di queste mucche, non me ne priverei.”

Così Marthe gli fa capire che il suo digiuno non è anoressia, non viene dalla sua volontà: a tratti più o meno lunghi Marthe provava la fame, sentiva il desiderio di cibo.

Capiterà anche a voi di dire: “Che bello, sabato o domenica, la mia mamma mi preparerà una buonissima lasagna!” oppure:” So che a Natale arriverà il panettone farcito con …” e uno ogni tanto si perde a pensare a questa cosa, se la immagina, si ricorda i profumi e gli odori dell’anno precedente…

Poi il Natale porta proprio con sé la memoria ‘plastica’ di tante cose: il presepe e il suo posto; le statuine e le loro scatolette; l’albero e l’angolo dove lo metteremo; il pranzo di Natale e i nostri invitati con i cibi che dovremo preparare; il momento dell’apertura dei regali! E poi credo che la mattina di Natale sia la più bella mattina dell’anno, soprattutto per i bambini che si svegliano e scartano i doni che non finiscono più… insomma è una giornata di festa ed è una giornata pienissima che, quando arriva sera, ci fa dire: “No… è già finita! L’ho aspettata così tanto ed è già finita!”. Poi, grazie al Cielo ci sono l’Ottava, poi Santo Stefano, l’ultimo dell’anno, il primo dell’anno, l’Epifania…tutto una grande festa!

Ognuno di quei momenti e di quei giorni ha un po’ un gusto a sé, un sapore, un odore: la neve, le castagne, i mandarini con l’odore tipico del Natale… e Marthe ha bene in mente tutto questo. Non è acida o sprezzante : “Ah, queste cose da pagani! Io vivo solo di spirito! Il giorno di Natale mangerò solo una foglia di lattuga con uno stecchino di legno e sopra una oliva!” No, no… Marthe ha bene in mente tutto: il caffè le che piaceva, la cioccolata che era troppo dolce, il latte fresco appena munto… tutti cibi che erano nella sua testa come un desiderio, così come accade a noi: che sia al sabato sera, che sia alla domenica, che sia a Natale o in un altro giorno, queste cose ci vengono in mente. E lei dice: “Se io potessi, non me ne priverei; questo digiuno non viene da me. È il Signore Gesù che ha deciso di rendermi un segno!”.

E capite che l’Eucarestia anche per anime elette certamente ha un sapore buonissimo, un gusto, una pienezza, però il ricordo di tutto il resto legato al gusto non può essere cancellato, questo c’è, e lei non lo disprezza. I santi sono così: non hanno disprezzo per le realtà create, semplicemente le mettono al loro posto. Quale? Dopo Dio! Ma non c’è disprezzo…

E poi questo suo non dare peso – e aveva il peso enorme di non poter mangiare, né bere, né dormire! – Per lei non è questo ciò che conta.

Pag. 93

“Stando a Pascal, «Gesù diceva le cose così semplicemente da dare l’impressione di non averle pensate… e così chiaramente da rendere ben comprensibile che cosa pensasse. Tanta chiarezza unita a tanta semplicità è ammirevole». Tale era lo stile di Marthe, senza che ne avesse lei stessa coscienza. Aveva il privilegio di ignorarsi: e niente è più bello al mondo del volto di una donna che non cerca di piacere.”

Proviamo a chiederci quanto tempo, quanta energia, quanto spazio interiore noi usiamo per piacere agli altri e anche a noi stessi… Avere la grazia di non cercare di piacere agli altri è un dono enorme: cercare di non essere guardati o notati è veramente molto liberante.

Mi colpiscono due esempi. 

Quando una donna va dal parrucchiere in genere ci tiene che gli altri si accorgano – Che bel taglio! Hai cambiato il colore? Che bella piega!- e del resto si fa anche per quello… siamo onesti. Quindi, se gli altri notano qualcosa, fa piacere (sono velleità che io ormai non ho più per ovvie ragioni…). 

Mi ha colpito una ragazza che mi ha detto questo: “Pensi, Padre, nella mia vita mi è accaduto un fatto: c’è stato un tempo in cui ero molto sovrappeso, avendo una situazione di obesità importante; ci ho sofferto tantissimo e tutti, chi in un modo, chi in un altro, me lo facevano pesare, alcuni anche con battute indirette, ma pur sempre chiare, altri con battute dirette.”

