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Lunedì Santo

Gesù in prigione

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: «Lunedì Santo»
Lunedì 3 aprile 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 12, 1-11)

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.
Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 3 aprile 2023, lunedì della Settimana Santa.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo dodicesimo di San Giovanni, versetti 1-11.

Ricordiamo alcuni appuntamenti importanti.

Il primo è quello di fare l’Ora Santa ogni giorno di questa Settimana Santa: è una richiesta di Gesù a Suor Josefa — stiamo leggendo proprio il suo libro — fatta il lunedì Santo del 26 marzo 1923, in cui appunto chiese di fare questa Ora Santa ogni sera di questa settimana e mi sembra bello consigliarlo e ricordarcelo. È un’ora da dedicare a Gesù.

Oggi inizia anche la novena alla Vergine della Rivelazione e, per esempio, si potrebbe fare la supplica alla Vergine della Rivelazione, molto bella, non è neanche lunga, e così vivere bene questa novena in preparazione a questa bella importante memoria dell’apparizione della Vergine Maria alle Tre Fontane di Roma.

Detto questo, andiamo subito al nostro testo e siamo al 24 marzo 1923, Lunedì Santo.

Fin dal mattino del lunedì Santo, 24 marzo 1923, Nostro Signore invita Josefa ad andare in cella, perché non ha ancora terminato il racconto dei suoi dolori.

«Bacia la terra e riconosci il tuo niente — Egli le dice — Adora la potenza e la maestà del tuo Dio, ma non dimenticare che se Egli è infinitamente giusto e potente, è anche infinitamente misericordioso!»

Impariamo quando preghiamo, magari all’inizio e alla fine della nostra preghiera, a baciare la terra: a metterci in ginocchio e prostrarci e baciare la terra. Questo gesto del baciare la terra è proprio per riconoscere il nostro nulla e per adorare Dio. Non dobbiamo mai dimenticare che Dio è giusto e potente e allo stesso tempo è misericordioso. 

«Ed ora continuiamo Josefa, e seguimi per la via del Calvario sotto il peso della croce.

Mentre l’eterna perdizione di Giuda immergeva il mio Cuore in un abisso di tristezza, i carnefici, insensibili al mio dolore, mi caricarono sopra le spalle straziate la croce dura e pesante sulla quale stava per consumarsi il mistero della redenzione del mondo.

Angeli del cielo, contemplate questo Dio davanti al quale voi siete prostrati in continua adorazione!»

Che bello! Gesù ci ricorda che gli angeli sono prostrati in continua adorazione davanti a Dio, che è molto di più dell’essere in ginocchio. 

«Vedete il Creatore di tutte le meraviglie di quaggiù salire verso il Calvario sotto il legno santo e benedetto che riceverà il suo ultimo respiro!»

Bene, quindi contempliamo Gesù per la via del Calvario, contempliamo Gesù sotto il peso della Croce, contempliamo Gesù che è immerso in un abisso di tristezza per l’eterna perdizione di Giuda. E poi anche per quello che stanno facendo i carnefici, con una spietatezza disumana. 

Prosegue Gesù:

«E voi, anime che desiderate essere mie fedeli imitatrici, contemplate il mio corpo, martoriato da tanti tormenti, e che avanza estenuato, bagnato di sudore e di sangue. Esso soffre senza che nessuno compatisca il suo dolore. La folla mi accompagna… i soldati mi circondano come lupi, avidi di divorare la preda… e nessuno ha pietà di me!

Ecco, noi vogliamo avere pietà di Gesù e lo vogliamo accompagnare in questa Settimana Santa. Ecco perché il Vangelo di oggi è tanto importante. Vediamo che Giuda è assolutamente insensibile e impermeabile al gesto di amore, di venerazione, di dolcezza, di delicatezza compiuto da Maria quando — ci dice il Vangelo — lei prende trecento grammi di profumo di puro nardo e cosparge i piedi Gesù e poi li asciuga con i suoi capelli. Un gesto bellissimo, un gesto di purissima gratuità che però sarà, come vi ho già detto, la goccia che fa traboccare il vaso. È da questo gesto che Giuda poi muoverà i suoi passi per compiere questo tradimento. Ecco, quindi, di fronte a questo gesto bellissimo che noi vogliamo riprendere, vogliamo anche noi viverlo, attraverso cosa? Attraverso la nostra preghiera, attraverso il nostro amore.

