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Le radici spirituali delle malattie psichiche: diciannovesima parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 7 marzo 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Diciannovesima Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a Domenica 7 marzo 2021, Terza Domenica di Quaresima, Anno B, abbiamo appena ascoltato la Seconda Lettura della Santa Messa di oggi, tratta dalla Prima Lettera ai Corinzi cap. I, vv 22-25. Noi siamo chiamati ad annunciare Cristo Crocifisso, gli altri cerchino segni, sapienza, discorsi colti, tutto quello che vogliono.

“I Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso”

“Scandalo per i Giudei”

Per coloro che chiedono segni.

“E stoltezza per i pagani”

Per coloro che cercano la sapienza umana.

“Ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.”

Noi siccome dobbiamo annunciare sempre Cristo Crocifisso andiamo avanti nel percorso che stiamo facendo, siamo arrivati nel libro de “L’inconscio Spirituale” del prof. Larchet, al paragrafo nono.

“Relazione patologica con il corpo”

“Varie malattie psichiche si accompagnano a una relazione patologica con il corpo. Può trattarsi di un’erotizzazione del corpo o dell’utilizzazione del proprio corpo come mezzo per attirare l’attenzione e l’affetto, come nella nevrosi isterica. Può anche trattarsi d’una detestazione e d’un rifiuto del corpo, come nell’anoressia (in cui però la persona può anche sfruttare il proprio corpo per attirare attenzione e affetto). Può poi ancora trattarsi d’una cattiva integrazione del corpo nella persona, per cui il corpo può venir visto, nei casi estremi, come un oggetto esterno ed estraneo, come nella schizofrenia. A tutto questo potremmo aggiungere varie turbe della relazione con il corpo che, pur senza integrarsi in ben precise malattie psichiche, hanno nondimeno un carattere patologico. Nella società moderna queste turbe si sono fortemente sviluppate e si esprimono nel ricorso ad attività e trattamenti vari il cui scopo è di conformare il corpo a un ideale di giovinezza e di bellezza. Spesso nel loro retroterra c’è la paura dell’esclusione; della vecchiaia e della morte.”

Tutti invecchiamo, ci avviamo alla conclusione, e se a vent’anni eravamo bellissimi, a sessanta cominciamo ad essere bellini, ma dietro c’è la paura di essere esclusi, vecchi, la paura di morire.

“Si tratti di erotizzazione del corpo oppure di detestazione o rifiuto di esso, alla base di tutti questi atteggiamenti troviamo un attaccamento eccessivo e patologico al corpo, attaccamento che proviene, spiritualmente, dalla passione dell’amore egoistico di sé (o philautia). Sostenere una cosa del genere potrebbe sembrare paradossale per il caso del corpo detestato, o addirittura rifiutato; eppure, il rigetto del corpo è ancora un indizio dell’importanza che la persona gli attribuisce, benché sia un’importanza falsamente valutata, dato che in tal caso il corpo si vede attribuire un valore negativo. È attraverso la presa di coscienza che il corpo è una dimensione della persona e a questo titolo non soltanto merita rispetto, ma deve anche essere oggetto di quell’amore spirituale autentico che la persona deve a sé stessa in tutta la propria integralità, che l’uomo può guarire dalle sue relazioni di attaccamento, sia positive che negative, al proprio corpo. Anche in questo caso l’amore di sé-passione deve convertirsi in amore di sé-virtù. Se l’uomo si ama veramente nella sua realtà spirituale – in Dio -, allora non può più trattare il proprio corpo come uno strumento d’attrazione (nel caso dell’erotizzazione), dunque come un oggetto, né detestarlo o rifiutarlo come cosa vile o a lui estranea. L’ascesi corporale (il digiuno in primo luogo, poi le veglie e il lavoro faticoso) può aiutare l’uomo a mantenere il suo spirito nei confini del corpo e a reintegrare in sé il proprio corpo.”

