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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, la Morte, I parte

Novissimi: la Morte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 11 novembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, la Morte, I parte

Eccoci giunti a giovedì 11 novembre 2021. Ricordiamo oggi San Martino di Tours, Vescovo.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XVII di San Luca, versetti 20-25. 

Con quest’oggi vorrei iniziare la lettura di un testo che non abbiamo mai fatto insieme, un testo che ci aiuta a riflettere sulla nostra vita, sul momento presente, su come stiamo conducendo la nostra esistenza, sul prepararci a questa folgore, al Figlio dell’Uomo che arriverà nel suo giorno, come dice il Vangelo di oggi.

Il testo è di don Giacomo Alberione: “I Novissimi meditati davanti al Santissimo Sacramento”.

È un testo sicuramente molto denso e sicuramente molto interessante, io credo che ne avremo tutti un grandissimo vantaggio. 

“Giacomo Alberione nacque il 4 aprile 1884 a San Lorenzo di Fossano (Cuneo) da una famiglia di contadini. A 7 anni sentì la vocazione al Sacerdozio, entrò nel seminario di Bra, ma dopo 4 anni di permanenza una crisi gli fece lasciare il seminario. Nell’autunno del 1900 ritornò ad indossare l’abito del seminarista nel collegio di Alba, e nella notte che segnava il passaggio al nuovo secolo, durante la veglia di Adorazione Eucaristica solenne del Duomo, mentre era inginocchiato a pregare, visse un’intensa esperienza spirituale, percepì la sua missione futura: vivere e dare al mondo Gesù Cristo, via, verità e vita, utilizzando, a tal fine, tutti i mezzi più celeri ed efficaci che il progresso umano offre per la comunicazione tra le persone, e allora fondò la Famiglia Paolina, composta da cinque Congregazione religiose, quattro Istituti di consacrati secolari ed un’Associazione di laici. Morì a Roma, all’età di 87 anni, il 26 novembre 1971, dopo aver ricevuto la visita di San Paolo VI. Il 26 giugno 1996 San Giovanni Paolo II ne ha riconosciuto le virtù eroiche dichiarandolo Venerabile, e il 27 aprile 2003, sempre Giovanni Paolo II, lo ha proclamato Beato. La sua tomba si trova a Roma presso la Basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli alla Montagnola.”

Quindi, possiamo fidarci. Dobbiamo sempre ancorarci a fonti sicure, non alle idee, non alle mode, ma alle fonti, ai Santi, ai Beati, ai Venerabili, ai Dottori della Chiesa, ai Padri della Chiesa. Abbiamo sempre bisogno di fonti sicure, di testimoni autentici, di testimoni che la Chiesa ha riconosciuto come validi, come veri testimoni di Gesù.

Leggiamo un po’ questo testo: “I Novissimi meditati davanti al Santissimo Sacramento”. Affronteremo la morte, il Giudizio Particolare, il Purgatorio, il Paradiso, l’Inferno e il Giudizio Universale. Anche San Giovanni Maria Vianney, già ve l’ho detto diverse volte, affronta questi temi, e molto belle sono le sue omelie sul Giudizio Universale e sul Giudizio Particolare. 

Non so quanto riusciremo a fare, perché è un testo molto lungo, sono tante pagine, però qualcosina speriamo di poter fare insieme. 

Don Alberione scrive così circa la meditazione  dei Novissimi:

“I novissimi sono verità sempre nuove, stimoli potenti, considerazioni che santificano.

Ovunque è bene meditarli e imprimerli nel cuore; ma l’ora ed il luogo migliore sono: a piè dell’altare durante la visita al SS. Sacramento.

Essi gettano la miglior luce sulla vita e ne fanno comprenderne il vero senso. Sono la scintilla che accende la carità più forte, che sta nel tendere a Dio nostro ultimo fine e somma bontà. Sono preghiera così potente che scuote anche i cuori indifferenti e muove tutta l’anima a generose risoluzioni;Ciò che qui si indica è come un saggio. 

L’uomo, il cristiano, il Sacerdote, il religioso, che costruisce il suo edificio spirituale sui novissimi, getta il più solido fondamento del suo edificio spirituale.”

Quindi, ne vale proprio la pena.