«La mia stanchezza è tanta e la croce tanto pesante che Io cado a metà cammino…Guardate come quegli esseri inumani mi rialzano brutalmente: uno mi afferra per il braccio, l’altro mi tira per le vesti, rimaste aderenti alle ferite, altri mi prende per il collo, altri pei capelli, alcuni mi sferrano addosso colpi terribili, con pugni e calci…

Io adesso lo leggo velocemente, perché ovviamente il tempo è tiranno, ma riprendete queste cose, riprendete tutti questi dettagli, perché guardate, sono terribili! 

La croce cade sopra di me schiacciandomi sotto il suo peso… Le pietre della via feriscono il mio volto… La sabbia e la polvere si mescolano al mio sangue per offuscare i miei occhi e incollarsi al mio volto: sono l’essere più spregevole della terra!

È incredibile, questo dobbiamo dirlo, vedere come di fronte a una persona — consideriamolo come uomo, se poi consideriamo la sua natura divina ancora di più — è incredibile vedere come si possa assistere a una cattiveria, a una spietatezza, una disumanità, una ferocia così potente, così grave e non esserci nessuno che faccia qualcosa. Ma badate, quando dico nessuno, dico nessuno. Nessuno fa niente.

È vero che Gesù aveva detto a Pietro: “Rimetti via la spada”, ma ci sono tanti modi per aiutare una persona, non c’è solamente quello di prendere una spada e tagliare le orecchie delle persone. Non c’è solamente quello di prendere la spada e fare un combattimento. Ci sono tanti modi per aiutare qualcuno. Gesù non ha detto: “Non voglio essere aiutato”. Gesù non ha detto: “Voglio essere abbandonato”. Gesù non ha detto: “Dimenticatevi di me”. Gesù non ha detto: “Lasciatemi solo”, non ha detto questo. Gesù, semplicemente non ha voluto, non ha permesso l’atto di violenza. Ma ci sono tanti modi per difendere qualcuno, per aiutarlo, per frapporsi a tutta questa cattiveria.

Pensate se tutti gli undici gli fossero stati accanto in questo momento. Magari probabilmente sarebbe comunque finita in quel modo, però quella presenza avrebbe detto tanto. E tutti questi pugni e calci assolutamente gratuiti, questo tirargli i capelli, tirarlo per il collo. Ma perché? Perché così? Vedete: qui si vede proprio tutto l’odio diabolico che rigurgita nelle membra di queste persone malvagie.

«Seguitemi ancora… pochi passi più avanti incontrerete la mia Madre santissima, col cuore trafitto dal dolore.

Meditate il martirio di questi due cuori: per mia Madre, colui che ella ama sopra ogni cosa è il suo Figlio… e, lungi dal poterlo sollevare, sa tutto quello che la sua presenza aggiunge alle mie sofferenze.»

Certo, la Vergine Maria, poverina, cosa poteva fare da sola! E questo accresce ancora di più le sofferenze di Gesù.

«Per me, quella che amo di più al mondo è mia Madre! E non soltanto non posso consolarla, ma il pietoso stato in cui mi vede ridotto la trafigge di una pena simile alla mia, perché la morte che Io soffro nel corpo mia Madre la sopporta nell’anima!»

Quindi il rapporto che c’è tra Gesù e la Vergine Maria è un rapporto specialissimo. Questo ci dice anche quanto Gesù è contento, per analogia, quando noi amiamo la Vergine Maria sull’esempio Suo. Perché al mondo nessuno Lui ama di più della Vergine Maria. Quindi si vede come tutta la sua sofferenza viene esacerbata dal fatto che non può consolarla, non può dirle niente, non può dire una parola, non può fare nulla. E quanto la Vergine Maria soffra nell’anima quello che Gesù soffre nel corpo.

