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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, la Morte, II parte

Novissimi: la Morte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 12 novembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, la Morte, II parte

Eccoci giunti a venerdì 12 novembre 2021. 

Abbiamo appena ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XVII di San Luca, versetti 26-37.  

Continuiamo la nostra meditazione su: “I Novissimi meditati davanti al Santissimo Sacramento” del Beato don Alberione, stiamo affrontando la morte:

2. Circa che cosa sia incerta la morte“La morte è incerta circa tre cose: 

  1. in riguardo al luogo; 
  2. in riguardo al tempo; 
  3. in riguardo al modo.

a) In riguardo al luogo, si può morire in qualunque posto: in strada, in letto, in chiesa, in cortile, a studio, durante l’apostolato, ecc. 

Si può morire appena confessati, dice don Alberione e lui ricorda quest’uomo che si era confessato, ha fatto la Comunione e appena ha ricevuto l’Ostia, è morto.

b) La morte ci può sorprendere in qualunque tempo. 

Sorprende i giovani, i bambini, i vecchi, gli adulti, perché la morte non va in ordine di anzianità, si muore a tutte le età. 

Non si è sicuri dal mattino alla sera. 

Ci saranno state delle volte in cui vi sarà successo di aver provato qualcosa di brutto, un incidente, un malore, dove vi siete detti: “Sto per morire”, poi non siete morti, però avete provato quella sensazione di dire: “Sto per morire”. Ecco, la morte è quel momento di passaggio e il tempo non lo sappiamo, non lo decidiamo noi. Non so chi di noi arriverà a Natale, non so chi arriverà a stasera, mi sono detto qualche volta: “Chissà, arriverà il giorno, forse, nel quale voi ascolterete l’omelia registrata e io magari sarò già morto o sarò appena morto”. Potrebbe essere questa l’ultima meditazione che faccio, questa di oggi. 

Arriverà il giorno in ci farò la meditazione, mi alzerò dalla scrivania e morirò magari dopo tre ore, magari in macchina e quella sarà stata l’ultima meditazione fatta. Io non lo sapevo, ma lo sapeva Dio, per questo sono tutte fatte con grande coscienza e consapevolezza, perché quella potrebbe essere l’ultima e un giorno lo sarà.

c) “Non siamo sicuri sul modo, e questo è il più terribile. [Non siamo certi] né di morir bene né di morire male! Tutti si deve morire. È la morte cattiva che si deve temere. Ebbene noi sappiamo questo: tutti i giorni possiamo essere tentati a peccare, possiamo cadere, e la morte ci può sorprendere in quello stato. Chi è che non temerà, adunque? 

Inoltre se anche la morte venisse preceduta da malattia, non siamo sicuri se chi ci assisterà..”

Ecco il discorso di ieri.

 “ci avvertirà per tempo: né se avremo a disposizione un bravo Sacerdote o se avremo la calma di fare un buon esame di coscienza di accusarci come si deve; se avremo il dolore dei peccati per ottenere sicuramente il perdono. Chi è sicuro di tutto questo? Il Signore non lo assicura, neppure ai più buoni. Quindi la grazia di una buona morte…”

Pensate che c’è la Santa Messa per ottenere il dono della buona morte, non so quanti di voi abbiano mai partecipato a questa Messa votiva, che è scritta sul messale, quindi tutti i preti la possono fare, si chiama “Messa votiva per ottenere la buona morte”, però non so quante volte abbiamo mai celebrato questa Messa.

 “… è una delle più belle grazie da chiedersi, e da chiedersi ogni giorno! Più volte al giorno: non solo la perseveranza finale è un dono speciale di Dio.”

Quindi non solo perseverare ma anche avere una buona morte.

“Nell’Ave Maria, rivolgiamo sempre la stessa domanda alla Madonna: che preghi per noi adesso e nell’ora della nostra morte.”