CHE COSA SIA LA MORTE – 1

“Facciamo questa considerazione per ottenere di non morire di morte improvvisa o senza preparazione. Il Rosario mira a chiedere tale grazia per l’intercessione di Maria SS.ma.  Gesù ci ha raccomandato tante volte di stare preparati, perché la morte viene come un ladro di notte. In ossequio alla sua raccomandazione noi Gli chiediamo la grazia di una santa preparazione alla morte: in ogni ora, in ogni luogo e nelle migliori disposizioni. Deve temere di morir male chi non è in ogni momento preparato a morire, e deve essere pieno di fiducia di morir bene chi ogni mattina si propone di passare la giornata come l’ultima della vita, e ogni sera, raccogliendosi per l’esame di coscienza, può dire: se in questa notte venisse la morte, mi presenterei fiducioso al tribunale di Dio.”

Innanzitutto, chiediamo nella nostra preghiera la grazia di non morire di morte improvvisa, ma che il Signore ci dia la grazia di una morte alla quale ci possiamo preparare, fosse anche per pochi minuti. Sapere di morire è importante. Per questo mi permetto di dire un mio parere — sapete, quando dico i miei pareri e le mie idee cerco sempre, se non mi dimentico, di dirvi che è un mio parere, perché un conto è dire: “Questo è quello che dice Santa Teresa D’Avila”, e allora non è un mio parere, e ha una sua autorità e autorevolezza, oppure dire “Questo è quello che dico io”, che è una mia idea e uno può dire: “È la tua idea, mi piace, non mi piace, la prendo, la butto”, quindi liberissimi — credo che quando una persona sta morendo bisogna dirglielo. Perché, dopo un momento iniziale di spavento — normale — di disorientamento, di paura, magari di sconvolgimento, anche di angoscia, dopo questo iniziale momento di terremoto la persona, se le stiamo accanto, ha la possibilità di prendere coscienza di questo momento fondamentale della sua vita che è la morte e di prepararsi.

Io non vorrei mai esser ingannato su questa cosa, la troverei ingiusta, e io personalmente lo troverei come il torto più grave che si potesse fare, perché mi inganna su una della cose più importanti che abbiamo, forse la più importante, perché è il momento di passaggio, il momento in cui mi devo presentare davanti a Dio e, se il Signore mi dà la possibilità di prepararmi, perché qualcuno me lo deve impedire dicendomi una menzogna?

Se il Signore mi dà la possibilità di avere davanti a me ancora tre mesi di vita, perché non mi si deve dire: “Giorgio ti mancano tre mesi di vita, circa, poi morirai. Hai ancora tre mesi di tempo, preparati. Prepariamoci, usiamo la tua morte anche per noi che vivremo ancora probabilmente, usiamola per vivere meglio e tu per prepararti al Giudizio di Dio, all’incontro con Dio”. 

Certo, spaventa, me ne rendo conto, però dobbiamo tutti morire, è un’illusione pensare di non morire mai, e allora perché non morire bene? Perché non morire in modo cristiano?

Santa Teresa, nel Cammino di Perfezione, al capitolo XI, dice che non dobbiamo avere paura di morire perché sappiamo che dobbiamo morire, l’importante è non morire di morte improvvisa, questo è importante. Per cui nel Rosario noi ogni giorno chiediamo alla Vergine Maria di liberarci di questa morte improvvisa, di pregare per noi, “adesso e nell’ora della nostra morte”, quindi prepariamoci.

Prepariamoci cosa vuol dire?

Supponiamo che io abbia un tumore la pancreas — che sappiamo tutti essere un tumore molto aggressivo — e mi dicono: “Hai un mese di vita”. Cosa posso fare in questo mese? Tante cose, perché sono ancora cosciente, sono ancora io, posso cercare un bravo confessore, posso chiedergli di confessarmi, prepararmi bene, fare una bella confessione fatta bene, magari fare una confessione generale, chiedergli di darmi l’estrema unzione, chiedergli di venire poi al mio capezzale, quando sarò in agonia, a fare la preghiera per i moribondi, per gli agonizzanti — che speriamo venga ancora fatta — affidarmi alle persone a me più care perché preghino per me, per il passaggio di questo mondo all’altro, perché mi sostengano, facciano celebrare delle Messe dopo la mia morte, e via di seguito, perché io possa sistemare — passatemi il termine — i miei debiti. Non mi riferisco a quelli economici, anche a quelli se ci sono, (evitiamo di morire e di lasciare ai nostri figli debiti assurdi che devono pagare, evitiamo loro di scoprire cose assurde su di noi, quelli vanno assolti il prima possibile, quantomeno avvisate le persone!), ma soprattutto i debiti di carità, i debiti verso il rispetto, la carità, l’amore verso gli altri, i debiti verso Dio, le cose che abbiamo rubato da restituire, tante cose. 

