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Le Passiflore Eucaristiche: introduzione 3ª e ultima parte

Le Passiflore Eucaristiche: Beata Alexandrina Maria da Costa, Serva di Dio Teresa Neumann, Beata Anna Caterina Emmerick, Venerabile Marthe Robin

Meditazione

Pubblichiamo l’audio del ciclo di meditazioni dal titolo: “Le Passiflore Eucaristiche: Beata Alexandrina Maria da Costa, Serva di Dio Teresa Neumann, Beata Anna Caterina Emmerick, Venerabile Marta Robin” di lunedì 26 settembre 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Lc 9, 46-50)

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione

Le Passiflore Eucaristiche: introduzione 3ª e ultima parte

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 26 settembre 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo nono del Vangelo di san Luca, versetti 46-50.

Continuiamo la nostra meditazione sul tema delle passiflore eucaristiche. Scrive l’arcivescovo Joseph Teodorowicz che conosceremo meglio più avanti:

«Le pene espiatorie hanno un posto preminente nella storia della mistica. Santa Caterina da Siena patì per suo padre, Caterina Ricci patì terribilmente per quaranta giorni per la conversione e l’espiazione del famoso Medici. Ugualmente soffrirono la beata Caterina da Racconigi e la stigmatizzata Veronica Giuliani… Sono anzi proprio gli stigmatizzati a portare più spesso il peso delle pene espiatorie».

Per dare un’idea citiamo un esempio che a suo tempo vedremo nel dettaglio: Teresa Neumann — ecco che vediamo un’altra nostra passiflora eucaristica — ha rivissuto misticamente la Passione di Gesù circa 700 volte nell’arco di 30 anni, sopportando dolori prolungati per giorni, senza mai né mangiare né bere, subendo forti e continui sanguinamenti dalle stigmate di mani, piedi, costato e capo, e perfino dagli occhi. E seppur a noi sembri impossibile, le testimonianze di coloro che hanno vissuto queste esperienze dicono che i dolori più indicibili sono quelli interiori, ovvero il senso del peccato compiuto contro Dio, di cui la loro anima immolata si fa carico, come se ne fosse l’unica colpevole.

Jean Guitton, famosissimo filosofo francese contemporaneo e amico della Venerabile Marthe Robin, nella biografia su di lei scrive:

“Marthe diceva che le sue sofferenze fisiche non potevano essere paragonate alla sua sofferenza morale. Aveva l’impressione di essere reietta. Era desolata, nell’accezione più forte della parola. Partecipava alla grande tenebra. Si credeva respinta. L’Epistola agli Ebrei, che è una meditazione sulla Passione, dice che il Cristo si fece peccato e prese su di sé non la colpa ma la pena dei peccati. Marthe si sentiva «diventata peccato». (…) Questa sensazione di peccato era l’aspetto più doloroso della sofferenza di Marthe ogni venerdì. Convinta che la disgrazia del XX secolo fosse la separazione da Dio voluta dall’umanità (una sorta d’inferno sulla terra), Marthe pensava nel provare tale impressione, di essere reietta e condannata, di rappresentare lei stessa tutta l’umanità di questo XX secolo ormai alla fine.”

Chissà oggi che cosa non vivrebbero…

La realtà miracolosa di questa partecipazione straordinaria alle ferite e alle sofferenze del Redentore è testimoniata dalla scienza in modo preciso e approfondito, e noi studieremo nel dettaglio le conclusioni scientifiche riguardo i doni mistici di queste donne. Tutta la storia della Chiesa è costellata di anime predilette che hanno vissuto queste esperienze particolari, ma noi oggi possiamo avere uno sguardo più oggettivo e sicuro su questi fenomeni grazie agli studi che sono stati condotti.

Oltre alla ricerca del dato oggettivo che ci dice cosa effettivamente accade, a noi interessa maggiormente il motivo: urge, per quanto possibile, comprendere le ragioni teologiche che stanno dietro al mistero di una vita consegnata a Dio fino a livelli così alti, anche per capire cosa questi eventi possano insegnarci, quale esempio possono comunicare a tutti i cristiani e a tutta la Chiesa. Infatti, il Signore riserva grazie così straordinarie a certe anime con lo scopo di ricordare a tutta la Chiesa le verità fondamentali della fede, necessarie per la salvezza.

