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Verità e compromesso

Veritas

Omelia sulla prima lettura di lunedì 5 ottobre 2015

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulla prima lettura di lunedì 5 ottobre 2015 (Gio 1,1-2,1.11) “Giona invece si mise in cammino per fuggire lontano dal Signore”.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré.

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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Verità e compromesso

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

La prima lettura di questa Santa Messa, tratta dal Libro del Profeta Giona, ci fa vedere un po’ una parabola della nostra vita, nel senso che purtroppo può capitare anche a noi di fuggire da Dio, di scappare da Dio, che tradotto vuol dire fuggire dalla verità, dalla verità di noi stessi, dalla verità di quello che siamo, di quello che abbiamo fatto, di quello che viviamo nel profondo del nostro cuore.

Fuggiamo da Dio, fuggiamo perché il Signore ci chiede dei compiti e ciascuno ha i suoi.

Giona aveva il compito di andare a predicare la conversione a Ninive, di andare a dire a Ninive: «Guardate che, se non vi convertirete, tra quaranta giorni Ninive sarà distrutta», ma Giona si spaventa, Giona ha paura di compiere questa cosa, Giona ha paura della reazione dei Niniviti, ha paura di essere preso per un pazzo.

Cosa vuol dire andare a dire ad una popolazione, ad un paese, che in quaranta giorni sarà distrutto? Poi, quaranta giorni sono tanti… quindi Giona se ne va, fugge.

Fugge per salvarsi, fugge perché non vuole corrispondere alla vocazione, alla chiamata di Dio, ma dal Signore non si può fuggire, pena andare incontro ad una tempesta terribile, che è innanzi tutto la tempesta della nostra anima e della nostra mente, poi è la tempesta di tutto quello che ci accade attorno, che vuol dire che tutto viene contro di noi.

Quando noi fuggiamo dalla verità, quando noi fuggiamo da quello che siamo e da ciò che il Signore ci chiede, noi andiamo incontro a una tempesta, stiamo male, che è quello che oggi di fatto sta succedendo molto tra noi cattolici, tra noi credenti, o sedicenti tali.

Chi annuncia più la verità? Chi si mette più a rischiare la propria testa, la stima, il consenso? Chi rischia più tutto quello che ha, pur di andare a predicare la conversione? E questo vale per ciascuno, secondo la propria vocazione, perché non occorre essere dei sacerdoti per predicare la conversione.

Un qualunque Cristiano battezzato è chiamato a predicare con la vita, con la lingua, che dobbiamo convertirci a Dio.

Oggi viviamo nel compromesso, abbiamo fatto il compromesso con il mondo, siamo collusi con il mondo, siamo collusi col demonio, siamo scesi a patti col demonio.

Per essere collusi col demonio non serve arrivare a fare una messa nera o chissà quale patto strano col demonio. No, no, non è necessario arrivare fin lì, si fanno i patti molto prima, anche senza i riti, e i patti si fanno nel momento in cui si rinuncia ad essere veri, a fare verità dentro di sé, a correre il rischio di questa verità, ad assumersi la responsabilità di questa verità, ad andare a chiedere perdono per le proprie colpe, per i propri peccati, nel momento in cui scegliamo di salvare la nostra vita stringendo compromessi con questo mondo.

Per questo è difficilissimo trovare qualcuno che parli chiaro, che dica chiaramente che il male è male, che il bene è bene, che distingua ciò che è di Dio e ciò che non è di Dio.

Oggi sembra che vada bene tutto, tutto, c’è posto per tutti, tutti.

Non serve né essere pentiti, né essere in grazia di Dio, né essere confessati… ma neanche si parla più di queste cose! È una rarità trovare qualcuno che parli di queste cose. Questo vuol dire fuggire da Dio, perché è fuggire dalla verità.

Siamo come un branco di conigli, che si va a nascondere sottoterra, nei buchi bui e umidi a mangiare radici e vermi, rinunciando al pane dei figli, che è l’Eucarestia.

Quindi dobbiamo chiedere allo Spirito Santo quell’ardore che avevano i primi Cristiani, che hanno ancora i Cristiani di oggi che sono perseguitati.

Andate a vedere in Vietnam, in Cambogia, in Cina, in Pakistan, in Siria, in tutti questi paesi dove i Cristiani vengono massacrati, dove i bambini vengono uccisi, decapitati, per la loro fede in Gesù!

Parliamo di tante stupidaggini e non parliamo di queste cose, non ci poniamo il problema che queste cose potrebbero capitare anche a noi.

E noi cosa faremmo?

Una persona pochi giorni fa mi dice: «Padre, sa, se dovesse arrivare anche qui la persecuzione contro i Cristiani, io non lo so se avrei il coraggio…se mi tagliano la testa, se mi esiliano o se…»

È questa la nostra fede?

Questo è il nostro amore per il Signore?