Usiamo bene il tempo che ci attende prima di morire, non neghiamo a nessuno questa possibilità, non chiamiamo il Sacerdote quando una persona ormai è più di là che di qua. Che senso ha? “No, perché se no se chiamo il Sacerdote adesso, allora pensa che deve morire”. Ma scusate, io allora devo morire ogni volta che mi vado a confessare? Ma cosa vuol dire? Chiamo un Sacerdote anche per un conforto spirituale. Il Sacerdote non è mica il coniglio nero di Pinocchio! Ha studiato, si è formato, è la sua vita aiutare e confortare le persone a prepararsi a questo momento, saprà lui cosa dire in quel momento lì, chiamatelo perché possa aiutare la persona a preparare la sua anima, e non quando quello è moribonda, molto prima, assolutamente.

Parlare della morte è fondamentale e noi non ne parliamo mai, è uno dei temi che noi rimuoviamo. Anche nell’educazione dei nostri fanciulli noi non parliamo del morire. 

Quando ero piccolo, nei dialoghi con la mia nonna Anna — di cui già ormai vi ho parlato ampiamente — nei nostri dialoghi notturni e serali, lei mi parlava tantissimo della morte. Io non ho mai avuto paura una volta, assolutamente, perché me ne parlava come della cosa più normale, più ovvia, più reale, non c’è niente di più reale della morte.

 E questo ci fa bene, fa bene a tutti parlare della morte, capire il senso della morte.

E allora dice don Alberione: “Non devi avere paura di morire, ma di morire male” di questo bisogna avere paura, di morire male.

“Proponiti di passare la giornata come l’ultima della vita”

In tutto questo tempo che faremo i Novissimi, non so se riuscirò a farli fino a Natale, mi piacerebbe arrivare fino a Natale, e poi concludere lì, poi magari morirò prima e quindi li concluderete voi, è un tempo lungo più di un mese, capisco che è impegnativo, però credo che il tempo ne valga la pena, non so in quale altro momento della nostra vita sentiremo parlare di questo argomento. Chi ci parlerà ancora della morte, dei Novissimi? È meglio giocare d’anticipo, investire adesso, un lungo tempo e poi basta, poi sapete che c’è questa riflessione, questo testo, e chi vuole poi lo va a riprendere. 

Da adesso iniziamo con questo esercizio: da oggi mettiamoci il proposito, ogni giorno, anche il giorno di Natale, soprattutto il giorno di Natale — vedrete quante volte io vi parlerò della morte, vi parlerò del Giudizio, dell’Inferno, del Purgatorio, del Paradiso commentando don Alberione e lo farò parlandovi del Natale, perché non sono in contraddizione queste cose, fanno tutte parte della stessa economia della salvezza — ogni mattina, da oggi, facciamo il proposito di passare quella giornata come l’ultima della vita, diciamoci: “Stasera, quando andrò a dormire non mi metterò più nel letto direttamente, andrò in bagno, farò le mie cose, mi preparerò, mi metterò il pigiama, mi preparerò il letto ma non entrerò più nel letto direttamente” — perché solitamente facciamo così noi, dal bagno, da dove siamo, beviamo l’ultimo goccio d’acqua, poi prendiamo ci mettiamo a letto — da oggi non facciamolo più. È una mia proposta: da oggi, prima di entrare nel letto, ci mettiamo in ginocchio accanto al nostro letto, prendiamo il nostro Crocifisso e concludiamo quella giornata con l’esame di coscienza dicendo: 

“Signore ti consegno la mia vita, la mia anima e il mio corpo, come se fosse l’ultimo giorno della mia vita. Io mi addormenterò e potrei non svegliarmi più, e non voglio non svegliarmi più senza averci pensato ed essermi preparato, allora, se accadrà, mi hai dato la grazia di arrivare fin qui oggi, se accadrà che stanotte mi chiami nel sonno, io voglio prima consegnarti il mio spirito, il mio corpo, il mio cuore, la mia mente, la mia anima, i miei affetti, il mio grazie, il mio amore, il mio Sacerdozio, il mio matrimonio, il mio essere figlio, papà, mamma… L’ultimo giorno, oggi è l’ultimo giorno, lo voglio vivere come l’ultimo giorno. Signore non ho debiti con nessuno e se ho fatto del male mi sono già riconciliato, ho già cercato di mettere a posto tutto, non è tanto che mi sono confessato e adesso mi preparo a consegnarti tutto. Se domani mattina sarò ancora vivo, rinnoverò questo mio impegno”.

Domani mattina quando ci sveglieremo dovremo subito raccomandarci a Dio perché ci dia la grazia di una santa preparazione alla morte, per poter vivere quel giorno come l’ultimo della nostra vita, e via di seguito. Da adesso in avanti sarebbe bello se fosse così.