Cosa si evince in modo lampante dalla vita di una donna crocefissa che vive solo di Eucarestia, tanto che è motivo di conversione per migliaia di persone che la incontrano anche solo per pochi minuti? Forse che il peccato è una cosa seria e che l’Eucarestia è veramente il Corpo, il Sangue, l’Anima, la Divinità di Gesù Cristo? Vedremo come gli approfondimenti che faremo ci aiuteranno a rispondere a queste domande.

Terza premessa: è importante, come ulteriore premessa teologica, avere chiaro il collegamento fra la partecipazione straordinaria alla Passione di Gesù vissuta da alcuni santi e sante, in particolare da coloro che portano il dono delle stigmate, e la profonda vita eucaristica, così radicale da permettere loro di sopravvivere, senza patirne, cibandosi unicamente della Santa Eucarestia.

 Jean Guitton, nella vita immolata della Venerabile Marthe, che dipinge nella sua opera con pagine delicatissime degne di un innamorato, intravede chiaramente il legame diretto fra il suo sacrificio e il mistero Eucaristico:

“Nella Chiesa si è sempre insegnato che l’Eucaristia ha due aspetti, due caratteri: è allo stesso tempo, si dice, un sacramento e un sacrificio, (…) ecco l’impressione che provavo davanti a Marthe. Il suo esempio faceva riaffiorare nella mia memoria le parole del catechismo, dove si diceva che la messa è la rinnovazione incruenta del sacrificio della Croce. Quando ero presso il letto di Marthe, alcuni testi che avevo immagazzinato nella memoria, diventavano come fosforescenti. Come il versetto di Paolo: ‘Compio ciò che manca alla Passione di Cristo per il suo corpo che è la Chiesa’, o l’altro: ‘Vivo, o piuttosto non sono più io che vivo, è il Cristo che vive in me’, o ancora: ‘La vita opera in voi e la morte in me’. Capitava anche che, dopo aver fatto visita a Marthe nella sua casa, assistessi, qualche ora dopo, all’Eucaristia celebrata da padre Finet, il direttore spirituale di Marthe. Allora non potevo impedirmi di sovrapporre l’immagine di Marthe alla vista dell’altare. Non era una Messa come le altre. Proiettavo sull’altare bianco ciò che avevo creduto di vedere nella stanza buia di Marthe”.

Capite? Quando si ha la grazia di conoscere una persona così, è chiaro che la prima cosa che cambia è il modo di vivere la Santa Messa. Scrive ancora Jean Guitton…questo è un aspetto un po’ complesso, ma molto importante e credo che nessuno di noi lo conosca:

“Un sacrificio consta di due parti: la prima è l’ablazione, cioè l’aspetto sofferente cui corrisponde la Passione; la seconda è l’oblazione. L’oblazione è la pienezza dell’ablazione. E da questo punto di vista si potrebbe dire che la Messa cattolica commemora l’avvenimento unico dell’ablazione del Cristo storico e lo riproduce misticamente con una oblazione ripetuta incessantemente.

Sembra un gioco di parole, ma in realtà non lo è: dopo rileggetelo con calma e vedrete che vi sarà chiaro…

Considerando le sofferenze di Marthe, riuscivo a capire in modo più perfetto i rapporti tra l’«ablazione» e l’«oblazione». L’ablazione era rappresentata dal suo corpo ridotto al minimo, dalla prova settimanale (la Passione che durava dal giovedì sera a volte anche fino al lunedì sera), da quel sangue che scorreva perfino dalle sue palpebre. L’oblazione era permanente, nel suo stato di coscienza, nelle sue conversazioni, nei suoi consigli, nella sua serenità, nella sua allegria, nell’impressione che dava ai visitatori di aver superato i confini della morte, o almeno di vivere su un crinale tra il tempo e l’eternità.

