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La luce è venuta nel mondo

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di mercoledì 27 aprile 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

La luce è venuta nel mondo

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a mercoledì 27 aprile 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo III di San Giovanni, versetti 16-21.

La luce è venuta nel mondo”.

Chi è questa luce?

Questa luce è Gesù, “ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce”.

Chi è tenebra?

Il nemico per eccellenza di Gesù, la scimmia di Dio: Satana.

Perché, perché mai uno arriva ad amare di più Satana di Gesù?

Perché mai uno arriva ad amare di più le tenebre della luce?

Come è possibile?

La luce è vita, la luce è bellezza, la luce è colori, la luce è gioia, con la luce si fa tutto… allora perché le tenebre? Perché questa vita da ratti?

Perché le loro opere erano malvagie”, ecco perché!

Chi ama le tenebre (qui si parla di amore), le ama, perché le sue opere sono malvagie. “Chiunque, infatti”, dice San Giovanni, “fa il male, odia la luce (odia Gesù), e non viene alla luce (a Gesù), perché le sue opere non vengano riprovate”. Capite?

Ecco perché stiamo lontani dal tabernacolo, dall’adorazione, dal silenzio, dall’orazione, dalla preghiera, dalla meditazione, dallo stare davanti al Signore, ecco spiegato il motivo!

Ecco perché ci allontaniamo con mille scuse dalla preghiera, perché facciamo il male, perché le nostre opere sono malvagie, perché facciamo il male e non vogliamo che questo male venga riprovato.

Ecco spiegata la ragione per la quale tantissime persone non hanno mai voluto andare a San Giovanni Rotondo, non volevano, nel modo più assoluto; non volevano andare a San Giovanni Rotondo, non volevano confessarsi da Padre Pio, assolutamente, non lo volevano né incontrare né vedere. Perché?

Perché facevano il male, perché le loro opere erano malvagie e perché odiavano la luce. Ecco perché, invece, altri, tantissimi altri, se avessero potuto sarebbero stati lì a vivere, perché, invece, le loro opere erano buone.

Perché le sue opere non vengano riprovate”.

Che cosa vuol dire questo “non venire riprovate”?

E come si fa invece a fare in modo che vengano riprovate, a vederle, a condannarle e a correggerle, come si fa?

Chi fa la verità viene verso la luce, viene verso Gesù, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

Il tema è la verità! È il tema che continua a ritornare in questi giorni: l’umiltà è verità. Vedete?

Noi, tutte le volte che non vogliamo fare verità sulla nostra vita, rifuggiamo da Gesù, che è la luce, perché la verità è luce.

Fare verità vuol dire portare luce nella nostra vita, ma se io non faccio verità, sprofondo nelle tenebre e le mie opere saranno sempre più malvagie. Quindi, mi dà fastidio (è proprio un fastidio fisico, non solo spirituale), mi dà fastidio stare da Gesù.

Infatti, ai miei tempi (adesso non so se si usa ancora), chi non voleva andare in chiesa, siccome ai bambini non si può dire la verità (perché è talmente assurda, talmente falsa, talmente irrazionale, talmente bugiarda, questa cosa di non volere andare da Gesù, che qualsiasi scusa è semplicemente ipocrisia), allora si inventavano delle cose assurde, che i bambini stessi, quando le ascoltavano, dicevano: «Ma questi sono impazziti, sono bugiardi».

La scusa, di Tizio o Caio, era (almeno ai nostri tempi funzionava, adesso ovviamente non funzionerebbe più, o forse pensavano che eravamo più stupidi di adesso e quindi si credeva che, siccome non avevamo il tablet e l’iPhone, fossimo tutti un po’ cerebrolesi): «No, non vengo a Messa, perché sono allergico al fumo delle candele».

Veramente, eh?

Non so a quanti di voi è capitato, ma ai miei tempi si usava questa espressione: «Non vengo in chiesa, perché sono allergico al fumo delle candele»; se c’è una cosa che proprio non genera allergia, è il fumo delle candele, però, capite, è talmente assurda la ragione del non andare in chiesa, che devo portare una scusa assurda.

Certo, del resto, come posso andare in chiesa, come posso presentarmi davanti al tabernacolo, davanti a Gesù, essere presente ad una Santa Messa, se la mia vita, le mie opere, le mie scelte, sono tutte all’opposto? Come faccio?

Capite quando si dice che all’Inferno ci andiamo da soli?