Capitolo I: Che cosa sia la morte.

Paragrafo I: La morte, pena del peccato, è incerta

È incerta nel tempo e nel luogo, ovviamente non nella sua venuta, e qui Don Alberione cita un passo della Scrittura — non ve lo leggo perché è lungo — Genesi 2,8-3,20, che tratta tutta la questione del Peccato Originale, e scrive:

“La morte è dunque la pena del peccato: perché Adamo ed Eva non tennero conto della minaccia di Dio, ma si cibarono del frutto vietato ed allora la sentenza non tardò a venire: «Tu morrai».

Questa morte è incerta. È incerta e cioè può venire in ogni momento, in ogni luogo: quando meno ce lo aspettiamo. È incerta, perché? Tre motivi: 

  1. è incerta per ragioni della nostra natura; 
  2. è incerta per ragioni della misericordia di Dio; 
  3. è incerta ancora per giustizia.

Quindi la morte è la conseguenza del Peccato Originale.

  1. Per la nostra natura. – “Noi per parte del corpo siamo formati di materia corruttibile: basta un nonnulla, esprimiamoci così, ad avvenire una rottura nelle nostre vene, ad essere colpiti da una polmonite o sorpresi in una disgrazia, in una caduta, in uno scontro. Sentiamo continuamente parlare di morti improvvise”

Oggi sentiamo abbastanza di frequente parlare di morti improvvise.

“Chi per causa di caduta, chi per apoplessia, chi per un urto improvviso, chi per un fulmine; chi per via, chi per mare, chi per istrada.”

Oggi esci in bicicletta e non torni più, per esempio.

 Ogni giorno i giornali danno notizie di morti avvenute appunto o per disgrazia esterna od anche per malattia. Il vaso è molto fragile: può rompersi per cause esterne e per cause interne: basta un microbo impercettibile ad occhio nudo.

Da un momento all’altro noi possiamo passare all’eternità.

Quindi è incerta perché in qualunque momento la nostra natura può essere colpita dalla morte.

b) Per ragione della misericordia di Dio. – “Iddio tante volte chiama un’anima all’eternità improvvisamente, perché è misericordioso. Il Signore vede che un giovane se diventasse più adulto, un uomo, un vecchio cadrebbe in peccato e si metterebbe in serio pericolo della salvezza. Allora capita che mentre è ancora innocente, «fu rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti» (Sap 4,11); muore giovane chi al cielo è caro!”

Questa è una sentenza di Menandro ripresa da Ugo Foscolo. È un grande conforto questa sentenza di Menandro per tutti quei genitori che hanno perso i loro figli giovani, giovanissimi magari, è molto bello.

«fu rapito perché la malizia non ne mutasse i sentimenti» (Sap 4,11); muore giovane chi al cielo è caro!”

 “Il Signore l’ha chiamato perché la malizia non avesse da far breccia sul suo cuore. Altre volte il Signore concede lunga vita per misericordia. Quando un’anima fa bene, quando vi sono certi apostoli zelanti, anime tutte di Dio, il Signore per la sua gloria e per il bene maggiore di quest’anima, concede molti giorni, pieni di grazie. È detto di S. Tito che morì «pieno di giorni e di meriti».

c) La morte arriva all’insaputa, anche per giustizia di Dio. –

“È il peccato che l’attira: «Col peccato la morte» (Rm 5,12); «Il pungiglione della morte è il peccato» (1Cor 15,56). Quello che sollecita la morte è il peccato o le ingratitudini usate alla divina misericordia. Quante volte non si possono spiegare morti immature, improvvise… ma Iddio lo sa e lo vedremo poi al giudizio, lo vedremo poi all’eternità. Quando è compìto il numero determinato da Dio, viene il castigo. È infinita la misericordia di Dio; ma gli atti di questa misericordia per ognuno sono numerati. Stiamo sempre come in sacro timore, diffidando, perché il nostro corpo è corruttibile, e nella fiducia della Divina Misericordia, nel santo pensiero della sua giustizia.

Recitiamo spesso il Padre nostro per essere liberati dalla morte improvvisa.

Stiamo sempre attenti perché il peccato — ci ricorda il Beato Alberione — attira la morte e la attirano anche le ingratitudini verso la Divina Misericordia, lo scrive chiaramente:

“il peccato o le ingratitudini usate”

Domani vedremo che la morte è incerta circa tre cose: al luogo, al tempo e al modo.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen.

VANGELO (Lc 17, 20-25)

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

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