Ecco perché San Giovanni Bosco diceva che bisogna confessarsi con grande, grandissima frequenza, lui addirittura la consigliava una volta alla settimana. Io non sono nato nel tempo di San Giovanni Bosco, ovviamente, ma tutti i giovani della mia generazione, i miei compagni con i quali andavamo insieme in oratorio — e non eravamo cinque persone, la Chiesa era stracolma — a tutti noi per molti anni, credo per almeno 20 anni, a tutti quei ragazzi è stato insegnato a confessarsi tutti i sabati, dalla terza elementare in avanti. Non era nemmeno pensabile di confessarsi ogni quindici giorni, non esisteva proprio, già ve l’ho raccontato. I miei amici, il mio amico Francesco, cascasse il mondo, stessi morendo, non esisteva, alle 14.30 di ogni sabato suonava il campanello: “C’è Giorgio?”. Alle 14.30 di tutti i sabati, di tutto l’anno, suonava il campanello e dovevi andare a confessarti. Nessuno di noi prendeva impegni alle 14.30 del sabato. Sei stanco? Hai avuto la scuola? Sei arrivato in ritardo? Hai la febbre, non stai bene, hai la nausea? Piuttosto che sentire lui che mi tormentava, scendevo anche rotolando per le scale, non era possibile diversamente. 

È un’educazione, siamo stati educati così, come la Messa della domenica, ve l’ho già detto: il mio amico mi ha portato in Chiesa che avevo la febbre a 38,5 alle 8.30 del mattino: “Ecco, non vieni! Ci lasci andare da soli! Ma sei proprio sicuro che non stai bene? Ma dai, ma vieni, tanto dura poco… e poi ci sono i canti, dai che ti piace! Stai a casa da solo, noi andiamo via tutti”. Capite, poi uno dice: “Va bene, basta! Vengo, portatemi in barella, ma vengo”.

E a questo si aggiungeva che poi c’era il Vescovo che ci confessava, Mons. Anacleto Cazzaniga, questo bravissimo Vescovo, tutti i ragazzi volevano andare da lui. Io ancora adesso ricordo queste cose, ricordo il gusto di questi momenti, che non cambierei per nulla al mondo. 

Il problema della morte per noi era come il problema del caffellatte al mattino. Se uno deve morire muore. Io non so che cosa voglia dire avere paura dell’inferno, non ho mai avuto questa paura, eppure mi parlavano dell’inferno, me ne hanno parlato tantissimo, ma io non ricordo, né io, né i miei amici, di aver mai avuto paura dell’inferno.  Perché avremmo dovuto avere avere paura dell’inferno? A parte che non ce lo hanno mai raccontato come qualcosa di cui avere il terrore, ma non ci pensavamo proprio. Per noi c’era Gesù, c’era la Vergine Maria, c’erano i Rosari di maggio, c’era la corona del Rosario, chi l’aveva più bella, c’era la Messa, i canti, le catechesi, lo stare con i bambini di seconda e terza elementare a fargli l’oratorio feriale, c’erano queste cose, eravamo felici così. Quando ci parlavano dell’inferno, ascoltavamo, ma dentro la nostra testa, sicuramente c’era il dire: “Ma questa cosa non è per me, non è per noi”. L’ascolti come qualcosa che riguarda altri, perché a nessuno è mai venuto il pensiero di dire: “Io o tu andiamo all’inferno”. “Ma quale inferno? Ma com’è possibile? Ma no! Noi andiamo con Gesù!” Uno può dire: “Va bè, è un po’ da presuntuosi”. No, non era da presuntuosi, forse da ingenui, o forse da innamorati, o forse da ragazzi o da bambini, non lo so. Certo è che se io non vado a Messa, se io non mi confesso, se non prego… è chiaro che poi un po’ di paura poi ti viene, ci sta.

Vedete questa espressione, scrive:

 “Come i pesci sono presi nelle acque torbide, così i peccatori sono presi nelle ore brutte.”

Non l’avevo mai sentita questa espressione.

Andiamo avanti.

3. Ciò che si richiede ad essere pronti a ben morire

Vediamo adesso don Alberione cosa ci dice per essere pronti a ben morire, qui lui mette la citazione di Sapienza capitolo 3, 1-12, che io non vi leggo, la leggerete voi, perché sono sempre testi molto lunghi.

“Per essere pronti a ben morire occorrono almeno cinque cose: 

  1. essere esenti dal peccato mortale. 

Quello che vi dicevo adesso.

Guai a chi ha il peccato mortale! 

Le tre condizioni: piena avvertenza, deliberato consenso e materia grave, bisogna averle tutte e tre per avere un peccato mortale.

