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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 27

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 27 marzo 2022 – IV domenica di Quaresima

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 27

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a domenica 27 marzo 2022, siamo giunti alla IV Domenica di Quaresima.

Abbiamo ascoltato il Vangelo di oggi, tratto dal capitolo XV di San Luca, versetti 1 e seguenti.

Proseguiamo con la lettura del libro di Padre Avrillon.

IV Domenica di Quaresima –  Giorno di provvidenza

“Subito svegliato, ringraziate la divina provvidenza di tutte le grazie che avete ricevute da che siete nato, delle materne premure usate nella vostra condotta, dei pericoli nei quali vi ha protetto, senza che l’abbiate meritato (né chiesto, magari). Dopo dimandate umilmente che continui i suoi soccorsi e ve li accresca. Rivolgete spesso nel giorno, i vostri pensieri a lei con atti di fede e di confidenza. Abbiatela sempre innanzi agli occhi. Adoratela: rendetevi meritevole dei suoi favori e della sua bontà: attribuite ad essa e non alla vostra industria, tutti i vostri felici successi. Entrate con uno spirito di fede nei suoi adorabili disegni su di voi, e lasciatevi sempre da essa guidare; e siate persuaso che essa dispone di tutto ciò che vi accade, per vostro bene e per la vostra salute”.

Appena uno si sveglia, dovrebbe imparare a ringraziare la Divina Provvidenza. Di che cosa? Di tutto! Perché la Divina Provvidenza provvede a noi tutto il necessario, materiale e spirituale; tutto ciò che noi abbiamo e tutto ciò che noi siamo è frutto della Divina Provvidenza, la quale ci viene incontro anche quando noi non la preghiamo, anche quando non ne siamo coscienti, anche quando noi non la meritiamo.

Tutte le cose belle, buone, giuste, sante e vere, che noi facciamo, a chi vanno attribuite? Vanno attribuite alla Divina Provvidenza, più la nostra felice collaborazione, ma senza la Divina Provvidenza, anche la nostra buona volontà, anche la grazia che opera in noi, cosa potrebbe fare, se non c’è Dio che provvede?

E qui non posso non pensare, come già vi ho detto in passato, a quei taluni, che ogni tanto ci omaggiano della loro sapienza e della loro esperienza, con frasi e riflessioni del tipo: «Ma voi Padri, ma lei, Padre, ma voi Sacerdoti, avete mai provato a dover fare da mangiare alla domenica per sei persone o per dieci persone? Avete mai provato cosa vuol dire dover preparare da mangiare, dover preparar la tavola, dover preparare le cose per sei, sette, otto, dieci persone? Certo, per voi, che siete nelle vostre casette, serviti e riveriti, che pensate solo alle cose spirituali e non avete l’incombenza di dover fare quelle pratiche, è facile parlare!»

Ma tu, cosa ne sai? Solamente perché Padre Pio non si metteva a fare il sugo alla amatriciana, questo vuol dire che aveva meno da fare di te?

Vedete come siamo capaci di essere stupidi, vedete come siamo capaci di fare figuracce pessime con la nostra stoltezza, indegne di un Cristiano, ovviamente.

Vi garantisco che Padre Pio, se avesse dovuto fare anche il sugo, non per sei persone, non per quattro gatti, ma per molti di più, avrebbe trovato il tempo e il modo di farlo, mettendo sempre Dio al primo posto.

Cos’è che sta dietro a questi bei ragionamenti di questi furbastri?

Sta dietro il dire: «Beh io ho tante cose da fare, quindi è logico che la domenica la dedico a preparare da mangiare e, invece, alla Messa del giorno del Signore vado al Sabato sera».

Capite? Questo sta dietro.

Cominciamo a dire che Padre Pio non si svegliava alle 6 del mattino e neanche alle 5, cominciamo da qui.

Cominciamo a dire che Padre Pio alle 3 del mattino era già in piedi a fare la preghiera di preparazione alla Santa Messa per due ore, mentre tu alle 3 di notte stai dormendo… capito? Cominciamo da qua.

Andate a leggere i libri di Storia: più di una volta (ho in mente la Guerra di Albania, per esempio, o la Campagna di Russia), chi riportava indietro i soldati a casa, erano i Cappellani Militari, che sono graduati, mi sembra tenenti, non sono soldati semplici.

