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Sguardo angosciato di Gesù – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.28

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Sguardo angosciato di Gesù – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.28
Mercoledì 17 aprile 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 6, 35-40)

In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a mercoledì 17 aprile 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal sesto capitolo del Vangelo di san Giovanni, versetti 35-40.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di san Manuel González. Siamo a pagina 43.

La sua fama di santità comincio a diffondersi fin da subito. Già da tempo, molta gente si rivolgeva a lui per chiedere consigli e farsi guidare spiritualmente, perché era convinta di trovarsi di fronte a un santo. Nel 1952 venne aperto a Palencia il processo ordinario, che si concluse nel 1960. Vennero interrogati 18 testimoni oculari, dei quali nove Missionarie Eucaristiche di Nazaret, cinque sacerdoti, un medico, un architetto, e due notai. Furono aperti altri quattro processi rogatoriali: a Huelva, dove furono ascoltati 13 testimoni, a Siviglia con 16 testimoni, a Madrid con 6 testimoni e a Malaga con 30 testimoni. Seguì un processo conoscitivo a Palencia, negli anni 1981-1983, dove deposero 27 persone. Concluso con esito positivo il procedimento, gli atti vennero inviati a Roma alla Congregazione delle Cause dei Santi, la quale, il 13 luglio 1984, emise il decreto di validità dei processi. Il 6 aprile 1998, Giovanni Paolo II lo dichiarò venerabile, e il 29 aprile 2001, lo beatificò.

Nel 2008 a Madrid, avvenne un miracolo per intercessione di don Manuel.

«Si trattava, spiega il biografo Gori (Come un chicco di grano, pag. 109) della guarigione da “linfoma non-Hodgkin (LNH), plasmoblastico, con restrizione IgA lambda, monoclonale”».

Il 31 maggio 2010 venne aperta a Madrid l’inchiesta diocesana sul miracolo che si concluse positivamente. Il 29 ottobre 2015, la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi, riconobbe all’unanimità l’inspiegabilità scientifica della guarigione; il 15 dicembre 2015 la Consulta dei teologi diede voto affermativo, e lo stesso fecero i cardinali e i vescovi il 1° marzo 2016. Il 3 marzo successivo, Papa Francesco ha firmato il decreto di approvazione del miracolo. Il 16 ottobre 2016 e avvenuta la canonizzazione di San Manuel González in piazza San Pietro.

Una cosa vorrei sottolineare, tra tutto quello che abbiamo letto: la gente, il popolo di Dio, i fedeli, ricorrevano a lui per chiedere consigli e per farsi guidare spiritualmente; perché? Perché avevano davanti un santo, questa era la ragione. E, mi vien da dire: noi dovremmo chiedere consigli e farci guidare spiritualmente proprio da chi è santo, perché vuol dire che è colui che è maggiormente vicino al Signore, maggiormente risente del pensiero di Dio, del “gusto” di Gesù. Quindi, andiamo “a caccia”, come segugi, di persone amiche del Signore. È a loro che dobbiamo chiedere consiglio, è da loro che dobbiamo farci guidare, per non perdere tempo e, soprattutto, per trovare la via che porta al cielo.

Ecco, poi c’è questa bellissima preghiera di San Manuel Gonzalez alla Vergine Maria, c’è dentro anche il Cuore di Gesù, insomma, è una preghiera molto bella, chi vuole la può leggere.

Adesso noi siamo a pagina 47, questa parte su “Qualche parola per la terza edizione” la saltiamo. È scritta da Monsignor Manuel Gonzalez, però la lascio alla vostra lettura, credo che possiate gustarla tranquillamente anche da soli.

E adesso ci ritroviamo insieme a pagina 51.

CONTRO COSA E PERCHÉ SI SCRIVE QUESTO LIBRETTO

Si scrive contro un male tanto grave quanto poco conosciuto e riparato. L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati! — che è poi il titolo del libro — È questo un argomento di conversazione che, senza riuscire a spiegarmi interamente il perché, da tempo andavo ricusando e, al tempo stesso, desideravo trattare. Forse il timore che le mie parole diano occasione o mettano in pericolo di sminuire la compagnia che è già data al Tabernacolo senza riuscire a diminuire gli abbandoni con cui a volte, e magari non fossero tante!, vanno mischiandosi queste compagnie, mi ha tenuto in questo stato di perplessità tra il parlare e il tacere.