Quel Dio, che per una vita intera ho rinnegato, rifiutato, oltraggiato, a cui ho mancato di rispetto e non ho obbedito, che ho tradito e offeso, capite che io da solo non Lo voglio vedere, da solo davanti non ci voglio stare, perché ho addosso talmente una vergogna, mi sento talmente altro, che io non voglio stare lì, quindi da solo me ne vado.

Infatti, quando noi abbiamo la coscienza sporca e non vogliamo fare verità, cosa facciamo? Entriamo in chiesa e stiamo in fondo, attaccati alle porte, come se (altra illusione) il problema fossero i centimetri.

In realtà non ci sarebbe nessun problema, in questo senso: tu hai fatto il male, va bene (cioè, bene no, comunque…) però confessati!

Eh… ma confessarmi vuol dire riconoscere questo male, vederlo, e soprattutto rinnegarlo e detestarlo, e propormi di non farlo più… eh certo, non è come dirlo… non è come dirlo. Sembra facile ma facile non è… no, no, facile non è… è tutt’altro che facile.

Noi dobbiamo imparare a fare verità nella nostra vita. L’esame di coscienza quotidiano, più volte al giorno, ci aiuta in questo, non in una sorta di contorsionismo spirituale ossessivo compulsivo, no, no, ma semplicemente a chiamare le cose con il loro nome, a dire: «Quell’uomo sono io, questa cosa l’ho fatta io, non la protesi di me; io l’ho fatta… e voglio fare luce, voglio metterla davanti a Gesù, voglio viverla con Gesù».

Quanto è bella la vita di coloro che si riconoscono per quello che sono, che non hanno paura del male che ancora abita in loro, ma dal quale si vogliono assolutamente liberare e discostare, lo vogliono conoscere, lo vogliono vedere, lo vogliono nominare e quindi lo vogliono estirpare.

Chi fa la verità viene alla luce”, cioè, chi fa la verità, la sua vita la mette davanti al Signore, una vita semplice, vera, cristallina, così com’è, senza falsi segreti.

Ci devono essere dei segreti nella vita, certo, ma sono quelli che riguardano Dio, se no che segreto dobbiamo avere? Cos’è che dobbiamo nascondere?

Mi ha colpito una cosa, che io non sapevo, ma a causa della mia ignoranza, che, ogni giorno che va avanti, scopro sempre più grande e più profonda.

Proprio in questi giorni parlavo con i miei Confratelli indiani (questo è il vantaggio di essere in un collegio internazionale, dove capisci che la vita è un po’ oltre i confini dello stivale, e che ci sono anche altre culture, non c’è solamente la tua, che fino a ieri pensavi essere l’unica, la migliore, la possibile) ed è bello parlare con tante persone di nazionalità diverse, così senti com’è la cultura, com’è la fede, com’è vissuta. Sono rimasto stupitissimo, perché questi Confratelli indiani mi dicevano che da loro i Sacerdoti non possono assolutamente né fumare le sigarette né bere alcolici, ma neanche il vino, mai.

Io sono rimasto lì, e ho detto: «Ma state scherzando?»

E loro: «No, no. Se un Sacerdote si permette di fumare una sigaretta in pubblico o di bere un bicchiere di vino, è scandalo!»

Ho detto: «Oh… la miseria! È possibile?»

«Sì, sì, nessuno». E mi hanno detto: «Non solo… se un ragazzo viene visto fumare, non si sposa più, perché le famiglie lo ritengono un poco di buono e quindi non trova più la fidanzata».

Ho detto: «Mamma mia!  Ma siete proprio…»

«Sì, sì, guarda, assolutamente. Noi beviamo il vino, chiusi in convento nel nostro refettorio, tra di noi, a Natale e a Pasqua. Nelle feste comandate, allora beviamo un po’ di vino, ma chiusi, perché se ci vedono è un disastro. Non è assolutamente ammesso».

Capite?

Mi dicevano che, per esempio, per ragazzi non esiste, come da noi, andare giocare a calcio, a basket, a pallavolo, a pallacanestro, a fare kung fu, karate, judo, e avere cinquemila impegni come danza, musica, dama, scacchi, inglese, pianoforte, chitarra, …

Io sono rimasto stupito, perché qui, al venerdì sera, alle 22.15, i ragazzi stanno ancora giocando, e io mi dico: «Ma questi, quando mangiano? Quando vanno a letto?». Alle 22.15, sono ancora lì che giocano a calcio, di sera, con l’allenatore che guarda e loro che fanno le partite.