Se moriva il Capitano del Battaglione, più di una volta è successo che tutti sono stati riportati a casa dal Cappellano Militare; io ho conosciuto un nostro Padre, che ha riportato a casa i suoi soldati.

Chi sa fare bene le cose di Dio e chi mette Dio al primo posto, vi garantisco, sa fare perfettamente le cose del mondo, non solo, le fa prima, le fa meglio e le fa più velocemente di tutti gli altri; e non ne fa una sola, come dei “mono neuroni”, che sono lì attaccati al sugo e si affogano dentro nel sugo, perché sanno fare solo il sugo, una cosa alla volta.

No, gli uomini di Dio ne sanno fare cinque di cose insieme, per non dire di più… basta vedere Padre Pio, perché sono persone affidate alla Divina Provvidenza.

Ti dicono: «Ah io so fare una sola cosa alla volta».

E io: «Eh… mi dispiace, mi dispiace per te, ma non perché sei stupido, ma perché ti impedisci di essere molto di più: si possono fare più cose insieme».

Mi ha sempre colpito quando studiavo Storia e leggevo di Giulio Cesare, che riusciva a scrivere due lettere contemporaneamente, dettava due lettere contemporaneamente.

Per non parlare di San Carlo Borromeo: alla sua morte, quattro Vescovi non riuscivano a fare, in un mese o in una settimana (adesso non mi ricordo più), quello che lui riusciva a fare in un giorno.

Non parliamo del Beato Cardinal Schuster…

E questi vengono a dire: «Se lei avesse sei persone a cui fare da mangiare, cosa farebbe? Farebbe come noi che andiamo a Messa al sabato sera».

Ma ti prego! Ma per favore, ma per favore… siamo ridicoli, siamo veramente ridicoli!

Quando moriremo, prima ancora di entrare dalle Porte del Paradiso, noi resteremo confusi da quanto e per quanto siamo stati stupidi, superficiali, banali e pigri nella nostra vita, per quante bugie ci siamo raccontati, a giustificazione delle nostre pigrizie.

Svegliati prima, molto prima, e vedrai che tu riesci tranquillamente a far da mangiare per venti persone e ad andare anche alla Santa Messa nel giorno del Signore. Perché quello è il giorno del Signore, non è il giorno di Masterchef, capite?

Il Vangelo che oggi ci propone Padre Avrillon è diverso dal Vangelo che vi ho detto.

Meditazione sulla provvidenza, tratta dal Vangelo.

“Gesù volle andare di là del lago di Tibériade, e fu seguito da una gran moltitudine spinta dalle miracolose guarigioni che faceva. Unitevi in ispirito al popolo che seguita Gesù e non cerca dove potrà trovare da bere e mangiare”.

Guardino un po’ questo discorso, quelli di Masterchef…

“Fidate come lui nella sua divina provvidenza; e se la vostra fiducia è perfetta, siate sicuro della riuscita, mentre Gesù Cristo farà piuttosto un miracolo, che lasciarvi mancare il necessario”.

A parte che magari si lavora non per il necessario, ma per l’eccesso, perché dobbiamo fare bella figura… e allora giù quintalate di cibo, che poi avanzano e vanno buttate.

Non è scritto da nessuna parte che dobbiamo mangiare fino a morire eh…

“Quindi cominciate, per esser convinto della verità e della infallibilità della divina provvidenza. Siate persuaso che se per impossibile non vi fosse questa divina provvidenza, dice S. Agostino, non vi sarebbe religione, né Gesù Cristo, né Dio. Se mai avete avuto dubbi su questa verità fondamentale della nostra religione, deponeteli; rimediatevi al più presto con atti di fede e di confidenza, e ricavate dalla condotta dei popoli del nostro Vangelo e dai miracoli di Gesù come convincervi per non mai diffidare”.

Quindi, per la Divina Provvidenza nulla è impossibile, la Divina Provvidenza può fare tutto e la Divina Provvidenza fa tutto, se noi ci fidiamo di lei e ci affidiamo a lei.

“L’infedeltà contro la divina provvidenza è nell’anima, quando non vi si crede, non si rispetta, né si prendono altri mezzi per ottenere i suoi fini senza conoscerla: è nel cuore poi, quando non vi si aderisce, non si ama ed internamente si è contrario; è nelle mani e nelle azioni, quando si opera come se non vi fosse la provvidenza; e questa triplice infedeltà è tanto più colpevole, che oltre a prove evidenti che abbiamo in tutte le creature, le quali ne sono, dice S. Agostino, i muti predicatori, ne portiamo delle prove sensibili in noi stessi. Facciamo solamente una seria riflessione sulla condotta di Dio a nostro riguardo, e ne converremo”.