L’ascesi corporale ha una funzione importantissima, mantenere lo spirito dell’uomo nei confini del corpo e reintegrare in sé il proprio corpo.

“Anche quelle forme di preghiera che si accompagnano a gesti del corpo (segni di croce, prostrazioni) o implicano una partecipazione permanente del corpo e una sua stretta unione con l’anima e lo spirito (come la preghiera del corpo) possono aiutare l’uomo a recuperare la fondamentale unità che esiste fra la sua anima e il suo corpo e il senso del valore del corpo, mediante il ruolo spirituale che esso è chiamato a svolgere in stretta collaborazione con l’anima e con lo spirito.”

Il corpo ha un valore bellissimo e fortissimo e va messo insieme all’anima in questa stretta collaborazione.

“È bene nello stesso tempo ridare al malato una giusta conoscenza del valore positivo che il cristianesimo riconosce al corpo. Perché – purtroppo – certe forme devianti di spiritualità, soprattutto in Occidente, hanno sviluppato un disprezzo e un rifiuto del corpo che, consciamente o inconsciamente, ispirano o confermano l’atteggiamento negativo che alcune persone hanno verso il proprio corpo. Dobbiamo infatti ricordare che il cristianesimo è la religione dell’Incarnazione, è la religione che crede che il Figlio di Dio, diventando uomo, prese un corpo e non soltanto un’anima e uno spirito, al fine non soltanto di salvare il corpo insieme all’anima, ma di deificarli e così renderli, nella persona, indissociabilmente partecipi dei beni divini promessi ai fedeli. Il fatto che alla comunione i fedeli ricevano nel loro corpo il corpo stesso del Cristo è l’espressione più concreta e alta di questa verità della fede cristiana. La comunione eucaristica, oltre a tutte le virtù spirituali che implica, può così contribuire a dare all’uomo anche il senso del valore sacro del proprio corpo, diventato tabernacolo del Verbo incarnato e, come dice san Paolo, tempio dello Spirito Santo.”

Bellissima questa analisi che lui fa sul corpo. E come abbiamo fatto ieri, leggiamo anche uno spunto che ci può venire dalla nostra carissima Beata Edvige Carboni:

“25 maggio 1941”

“Mentre pregavo davanti al S. Sacramento, d’un tratto fui rapita dai sensi: vidi Gesù in croce, grondante Sangue da ogni piaga; il Sangue scendeva a rivi che bagnava il pavimento. Vidi degli angeli, con calici d’oro in mano, mettere vicino alle piaghe (il calice); in un momento il calice (era) ripieno. Si appartava uno e veniva l’altro con un nuovo calice; parte del Sangue andava perduto. Gesù piangeva.

Prendete tutti i mistici, per esempio Santa Teresa, Santa Caterina da Siena, Suor Maria di Gesù Crocifisso e, per quel poco che io ho letto vedrete che, ogni volta che Gesù appare, è rarissimo che non pianga, non soffra e non si lamenti.

Questo rispondono questi santi, questi mistici a coloro i quali dicono che Dio non sta a guardare le nostre cose, a soffrire per i nostri peccati, o ad offendersi se io ho fatto questo o quello perché “Ormai tutto è risolto con la croce”. Ma allora vuol dire che siamo circondati da un insieme di mistici bugiardi. Vuol dire che o hanno inventato tutto ingannando la Chiesa, oppure sono stati tutti ingannati, vittime di inganno diabolico. Magari qualcuno arriverà a pensare che sono stati ingannati da Dio.

Il ragionamento è come una catenella: se tu pianti un chiodo, poi prendi una catenella e appendi la catenella infilando la sua prima maglia al chiodo e la lasci andare, viene giù snocciolandosi tutta la catenella. Quando noi facciamo un ragionamento è come se attaccassimo la nostra “catenella” (il nostro ragionamento) al chiodo, poi però dobbiamo portare tutte le conseguenze del ragionamento, non possiamo ragionare a metà.