Io dico: «Ma santa pazienza, avranno dei genitori? Ma è possibile? Alle 22.15 del venerdì ? Vabbè che domani è sabato, ma alle 22.15 del venerdì, di sera? Mica mangiano prima… come fanno a mangiare prima? Mangeranno dopo… ma allora a che ora vanno a letto?»

Ebbene, loro mi dicevano: «Da noi?! Assolutamente no. Da noi c’è solo lo studio. Non esiste questa cosa di andare a fare sport. Sì, magari c’è un poco di gioco, ma c’è solo e sempre studio, perché (me lo hanno spiegato bene) tutti vogliono trovare un buon lavoro, raggiungere una buona posizione sociale e fare una buona famiglia, quindi studiano come matti».

Ho detto: «Uguale a noi! Lo stesso, uguale, preciso proprio, come qui davanti, la stessa cosa».

Poi mi dicevano che, quando vanno a casa (perché ogni tanto ritornano in India), la mamma (e sono Preti eh…), al mattino, se tardano un po’ ad alzarsi, va là, li chiama e dice loro: «Guarda che devi andare a Messa!»

E loro: «Mamma lo so, sono un Sacerdote!»

«Vabbè cosa vuol dire ? Tu sei ancora a letto, alzati che bisogna andare a Messa, devi andare a celebrare!»

Io dicevo: «Guardate che state raccontando delle cose che per me sono incredibili, veramente bellissime».

E loro: «Sì, da noi è così, funziona davvero così».

Questo ci fa capire proprio come la nostra vita, con una velocità incredibile, va a finire nel buio, in men che non si dica.

Del resto, se io Sacerdote mi metto a fumare, scusatemi, come faccio a parlare della povertà? Dove li prendo i soldi? Di chi sono quei soldi?

E uno dice: «No, sono il mio stipendio».

Vallo a dire a San Giovanni Maria Vianney!

Quanti di voi si immaginano Padre Pio da Pietralcina con la sigaretta in bocca? Parliamoci chiaro!

Quanti di voi si immaginano San Giovanni Maria Vianney col bicchierozzo di vino in mano, lui che mangiava il pane con su la muffa e le patate marce? Ditemi, quanti di voi se lo immaginano così?

Nessuno si immagina di vedere Padre Pio con la sigaretta in mano, nessuno!

Ci sarà una ragione, che non può essere semplicemente il moralismo, ci sarà un motivo in tutto questo!

Magari, se al posto della sigaretta e del bicchierozzo tenessimo in mano di più il Rosario, forse, forse, qualcosa cambierebbe di più, innanzitutto nella nostra vita, e poi nella vita degli altri.

Quindi, ovviamente, i superalcolici e tutta questa roba qui, non esiste; ma non esiste, non perché la legge lo proibisce, ma non esiste perché non esiste, non è ammesso. Io non posso andare fuori a bere la birra, non si può!

Guardate che questa cosa qui, quando io l’ho sentita, ho detto: «La miseria! Aspetta un momento che ci faccio due conti, perché…»

Noi abbiamo bisogno di fare verità, abbiamo bisogno di portare luce, abbiamo bisogno di portare Gesù dentro la nostra vita e di farla illuminare da Lui, e dobbiamo proprio chiedere allo Spirito Santo questa grazia della luce, del riuscire a vedere, dell’accorgerci…

Noi crediamo di fare bene, di essere bravi, di fare tutto il possibile, ma guardate, non è così.

Un po’ di giorni fa mi è accaduto questo fatto…

Era domenica, e ogni tanto mi piace scendere nel nostro bellissimo giardino, che è molto più di un giardino, è molto grande, proprio adiacente alla Villa Pamphili; è molto bello, con tante piante e tanto verde, tanti fiorellini, proprio bello, poi c’è un’aria qui davvero fantastica. Allora, ogni tanto mi piace passeggiare un po’, poi, se c’è il sole, sapete, è una cosa meravigliosa, poi ci sono i miei cocoriti, quindi…

Allora, vedo un po’ di trambusto e diverse macchine incolonnate all’interno della nostra realtà, quindi dico: «Miseria, cosa è successo? Perché non escono queste macchine?»

Nello stesso momento, nello stesso giorno e nella stessa ora (una cosa incredibile), i nostri due cancelli automatici per uscire dal convento si sono bloccati, cioè due cancelli diversi, posti su due vie diverse, erano entrambi bloccati, tutti e due incastrati: nessuno poteva uscire, nessuno poteva entrare.

Quindi, i Padri che dovevano uscire a celebrare le Messe, andare a confessare, e quelli che tornavano da… erano bloccati, chi dentro e chi fuori. Ci sono volute quasi due ore, perché uno di noi riuscisse un po’ a sistemare la situazione ed aprirne almeno uno.

