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Le radici spirituali delle malattie psichiche: tredicesima parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 1 marzo 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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LE RADICI SPIRITUALI DELLE MALATTIE PSICHICHE – Tredicesima Parte

Eccoci giunti a lunedì 1° marzo 2021, abbiamo appena ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal cap. VI, vv 36-38 di San Luca. Il Signore Gesù ci chiede di essere misericordiosi come il Padre vostro.

Già avevamo visto: “Siate perfetti, come perfetto è il Padre vostro”, e ora:

“Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.”

Siamo chiamati a questo grande sguardo di carità e di cuore grande verso le persone, e non dobbiamo giudicare con la ragione sola, perché non abbiamo criteri per farlo, giudichiamo l’esterno, gli atti, ma le intenzioni del cuore queste non le sappiamo.

Proseguiamo il nostro cammino di lettura e di meditazione del testo “L’inconscio Spirituale” del Prof. Larchet. Stiamo facendo il tema della vanagloria, lo stiamo quasi per concludere:

“Anche nella sua forma più «sottile», consistente nell’esaltare ai propri occhi e agli occhi degli altri le proprie qualità intellettuali, morali e spirituali, l’uomo dà prova d’una conoscenza altrettanto delirante, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza di sé stesso. Pressato da essa, infatti, l’uomo si attribuisce qualità e virtù che non possiede e non vede più i difetti e le passioni che invece ha veramente dentro di sé. Ma s’illude anche quando si gloria delle qualità e delle virtù che possiede realmente. Infatti, considera sé stesso come la loro fonte e il loro proprietario, quando in realtà esse sono un dono di Dio e appartengono fondamentalmente a Lui soltanto. La vanagloria destina chi ne è colpito a ogni sorta di mali. Coloro che fanno le cose per averne gloria dagli uomini hanno già ricevuto la loro ricompensa, dice il Cristo (Matteo 6,2), che li mette in guardia: «Guai a voi, quando tutti diranno bene di voi» (Luca 6,26).”

La vanagloria condanna chi è colpito da questa malattia ad ogni sorta di male. Possiamo fare delle opere bellissime, grandiose e roviniamo tutto per avere un sorriso, un’approvazione, che poi finisce nel momento in cui viene data e fatta, mentre quella di Dio è per sempre.

“Questa passione distrugge la pace interiore, mettendo in molte maniere l’anima in agitazione. Anzitutto rende l’uomo sempre preoccupato di avere l’ammirazione e le lodi che desidera. Gli riempie insomma l’anima d’un tormento costante e lo fa finire in un’agitazione spesso febbrile e ansiosa. E quest’ansia si ingigantisce, se non riesce a soddisfarsi. Per questo, spesso accade che il vanitoso non soltanto non riceva dagli altri quell’attenzione e ammirazione che dà per scontate, ma vada piuttosto incontro al risultato opposto. Invece delle attese lodi, non suscita, al meglio, che indifferenza; nel caso peggiore, si attira odio, provoca invidie e gelosie, fa nascere critiche e sarcasmi, specialmente poi quando la sua vanità si manifesta nelle sue parole o traspare dai suoi atteggiamenti.”

Cercare queste ammirazioni e queste lodi da parte degli altri è un tormento, è tutto fatto in funzione di questo e poi c’è la paura che questo possa venire meno e questo è ancora peggio. Si fa o non si fa una cosa, non perché è bene o perché è male, ma perché posso essere guardato male, giudicato male e sgridato.

Noi perché rimaniamo tanto male quando veniamo sgridati o rimproverati?

Perché ne va di mezzo l’amor proprio, la vanagloria, cioè il pensiero della stima dell’altro. Sono in tanti che pensano che essere sgridati vuol dire aver la stima agli occhi dell’altro, che rimproverare significa non stimare più, non amare più. Ma che idee stanno dietro a questi modi di pensare? Se una persona mi ama, mi ama anche se io sbaglio o faccio un pasticcio. Se vengo sgridato non vuol dire che quella persona non mi ama più.

Ma se io sono tanto attaccato alla stima, al giudizio, al consenso degli altri è chiaro che mi basta un niente per aver paura che tutto crolli. È terribile questa cosa. E quindi siamo sempre agitati, angosciati, in tensione, siamo sempre un po’ isterici, perché siamo sempre alla ricerca di conferme.

