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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 17

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di giovedì 17 marzo 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 17

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a giovedì 17 marzo 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XVI di San Luca, versetti 19-31.

Andiamo subito alla meditazione di Padre Avrillon.

Il titolo di oggi è:

Giovedì dopo la II domenica – Giorno di spavento

“Discendete oggi ancor vivi con lo spirito nell’inferno, e discendetevi in tutte le ore del giorno; questo è il mezzo più sicuro per non discendervi dopo la vostra morte”.

Ci voleva Padre Avrillon per dirci queste cose, perché oramai non ce le dice più nessuno.

Discendete, vivi, con lo spirito, nell’inferno”.

Del resto, guardate, a tantissimi mistici Santi è proprio successo questo, Gesù ha fatto proprio questo, e io, come Carmelitano, non posso non ricordare Santa Teresa di Gesù, che descrive perfettamente la sua esperienza, da viva, nell’Inferno (andate a leggerla!), come Santa Faustina Kowalska, come tanti altri.

“Questo è il mezzo più sicuro per non discendervi dopo la vostra morte”.

E noi, almeno un giorno potremmo dedicarlo a discendere in questo luogo di tormento.

“Accompagnate questa pratica con fede, con spavento e tremore”.

Capite? Non è un male avere paura!

Noi vogliamo eliminare la paura dalla nostra vita, ma questo non è bene. Siccome ho paura di tagliarmi il dito e di andare al Pronto Soccorso, dove mi danno i punti, sto attento ad usare il coltello; siccome ho paura di ammazzare qualcuno mentre guido in macchina, sto attento a come guido; siccome ho paura andando in bicicletta di cadere, sto attento a non perdere l’equilibrio; siccome ho paura di prendere 18 all’esame, studio di più; siccome ho paura di morire di fame, mangio; e via di seguito…

Cioè, ci sono delle paure che sono assolutamente insensate, illogiche, irreali, e va bene, da queste mi devo liberare, ma ci sono paure che fanno parte di una vita sana, di una mente sana: la paura di perdere la metropolitana, il treno, l’aereo, di arrivare in ritardo a… mi fa muovere con anticipo. Sembrano i temi dei bambini di terza elementare, no? Però, è così.

Quindi: “Accompagnate questa pratica con fede, con spavento e con tremore”.

Noi dobbiamo avere paura dell’Inferno e questa paura, unita all’amore (che ovviamente deve essere molto più grande di questa paura, perché è l’amore che ci spinge ad andare verso il Paradiso), ci porteranno verso il Paradiso, ma questa paura ci deve essere anche lei. Non si può non aver paura dell’Inferno, non è un luogo bello dove andare.

I bambini non vogliono mai alla sera andare in cantina a prendere il detersivo che serve alla mamma, perché hanno paura del buio; la paura del buio, la paura di stare da soli, la paura dello sconosciuto, li spinge a non voler andare in cantina. Esattamente, stessa cosa…

“Pensate spesso ai diversi supplizi, che vi soffrono i dannati; al fuoco divoratore che li brucia, e non s’estinguerà mai; alla spaventosa compagnia de’demoni che li tormenteranno, agli urli orribili che sentono, e che fanno essi stessi; ai pentimenti inutili e disperati, che li agitano e li straziano; al verme della coscienza che li rode, e non morrà giammai; all’eternità delle pene, e soprattutto alla privazione di Dio, che è il più insopportabile di tutti i supplizi. Abbiate questo pensiero in ogni tempo, ed in ogni luogo; temete, soffrite, rimediate, pregate per evitare questa disgrazia”.

Potremmo fare una meditazione su ognuno di questi supplizi, che lui ha descritto: il fuoco, la compagnia dei demoni, gli urli orribili, i pentimenti inutili e disperati, (perché, ormai, sono pentimenti inutili e disperati quando siamo all’Inferno…), il verme della coscienza… ma l’avremo provato nella nostra vita eh?

Tutto il resto magari no, ma il verme della coscienza, questo sì, perché noi lo sentiamo, perché noi sentiamo la coscienza quando è un verme che ci mangia dentro vivi, noi lo sentiamo quando non siamo in pace con Dio, lo sentiamo, lo sappiamo.

Quando nascondiamo i peccati in confessionale, noi lo sappiamo; quella coscienza lì ci mangia, ci divora, come il verme che rode il legno dell’albero nel quale è, o il frutto dove è entrato.

