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Le radici spirituali delle malattie psichiche: ventitreesima parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 11 marzo 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Ventitreesima Parte

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Eccoci giunti a giovedì 11 marzo 2021, Abbiamo appena letto il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal cap. XI, vv 14-23 di San Luca.

La cosa che più impressiona di questo Vangelo è che sia possibile arrivare a pensare che Dio opera in nome del demonio. Questa è la cosa più tremenda. Si può arrivare ad un tale grado di chiusura, di confusione, di rinuncia alla Verità da vedere, nell’opera buona di Dio, l’opera del demonio. Questi vedono nell’esorcismo che sta facendo Gesù un’azione di Satana, che è una cosa anche logicamente assurda. Gesù fa capire loro con questa piccola parabola quanto sia assurda questa prospettiva. Ma piuttosto che cambiare idea su Gesù e dover rivedere il loro impianto, preferiscono pensare che Gesù scaccia in nome di Beelzebul che vuol dire “il Signore delle mosche”.

Noi continuiamo la nostra meditazione riflessione sul testo “L’inconscio Spirituale” del prof. Larchet, siamo arrivati a vedere il vizio capitale dell’accidia.

“Comunque sia, tutti questi stati collegati con l’accidia si accompagnano a inquietudine e ansietà, che sono, oltre al disgusto, caratteri fondamentali di questa passione.”

Abbiamo visto che l’accidia produce il disgusto, inquietudine e ansietà.

“Ciò che essenzialmente differenzia l’accidia dalla tristezza è che niente di preciso la motiva..”

“Cos’è che hai che non va?” “Niente, non lo so, so solo che sto male”

“…e che «lo spirito è turbato senza ragione», come dice san Giovanni Cassiano. Ma che non abbia motivi non significa che non abbia una causa.”

Il soggetto non sente un motivo, non è morto nessuno e non c’è qualcosa che l’angoscia, non sa bene cos’ha, sa solo di avere questo stato interiore di turbamento. Non ha un motivo, ma ha una causa.

“Secondo i Padri, qui è preponderante l’eziologia demoniaca, la quale tuttavia presuppone, per poter agire, un terreno favorevole. Essere attaccato al piacere ed essere dominato dalla tristezza ne costituisce uno particolarmente adatto.”

Chi è attaccato al piacere sotto tutte le forme e chi sente in sé vivere la tristezza offre un terreno ottimo per l’accidia.

“Il principale effetto patologico dell’accidia è un oscuramento generale dell’anima (un fattore che abbiamo già incontrato nella tristezza): essa rende lo spirito oscuro, acceca e copre di tenebre tutta quanta l’anima. L’intelligenza perde allora ogni capacità di discernimento e di conoscenza oggettivi della realtà. I Padri constatano ancora che l’accidia – «un rilassamento dell’anima», «un lasciarsi andare dello spirito» – genera il vuoto nell’anima, induce l’uomo a una negligenza generalizzata e lo rende vigliacco. Se unita alla tristezza, l’aggrava, e allora tanto più facilmente può portare alla disperazione.”

Quando si sente parlare di vuoto: “Ma sento un vuoto nella mia anima, sento il vuoto”, questa è l’accidia, è il rilassamento, il lasciarsi andare, e da lì succede che l’uomo diventa negligente, non fa più quello che deve, e diventa vigliacco, cioè mancante di coraggio e poi cade nella disperazione.

“Altra sua notoria conseguenza è di rendere irritabile chi ne è colpito.”

Dentro ad uno stato del genere è chiaro che uno diventa irritabile.

“La terapeutica spirituale della tristezza varia a seconda delle sue differenti cause.