Quando ero piccolino era abituale che alcuni periodi dell’anno arrivassero le giostre, e c’erano anche le giostre dei bambini. Io mi ricordo che ce ne era una che a me piaceva tantissimo che era la giostra che girava su sé stessa, con la musica, con tutte le macchinine, con il cavallo che andava su e giù, la giraffa etc., e la particolarità di questa giostra era che in alto c’era un topo, un topo Gigio da una lunga coda e il tizio che stava dentro al baracchino che faceva partire la giostra, mandava su e giù il topo. Chi riusciva a prendere la coda del topo alla fine della corsa andava con la coda del topo dal baracchino e il tizio gli dava un altro gettone per fare un altro giro. Quindi immaginatevi: tutti volevano prendere la coda del topo! Ad un certo punto, dall’oggi al domani, sono arrivato al bordo della giostra ,ho guardato la giostra, ho guardato il baracchino, ho guardato il tizio, il topo e la sua coda, ho guardato il filo che stava nelle mani del tizio che muoveva il topo, ho visto questa giostra che girava su sé stessa e, non so perché, mi sono detto: “Ma io devo stare ad impazzire dietro ad un topo, ad agitarmi di un topo che va su e va giù?”. Ho preso e sono andato via, non ci sono più andato.

Questo per dire: ma noi dobbiamo agitarci dietro ad un topo che va su e che va giù? Con il tizio dietro che lo muove? Può andar bene a dei bambini, ma non alla vita degli uomini. Noi non possiamo correre dietre alle code dei topi mosse da qualcun altro. No, non si può fare così.

E poi, succede sempre il contrario: più sono vanitoso e cerco di farmi vedere bello, intelligente, bravo, più ottengo la cosa contraria perché divento antipatico, stupido.

“Ebbene, una tale situazione non può provocare in chi la vive se non angoscia e tristezza, dato che egli si ritrova privato, per un verso, del piacere che la sua passione si aspettava e, per l’altro, a dover anche tener testa all’aggressività di chi ha intorno; inoltre, soffre per la perdita di relazioni armoniose con il suo ambiente e dovrà tanto più darsi da fare per inventarsi, fra difficoltà sempre maggiori, altri modi di valorizzarsi da sostituire a quelli che hanno fallito. Dominato dalla vanagloria, l’uomo perde la sua autonomia e si aliena non soltanto dandosi alla passione stessa, ma a tutto ciò di cui la passione ha bisogno per nutrirsi. Come ogni altra passione, essa sottomette l’uomo ai suoi desideri carnali specifici e al piacere che le è legato; in più, lo rende dipendente dal modo di vedere e dalla considerazione degli altri e schiavo di tutti quelli cui cerca di piacere, dato che se ne aspetta le lodi.”

“Tu mi lodi e io faccio il topo che va su e va giù, tu mi lodi e io ti servo prostrato ai tuoi piedi, tu mi approvi e io striscio ai tuoi piedi come uno zerbino”.

Un altro dannoso e tremendo effetto della vanagloria è far finire l’uomo in un mondo di fantasmi. Infatti, sotto la sua ispirazione l’uomo s’immagina d’aver ogni sorta di qualità, virtù, meriti, beni ecc., si figura in situazioni o stati che diano considerazione e lodi. La prima conseguenza patologica di tutto ciò è di far staccare l’uomo dalla realtà che vive, di distoglierne l’attenzione da ciò che ha attorno, di rallentare la sua attività nei suoi compiti più essenziali e paralizzare il suo dinamismo vitale, fino a far finire la sua anima in uno stato di torpore. Questo processo di fantasmazione può essere all’origine, se coltivato e fatto sviluppare, d’accesso di delirio e perfino di allucinazioni.”

Mi raccomando, stiamo lontani dalla vanagloria!

Ed eccoci giunti all’orgoglio. Sentiamo il Prof. Larchet cosa ci dice.