Noi lo sappiamo, c’è poco da fare… poi, sì, qualcuno ci dice: «No, non ti preoccupare! Dio ha perdonato tutto, Dio non è un carabiniere, Dio non sta lì a guardare i puntini sulle “i”, devi vivere in pace con te stesso, devi trovare il tuo equilibrio».

Questo lo insegna lo Yoga, ma cosa c’entra con la nostra vita cristiana?

Un conto è andare a fare Yoga, ed è tutto da discutere, comunque, vabbè… un conto è che tu vada a fare Yoga, un conto è che tu faccia il cristiano, sono due cose completamente diverse.

Quindi, noi non risolviamo il verme della coscienza, che ci mangia vivi già qui su questa terra (e sappiamo quanto è terribile), coprendolo con la melassa di questo falso buonismo, perché se no io subito (per andare immediatamente a sciogliere come neve al sole la stupidaggine teologica che sta sotto a questa teoria, perché è proprio una stupidaggine, è una inconsistenza teologica questo modo di parlare) vi dico: «Andate a prendere i sogni di San Giovanni Bosco e leggeteli!»

Così, per non saper né leggere né scrivere, andate a prenderli, poi andate a prendere Santa Veronica Giuliani, e andate a leggere quando Santa Veronica Giuliani subisce, da viva, il Giudizio di Dio… andate a leggere!

Io non ve lo dico cosa succede, andate a leggere!

Andate a leggere i sogni di Don Bosco, apriteli a caso, prendete quello che volete!

Io so già (non perché sono un profeta, ma perché li ho letti e so come sono), che va benissimo qualsiasi sogno vi capiterà. Vi dirà esattamente che cos’è il “dopo vita”.

Andate a leggere Santa Faustina Kowalska… stessa cosa.

Andate a leggere Santa Teresa di Gesù… uguale.

Andate, così vedete che il verme della coscienza noi non lo risolviamo cercando di imbalsamarlo dentro chili di melassa, di falso buonismo.

Il verme della coscienza noi lo risolviamo mettendo la coscienza a posto con Dio, semplice. È più semplice ancora!

Non dobbiamo fare come gli Egizi, che mummificano, che cercano di mummificare. Il verme della coscienza non si può mummificare, è resistente ad ogni mummificazione, quello non muore mai. Per metterlo a tacere, c’è un modo solo: mettersi in pace con Dio, fine, punto.

Come si fa a mettersi in pace con Dio? Guardate, è la cosa più semplice della terra! È la cosa più facile del mondo, bisogna vedere se poi la vuoi fare, questo invece è difficile, ma farla è la cosa più facile del mondo: tu prendi, vai in confessionale, in un qualsiasi confessionale, di una qualsiasi chiesa, ti metti in ginocchio e riconosci i tuoi peccati, punto. Fine.

Dice San Giovanni Maria Vianney, che in tre minuti (anche se non ti confessi da trent’anni), in tre minuti, tu hai messo in pace la tua coscienza, hai detto i tuoi peccati, belli, chiari, stesi, precisi nella loro formulazione, differenza specifica e differenza numerica.

Non mi stancherò mai di dirvele queste cose e, guardate, non mi interessa di chi mi può dire: «Oh… ma queste cose sono superate! Oh… ma queste cose appartengono a una teologia preconciliare».

Anche Gesù era preconciliare, ma non per questo Gesù non fa più parte del nostro credo, no? Almeno, per adesso, mi sembra che ancora abbia un posto, quindi questi modi di parlare da cortigiani, da paesanotti, a me francamente non interessano. Dicano quel che han voglia, a me non interessano, perché capite che anche io poi mi presenterò davanti al Giudizio di Dio, quando sarò morto, anche io ho una coscienza, e io, in coscienza, vi devo dire ciò che reputo essere vero, e lo studio (ribadisco: lo studio), non l’ideologia, non le letture, no, no, lo studio dei Santi mi ha portato ad avere queste prove, sulle quali fondare quanto vi dico. Io mi muovo su questo. Lo studio della Tradizione della Chiesa e dei Dogmi della nostra Fede mi ha portato a dirvi questo che vi sto dicendo, non ad inventare frottole.

Vuoi risolvere il verme della tua coscienza? Prendi, vai, e ti confessi, punto. Questo è il modo migliore, l’unico, non ce n’è un altro! Tutto il resto sono frottole! Questo è il modo: riconosci davanti a Dio di essere un peccatore e chiedi perdono a Dio con cuore contrito ed umiliato, punto. Fine. Questo è difficile!