Il martirio è il dono per eccellenza da parte di Dio e noi stiamo lì a preoccuparci delle sciocchezze, delle nostre quisquilie, delle nostre meschinità, quando invece dovremmo preoccuparci di chiederci se noi veramente amiamo Dio e se siamo disposti a rinunciare a tutto, anche alla vita per Lui, o se come Giona fuggiamo.

Questo si capisce da come ci avviciniamo al Sacramento della Confessione: lo facciamo raramente e male, non sappiamo neanche più cos’è il peccato.

Ma si può andare a dire in confessionale: «Mah, io non ho fatto grandi peccati…è un anno che non mi confesso, ma non ci sono peccati… che peccati faccio? Ammazzare non ammazzo, rubare non rubo»?

Capite?

Abbiamo veramente perso la coscienza cristiana.

San Carlo Borromeo si confessava una volta al giorno, immaginiamoci se noi non facciamo i peccati! Il giusto pecca sette volte al giorno, dice la Scrittura.

Noi non facciamo peccati, li confessiamo male, non si capisce niente di quello che diciamo, bisbigliamo i peccati, siamo allusivi…ma chiamiamo le cose con il loro nome!

Diamo un nome alle cose!

Non abbiamo nessuna vergogna di fare i peccati davanti a Dio e poi abbiamo vergogna di riconoscere i nostri peccati davanti ad un uomo, che è lì a rappresentare Dio, a mediare Dio.  Ma che assurdità sono queste? Sono cose irrazionali, illogiche!

Vuol dire prendere la vita e girarla a gambe per aria, quando invece dovremmo dire, come Giona: «È per causa mia che si è scatenata questa tempesta».

Non sarà forse per causa nostra che nella Chiesa c’è tutta questa divisione, tutto questo fermento, tutto questo tumulto, tutti questi scandali che succedono, non ultimo quello di questi giorni, di ieri?

Dopo siamo tutti lì pronti a dire: «Oh, ma guarda che cosa scandalosa nella Chiesa…»

Basta fare entrare il mondo nella Chiesa e succede questo, e di più ancora!

Semplice, basta rinunciare alla devozione, basta rinunciare alla fede, a credere in un certo modo, all’ascesi, alla penitenza, alla confessione frequente, alla devozione eucaristica, alla visita al Santissimo, alle pratiche di pietà…basta rinunciare a tutto, ed è come sfogliare un carciofo, alla fine ti rimane in mano un gambo.

Dopo ci stupiamo se anche i sacerdoti crollano…

Ma guardate che cadono anche le stelle del cielo!

Lo dice l’Apocalisse che il dragone con la sua coda tira giù un terzo delle stelle del cielo: sono i santi, quelli che dovevano essere santi, che precipitano giù, se li porta via lui.

Perché se li porta via?

Se li porta via perché non sono ancorati veramente al cielo, che è Dio, e quindi lui ne fa una strage.

Certo che, se noi non insegniamo queste cose, poi è difficile essere fedeli.

Chiediamo allo Spirito Santo la grazia di vivere così.

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Le letture del giorno

Prima lettura

Gio 1,1-2,1.11 – Giona invece si mise in cammino per fuggire lontano dal Signore.

In quei giorni, fu rivolta a Giona, figlio di Amittài, questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore.
Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e vi fu in mare una tempesta così grande che la nave stava per sfasciarsi. I marinai, impauriti, invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono in mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più in basso della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cosa fai così addormentato? Àlzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo».
Quindi dissero fra di loro: «Venite, tiriamo a sorte per sapere chi ci abbia causato questa sciagura». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Gli domandarono: «Spiegaci dunque chi sia la causa di questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?». Egli rispose: «Sono Ebreo e venero il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra».
Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: «Che cosa hai fatto?». Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dal Signore, perché lo aveva loro raccontato. Essi gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?». Infatti il mare infuriava sempre più. Egli disse loro: «Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia».
Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano, perché il mare andava sempre più infuriandosi contro di loro. Allora implorarono il Signore e dissero: «Signore, fa’ che noi non periamo a causa della vita di quest’uomo e non imputarci il sangue innocente, poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere». Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e gli fecero promesse.
Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. E il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia.

Salmo responsoriale

Gio 2

Signore, hai fatto risalire dalla fossa la mia vita.

Nella mia angoscia ho invocato il Signore
ed egli mi ha risposto;
dal profondo degli inferi ho gridato
e tu hai ascoltato la mia voce.

Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare,
e le correnti mi hanno circondato;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.

Io dicevo: «Sono scacciato
lontano dai tuoi occhi;
eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio».

Quando in me sentivo venir meno la vita,
ho ricordato il Signore.
La mia preghiera è giunta fino a te,
fino al tuo santo tempio.

Vangelo

Lc 10,25-37 – Chi è il mio prossimo?

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

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