1) La prima possibile causa della tristezza è la frustrazione d’un piacere presente o atteso e dunque, più fondamentalmente, la perdita di un bene sensibile, la frustrazione di un desiderio o la delusione di un’aspettativa carnale. Nel caso d’una eziologia di questo tipo; la terapeutica della tristezza implica essenzialmente la rinuncia ai desideri e ai piaceri «carnali» e, correlativamente, il distacco da tutti i «beni» sensibili, spingendosi fino al loro disprezzo. Siccome ogni passione ha per fondamento un desiderio carnale in cerca del piacere sensibile, vien da sé che la terapeutica della tristezza va unita alla terapeutica delle altre passioni. L’uomo sottomesso alla carne è avido non solamente di beni materiali, ma anche di onori e di gloria umani; analizzando la passione della tristezza, abbiamo sottolineato lo stretto legame che essa ha con la vanagloria, dato che la delusione nella ricerca di onori e gloria in questo mondo è una causa frequente di tristezza, sia per quelli che già ne possiedono ma ne desiderano di più grandi ancora, sia per quelli che aspirano a uscire dall’anonimato. In questo caso, la terapeutica della tristezza deve far arrivare al disprezzo della gloria e degli onori di questo mondo o, meglio ancora, a una totale indifferenza nei loro riguardi, sia che uno già ne possieda sia che non ne possieda.

2) Una seconda causa essenziale della tristezza è la collera, sia essa causa o conseguenza di un’offesa subita, che ben di frequente assume allora la forma del rancore. Comunque sia, è anzitutto bene perdonare chi ha offeso, lasciar cadere ogni rancore nei suoi confronti e, al contrario, mostrargli benevolenza e carità. Invece di accusare l’offensore, chi è stato offeso deve accusare sé stesso, sia che si riconosca degno dell’offesa – a motivo del suo stato di peccato – sia che riconosca di averla provocata con qualche parola, atteggiamento o gesto sconveniente nei confronti dell’altro.

3) Abbiamo poi visto che, oltre alle forme di tristezza di cui è possibile determinare con precisione la causa, esiste anche una tristezza «immotivata», quella che può insediarsi nell’anima senza un’apparente ragione. In questo caso non è possibile pensare a un rimedio specifico, e allora sarà una terapeutica di carattere generico che bisognerà adottare, la medesima peraltro che completa le terapeutiche già descritte per le varie forme di tristezza analizzate in precedenza. E poi importante che l’uomo in preda alla tristezza non si chiuda in sé – favorirebbe lo sviluppo della malattia – ma, al contrario, voglia veramente tirarsi fuori da quello stato e manifesti i suoi pensieri a uomini spirituali esperti e si consigli con essi. Così potrà venire liberato da questi pensieri e sentire parole di consolazione, che saranno per lui un aiuto insostituibile.”

Mai chiudersi, sempre parlarne subito, mai leccarsi le ferite.

“Dobbiamo infine sottolineare anche il ruolo della preghiera, che secondo i Padri costituisce, in tutte le sue forme, il principale rimedio alla tristezza, qualunque ne sia l’origine. Se la salmodia si rivela, secondo l’esperienza degli Antichi, un modo di preghiera particolarmente efficace contro quella tristezza che viene direttamente dai demoni, la «preghiera del cuore», praticata con vigilanza e attenzione, appare invece il rimedio per eccellenza di tutte le forme di tristezza.”

Questi sono i rimedi che propone: ha affrontato la tristezza e l’accidia, poi ha ripreso la tristezza per vedere la terapeutica e adesso dovremo invece vedere quali sono i consigli che lui dà per curare l’accidia.

Vi lascio oggi questo ulteriore pensiero sul “Rispetto Umano” che stiamo vedendo di Padre Cornelio a Lapide. Siamo arrivati al quarto punto. Questo tema del rispetto umano lo abbiamo già affrontato e visto in tutte queste malattie spirituali, come la persona si renda schiava dello sguardo e del consenso degli uomini.

  1. CHE COSA VI È DI DISORDINATO NEL RISPETTO UMANO
  2. A) “Primo disordine del rispetto umano: distrugge l’amore di preferenza che dobbiamo a Dio, il che è un annientare tutta la religione.