Come farlo è facilissimo, ve l’ho già detto mille volte, no ? Differenza specifica e differenza numerica: che cosa ho fatto e quante volte. Facilissimo.

Il difficile qual è? Il difficile è che poi devo cambiare vita, questo è difficile! Ecco perché preferisco la melassa, la melassa di quel falso buonismo, di quell’inganno sul falso buonismo! Certo, preferisco quella, perché quella non mi comporta di dover cambiare vita.

Noi diciamo: «Ah tanto Dio mi perdona…»

«Certo che Dio ti perdona».

«Ah… ma la Misericordia di Dio è grande…»

E io rispondo: «La Misericordia di Dio è infinita, non è grande, è infinita, ma questo non ti autorizza e non ti autorizzerà mai ad abusarne, perché c’è anche la Giustizia di Dio, non c’è solo la Misericordia, non dimentichiamocelo!»

Quando iniziamo a scorporare questi due aspetti di Dio, è finita!

Abbiamo perso il Dio di Gesù Cristo, perché è l’uno e l’altro, ma non perché lo dico io. Innanzitutto, perché lo dice la Scrittura, ma poi, secondariamente, perché lo dice tutta una tradizione agiografica della nostra vita cristiana, capite? Duemila anni di storia lo dicono, della nostra vita di fede, del nostro essere Chiesa. Andate a leggere i Santi, andate a leggere i Dottori della Chiesa, andate a leggere i Padri, andate a leggere i Martiri! Che cosa dicono e cosa hanno fatto, se non questo?

Meditiamo adesso il Vangelo di oggi, che è tosto.

Meditazione sull’inferno, tratta dal Vangelo.

“Il ricco è morto, dice Gesù Cristo, ed è stato sepolto nell’inferno. Pensate con spavento al crudele supplizio del ricco malvagio, che sarà quello di un’anima, la quale uscirà da questo mondo con un peccato mortale”.

Esiste ancora il peccato mortale eh… Materia grave, piena avvertenza, deliberato consenso: sono le tre condizioni per un peccato mortale.

“Egli era ricco ed il Vangelo non l’accusa d’aver malamente acquistate le sue ricchezze…”

Avete notato? L’accusa non è sulla ricchezza, interessante…

Il Vangelo di Gesù Cristo non è il manifesto del pauperismo, non è questo, non è l’inno al pauperismo.

Non c’è nessun rimprovero sul fatto che questo avesse acquistato malamente le sue ricchezze, ma (giustamente sottolinea Padre Avrillon) solamente di essere stato duro verso i poveri.

Ecco, questo è il problema: la durezza di cuore, il cuore di ghiaccio.

“…ma solamente d’esser stato duro verso i poveri, come lo sono quasi tutti i ricchi, che per conseguenza avranno la stessa sorte”.

Ma perché? Perché quando io sono nel benessere, chi più mi interessa? Sono a posto io, sono a posto tutti, perché devo guardare gli altri?

Grazie al Cielo, ci sono persone ricche, che invece hanno un cuore grande verso chi soffre, io ne conosco, ed è bello vedere come usano bene il loro denaro, come sono generosi.

“Egli era superbamente vestito come lo sono tutti i mondani; la sua tavola era magnifica come quella di tutti i ricchi e non viene accusato d’altri delitti. Nondimeno egli soffre crudelissimi supplizi, brucia, e brucerà sinché Dio sarà Dio”.

Cioè, per sempre. Non ci sarà una fine, pensate voi…

“Si fabbrichi sopra la terra un magnifico sepolcro al suo corpo, la sua anima non avrà altro che quello dell’inferno, dove essa aspetterà il suo corpo dopo il giudizio, mentre Lazzaro essendo in tutto il corso della sua vita mendico e coperto di piaghe godrà la gloria e le delizie eterne nel seno di Abramo. Qual oggetto di riflessione e qual motivo di spavento!”

Sapete, non bisogna avere i miliardi per fare questa fine, basta avere un pezzo di pane in più rispetto ad un altro e avere un cuore duro e chiuso… ecco, questa è la nostra fine poi.