Io sono stato lì a guardarmi tutta la scena e mi sono detto: «Io, da quando sono qui, ma anche dove ero prima (ho sempre avuto i cancelli automatici), quante volte ho ringraziato il Signore che quel cancello si aprisse? Quante volte ho benedetto Dio perché sono riuscito ad uscire?»

Tu pensa se uno di loro avesse avuto un viaggio programmato, non so, magari fosse dovuto partire per l’Africa, o l’India, e avesse dovuto prendere il treno, o avesse avuto un appuntamento con il Papa… fine! Bloccato!».

Sapete, con un ritardo di due ore, l’aereo, il treno, il Papa, sono andati.

Se tu hai un appuntamento alle 10.00 e arrivi alle 13.00… sì va bene, però è finito tutto.

Non c’era proprio la possibilità di uscire, non potevi neanche scavalcare perché sono altissime le mura qua e anche i cancelli sono altissimi, ti uccidi. Quindi bloccati dentro, sequestrati… e questi poveri veramente mi sembravano delle macchinine impazzite, continuavano a girare su e giù, su e giù, nella speranza che si riuscisse ad aprirne uno, invece non si apriva niente.

Io dicevo: «Ma pensa… io non ho mai detto “Grazie” a Dio che in quella mattina, in quel momento, in quel giorno, il cancello, schiacciando il pulsante, si apriva e io potevo uscire, mai detto».

Da quel giorno, ogni volta in cui esco, ringrazio il Signore.

Un cancello… una macchina che parte…

Quanti di noi, salendo in macchina, la prima cosa che fanno, non è accendere il motore, non è infilare la chiave nel cruscotto e girarla per far partire la macchina, ma è pregare Dio, affidare a Dio quel viaggio, chiedere a Dio la benedizione su quella macchina? Quanti di noi fanno così?

Conosco un Sacerdote, che ha in macchina l’acqua santa in uno spruzzino e, prima di partire, benedice la macchina, tutte le volte, con lo spruzzino di acqua benedetta… noi? Ma figurati!

Noi ci buttiamo nella macchina, mettiamo dentro la chiave, giriamo, e via come saette, come se tutto fosse ovvio, dovuto e scontato… come se non avessimo bisogno di una protezione di Dio, come se la cosa più importante fosse partire e come se tutto dipendesse da noi.

Poi noi ci diciamo amanti di Dio, grati, devoti… vedete?

Bastano questi due esempi per farci capire quanto siamo ancora lontani.

Non parliamo poi del mangiare… non parliamo poi del mangiare!

Vedere i Cristiani che, prima mangiano, e poi, forse, pensano a Dio, che non sono capaci di prendere il cibo, lasciarlo lì, e fare un Segno di Croce, dire una preghiera per ringraziare il Signore di quel dono; no, non sono capaci, perché la priorità è addentare il panino.

Poi, quando ero piccolo, c’era una Suora, che mi ricordo aveva delle caramelline (io le chiamo “le caramelle delle Suore”), erano quelle caramelle a forma di parallelepipedo, durissime (a me non piacevano assolutamente), alla menta. (Invece, a me piacevano le “Rossana”. Io, immaginatevi, mi buttavo sulle caramelle… a me piacevano quelle alla frutta, quelle buone. Loro ci davano anche queste caramelle tipo Mou, ma tutte alla frutta, buonissime, che non vi dico, anche le Galatine… Siamo sempre stati molto amati e viziati dalle Suore). Insomma, questa Suora, ne prendeva una, e, prima di scartarla, faceva il Segno di Croce, poi scartava la sua caramella e la mangiava.

Io mi sentivo un verme, anche se ero un bambino… io avevo la bocca piena di “bombi”, lei doveva ancora scartare la sua caramella.

Quando giocavamo e c’era da bere, immaginatevi la corsa alla fontana… non bevevamo, nella fontana facevamo il bagno! Lei, tirava fuori il suo bicchierino portatile (sapete quelli che c’erano una volta, di plastica, tondi, di vari colori, che si aprivano a cono e poi si chiudevano e si mettevano via), lo apriva, prendeva la sua acqua (era uno spettacolo vederla) e, prima di metterla alla bocca, faceva un Segno di Croce, poi la beveva.

Noi bestioline, invece… però me lo ricordo ancora adesso, a quarant’anni di distanza, perché sono esempi che non si dimenticano più.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

VANGELO (Gv 3, 16-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

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