  1. L’orgoglio (hyperephania) è di due forme: l’una si manifesta maggiormente nei rapporti dell’uomo con i suoi simili; l’altra riguarda di più la relazione dell’uomo con Dio.
  2. La prima forma d’orgoglio si ha quando uno si crede superiore agli altri uomini, o perlomeno a questo o quello, ma anche quando va alla ricerca della superiorità, se pensa di non possederla di già. In tutti i casi, l’orgoglio sta nell’innalzarsi, vuoi per nessun motivo particolare, vuoi per le proprie qualità fisiche, intellettuali o spirituali, reali o immaginate, per il rango sociale, le ricchezze, il potere ecc. Mentre s’innalza, l’orgoglioso si stima e si ammira da sé, si congratula e si loda intimamente. Questi atteggiamenti sono presenti anche nella vanagloria, ma nella passione della vanagloria l’uomo si aspetta che siano gli altri a lodarlo, mentre nell’orgoglio le lodi se le fa da sé; anche se poi i due atteggiamenti sono in verità presenti sia nell’una che nell’altra passione. Mentre innalza sé stesso, correlativamente l’orgoglioso abbassa il prossimo. Lo guarda dall’alto, lo disprezza e si spinge fino a non prestargli più nessuna attenzione, come se fosse niente; questi atteggiamenti costituiscono un altro fondamentale lineamento di questa prima forma d’orgoglio.”

Sono quelli che camminano col naso all’insù, la testa un po’ storta e con le spalle che si muovono un po’ su e giù e guardano tutti dall’alto in basso.

“L’orgoglio spinge l’uomo a misurarsi con il suo prossimo e, prima ancora di affermare la propria superiorità su esso, ad affermare ciò che lo distingue, a credersene fondamentalmente diverso.”

L’orgoglioso è colui che si mette a confronto subito facendo gare e prove, per dimostrare che gli altri sono inferiori a sé.

Un bel po’ di tempo fa ero al mare con degli amici — a me piace molto nuotare — mi ricordo che un giorno uno di questi che aveva da poco imparato a nuotare, mi chiese di fare una gara per vedere chi sarebbe arrivato prima alle boe. Le boe rispetto alla spiaggia erano lontane 250 metri ,più o meno. Ci mettiamo in acqua, contiamo fino a tre e poi partiamo. Nuotando a stile libero, quando giri la testa per respirare, ti rendi se c’è qualcuno che nuota accanto a te. Ad un certo punto, mentre nuoto, non vedo più nessuno a fianco a me. Dopo qualche bracciata mi fermo, mi giro e vedo che il mio amico stava annegando! Aveva bevuto tanta di quell’acqua che stava annegando! Allora torno indietro e lo tiro fuori e gli chiedo: “Ma cosa hai fatto?”. E lui mi risponde che ha bevuto.

Vedete cosa succede a voler fare le sfide? A voler fare i confronti poi succedono queste cose. Lui l’ha fatto perché pensava di arrivare prima, ma stava quasi annegando. Questo ci dice che non si guadagna mai niente a fare queste cose, non serve. Noi dobbiamo accettare quello che siamo, così come siamo. Non c’è bisogno di sfidare o di fare le gare per dimostrare chissà che cosa. L’orgoglio ci fa proprio fare di quelle cose… Non bisogna mai misurarsi con gli altri. Ognuno è sé stesso, è quello che è.

“L’archetipo di questo atteggiamento lo troviamo nel Vangelo, nell’esempio di quel fariseo che dice: «lo non sono come gli atri uomj.ni […], non sono neppure come questo pubblicano» (Luca 18,11). Per orgoglio, l’uomo sente il bisogno di paragonarsi, di stabilire delle gerarchie, prima di arrivare alla conclusione della propria superiorità, assoluta o relativa, in questo o quel campo, o perfino in tutti i campi che riesce a immaginarsi. Per questo, in particolare è portato a giudicare in modo sfavorevole il suo prossimo e a criticarne quasi sistematicamente il modo di pensare e vivere.”

Avrete visto quelle persone che pensano che gli altri sono tutti stupidi e loro sono le uniche intelligenti, gli altri sono tutti cattivi e maliziosi e loro sono le uniche brave, pure e perfette. “Gli altri non capiscono niente, io capisco tutto”.

“Questa forma d’orgoglio si esprime in un certo numero di comportamenti che contribuiscono anche essi a definirla. L’orgoglioso «fa sfoggio di ciò che possiede e si sforza d’apparire più grande di quanto sia in realtà»”.

Questa è un’espressione di San Basilio di Cesarea.