Gesù fa finta di piangere? Gesù recita?

Se fa finta di piangere, inganna i beati e quindi Gesù in ultima istanza inganna la Chiesa.

O è vero, Gesù piange veramente, e allora dobbiamo prendere le dovute decisioni, o non è vero. Se non è vero allora ha ingannato tutti. Ma se noi diciamo che è vero — ed è vero! — le conseguenze sulla nostra vita non sono senza impegno.

“Perché piangi?” io dissi.

“Figlia, piango perché tanto del mio Sangue, che io sparsi nella dolorosa Passione, vedo che va perduto senza profitto.”

Questa frase di Gesù non la commento, è meglio per tutti, ma pensateci e pensiamoci bene. Leggiamola ancora per imprimercela bene:

“Figlia, piango perché tanto del mio Sangue, che io sparsi nella dolorosa Passione, vedo che va perduto senza profitto.”

Fermiamoci qui oggi nella lettura di Edvige Carboni.

Eravamo anche arrivati al secondo aspetto del Rispetto Umano scritto da Padre Cornelio a Lapide, gesuita del 1500.

  1. IL RISPETTO UMANO È UNA VIGLIACCA DEBOLEZZA

La notte della Passione del Salvatore, la portinaia della casa di Caifa, disse a Pietro:
«Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo? Ed egli rispose: No».
Ecco la debolezza vigliacca del rispetto umano. Qui si è avverato, come si avvera sempre in simili casi, quel detto dei Proverbi: «Chi teme l’uomo, non tarda a cadere» (Prov. XXIX, 25);

Se tu hai paura degli uomini presto o tardi ci cadi dentro.

“E quell’altro del Salmista: «Non invocarono il Signore; quindi tremarono di spavento dove non c’era punto nulla da temere» (Salm. LII, 6).

Ditemi se non è anche la vostra esperienza: tutte le volte che siamo lontani da Dio, tutte le volte che non imploriamo l’aiuto di Dio, ci spaventiamo davanti alle foglie che si muovono.

“La persona che si lascia vincere dal rispetto umano, teme quello che non è da temere, e non teme quello che bisogna temere. Che viltà, per esempio, non osare dimostrarsi cristiano per un semplice segno di croce!

E siamo nel 1500…

Il segno del cristiano non è forse la croce? Non è forse la croce, dice S. Agostino, che benedice e l’acqua che ci rigenera, e il sacrifizio che ci nutrisce, e la santa unzione che ci fortifica? (Tract. CXVIII, in Ioann.). Avete voi dimenticato che della croce furono segnate le vostre fronti, quando foste confermati dallo Spirito Santo? Perché segnarvela in fronte? Non forse perché su la fronte è la sede del pudore?

Sì, certo; Gesù Cristo volle armare con la croce la nostra fronte contro quella falsa e misera vergogna del rispetto umano, che ci fa arrossire di cose che gli uomini chiamano piccole, ma che sono grandi innanzi a Dio. Cosa indegna e vile è il rispetto umano, e non ve n’è altra che tanto degradi, abbassi e disonori l’uomo.

Parole fortissime. Noi abbiamo un bisogno estremo di sentirci dire queste cose, fortuna che c’è questo Padre Cornelio che ha scritto queste cose che hanno attraversato il tempo, lo spazio e la storia e sono arrivate fino a noi. È vero, questo segno di Croce ci ha resi figli di Dio, soldati di Cristo, ci assolve dai peccati. Questo segno che ci viene fatto quando stiamo morendo, che facciamo quando entriamo in Chiesa… per quante cose si fa il segno della Croce. E noi ce ne vergogniamo, e temiamo di essere visti. Noi dobbiamo respingere la falsa e misera vergogna del rispetto umano. Non sono cose piccole queste cose, sono cose grandi innanzi a Dio. Non si può avere vergogna e non si può avere un falso pudore di una cosa così gloriosa e bellissima come il segno della Croce, nel cui segno sta la nostra speranza e la nostra salvezza.