«Ah! Come si fissano su di me i suoi sguardi e come i miei occhi, offuscati e insanguinati, si fissano su di lei. Non si pronuncia una parola, ma quante cose si dicono i nostri cuori in quel doloroso incontro!»

Del resto, quando si soffre tanto non c’è più spazio per le parole, c’è spazio solo per gli sguardi. Quando siamo a questi livelli, quando siamo a questo punto, le parole non bastano più.

Gesù tace… Sembra che l’amore lo assorba nel ricordo dello sguardo di sua Madre. Josefa è colpita da questo silenzio. Finalmente osa romperlo e chiede al Maestro se la Madre sua aveva avuto conoscenza dei suoi dolori durante quelle ore tragiche.

«Sì — risponde con bontà — Tutti i tormenti della mia passione erano presenti al suo spirito per rivelazione divina. Qualcuno dei miei discepoli, sebbene da lontano per timore dei Giudei, cercava anche d’informarsi di ciò che accadeva per riferirglielo. Quando seppe che la mia sentenza di morte era pronunciata, Ella uscì per incontrarmi, e non mi lasciò più finché non fui deposto nel sepolcro».

Che bello: ecco, questa è una madre, questa è la Madre delle madri. Per questo ci si inginocchia davanti a lei e per questo oggi iniziamo questa bella novena alla Vergine della Rivelazione. Perché lei veramente non ci lascia mai, come ha fatto col suo figlio Gesù. “Non mi lasciò più finché non fui deposto nel sepolcro”. Bellissimo!

Frattanto il corteo avanza verso il Calvario.

«Quegli uomini iniqui, temendo di vedermi morire prima di giungere al termine, spinti da una perfida malizia e non dalla compassione, si mettono d’accordo per cercare qualcuno che mi aiuti a portare la croce; requisiscono perciò, a poco prezzo, un uomo delle vicinanze chiamato Simone.

Ma basta per oggi: ne riparleremo domani. Ora va’ a chiedere alle tue Madri — Ecco quello che vi ho detto prima — di permetterti di fare l’ora santa ogni sera di questa settimana e di darmi la libertà di prenderti, quando avrò bisogno di te, a qualsiasi ora»

Ella in cuor suo esita un poco, ma il Maestro insiste con forza:

«Non dimenticare che ho su di te tutti i diritti. Solo le tue superiore, che mi rappresentano, possono disporre di te e da esse ho avuto piena libertà».

«Mi sono confusa alla sua presenza — scrive umilmente Josefa — e mi sono prostrata ai suoi piedi per chiedergli perdono!».

Ciò che la rende titubante non è mai il timore di soffrire, ma la brama sempre più forte di lavorare e di rendere servizio, brama che non riuscirà mai a sopprimere del tutto e sarà sempre, fino alle fine, il motivo della sua immolazione e l’alimento del suo amore.

Quella sera, secondo i desideri di Gesù, si apre la serie di quelle ore sante in cui il Cuore divino si rivelerà nuovamente alle anime.

Nostro Signore aspetta già nel coretto di S. Bernardo quando Josefa vi giunge verso le nove di sera. Egli appare in un atteggiamento triste, col volto coperto di polvere e di sangue.

«Josefa — dice appena ella ha rinnovato i voti — voglio che tu mi faccia compagnia durante quest’ora e che tu condivida la mia tristezza nella prigione. Contemplami in mezzo a quella soldataglia insolente. Penetra specialmente in fondo al mio Cuore… studialo: vedi quanto soffre nel trovarsi solo… poiché tutti quelli che si dicevano miei amici mi hanno abbandonato, tutti si sono allontanati!»