Lui dice: “Ho avuto un timore: quello di sminuire la compagnia che già è data al Tabernacolo, senza però riuscire a diminuire gli abbandoni, con cui a volte si vanno mischiando queste compagnie”, cioè il tenere compagnia al Signore, di fatto, si mischia con l’abbandono. Infatti, questo titolo, “L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati”, a qualcuno può suonare strano: se sono accompagnati, come possono essere abbandonati, questi Tabernacoli? Sembra una contraddizione: “l’abbandono dei Tabernacoli accompagnati” invece che “l’abbandono di tabernacoli dimenticati”, che poteva essere molto più comprensibile. Però non avrebbe espresso ciò che stava invece sotto gli occhi del vescovo. C’è una compagnia, c’è un accompagnamento ai Tabernacoli, ma, allo stesso tempo, c’è anche un abbandono, tutte e due le cose. E quindi lui è rimasto un po’ perplesso: “Lo dico, parlo o sto zitto?”. 

Andiamo avanti, siamo a pagina 52:

Idea ossessionante

Confesso che è un’idea che mi occupa e che mi riempie, che mi si appalesa con molta frequenza e in molti modi, e che arriva fino a pungermi e a rattristarmi, senza che abbia potuto evitare, talvolta, che allo scorrere dalla penna sfuggissero dalla sua punta anche alcune gocce dell’amarezza che quell’idea solleva nel mio cuore.

Quindi, di fatto, decide di scrivere.

Ho fortemente infisso in questa idea lo sguardo angosciato di Gesù solo in mezzo alle moltitudini cristiane! Vanno insinuandosi tanto e tanto profondamente nell’anima mia la persuasione e la compassione di questa solitudine! Ma, d’altra parte, ho potuto constatare che parlare di Tabernacoli abbandonati è un linguaggio tanto duro per molti orecchi cristiani che, prima di riconoscere la dolorosa, e pur vero, ma indiscutibile realtà, ce ne sono molti, molti tra costoro, che categoricamente la negano, timorosamente la limitano, travisando la spiegano o irosamente esigono che si smetta di parlare e di scrivere di questo argomento come di qualcosa che scandalizza.

E se ciò accade con fatti di un’attualità, di un rilievo e di una ripetizione tali che bastano gli occhi del viso per accorgersi di essi, cosa accadrebbe con fatti più sentiti che testimoniati, più intuiti che visti in piena luce, più trascurati di quanto non vengano attenzionati? 

Questo è il fatto dell’abbandono del Tabernacolo accompagnato: fatto tanto certo, e non raro, quanto meritevole di tutte le lacrime di riparazione degli occhi innamorati dell’Eucaristia e di tutti i cuori buoni…

Quindi, c’è quest’idea — il titolino dice ossessionante — che nasce da un cuore che ama (quindi è un’idea proprio pulsante) dello sguardo angosciato di Gesù, che è da solo in mezzo alle moltitudini cristiane. Noi lasceremo mai da sola una persona che amiamo? No; non volontariamente, quantomeno: se io amo una persona, non posso sopportare l’idea che sia abbandonata.

Guardate che umanamente non ci verrebbe neanche da abbandonare un cagnolino; ma neanche un gattino; ma neanche un canarino. È una cosa proprio che ti spezza il cuore, se umanamente sei sano. Perché vedere una persona, ma anche solo un esserino, un animaletto, che resta abbandonato, ci spezza il cuore. A vedere il cucciolo di foca bianco abbandonato lì, esposto al pericolo dell’orso o dell’uomo malvagio che va lì a ucciderlo; a vedere il piccolo Bambi abbandonato o un cucciolotto di lupacchiotto che ha perso la mamma, che è stato abbandonato, che è lì da solo, ma a chi è che non viene da dire: “Aspetta che lo tiro su, lo porto a casa, salvo quel cucciolotto lì di foca, quel piccolo “fochino” bianco; non posso lasciarlo lì così, perché sono sicuro che morirà, o verrà sbranato, o verrà mangiato”.

Allora la domanda riguarda questo Cuore eucaristico di Gesù, che abbiamo visto quando abbiamo commentato lungamente il libro, “Un cardiologo visita Gesù”, vi ricordate? Abbiamo visto perfettamente, come è scientificamente spiegato, che l’Eucarestia è il miocardio di Gesù, non il suo Cuore in generale. È la parte più intima del cuore; il tessuto è tessuto del miocardio di Gesù. Gesù non ci ha dato sé stesso, che sarebbe già tanto: “Vi do me stesso”, “Vi do il mio Cuore” (noi la usiamo questa espressione: “Gli ho dato il cuore”, “Ti do il mio cuore”). 

Se Gesù ci avesse detto: “Ti do il mio Cuore per nutrirti…”, noi avremmo detto che è un dono immenso, chi l’avrebbe mai potuto pensare!? 