Che bello vivere sul crinale tra il tempo e l’eternità… 

Marthe viveva l’ablazione in modo particolare nel suo corpo estenuato dalla sofferenza dal giovedì fino anche al lunedì sera e noi qui potremmo mettere tutte le nostre sofferenze fisiche e morali che viviamo ogni giorno, o magari alcuni giorni di più e altri di meno: questo fa parte della ablazione, il primo aspetto del sacrificio. Poi abbiamo l’oblazione che è l’aspetto permanente del sacrificio: mentre l’ablazione va e viene, può andare e venire essendo legata alla contingenza, l’oblazione è sempre presente. Presente in che cosa? In tutto: lo stato di vittima e di sacrificio, aspetto della oblazione, deve manifestarsi in tutto. Ablazione e oblazione sono due manifestazioni complementari del sacrificio. Se, nel caso della ablazione, ciò si manifesta là dove abbiamo dei dolori particolari, nell’oblazione si manifesta in tutto: nella serenità, nei consigli, nella conversazione… in tutto si manifesta l’oblatività che è il secondo aspetto del sacrificio.

Anche noi dobbiamo essere così; anche nella nostra allegria dovrebbe sempre capirsi che noi siamo in uno stato di offerta: dovrebbe sempre capirsi che noi siamo sul crinale tra il tempo e l’eternità, esposti un po’ di qua e un po’ di là.

Mi faceva intuire, con un’analogia molto remota, lo stato del Cristo risorto. Egli, quando «appariva» sotto diversi aspetti, in circostanze diverse e in paesi diversi, era fuori da questo mondo; immortale, aveva superato il confine; non era più sottomesso allo spazio-tempo, all’opacità della materia. Ma noi sappiamo dai testimoni che il Risorto portava i segni delle sue sofferenze: si poteva toccare il foro dei chiodi, la cicatrice sul cuore. Diciamo che egli aveva portato a compimento l’ablazione nell’oblazione. 

Ecco, adesso dovrebbe essere più chiaro: Gesù ha portato a compimento l’ablazione nell’oblazione nel senso che tutto quello che riguarda la realtà della sua Passione e della sua sofferenza fisica viene portato a compimento nella oblazione, quindi, quando appare da Risorto, porta comunque i segni dell’ablazione, perché questo è lo stato dell’oblazione.

Da questo punto di vista potevo anche riconsiderare la connessione dell’Eucaristia con la Passione. Per Marthe, il martedì, il solo giorno in cui faceva la Comunione, e il venerdì, giorno in cui soffriva, erano due momenti così prossimi da non formare, per così dire, che un’unica Ora. Il martedì, quando riceveva la comunione, entrava improvvisamente in un sonno estatico. L’ostia oltrepassava la sua gola chiusa. E lei diceva che, in quel momento, se non ci fosse stata la sofferenza, avrebbe conosciuto il paradiso in terra. Ma quel momento durava solo un giorno e anticipava il momento del dolore. Il mistero della Cena e il mistero della Croce formavano nella sua settimana un avvenimento unico, diviso da un breve intervallo. (…) Il 16 agosto 1946, Marthe aveva detto: «Ho voglia di gridare a quelli che mi domandano se mangio, che io mangio più di loro, perché mi nutro nell’Eucaristia del Sangue e della Carne di Gesù. Ho voglia di rispondere che sono loro ad annullare in se stessi gli effetti di questo nutrimento. Ne bloccano gli effetti».”

Ditemi se non è vero: “Sono loro ad annullare in se stessi gli effetti di questo nutrimento. Ne bloccano gli effetti”. Lei ha trovato tutto, noi niente! Noi ci perdiamo in stupidaggini…

Mi ricordo: quando ero piccolino, ero sempre invidioso di una bambina più piccola di me a cui davano da mangiare più di me. Siccome io ero un lupo con una fame ancestrale, chiedevo perché le dessero un pane con prosciutto più grande del mio, un gelato più grande del mio, una fetta di anguria più grande della mia; persino la sua Girella — le Girelle erano tutte uguali — mi sembrava più grande e più piena di cioccolato della mia… Ovviamente non ero ‘sul crinale tra tempo e eternità’… ero giù nell’ abisso a contare le briciole! Chi vive di Eucarestia non guarda la Girella…

Anche se non da un punto di vista puramente teologico, il fine pensiero di Guitton ha svelato la reale continuità c’è fra la vita di Gesù, l’Eucarestia e la nostra vocazione alla santità. C’è comunicazione fra vita, morte e Resurrezione di Gesù, l’istituzione dell’Eucarestia, la Sua Vita Sacramentale, e la vocazione eucaristica al sacrificio di sé di ogni battezzato, che può giungere a vette altissime nelle anime che vi corrispondono in modo eroico. “Marthe era simile a un’ostia, nel suo corpo diafano, disteso e sanguinante”, conclude Guitton.