Questa ragazza mi diceva che le parole delle persone sfioravano o toccavano addirittura l’offesa… capite che se io peso centotrenta chili e ho davanti una compagna che ne pesa sessanta… è facile che questa mi faccia pesare il fatto di essere longilinea! 

E questa ragazza ha aggiunto: “Padre, mi sono proprio resa conto che il mio non era un problema legato alla salute, ma dipendeva piuttosto dal fatto che non mangiassi bene. Quindi mi sono messa in riga, dicendomi che essere cristiana vuol dire anche non assecondare la gola, ma dominarla: sono riuscita a fare un salto di qualità e ho cominciato a stare attenta, a controllarmi, mi sono messa in cura. C’è voluto tempo, ma alla fine sono riuscita a recuperare il mio peso ideale perdendo una quantità incredibile di chili.”

“Sa che le persone che dicono di volermi più bene, che in teoria dovrebbero volermi più bene, sono quelle che non solo non mi hanno detto ‘brava’, ma neppure hanno fatto la parte di accorgersi? Mi hanno vista cambiare completamente e neanche hanno fatto la parte di essersene rese conto. Non è che sono venute a complimentarsi con me perché sono riuscita a dimagrire, per il mio successo…”

Qualunque nostro successo, a qualunque livello, fisico, spirituale, scolastico desidera un riconoscimento da parte di coloro che ci sono più vicini; desidera che chi ci sta accanto veda, riconosca il nostro cambiamento.

E lei, invece, mi ha ripetuto: “Non mi hanno detto niente. Tempo prima, quando avevo i miei quaranta, cinquanta chili in più, era un continuo; quando io li ho persi, hanno semplicemente — e ovviamente  —smesso di prendermi in giro. E poi nessuna di queste persone mi ha fatto un complimento del tipo ‘Stai bene, sicuramente stai meglio; sicuramente sarai contenta di te stessa, non semplicemente per la bilancia, ma perché è una grande vittoria su di te’”.

Mi ha colpito un altro fatto.

Mentre un figlio vicino alla laurea gli confidava tutte le sue difficoltà di quel momento e la situazione molto pesante che lo stava mettendo in crisi, il papà gli ha detto: “Tutto vero, tutto vero, però ricordati: tu tra poco avrai la tua laurea, diventerai quello che diventerai e quello non sarà solamente un pezzo di carta: tu sarai un’altra persona e questa è una grande grazia! Tu non sarai più quello che sei oggi: tu, da quel giorno, sarai laureato, sarai dottore in… e questo è un cambiamento della tua persona. Poi non sappiamo che cosa accadrà nella tua vita, ma di sicuro quel momento rappresenterà un cambio radicale nella tua esistenza, non solo perché potrai dire di avercela fatta, di essere riuscito a portare a termine il tuo compito durato cinque anni, ma perché non sarai più un ‘Pinco Panco’, ma sarai chiamato ‘dottor Pinco Panco’ e quel cambiamento non te lo toglierà più nessuno”

Vedete come le due situazioni stanno insieme?

Questo è un bravo papà perché riconosce e il riconoscimento è fondamentale: noi abbiamo bisogno di essere riconosciuti da qualcuno perché altrimenti la nostra identità fa un po’ fatica… questo papà riconosce il figlio e gli dà una carica incredibile.

La ragazza, invece, no…nessuno ha riconosciuto il suo cambiamento. Allora le ho chiesto se proprio nessuno abbia dato segno di accorgersi — tutti quei chili… non fosse altro che per il guardaroba da rifare… camicette, pantaloni, gonne, scarpe, maglioni — “No: non hanno detto niente. Mi vedevano, non mi prendevano più in giro, ma non mi dicevano niente… non mi hanno fatto i complimenti…”. 

Allora io le ho chiesto: “Nessuno?” E lei: “Le persone più lontane, quelle con le quali avevo meno intimità, quelle cui ero meno legata, appena mi vedevano, mi dicevano: ‘Come sei cambiata, come stai bene, sei dimagrita! Che impegno ci hai messo…raccontaci come hai fatto!’ Padre, si rende conto che cosa strana?”