Sacro dovere di ogni persona è preferire Dio alla creatura; ora, il rispetto umano fa anteporre la creatura al Creatore; e da ciò appunto questo vizio prende il suo nome che è disonorante come lo stesso vizio.”

Si mette l’uomo al posto di Dio.

Perché, infatti, lo chiamiamo rispetto umano?

Certamente non per altro motivo, se non perché ci fa preferire la creatura invece del Creatore. Da un lato mi comanda Iddio, dall’altro mi comanda il mondo; ed io per non dispiacere alla creatura, a lei obbedisco a scorno di Dio e a detrimento della mia salute; con disprezzo di Dio e dei miei più sacri doveri. Per piacere all’uomo, divengo ribelle a Dio. E allora, addio religione.”

Non è molto frequente poter piacere ad entrambi. E quando non si può piacere ad entrambi, bisogna scegliere.

  1. B) “Secondo disordine del rispetto umano: getta l’uomo in una specie di apostasia.

Quante irriverenze nel luogo santo, per paura di comparire ipocrita o bigotto!”

Ad esempio: “Mi vergogno di domandare la Comunione in ginocchio, mi vergogno di mettermi in ginocchio a pregare, mi vergogno di fare un segno della Croce”.

“L’altare non diventa, forse, per lo schiavo del rispetto umano, l’ara del Dio sconosciuto? Non è anzi da lui disprezzato, disonorato, rinnegato? Gli Ateniesi onoravano il vero Dio senza conoscerlo; costui conosce il vero Dio, e lo dimentica, lo vilipende.

  1. C) Terzo disordine del rispetto umano: rende inutili le più preziose grazie di Dio.

Un tale, per esempio, sente in sé desideri e disposizioni ad una vita più ordinata”

Quante volte ci succede, ci sentiamo più chiamati alla preghiera, ad amare il Signore, al silenzio, al digiuno, ad una vita monastica laicale.

Come vivono i monaci? I monaci vivono con “ora et labora”. E chi di noi non “labora”? Tranne i fannulloni, tutti. Chi di noi “ora”? Non altrettanti tutti. Tutti si lavora, ma pochi si prega.

Questo mettere Dio al centro, vivere in funzione di Dio, amare Dio, questo lo può fare il certosino come lo può e lo dovrebbe fare anche una mamma.

“…Ma il rispetto umano li soffoca e riduce all’impotenza. Vorrebbe un’altra convertirsi, confessarsi, accostarsi alla santa Eucaristia, pregare, santificare le feste, essere, in una parola, veramente e apertamente e sinceramente virtuoso e fedele cristiano; ma il rispetto umano lo trattiene, lo arresta, lo inceppa, lo impietrisce. Si vorrebbe fare il bene e adempiere tutti i doveri di buon cristiano, ma si vorrebbe che il mondo non se ne accorgesse. Si esce di chiesa, si parte dalla predica ben persuasi, ben convinti, e risolutamente determinati a fare quello che si è udito, ma ecco il rispetto umano che fa barriera insormontabile alle buone risoluzioni, manda a monte ogni anche ottimo provvedimento già preso. E così tutte le più elette grazie cadono vane sotto il peso di questa vigliacca debolezza prodotta dal rispetto umano.

Sono grazie perché il Signore le ha suggerite, vengono dal Signore queste grazie, è Lui che ci parla al cuore sempre e ci dice: “Fai questo, fai quello, ti aspetto lì, ti aspetto là”.

Ma noi iniziamo a fare i nostri ragionamenti e queste grazie umane bellissime vanno a farsi incenerire dalla nostra vigliaccheria.

Auguro a tutti voi di cuore di potervi lasciare colpire da questi bellissimi discorsi sul rispetto umano, su queste riflessioni che sono meravigliose, che questo Gesuita ci aiuti a sconfiggere il rispetto umano.

E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Giovedì della III settimana di Quaresima

VANGELO (Lc 11,14-23)
Chi non è con me è contro di me.

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

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