Per approfondire teologicamente il rapporto fra sacrificio di sé e Santa Eucarestia, che è proprio la questione da capire bene prima di iniziare il nostro percorso con le Passiflore Eucaristiche, ci rifacciamo ad un estratto di un autorevolissimo testo scritto dall’arcivescovo di Salisburgo Joseph Teodorowicz, che ha conosciuto la Serva di Dio Teresa Neumann, un’altra passiflora eucaristica, e ha potuto studiare il suo caso approfonditamente e si è prestato a dare chiarimenti competenti alle tematiche più specifiche riguardo la vita della stigmatizzata tedesca. Troviamo il testo citato nel libro di Johannes Steiner “Teresa Neumann” a p. 151

“Il sacrificio del Golgota era connesso ad un’altra azione d’amore che il Salvatore ha compiuto prima di morire: l’istituzione del SS. Sacramento. Col sacrificio eucaristico, il mistero del Golgota non fu ridotto a essere rievocato solo mediante un atto in memoria della Passione (Memoriale passionis), ma poté essere rinnovato nel tempo. Quanto misterioso e profondo sia questo rapporto tra la Passione di Cristo e l’Eucarestia, ci viene confermato dalla vita degli stigmatizzati. Essi ricevono sul corpo i segni preziosi delle ferite di Cristo e la loro anima viene arricchita, non meno meravigliosamente, da un particolare senso, il quale li mette in sublime contatto con l’Eucarestia, in maniera straordinaria e al di là di ogni comprensione naturale. Come le loro ferite testimoniano la Passione di Cristo, così anche questo strano senso eucaristico testimonia la presenza del Salvatore eucaristico sull’altare della loro anima. L’impressione delle stigmate sarebbe unilaterale e incompleta, se le visioni estatiche si riferissero solo al passato, se le cinque piaghe delle stigmate fossero solo un simbolo della Passione. Solo integrandosi con il tangibile e intimo legame alla S. Eucarestia, il mistero dell’opera della redenzione raggiunge, nella impressione delle stigmate, la sua espressione completa: presente e passato confluiscono inseparabilmente l’uno nell’altro: il sacrosanto Sangue di Cristo rappresentato simbolicamente nelle piaghe, trova il suo contrassegno nel corpo mistico di Cristo, nell’Eucarestia. L’“oggi” dei patimenti di Cristo è completato dall’“oggi” del sacrificio eucaristico, in cui la sua morte espiatrice si rinnova e si attua continuamente. La sensibilità degli stigmatizzati per la S. Eucarestia non è, a dire il vero, così evidente e non agisce tanto intensamente sull’immaginazione quanto l’esperienza dei patimenti di Cristo; essa però non prorompe con minor imponenza e potenza nelle sue manifestazioni straordinarie, quanto la rivelazione delle stigmate, la quale acquista la sua piena espressione e il suo completo significato solo per merito dell’intima aderenza dell’anima alla S. Eucarestia. Perciò il sangue versato sul Golgota e il sangue mistico del SS. Sacramento dell’altare sono un’unica e sola opera d’amore: la più completa.

Speriamo che anche io un giorno sia capace di scrivere così bene… parole bellissime, perfettamente sintetiche, vere, dense, pulite…

Concludiamo con la quarta premessa: le fonti che abbiamo consultato raccontano i fatti, ma spesso non li comprendono religiosamente e, soprattutto, eucaristicamente.