Questa, secondo me, è la cosa più brutta, è la cosa più triste: tutti, non c’è nessuno. “Tutti quelli che si dicevano i miei amici mi hanno abbandonato”. Perché? Perché Lui non ha corrisposto alle loro attese, perché Lui non è stato come loro volevano che fosse, perché Lui li ha delusi, Gesù li ha delusi. Perché loro non amavano Gesù, loro amavano l’idea che avevano di Gesù, che è un’altra cosa. In definitiva loro amavano sé stessi e quando Gesù ha sgretolato, ha deluso questa idea, perché non corrispondeva alla realtà che avevano di Lui, basta, se ne sono andati, perché noi uomini siamo fatti così. Noi parliamo di amore: “Ti amo, amicizia, amico, padre, tu sei questo, tu sei quello, tu sei quell’altro…”, noi siamo pieni di parole, di parole che lasciano il tempo che trovano. Ma perché lasciano il tempo che trovano? Perché in realtà queste parole non sono la sintesi di una realtà e quindi di una verità, ma sono la manifestazione di un qualcosa che sembra essere — e nominalmente lo è – amore, amicizia, ma in realtà non è altro che la ricerca di sé stessi. E quindi questo finto amore, questa finta amicizia sta in piedi finché non viene messa nel crogiuolo della verità, verità che è data dal fatto che Gesù dice: “Se mi vuoi amare, mi ami a modo mio, non a modo tuo. Sennò che amore è? Mi ami come io voglio essere amato, mi ami nel modo, nei contenuti che io ti chiedo, non come tu hai in testa. Io non sono quello che tu credi che io sia, io non sono quel liberatore, io non sono colui che prenderà in mano la potenza per far regnare la giustizia, io non sono questo. E se tu mi ami, come dici di fare, di essere innamorato di me, allora mi segui così, allora mi accetti per quello che sono”.

Il falso amore, in definitiva non accetta mai l’altro per quello che è: lo ama per quello che non è, è tanto facile amare ciò che non esiste! Perché non chiede nessuna vera compromissione, non chiede nessun reale coinvolgimento. È tutto un’idea, è tutto un sentimentalismo, è tutto un’effervescenza interiore.

Tutti i miei amici mi hanno abbandonato, tutti si sono allontanati”. E tutti quelli che da quelle mani erano stati guariti, sanati, miracolati, curati, accarezzati, perdonati, amati… non c’è nessuno? E quello che accade la domenica delle Palme, cioè ieri? “Osanna al Figlio di Davide Osanna al Redentore…”. Dove sono? Questo è il dramma.

«Padre mio, Padre celeste! Ti offro questa tristezza e questa solitudine del cuore affinché ti degni accompagnare e sostenere le anime nel loro passaggio dal tempo all’eternità!»

Perché, come abbiamo detto tante volte, in quel passaggio siamo soli, umanamente soli.

Qui tacque — scrive. — L’adorai e lo supplicai di darmi la sua croce.

«Sì, te la darò, e il tuo cuore sarà trafitto dalla stessa tristezza del mio.

Ah! Come la tua piccolezza può essere grande, Josefa, se tu non fai che una sola cosa con me! Lascia che il tuo cuore s’immerga nei sentimenti d’umiltà, di zelo, di sottomissione e di amore in cui il mio s’inabissò, in mezzo agli affronti di cui fui vittima durante la passione. Altro non desideravo che glorificare il Padre, rendergli l’onore rapitogli dal peccato e riparare le offese di cui gli uomini lo colmano».

Questa è l’unicità di Gesù: glorificare il Padre, rendergli l’onore che il peccato gli ha rapito, riparare le offese. Gesù vuol fare solo questo, i suoi discepoli non l’hanno assolutamente capito, nonostante Lui l’abbia detto in tutte le salse, nessuno l’ha mai capito veramente. Solo se loro avessero condiviso questo, non avrebbero abbandonato Gesù. Ma siccome questo non l’hanno condiviso, al momento opportuno se ne sono andati.

«Perciò m’inabissai in una così profonda umiltà sottomettendomi a tutto ciò che esigeva da me il suo beneplacito e, infiammato di zelo per la sua gloria e di amore per la sua volontà, accettai di soffrire con la più intera rassegnazione».