Ma non è nemmeno questo, perché Gesù, quando fa le cose, o le fa al sommo grado, o le fa in modo inimitabile, o le fa in modo stupefacente, o non le fa. No, non ti dà neanche il suo Cuore, Lui ti dà il cuore del suo Cuore. Lui ti dà la parte più interna del Cuore. Lui ti nutre con il suo miocardio — che, scomponendo la parola, è: “mio cuore”. 

Perché il “mio cuore” / il “miocardio”? Perché il miocardio è proprio la parte più interna del cuore, il centro del cuore, il cuore del cuore. Ecco, Gesù nell’Eucaristia ti dà questo, di più non poteva darti, di meglio non poteva darti; ti dà proprio tutto! 

Ed è vivo! Abbiamo visto nel libro “Un cardiologo visita Gesù” come le prove scientifiche hanno testimoniato che è vivo. Ora, se tutto questo è vero — ed è vero, le prove scientifiche lo testimoniano, i miracoli eucaristici lo testimoniano — io vi domando: ma il cucciolo Bambi, il cucciolo di foca bianco, il cucciolo di cagnolino, il cucciolo di gattino, che tanto ci toccano il cuore, sono di più del miocardio di Gesù? Non lo so, vi chiedo.

Questo sguardo angosciato di Gesù che è solo… una solitudine che non è solamente la solitudine di colui che è abbandonato, perché questo è sotto gli occhi di tutti: le chiese sono vuote, i Tabernacoli adesso non sono più neanche accompagnati; mentre un tempo lo erano; i Tabernacoli sono abbandonati e Gesù è lasciato lì da solo, è ancora peggio.

Ora, come si può pensare che questo possa accadere? Altro che sguardo angosciato di Gesù perché è solo! Gesù potrebbe dire: “Io ti ho dato il miocardio e tu lo trascuri, sei indifferente, lo abbandoni, lo lasci lì così, com’è possibile? In mezzo a tutto il tuo correre, fare, disfare, brigare, tu ti dimentichi, tu sei indifferente che lì dentro, in quel Tabernacolo, ci sta il miocardio, che è la tua vita!”. 

Avete sentito il Vangelo di oggi, di questi giorni, Giovanni capitolo sei, cioè “Questo è il pane disceso dal cielo, il vero pane disceso dal cielo, questa è la mia Carne, questo è il mio Sangue, per la vita eterna”.

Quindi, nel vescovo, si scrive sempre di più la persuasione e la compassione di questa solitudine. Vedete come il tema, appunto, è la solitudine di Gesù; quando noi, tranquillamente potremmo andare e stare…

Non so, a me un po’ ha fatto echeggiare nella mente il messaggio della Madonna a La Salette; però, anche senza il messaggio della Madonna a La Salette, che vi invito ad andare a rileggere, mi fa strano che il giorno del Venerdì Santo, il pomeriggio del Venerdì Santo, le macellerie siano stracolme di persone, con la coda fuori, che vanno a fare la spesa. Perché poi, capite, c’è il Lunedì dell’Angelo, con la sagra della salamella che troneggia sul cuore, sulla mente e sulla pancia di ciascuno di noi. Siccome il Lunedì dell’Angelo è consacrato alla brace, è consacrato non a stare insieme, ma a “magna’ e beve”, quindi il Venerdì Santo, invece di essere in chiesa, raccolti davanti al mistero di Gesù che muore in croce e di questo Tabernacolo vuoto… 

Perché noi diamo per scontato che Gesù rimanga lì; e se Gesù lì non rimanesse più? E se Gesù dicesse: “No, ma io me ne vado, perché tanto…”. Noi cosa faremmo? Invece che essere lì, davanti a questo mistero di morte e di sofferenza e, allo stesso tempo, in preparazione all’evento incredibile — che già era stato dato, perché giovedì Santo Gesù aveva già fatto l’istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio; quindi lui muore, ma ha già dato, ha già messo nelle mani dei suoi apostoli la possibilità di questa presenza, che continuerà sempre nella storia della Chiesa — ecco, noi siamo in macelleria a comprare la salamella, a comprare la braciola, a comprare la salsiccia, a comprare, a comprare, a mangiare, a comprare, a mangiare. Ma dico, ma come è possibile?

Ripeto, andatevi a leggere il messaggio della Madonna a La Salette. Venerdì Santo, Venerdì Santo… c’è qualcosa che non va, c’è qualcosa che non torna. Mi fermo qui. Perché sono cose troppo delicate, troppo importanti, hanno bisogno di sedimentare.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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