“Per questo suo modo di fare, come per altri, si mostra arrogante, infatuato e soddisfatto di sé, pieno di certezze e di fiducia in sé stesso. A ciò spesso si aggiunge la pretesa di sapere tutto e la certezza quasi costante d’aver ragione; di qui provengono la sua mania di giustificarsi e lo spirito di contraddizione (aspetti entrambi caratteristici di questa passione), ma anche la voglia d’insegnare e di comandare. L’orgoglio rende chi ne è affetto cieco sui suoi difetti, l’induce a respingere a priori qualsiasi critica e ogni rimprovero o sgridata, e gli rende intollerabile di ricevere comandi e di doversi sottomettere agli altri.”

Ci sono persone alle quali dà fastidio sentirsi dire “fai questo, fai quello”. Dentro di sé rispondono : “Perché non lo fai tu?”. Succede anche tra figli e genitori. Quando, per esempio, in famiglia si chiede di fare una cosa e l’altro pensa: “Perché devo farlo io? Perché non lo fai tu?”

Mi ricordo di un fatto accaduto all’inizio del mio iter universitario da studente di teologia, credo di essere stato al primo anno, proprio all’inizio. Dovevo studiare greco, ma era difficile e il professore era molto esigente. Una mattina, mentre stavo facendo una versione, c’era un termine che non riuscivo a scomporre, così mi sono rivolto ad un mio compagno più avanti di qualche anno negli studi. Sono andato da lui e gli ho chiesto di aiutarmi. Lui mi ha guardato e mi ha detto: “Ma tu non hai il vocabolario?”. Ho preso e me ne sono andato.

Cosa dirvi di questo fatto?

Per sconfiggere l’orgoglio noi dobbiamo imparare non solo ad essere umili e umiliati, ma dobbiamo imparare anche a dedicare tempo a ciò che per noi sembra banale. Se una persona mi chiede un aiuto su una cosa che per me è veramente un’inezia, io mi metto li e la spiego e non la rimando. Questo vuol dire andare contro l’orgoglio. Certo, anche chi viene mandato via — ­come è successo a me quella volta — deve crescere nell’umiltà, deve rinnegare il proprio orgoglio e crescere nell’umiltà, ma anch’io devo rendermi disponibile a ricevere comandi e sottomettermi agli altri. Sottomettermi agli altri significa anche sottomettermi a chi in quel momento viene a chiedermi una cosa banale.

“Questa passione si rivela anche in una certa aggressività”

Sì certo, perché poi si risponde male. Facciamo l’esempio tra marito e moglie. Lei chiede al marito di fargli la benzina perché non è capace di usare la pompa self  service. Lui va e torna con i guanti di plastica usa e getta, glieli mostra e le dice: “Così la prossima volta lo fai tu, perché anche tu devi imparare”.

Ma vi sembra? Andiamo a farle questa benzina e smettiamola. Tu sei capace di fare tutto? Tu sei così bravo da riuscire a fare tutto? Ma stiamo scherzando? Ma cosa ti costa? Allora da domani anche tu farai tutto quello che tua moglie sa fare. Cucinerai, pulirai, rammenderai, ecc. Mentre lei va a fare benzina tu prepari la faraona alla panna. Ti metto lì la faraona, la panna, la pentola e arrangiati, perché “anche tu devi imparare”.

Dove è scritto che io devo fare quella cosa mentre tu non fai tutto il resto? Bisogna stare attenti e l’orgoglioso ogni tanto va messo al proprio posto.

Una persona che non è in grado di ricevere comandi, che “ringhia”, che ti risponde male e non accetta di essere sottomesso, può pregare anche 120 ore al giorno ma non va da nessuna parte, perché non c’è l’umiltà, che è la virtù cardine che rende l’uomo gradito a Dio.

Tornando al testo del Prof. Larchet, dicevamo:

“Questa passione si rivela anche in una certa aggressività: a volte è l’ironia a farla trasparire, altre volte la mordacità delle risposte alle domande che gli vengono fatte, il silenzio in certe circostanze, un’animosità generale, il desiderio d’oltraggiare il prossimo e la facilità con cui arriva a farlo. L’aggressività si manifesta regolarmente, in risposta alle minime critiche che gli altri possano fargli.”

Quando ci criticano impariamo un po’ a ridere di noi stessi e a stare in silenzio.

La seconda forma dell’orgoglio, quella con Dio la vedremo la prossima volta. E la Benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo. Sempre sia lodato.

Lunedì della II settimana di Quaresima

VANGELO (Lc 6,36-38)
Perdonate e sarete perdonati.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

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