“Cosa indegna e vile è il rispetto umano. “

Quindi accade che anche noi ci mettiamo a fare discorsi impuri e volgari,  a guardare programmi indecenti e a farli vedere ai nostri bambini anche in prima serata e avanti… perché così fan tutti, quindi lo facciamo anche noi.

“Colui che ne è schiavo, non merita più il nome di uomo, ma il suo luogo è tra le banderuole che segnano la direzione dei venti; poiché non sa fare altro che questo. Una tale persona è sommamente spregevole.”

La figura di Don Abbondio per esempio, credo che a nessuno di noi sia piaciuta.

“Che cosa è che la trattiene? un motto, un sarcasmo, una beffa, un segno…”

Tu rinneghi, tradisci, misconosci il tuo Signore per un sarcasmo, una beffa, un segno, una risata…?

“Oh! che piccolezza di spirito, che viltà di cuore! Ne arrossiamo noi medesimi in segreto, e non ci sentiamo l’animo di superare simili bagattelle!…Cerchiamo pure di nascondere e di orpellare con altri nomi questa fiacchezza, questa viltà, ma invano…Noi temiamo le censure del mondo, degli increduli, degli empi, degli ignoranti, degli accidiosi, dei dissoluti…Noi temiamo di acquistarci nome di spiriti deboli e pregiudicati, se pratichiamo la religione; e non vediamo che somma debolezza è non praticarla.”

Noi abbiamo paura di essere giudicati dagli empi, dagli ignoranti, dagli accidiosi e dai dissoluti. Abbiamo paura di essere giudicati deboli e pre-giudicati perché noi pratichiamo la religione, ma somma debolezza è non praticarla. Praticare la fede cristiana è cosa da forti.

“Qual cosa più vergognosa e più degradante, che la vergogna di comparire quello che si deve essere? Siamo canzonati; ma cosa vi è di più frivolo che le beffe? Chi è che si burla di noi? Quale ne è il merito, il credito, la scienza, la virtù? E noi osiamo vantarci coraggiosi, di animo grande, di carattere generoso?

Codardia odiosa è il rispetto umano. Noi apparteniamo a Dio per tutti i titoli, per la creazione, la redenzione, la santificazione, la conservazione, e arrossiamo di servire Dio! Il soldato si vergogna di servire il suo re! Di difendere la patria! Noi ci adontiamo della religione, della virtù! Cioè, ci vergogniamo di essere creati ad immagine di Dio, di essere stati redenti col suo Sangue; noi arrossiamo di ciò che forma la gloria degli Apostoli, dei martiri, dei dottori, dei pontefici, dei confessori, delle vergini. Noi abbiamo vergogna di chiamare Dio nostro padre, di essere suoi figli, di lavorare alla nostra salute, di andare al cielo!”

Perché questa cosa non la fai? Perché voglio andare in cielo. Come diceva l’attore Campanini quando gli chiedevano perché certe sceneggiature non le recitava e lui rispondeva che era figlio spirituale di Padre Pio e certe cose non le faceva.

“Quale stupidaggine e follia! Oh, codarda debolezza, che non merita né indulgenza, né perdono!”

Parole fortissime. Credo che tutti noi, chi più, chi meno, chi in un modo, chi in un altro, siamo tutti dentro a questa cosa. E allora chiediamo quest’oggi al Signore la grazia, questa Domenica, di amare, di rispettare i suoi Comandamenti, soprattutto il terzo, che oggi è così tanto bistrattato, e di prendere il nostro rispetto umano e calpestarlo sotto i piedi nel fango e dire: “Non mi interessa come sono ritenuto, ciò che mi interessa è che la mia coscienza possa testimoniare bene di me”.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)

SECONDA LETTURA (1Cor 1,22-25)
Annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per gli uomini, ma, per coloro che sono chiamati, sapienza di Dio.

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

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