Qui Gesù tacque di nuovo, e poi soggiunse:

«Mio Dio e Padre Mio! La mia dolorosa solitudine ti glorifichi! La mia pazienza e la mia sottomissione ti plachino! Non colpire le anime con la tua giusta indignazione. Guarda il Figlio tuo… Vedi le sue mani legate con quelle catene con cui fui caricato dai carnefici. In nome della pazienza ammirabile con cui sopportò tanti supplizi, perdona alle anime, sostienile, non lasciarle soccombere sotto il peso della loro debolezza. Accompagnale nelle ore di ‘prigione’ e dà loro forza per sopportare le pene e le miserie della vita con piena adesione alla tua santa adorabile volontà»

Vedete, ancora una volta, in quella prigione fredda, umida, ghiacciata, puzzolente, abbandonato, umiliato, percosso, Gesù ancora pensa a noi. Ecco che Gesù ancora prega per noi. 

Dopo un prolungato istante di silenzio disse infine:

«Adesso va’, Josefa: porta con te la mia croce e durante questa notte non lasciarmi solo; tienimi compagnia nella mia prigione!»

«Come farò, Signore? — chiede timidamente. — Temo di addormentarmi e di non pensare più a te!»

Il divino Maestro le risponde con infinita condiscendenza:

«Sì, Josefa, tu puoi e devi dormire senza tuttavia lasciarmi solo».

Che bella questa cosa. Adesso sentite questo segreto che oggi Gesù ci regala. Io, questa preghiera che tra poco vi leggerò, la recito tutte le sere prima di andare a dormire. Proprio è l’ultima preghiera che recito prima di andare a dormire, tutte le sere la recito. Quindi le dice: “Non lasciarmi solo” e lei dice: “Come faccio a non lasciarti solo che poi mi addormento?” e Lui dice: “Certo che tu devi dormire, però questo non vuol dire che mi lasci solo”.

«Quando le anime non hanno la possibilità, come esse desidererebbero, di restare a lungo alla mia presenza, perché sono obbligate a riposarsi o ad occuparsi in cose che tengono assorte le loro facoltà, nulla impedisce loro di fare con me una convenzione, in cui l’amore s’industria e si manifesta forse più ancora che nell’ardore di una devozione libera e tranquilla»

Pensate che bello!

«Così va’ a riposarti, come devi, ma prima comanda alle potenze dell’anima tua di rendermi durante la notte il culto del tuo amore. Lascia piena libertà ai più teneri affetti del tuo cuore, affinché, attraverso il sonno dei tuoi sensi, essi non cessino di rimanere alla presenza dell’unico oggetto del tuo amore.

«Basta un istante per dirmi: 

“Signore! Vado al riposo, o al lavoro, ma l’anima mia rimane in tua compagnia. La mia attività riposerà durante questa notte — o si occuperà durante questo lavoro — ma tutte le mie potenze rimarranno sotto il tuo soave dominio e il mio cuore ti conserverà l’amore più costante e più tenero”

Potete usarla sia quando andate a letto a riposare oppure la potete usare anche prima di fare il vostro lavoro. Esempio, quando uno inizia a studiare, prima può recitare questa preghiera, quando devi iniziare a lavorare, puoi iniziare con questa. Cosa ci vuole a recitarla? Venti secondi.

Ecco, in questo modo noi non lasceremo mai solo Gesù. In questo modo noi gli terremo sempre compagnia. E quindi potremo vivere la Mistica della Luna, di cui vi ho parlato nella catechesi che ho fatto l’ultima volta a Radio Mater. Questo imparare a svegliarsi alla notte, svegliati dal nostro Angelo custode, per dire una preghiera al Signore.

«Va’ in pace, Josefa, e il tuo cuore rimanga unito al mio!»

Questa direttiva, preziosamente raccolta, sarà una delle consolazioni degli ultimi suoi mesi di vita. Ella ha cercato di riprodurla con uno stile, forse disadorno, ma le anime fedeli sapranno scoprire in queste righe il valore dell’intenzione che le orienta verso l’Ospite interiore e fissa, nelle ricchezze della sua Vita, ore che potrebbero sembrare inutili alla sua Opera, e che invece Egli riveste di tutto il loro significato redentore.

Bene, e con questo vi ho concluso il Lunedì Santo: con la bellissima chicca che Gesù ci ha regalato di questa stupenda preghiera. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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