Basta non accorgerti che la persona anziana, che hai lì a fianco, ha bisogno di andare a fare la spesa, e tu hai il tuo bel macchinone, perché adesso usano questi macchinoni, a Milano… A Milano, come a Roma del resto, è incredibile… Alle volte quando cammino per strada mi sembra di essere in Canada, in mezzo ai Grandi Laghi, oppure mi sembra di dover andare all’incontro con lo Sherpa che mi deve portare non so dove, perché tu ti giri e ti trovi questi “Gipponi”, alti due metri, e uno dice: «Ma la miseria! Questo dov’è che deve andare? Al GS a comperare il latte… ho capito, ma devi andare con la Jeep?»

Ma a me vien da ridere… poi ognuno fa quel che vuole, ovviamente, ma io dico: «È possibile?»

Devi andare a portare il bambino a scuola… ma ci vuole un SUV, per portare questo bambino a scuola? Vabbè che le cartelle oggi sono pesanti però, non so… mi sembra che non ci voglia roulotte per … vabbè… comunque… poi, però, la signora anziana, che ti vive accanto, la vedi piegata per le borse (perché non ha più la patente o perché non l’ha mai avuta o non ha la macchina, neanche una 500), che torna dalla spesa al supermercato… e tu sei lì col SUV…

Uno dice: «Ma scusami, non è che puoi dire: “Signora andiamo insieme, va lei e vado io, gliela prendo io”?»

Cosa cambia?

Invece di andare a fare i bicipiti e i tricipiti in palestra, prenditi su queste borse e portale a casa a questa povera donna, no?

Cose incredibili… dopo vanno a fare la Comunione alla domenica… mah… come si può far stare insieme tutto questo, per me è un mistero.

Quindi ribadisco: il problema non è la ricchezza, il problema è la durezza, è un’altra cosa!

“Ascoltate con timore questo ricco dannato, che dal fondo dell’inferno grida con una voce lamentevole, e domanda una goccia d’acqua per rinfrescare la sua lingua, e non l’otterrà”.

Certo, certo… L’hai fatta crepare sotto il peso delle sue buste, sotto il peso della sua spesa, e dopo cosa vieni a chiedere, anche la goccia di acqua? No! No, perché dobbiamo portare fino in fondo le conseguenze delle nostre scelte, capito? Non solo tra gli uomini, ma anche con Dio!

Va di moda, l’ho già sentita questa frase: «Devi portare le conseguenze delle tue scelte, devi essere coerente con te stesso…» Ecco, allora, siamolo anche con Dio, fino in fondo!

“Ascoltandolo, considerate che cosa soffre. Forse non avete mai ben riflettuto alla crudele attività del fuoco dell’inferno. Pensate subito all’ardore di quello, che arde ne’ nostri focolari, che non si può soffrire per un momento e che si considera come il più crudele di tutti i supplizi, e lo è infatti: questo non è che una languida pittura di quello dell’inferno. Aggiungete a questa riflessione la grande sensibilità della nostra carne, e ciò che ella soffre alla minima impressione del fuoco; starà ella alla prova di quello dell’inferno? Che cosa non dovete dunque voi fare per evitarlo? I nostri fuochi sono accompagnati da qualche luce; quello dell’inferno non è che tenebre, e non produce che un tristo lume per discoprire spettri spaventevoli. I nostri fuochi cessano di ardere quando si sottrae loro la materia combustibile, quello dell’inferno non si spegnerà mai più, e Dio ha tanto odio al peccato, che farà un miracolo eterno per mantenere il suo dolore. Eccovi l’eterno sepolcro del ricco malvagio. Era vestito di porpora, ora è circondato dalle fiamme; abitava un superbo palazzo, non avrà altra abitazione che quest’abisso di fuoco. Eccovi il frutto di un sol peccato mortale. Quale oggetto di spavento e di cautela!”

Eh… sì… sì… Quando basterebbe fare solo una santa confessione, punto. Basta. Non serve altro, eppure… eppure…

“Il cattivo ricco in mezzo ai tormenti alza gli occhi, vede da lungi Abramo e Lazzaro, e grida: Padre Abramo, abbi pietà di me, perché soffro crudelmente in questo fuoco”.

Non dimenticate che questa parabola l’ha raccontata Gesù, eh? Attenzione!