Quindi c’è una infedeltà contro la Divina Provvidenza.

Nell’anima: quando non si crede, non si rispetta e non si prendono altri mezzi per ottenere i fini senza conoscerla.

Infatti noi cos’è che diciamo? «Oh che fortuna!», «Che fortuna che ho avuto!», «Oh come sei fortunato!»

Ma siamo nel libro dei maghi?

Cos’è la fortuna?

Non esiste la fortuna!

«Ho incontrato, per caso, un amico».

Non esiste il caso!

Non esiste la fortuna e non esiste il caso, esiste la Divina Provvidenza. Smettiamola di parlare come i pagani!

Nel cuore: quando non vi si aderisce, non si ama, e internamente si è contrario. Quando io non ho nessun rapporto con la Divina Provvidenza, questa è una infedeltà, o quando io non aderisco alla Divina Provvidenza, che provvede lei a come devono essere fatte le cose.

Nelle mani e nelle azioni: quando si opera come se non vi fosse la Divina Provvidenza. Quando faccio tutto io, sono bravo solo io, son capace solo io… quindi, bravo come me in cucina alla domenica non c’è nessuno.

Poi diventiamo, così, muti predicatori dell’infedeltà, perché a tutti diamo prova che noi non crediamo nella Divina Provvidenza, e quindi giù ansie, giù angosce, giù il terrore, perché siamo tutti chiusi in casa e potrebbe succedere che… quindi allora… forse… ma … dunque… e avanti… di tutte queste cose noi siamo più che esperti oramai.

Il che non vuol dire fatalismo, no, è il dire: «Dio provvede. Nella nostra vita Dio provvede sempre».

“I pericoli che abbiamo evitati, i soccorsi evidenti che non ci sono mai mancati nei nostri più urgenti bisogni, i rimedi che abbiamo trovati nelle nostre miserie sì spirituali che temporali ne fanno chiarissima testimonianza. Voi mi direte: Io non ne ho mai dubitato; ma permettetemi che prima di credervi, io vi domandi: avete mai dubitato di questa provvidenza? Non siete stato mai agitato da eccessive sollecitudini dell’avvenire?”

«Che cosa mangeremo? Dove andremo? Come lavoreremo? Dove lo faremo? Cosa succederà?»

“Non vi siete proposto per giungere ai vostri fini, altre strade che quelle, le quali vi erano indicate da questa provvidenza? L’avete sempre consultata in tutti i vostri divisamenti! Non avete mormorato di essa quando vi è sopraggiunta qualche avversità? Non vi siete voi sottratto dalla sua condotta, incaricandovi solo della vostra, senza dirigere la vostra intenzione? Se così è, voi sbagliate, ne avete dubitato. Gesù alza gli occhi sul popolo che lo seguitava, e dice a Filippo: Ove compreremo tanto pane per alimentare tante persone? Adorate, amate la divina provvidenza, che risplende oggi negli sguardi di Gesù Cristo, nelle sollecitudini del suo cuore, nei miracoli delle sue mani, che ne sono le dispensatrici. Egli alza gli occhi e fa conoscere che attende ai bisogni di questo popolo; e con ciò manifesta che ha cura di nutrire quelli che riposano nella sua bontà, che lo seguitano, che ascoltano la sua parola e dimenticano i loro bisogni corporali, per pensare a quelli dell’anima che sono i più importanti”.

Gesù si preoccupa di noi, sempre.

“I suoi occhi adorabili che alza su questo popolo sono i fedeli interpreti del suo cuore. Egli ne è intenerito, ne ha tutta la sollecitudine, e quest’impegno d’un Dio sì buono e potente, deve farci astenere dall’aver premure eccessive per le cose transitorie. La sua bocca parla, dimanda e con tenerezza s’informa, quantunque sappia bene che nei tesori della sua provvidenza può trovare quanto basta a saziar questo popolo”.