Sì, mi rendo conto: chi ama piacere agli altri – e non è certo il caso di questa ragazza né di quel ragazzo – non è capace di dare piacere agli altri, è capace solo di tirarselo verso di sé e di cominciare a parlare di sé… i vanesi!

Io le ho detto: “Vedrai che per la legge del contrappasso quelli che adesso fanno così, saranno poi quelli che un giorno avranno i problemi che hai avuto tu, quindi sarai tu la silhouette rispetto a loro”. Finché sono ‘stra-fisici’, intessono le proprie lodi; quando poi si tratta degli altri… e quando sono loro a cadere in qualche eccesso, di qualunque genere e tipo, sono molto bravi a mascherarlo! 

È tutto vero: chi ama piacere, non sa dare piacere; chi ama essere riconosciuto, non sa riconoscere!

E ci vuole tanto poco a dare il giusto riconoscimento a quanto ci sta attorno… pensate a un ragazzo che ha un cambio radicale nello studio, che improvvisamente dimostra un impegno incredibile; oppure che ha un cambio radicale nel comportamento e quindi abbandona certe compagnie, certi brutti modi di fare, un linguaggio scurrile… 

Genitori, riconosceteli! 

Riconoscete questo cambiamento, ditelo, è importante perché fa loro capire di essere sulla retta via! “No, io non glielo dico se no pecca di superbia!” Ma questo non è compito tuo, non è compito nostro metterci a fare i censori della vita degli altri. Tu comincia a fare la tua parte dicendogli: “Bravo, hai fatto un ottimo lavoro! Brava, ti sei impegnata: hai lavorato su te stessa!”

Questo perché perdere cinquanta chili non è solo una questione di bilancia, è questione di mente, di ordine interiore, anche di spiritualità per certi versi… tante cose entrano in gioco! Diglielo! Fagli un bel dono: condividi con le persone che Dio ti ha messo accanto la gioia di essere riconosciute per la bellezza che hanno perseguito a livelli diversi e sotto aspetti diversi! È bella una persona ascetica che domina se stessa sotto vari aspetti, che ha un equilibrio interiore, che dimostra grande impegno… una persona che si è impegnata tanto nel suo sport, nel suo studio… i livelli sono tantissimi… diglielo! Riconoscilo! Dai riconoscimento! Dai apprezzamento: un atto di carità immenso!

“E invece, sa Padre, che cosa mi dicevano quelli vicini? Mi dicevano: ‘Vorrei farti una domanda: per caso sei malata? Non è che hai un tumore?’ Ma si rende conto? Prima, quando ero grassa, mi prendevano in giro; adesso che mi sono impegnata e sono tornata al peso giusto per me, la prima cosa che mi chiedono è se io non abbia un tumore! Possibile che non venga in mente che io possa essere cambiata?”.

A questa ragazza ho proprio consigliato: “Vai oltre!”. Questa ragazza mi fa una tenerezza… possibile che al mondo ci siano persone tanto meschine? Prima dileggiamento, battute e quant’altro, poi…il tumore! Ma in mezzo non può esserci la mia volontà che ha deciso di mettersi a mangiare in un certo modo? La tua testa da criceto ubriaco non lo può immaginare? Oltre a correre tutto il giorno sulla ruota della tua gabbia, riesci a vedere che il mondo non è solamente fatto a listarelle? Riesci a vedere oltre? … Sono cose veramente brutte.

Questa cosa del non cercare di piacere, a me sembra importantissima, ma, siccome tra noi abbiamo i ‘Catoni censori’, non venite a dire che quella ragazza è dimagrita per piacere agli altri… no, non era questo il suo ragionamento: lei lo ha fatto per altre ragioni, non ultima la sua salute! 

Certo è importante e fondamentale che noi diamo il nostro riconoscimento agli altri, senza cercarlo per noi: lo dobbiamo dare a chi sta facendo un cammino bello, dobbiamo dire “Bravo” alle persone; dobbiamo dire “Che bello, ce l’hai fatta! Festeggiamo questa cosa! Andiamo fuori a cena, certo, rispettiamo il tuo cammino, magari mangiando solo verdura cruda, ma facciamo festa!”