“Qual triste condizione! Qual voce lamentevole! Qual grido penetrante e dolente! Qual vista orribile ed insopportabile, e quale inutile preghiera! L’empio ricco è in mezzo ai più crudeli tormenti, egli che era in mezzo alle delizie, perché essendo ricco potea procurarsele; soffre una fame da disperato, egli che faceva sontuosi banchetti, arde chi prendeva ogni sorta di rinfreschi con intemperanza, soffre una sete arrabbiata ed è ridotto a demandar per grazia una sola goccia di acqua!”

Lui il riccone, il duro di cuore…

“La sua lingua ed il palato, che non aveano gustato se non cibi squisiti, soffrono un’aridità, un’amarezza, un fuoco divoratore per punire la sua delicatezza! Così è, o mio Dio, che la vostra adorabile giustizia punisce l’intemperanza, e i piaceri della vita e noi non ci pensiamo! L’eccesso del suo dolore lo fa prorompere nel più tristo lamento e nelle più acute grida, che si fanno sentire sino al cielo; ma non meritavano d’esser intese le grida di colui che faceva gridare i poveri alla porta della sua casa…”

Hai ascoltato le grida di Lazzaro? No? Ecco, adesso la stessa cosa varrà per te… capite? È la Giustizia.

“…in luogo di ascoltarli, o d’esserne intenerito, che avrebbe creduto trattarli troppo bene se li avesse messi tra i suoi cani, lasciando loro prendere i briccioli, che cadevano dalla sua mensa, mentre avea scacciato il povero Lazzaro con un orgoglio insopportabile. Così Dio punirà la durezza del cuore verso i poveri”.

E guardate che i poveri, non sono solamente quelli che ti chiedono il soldino, piuttosto che la signora anziana da prendere ed aiutare con la spesa; anche, ma povera è anche tua madre, è anche tuo padre, che tu abbandoni lì e non fai loro una telefonata neanche a morire, non li vai mai a vedere, ti disinteressi della loro vita e li hai abbandonati in quei luoghi, che vabbè, lasciamo perdere…

Certo, uno può anche non avere la possibilità di assistere una persona così gravemente malata, va bene, però almeno vai a trovarla, almeno fattene carico e vai a visitarla, vai a trovarli, vai a vederli. Non dimenticare chi ti ha dato la vita, abbi pazienza, abbi cura!

Quando eri piccolino, chi ti faceva prendere l’antibiotico? Chi ti ricordava di prendere l’aspirina? Chi ti misurava la febbre? Tua madre e tuo padre. Adesso sono anziani e lo devi fare tu per loro! Sei tu che devi ricordare a loro e dire: «Mamma! Papà! Ricordati che devi prendere l’antibiotico! Ricordati che devi misurare la febbre! Ricordati che devi prendere la pastiglia per il cuore e per la pressione! Ricordati che devi…»

Capite? L’hanno fatto loro per quanti anni? E tu non lo puoi fare per un po’? Perché? C’è un Comandamento, non dimentichiamocelo! Il Quarto Comandamento. Quindi, cerchiamo di essere attenti.

“Finalmente qual preghiera inutile! Domanda ad Abramo che abbia pietà di lui, lo domanda inutilmente, perché quando era nell’abbondanza, non ha avuto compassione degli altri, e non ha ascoltato favorevolmente le preghiere dei poveri. Così è, o Signore, io debbo aspettarmi di esser trattato in tal guisa, se non profitto di quest’esempio cotanto valevole ad ispirare il timore e lo spavento”.

Quindi, vogliamo trovare veramente misericordia? Siamo misericordiosi!

Vogliamo trovare perdono? Perdoniamo!

Vogliamo trovare che le nostre preghiere vengano ascoltate? Ascoltiamo le preghiere di chi soffre, di chi è nella necessità, di chi ci chiede aiuto!

Adesso vi leggo questa bellissima preghiera, molto forte, ma molto bella, con la quale concludo.

Mi vengono un po’ i brividi, ma ci fa bene.

“Ascolta, o anima, uno di questi infelici dannati che arde nell’inferno. Fa’ in maniera che le sue lamentevoli grida penetrino sino al fondo del tuo cuore, per evitare d’incontrare la sua disgrazia. S. Agostino lo fa parlare in questa maniera. Maledetto piacere, che mi son preso, devi dunque esser punito con supplizi interminabili! Maledetta ambizione, sei tu che m’hai precipitato per sempre nella più vergognosa di tutte le infamie! Gozzoviglie dannevoli, festini lugubri, voi mi private per sempre della mensa e della vista di Dio! Ricchezze fatali, alle quali mi son troppo attaccato voi mi avete fatto perdere il più prezioso di tutti i tesori, che è il godimento eterno del mio Dio, e voi mi riduceste in una deplorabile povertà!”