Ci sono quelli che, quando devono fare un piatto di pasta, tirano fuori cinquanta pentole, sporcano cinquanta posate e cinquanta piatti, per fare che cosa? Per fare 80 grammi di pasta. E uno dice: «Non è che devi rendere la cucina un campo di battaglia, perché tu devi cucinare!»

E questo ti dice : «Ma dopo lavo e metto a posto».

Ho capito, ma ti sembra che abbia un senso? Prova un po’ a pensare… Beh certo, quando dipende tutto da noi, quando siamo bravi solo noi, quando siamo capaci solamente noi… figurati!

Che bello vedere le persone che, quando fanno quello che devono fare, lo fanno con ordine, discrezione, pulizia, senza tirare fuori e toccare, se non il necessario, che grande scuola di ascesi! E puoi entrare in cucina, quando hanno finito di lavorare, perché non è un campo di battaglia, è un luogo di lavoro. Paradossalmente, dovremmo finire di cucinare, mettere a tavola, e avere già pronta la cucina pulita, per tutto quello che è possibile fare.

Sì, lo so, lo so, già mi immagino le vostre facce, di qualcuno che dice: «Ma è impossibile, ma cosa sta dicendo?»

È possibilissimo, ve lo garantisco, è possibilissimo; non solo è possibile, è necessario, è doveroso.

E quindi compie il miracolo dei cinquemila…

“Vedere le nostre miserie, il sentirle e soccorrerci, è la stessa cosa per lui. Se voi la credete, amatela, ricorretevi in tutte le vostre necessità. Non vi contristate quando temete che vi possa mancare qualche cosa, non abbiate diffidenza nella vostra condotta, né  confidenza nella vostra propria industria, come se voi foste il solo autore di vostra buona ventura ed il solo arbitro di vostra sorte; né siate ansioso di cercar la consolazione nelle creature, quando siete nell’afflizione”.

Quindi ricorriamo alla Divina Provvidenza in tutto e non cerchiamo di consolarci con le persone.

“Che temete voi? Questa provvidenza ausiliatrice ha abbandonato mai alcuno di coloro che l’hanno implorata con confidenza? Ha ella abbandonati i tre fanciulli nella fornace di Babilonia? Ha ella abbandonato Mosè esposto sulle acque del Nilo? Ha ella abbandonato il casto Giuseppe nella sua prigione? Ha ella abbandonato Giona in un naufragio e nel ventre di una balena? Ha ella abbandonata la casta Susanna ingiustamente accusata di adulterio? Ha ella abbandonato forse Giobbe nel suo letamaio e Daniele nella fossa dei leoni?”

Allora, perché dovrebbe abbandonare te?

 

E adesso vi leggo questa bellissima preghiera:

“O divina provvidenza, possente dispensatrice di tutti i beni, madre pietosa in tutti i nostri bisogni, io vi adoro, vi amo e pongo in voi tutta la mia confidenza; vi rendo i più vivi ringraziamenti per i benefizi che ho da voi ricevuti; e vi dimando umilmente perdono di tutte le infedeltà, che ho commesse contro di voi colle mie ingratitudini e diffidenze, co’miei ingiusti lamenti e timori sull’avvenire. Io mi rendo intieramente a voi, mi rimetto come uu cieco sotto la vostra adorabile scorta, dalla quale non mi allontanerò mai più.Voglio da qui innanzi seguirvi sino nei più lontani deserti per ascoltare la vostra divina parola, ed ammirare i vostri prodigi. Non avrò più alcun timore purché voi siate meco; e voi sarete la mia forza, il lume, la ricchezza, la speranza, il mio alimento e la mia vita. Voi avete rivolto gli occhi sopra il popolo, che vi seguiva, voi avete conosciuti i suoi bisogni, voi l’avete satollato: rivolgetevi ancora sulle mie miserie; considerate piuttosto i bisogni dell’anima mia, che quelli del mio corpo. Apritemi le viscere della vostra misericordia, nutritemi di questo pane celeste della vostra divina parola, fatela sentire alle orecchie del mio cuore, e rendetemi degno di pascermi spesso di questo pane sostanziale del vostro corpo e del vostro sangue, molto più sostanzioso di quello che deste al profeta Elia, poiché mi darà forza per condurmi, non alla montagna d’Oreb, ma al celeste soggiorno, promesso a quelli che vi amano”.

Bellissima, no?

Bene. Domani vedremo il “Giorno di religione”.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 15, 1-3. 11-32)

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

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