“Che cosa sarebbe di lui se improvvisamente il Signore lo richiamasse? Senza contare poi che il peccato è come una calamita che continuamente richiama la morte. Egli manda come un’invocazione, col suo stato di coscienza, alle creature perché vengano a vendicare il Creatore offeso. Come l’albero infruttuoso richiama la scure, così il peccatore la vendetta divina.

Forse noi a queste cose non abbiamo mai pensato, sentircele dire ogni tanto non fa mai male, ci fa riflettere. Non c’è bisogno che io ve le commenti perché sono talmente chiare, credo che ci sia bisogno solo di meditarle e basta.

  1. “Non avere peccati veniali. Il peccato veniale è la tiepidezza. Per essa si dovrebbe poi cadere in purgatorio. Bisogna detestarlo, il peccato veniale; almeno non commetterne mai degli avvertiti.”

Qui Santa Teresa D’Avila, San Giovanni della Croce, Santa Teresa di Gesù Bambino, tutti i grandi Dottori della Chiesa ci richiamano, ci invitano, ci ordinano a stare lontanissimi dal peccato veniale.

 “Vi sono imperfezioni che sono debolezze di natura; ma quello che dobbiamo evitare è il peccato veniale acconsentito, ad occhi aperti.”

Perché? Perché Santa Teresa ci dice: “Se tu accetti di offendere Dio nel poco, stai tranquillo che l’offenderai nel molto, quindi stanne lontano.”

 c) “Soddisfare per tempo a tutte le pene. Non sempre con le Confessioni cancelliamo tutta la pena temporale. Facciamo penitenza e usiamo del tesoro delle indulgenze. S. Agostino dice che nessuno, anche quando la vita non fu cattiva, dovrebbe avvicinarsi alla morte senza aver passato un certo tempo in penitenza o mortificazione.”

E forse alle volte anche prima di morire, quando ci capita qualcosa che ci fa soffrire, forse quello potrebbe essere il momento di viverlo come penitenza, come purificazione, come mortificazione.

 “Quante volte vi è un po’ di vanità, quante volte una imperfezione, quante volte meno zelo, meno energia nel servizio di Dio…”

Certo, se io fossi morto da ragazzo, sicuramente il Signore mi avrebbe detto: “Giorgio, però, potevi anche metterci un po’ più di gusto e di lena ad alzarti da quel letto per venire a Messa, invece che farti sempre pregare dai tuoi amici o di fare il frignone perché avevi un po’ di’ di febbre. Sicuramente questa non era una cosa perfetta, non dice una perfezione nell’amore, dei tuoi amici si, ma di te, no”.

d) “Arricchirci di meriti per tempo. La morte è il tempo della raccolta; non potremo trovare né di più, né di meglio di quanto avremo fatto.”

Quindi cerchiamo di fare il massimo, il meglio ogni giorno e ogni ora.

 “I pigri dovranno dire: il tempo è passato, ma la nostra lampada è senz’olio.”

Quelli del: “Facciamolo domani, adesso non posso”, quelli del “Cras, Cras” di Sant’Espedito, sapete che ha tra le mani la Croce con su scritto “Hodie”, “oggi”, e sotto i piedi sta schiacciando un corvo che nella bocca tiene un cartiglio con su scritto: “Cras, Cras”, che vuol dire “domani, domani”. Non dobbiamo mai fare domani quello che possiamo fare oggi, mai!

“Poi farci santi! Questo è il programma che ci siamo scelti; questa è la grazia che chiediamo nella Coroncina: “Vergine Maria, Madre di Gesù, fateci santi”. Questo è il fine, tutto il fine, il solo fine per cui si vive. Di poco o molto ingegno, di poca o molta salute, stimati o no, ricchi o poveri, poco importa; ma il tutto è qui: farci santi.”

Vedete quante belle indicazioni che riceviamo.

E adesso dovremmo iniziare: “Gesù modello dei moribondi”, ma mi fermo, perché sono già 26 minuti e non voglio rubarvi altro tempo. Vedremo questo bellissimo secondo paragrafo cosa ci dirà il Beato Alberione su come possiamo avere in Gesù il modello di coloro che stanno per morire.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen.

 

VANGELO (Lc 17, 26-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.
Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.
In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.
Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.
Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».
Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

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