Poi voi ritornerete su questo che vi sto leggendo, ciascuno lo farà ripartire, lo rileggerà, perché non posso fermarmi per il tempo, ma ci sono dentro delle riflessioni bellissime.

“Compagnie perniciose, che mi faceste perdere quella di Dio…”

Quelle compagnie, che mi tolgono la compagnia di Dio… incredibile, questa cosa è terribile! Le compagnie umane che mi distraggono dalla compagnia di Dio, che mi sottraggono dalla compagnia di Dio, che mi rapiscono dalla compagnia di Dio, che mi rendono insensibile, svogliato, alla compagnia di Dio…

“…e mi procuraste l’orribile compagnia dei demoni e de’ dannati per tutta l’eternità”.

Ma diamo un calcione a queste compagnie perniciose!

Andate a vedere sul vocabolario cosa vuol dire “pernicioso”!

Impariamo a dire: «La tua compagnia è una compagnia perniciosa. La vostra compagnia è una compagnia perniciosa, io non vi voglio più!»

Poi mi guardo allo specchio e mi dico: «Non è che io sono un compagno pernicioso per qualcuno?». Può darsi eh… E allora? Allora devo cambiare, velocemente anche!

“O disperati lamenti! O giustizia del mio Dio! O fiamme! O compagnia dei demoni! O rammarichi quanto siete crucciosi, ma altresì quanto inutili! O giustizia del mio Dio, quanto siete incomprensibile, e rigorosa! O tormenti, quanto siete crudeli ed insopportabili! O eternità, quanto sei lunga! O compagnia dei demoni, quanto siete orribile! Ah Signore, se non fossi colpito da un giusto timore di questa terribile verità, sarebbe per me un tristo presagio. Inspiratemi questo spavento, penetratene il mio spirito, senza però farmi perdere la speranza che ho nella vostra bontà…”

Dove? Nel confessionale!

Dove? Nel tabernacolo, dice Gesù a Santa Faustina.

“…poiché una goccia del vostro sangue è capace di estinguere tutte le fiamme dell’inferno…”

Dove? In confessionale!

Dove? Nel tabernacolo, dice Gesù a Santa Faustina.

Ve lo ricorderò, ve lo ripeterò, spero che Dio mi conceda questa grazia, fino all’ultimo mio respiro, perché deve entrare nella nostra testa questa cosa: i due troni della Misericordia!

La Misericordia non è: «Signor pietà! Signor pietà!», ma è nel confessionale e nel tabernacolo, dice Gesù a Santa Faustina.

“… e questo sangue adorabile è per me; ma Signore, per mezzo di questo timore e di questa speranza sostenuta dalle mie opere buone, operate in me una vera emendazione di vita, ed un’esatta osservanza della vostra divina legge per non incontrare la disgrazia di quelli, che saranno le vittime eterne delle vostre vendette”.

Quindi, aggrappiamoci al Corpo e al Sangue di Cristo.

Dove? Nel confessionale e nel tabernacolo, e allora non avremo niente da temere.

Sì, finiremo in una fornace… quale? Quella del Cuore di Gesù… quella del Cuore di Gesù…

Non dobbiamo avere paura della fatica, del pericolo, non dobbiamo raffreddare il nostro amore.

Il pericolo che corriamo è quando dobbiamo combattere contro i nostri vizi, contro noi stessi. Non dobbiamo avere paura di abbattere tutti i nostri mostri e non dobbiamo fare come Pietro che dice: «Ah io sono pronto a morire per Te», e poi, basta una piccola occasione, basta la voce di una serva, scrive Padre Avrillon, che ci fanno dire che noi non conosciamo Gesù. Non dobbiamo essere presuntuosi di un coraggio che non abbiamo, noi dobbiamo saper conoscere la nostra debolezza.

“Pietro s’era vilmente addormentalo nel tempo che bisognava pregare e vegliare per difendere il suo divino Maestro. Avea presa una fuga vergognosa allorché fu catturato Gesù. S’era troppo esposto al pericolo divertendosi e scaldandosi coi servitori”.

È qui che sta la ragione della caduta di Pietro.

Va bene.

Domani vedremo il “Giorno di opere buone”.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

VANGELO (Lc 16, 19-31)

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

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