Una delle fonti che abbiamo utilizzato per le ricerche che abbiamo condotto, ovvero il libro “Marthe Robin” di Jean Jacques Antier, è l’esempio lampante di una caratteristica ricorrente dei testi che trattano la vita di santi e beati particolarmente dediti all’Eucarestia. Sono moltissimi gli autori e studiosi, anche fra coloro che hanno potuto conoscere di persona i protagonisti delle vicende straordinarie che racconteremo, o che comunque hanno potuto attingere alle prime fonti dirette, che non hanno compreso l’origine eucaristica della soprannaturalità di quelle esperienze, e specialmente del digiuno perfetto da cibo ed acqua vissuto dalle mistiche che approfondiremo. Come da Antier per quanto riguarda Marthe Robin, cosi da molti altri sono state ipotizzate mille spiegazioni, fra le più disparate ipotesi psicologiche e fisiologiche: non si nega che sia necessario e fondamentale permettere che l’indagine scientifica avvalori il fenomeno studiato indicandolo come spiegabile o inspiegabile, ma quello che risulta sorprendente è constatare come studiosi cristiani cattolici autori di pubblicazioni che sono state poi tradotte in molte lingue, dopo che la scienza si è pronunciata ampiamente sulla inspiegabilità e sulla straordinarietà dei digiuni e dei fenomeni collegati, ancora non ne indicavano la santa Eucarestia e la fede eucaristica come fonte e origine, preferendo per esempio ipotizzare l’esistenza di spiegazioni scientifiche ulteriori non ancora vagliate. In poche parole, abbiamo sperimentato che nemmeno leggendo i libri che riportano la storia e i documenti sui santi eucaristici si riesce a ritrovare una rigorosa ricerca sostenuta da un’obbiettiva fede nell’Eucarestia.

Chiunque dovrebbe accorgersi della grandiosità del messaggio eucaristico, seppur apparentemente silenzioso, che la Provvidenza ci recapita, per esempio tramite la vita crocefissa della Venerabile Marthe Robin, che non bevve e non mangiò, e neppure dormì per oltre 50 anni, venendo nutrita “solo” dalla santa Eucarestia che riceveva. Per questo si rimane molto colpiti quando si riscontra che su 450 pagine di libro, “Vita di Marthe Robin”, scritto recentemente dal Postulatore della causa di beatificazione don Bernard Peyrous, all’Eucarestia sono state dedicate poco più di cinque pagine, riportando tra l’altro informazioni già molto note perché presenti da decenni in altre famose pubblicazioni.

La mia è una constatazione e spiega il motivo del presente lavoro: c’è un chiaro sbilanciamento nel non accorgersi o nel puntare l’attenzione su altro. 

Il Postulatore potrebbe replicare di aver considerato più importante sottolineare gli altri aspetti trattati nelle restanti 445 pagine. Lecito, ovviamente, ma io sono rimasto un po’ perplesso: a me che ho letto il libro pare che, invece, il tema dell’Eucarestia sia centrale nell’esperienza di Marthe Robin perché è da lì che parte tutto il discorso della sua santità o della ricerca sulla sua santità.

E questo io farò in queste meditazioni: presenterò le passiflore eucaristiche cercando di mostrarvi nel modo più oggettivo possibile, se riuscirò — e nel caso contrario sono disponibile ad accogliere qualsiasi critica — come tutto parta dalla Eucarestia.

Purtroppo, il discorso è il medesimo che per i Miracoli eucaristici: parlano all’uomo, urlano il loro messaggio di verità, rimprovero e richiamo alla conversione, ma noi non lo comprendiamo, o forse non vogliamo farlo.

Perché ‘passiflore eucaristiche’…

La passiflora si chiama così perché è quel fiore che porta nella sua corolla dei pistilli molto particolari, che hanno la forma degli strumenti della passione, in particolare i chiodi. Questo fiore è considerato uno dei più belli, basta vedere la galleria di immagini su internet per rendersene conto, colori e forme veramente uniche. Inoltre questo fiore ha un’altra caratteristica molto particolare: una volta che sboccia, finché rimane attaccato alla pianta, la sua corolla resta ben aperta e visibile mostrando il suo splendore, ma appena lo si coglie, strappandolo dalla pianta, nel giro di pochi minuti si chiude per sempre, come se non fosse mai sbocciato. Così vale anche per le Passiflore Eucaristiche che conosceremo insieme: anche loro, innestate in Gesù Eucarestia mostrano tutta la loro vitalità nonostante portino sul proprio corpo i segni della Passione, ma appena vengono allontanate dal loro Vero Nutrimento, deperiscono fino a rischiare letteralmente la morte.

Mi vengono i brividi perché è proprio così… le storie di queste passiflore eucaristiche mostrano proprio questo.

E da domani conosceremo la prima passiflora eucaristica. Chi sarà? Domani lo scoprirete ascoltando la meditazione.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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