Poi lei mi ha mostrato i suoi traguardi che si era tenuta segnati, visto che io mi sono interessato alla sua storia: che impegno!

Anche quelli che si impegnano tanto nella vita spirituale e non riescono, oppure a loro sembra di non riuscire… l’altra sera alle dieci ero al telefono con un ragazzo: “Padre, tutto buio, non va bene; non posso fare la Comunione … una tragedia terribile!” . Allora mi ha spiegato … e io: “No! Non c’è niente di terribile, solo un po’ di nebbia! La tua è una vita bellissima, hai fatto dei salti meravigliosi, dei cambiamenti radicali stupendi: dov’è questa tragedia che ti fa dire di non fare più la Comunione? Per l’amor del Cielo: il Signore non aspetta altro che venire da te! Non stare a guardare queste cose che, vedendole da vicino, ti sembrano grandissime, ma se solo stai un po’ a distanza sono come il pulviscolo della nebbia! Adesso facciamo salire un po’ di sole… ti accendo due o tre luci e…”. — “Sì, Padre, che bello! adesso la vedo in un modo diverso…”. — “Ecco, sì, dai… rialzati!”.

Diamo riconoscimento alle persone; impariamo a dire “Sei bello, sei bella, sei vera, sei un uomo, ti sei comportato da uomo, sei una persona responsabile, hai fatto un bel cammino, hai dimostrato grande impegno, hai superato bene tutti i tuoi esami universitari… bravo, brava! Festeggiamo! Sto preparando la tua festa, la festa …”

Caspita ormai abbiamo sforato, ma quando parlo dei mistici a me succede così: mi vengono in mente tantissime cose, situazioni pratiche… con me funziona così: i mistici mi accendono un fuoco sulla vita reale e concreta che è incredibile…

Anche questa è un’altra cosa che mi ha colpito…

Laurea di tot persone. Fatta la discussione, proclamato dottore, X esce e fuori dall’Ateneo, praticamente sul ciglio della strada, foto con la corona sulla testa, il cappellino nero e stop. … Ma facciamo qualche foto bella, non solo sul ciglio del marciapiede con la signora Genoveffa che mi passa di dietro e altri cento che fanno la festa!

Organizzatele bene queste cose: la festa, la cena, il pranzo e poi un bel servizio fotografico perché sono cose che non tornano più… come quando ogni tanto guardo le foto della mia Prima Comunione… non torna più… lì inizia un’altra vita ed è importante tenere quei ricordi.

E allora fate in modo che il giorno in cui festeggerete quella persona per la laurea, i diciotto anni, l’anniversario delle nozze d’oro sia veramente un giorno perfetto e immortalate quel momento perché, passati gli anni, è bello coltivare quei ricordi, ripercorrere le emozioni di quanto vissuto. È bello quando i genitori vanno a riprendere il loro album di nozze con i figli, mettendosi insieme a guardare e commentare… Diamo piacere! Ci sono tanti piaceri leciti! 

E Guitton scrive:

niente è più bello al mondo del volto di una donna che non cerca di piacere.

E io aggiungo: “Niente è più bello al mondo del volto di colui che è riconosciuto e che è complimentato”. Voi non immaginate che cosa significhi per una bambina o un bambino sentirsi dire: “Tu sei bella, sei bello, importante, unico; ti amo come amo la mia anima”; frasi che dentro costruiscono una torre d’avorio: nella vita neppure un tornado abbatterà quella donna, quell’uomo perché avranno dentro una struttura granitica fatta di questi riconoscimenti sostanziali e importantissimi.

Invece, nel nostro mondo nel quale volontariamente accettiamo di essere schiavi, nel quale tutto è una consumazione, nel quale si va di corsa, non c’è più tempo per niente e per nessuno, non c’è più tempo per riconoscersi, per dirsi una frase, una parola… è tutto di una disumanità pazzesca! È terrificante, all’insegna dell’ efficientismo puro per cui, se potessimo mangiare tre pastiglie o attaccarci velocemente una flebo per mangiare, lo faremmo.

Mi fermo qui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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