Meditazione
Pubblichiamo l’audio di una meditazione di mercoledì 16 marzo 2022
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 16
Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
Eccoci giunti a mercoledì 16 marzo 2022.
Abbiamo letto il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XX di San Matteo, versetti 17-28.
Ci portiamo subito alla lettura e alla meditazione del nostro testo, che stiamo facendo, del Padre Avrillon.
Mercoledì dopo la II domenica – Giorno di umiltà
“Non vi lasciate oggi uscire alcun pensiero, sentimento, gesto, parola, né alcuna azione d’orgoglio e di vanità; studiate al contrario l’umiltà dello spirito, pensando e persuadendo voi stessi che siete un nulla; l’umiltà del cuore, conoscendo la vostra bassezza e le vostre miserie; l’umiltà delle parole, confessando le vostre debolezze, né parlando di voi medesimi che con disprezzo; e l’umiltà delle azioni, scegliendo sempre per voi le più vili. Umiliatevi dinanzi al vostro prossimo, siate piccoli agli occhi vostri, ed operate in conseguenza di tali avvertimenti. Ma per far questo con più felice risultato, abbiate sempre innanzi allo sguardo Gesù Cristo, il quale si è umiliato sino alla morte. Pensate ai terribili castighi co’quali minaccia i superbi, e alle gloriose ricompense che ha promesse agli umili”.
Ecco, allora oggi il Padre Avrillon ci dice che è un giorno dedicato tutto all’umiltà, che vuol dire che in ogni cosa, parola, gesto, espressione, pensiero, non deve mai uscire un benché minimo atto di orgoglio e di vanità; dobbiamo proprio vigilare perché l’orgoglio e la vanità non prendano possesso di noi.
Questo come si fa? Beh, si fa pensando che siamo un nulla, si fa conoscendo quanto siamo miseri e anche miserabili in tante cose, pensando alle nostre bassezze, alle nostre miserie, e poi imparando anche a dire i nostri errori, a confessare le nostre debolezze, e quindi non aver paura di dire: «Ho sbagliato».
Non dobbiamo aver paura di dire: «Ho sbagliato». È bellissimo dire: «Ho sbagliato. Questa cosa l’ho sbagliata; pensavo di fare in un modo, invece ho fatto in un altro. Ho sbagliato, ti chiedo scusa», o riconoscere davanti a tutti, anche quando nessuno vedrebbe che noi abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, e dirlo: «Guarda, quella cosa lì pensavo di farla giusta, invece mi è venuta storta, ho sbagliato».
Vedete, adesso mi sono girato e davanti a me c’è uno scoiattolo.
Non vi dico dove sono, è un segreto, vi dico solo che c’è uno scoiattolo davanti a me. Ero girato, e nel momento in cui ho detto: «Riconosciamo di aver sbagliato», mi sono girato e c’era qui uno scoiattolo che mi guardava, bellissimo, e subito mi ha fatto venire in mente che cos’è l’umiltà.
Eccolo qua, che carino!
Questo scoiattolino mi ha fatto venire in mente l’umiltà.
L’umiltà è discreta, come questo scoiattolo, che è qui che mi passeggia davanti, è silenziosa, non la senti, però la vedi.
Io lo vedo lo scoiattolino, che mi gira adesso qui intorno.
L’umiltà però la vedi, e poi l’umiltà va da tutte le parti, come questo scoiattolino, che sta molto aderente alla terra, però, se voi lo vedeste, adesso lì in posa, con le sue zampine su, la sua coda arricciata, che guarda tutto intorno a sé…
L’umiltà è così, è attenta e discreta, non è mai invadente, non dà mai troppa confidenza.
È vicino, sarà, non lo so, a cinque metri di distanza, una giusta distanza; ci guardiamo, ma non un passo più vicino, perché se io muovessi un passo, lui se ne andrebbe.
L’umile è così, non si fa tanto raggiungere, ha un suo spazio, nel quale lui vive e si confonde con le piccole primule che ci sono qua nel campo, però fa la differenza, perché a vedersi uno scoiattolo davanti uno dice: «Che bello!», e ti si allarga la giornata.
Sono proprio belle queste bestioline!
Oggi, il Signore, nel giorno dell’umiltà, ci ha regalato l’immagine bella dello scoiattolo.
Voi sapete che io sono tanto innamorato del creato e quindi tutti questi piccoli doni che ci vengono fatti, io ve li comunico. Potevo non dirvi niente, ma ve lo dico, perché possiate anche voi vederlo attraverso le mie parole, anche se non siete qui con me, e godere di questo spettacolo.
Quindi, bisogna imparare a dire le nostre debolezze, che problema c’è?
Guardate, io devo dirvi che una delle grazie più grandi che io ho ricevuto da Dio, quando ero ragazzo, è questa: io ho sempre avuto un gusto fortissimo di tornare a casa e raccontare al mio papà e alla mia mamma, per non dire alla mia nonna, le mie marachelle.
Avete capito bene, non i miei successi, le mie pasticciate.
Io tornavo a casa, e non vi dico che bello che era entrare in casa e dire: «Guarda oggi ho fatto questa stupidaggine… Oggi ho fatto quella cosa che mi sembrava giusta, invece l’ho sbagliata, oppure oggi ho proprio sbagliato volontariamente, l’ho proprio fatta sbagliata».
Allora parlavamo, raccontavo del perché l’avevo fatta… Ma questo non è un atto di virtù, non c’è nessuna virtù, perché è stato facile, è stato proprio spontaneo e facile vivere così. Non ho mai dovuto nascondermi, mai! Anzi, tutto il contrario, proprio esattamente tutto il contrario. I miei familiari mi hanno fatto gustare la bellezza del vedermi anche sbagliato, non è mai stato un problema vedere gli sbagli e vedermi anche io sbagliato in alcune cose, ma non me lo hanno mai fatto pesare e abbiamo sempre potuto parlarne, raccontare, scherzarci sopra anche. È stato proprio bello!
Lo scoiattolo mi ha aperto anche questi pensieri.
Per fare questo, Padre Avrillon ci dice cosa dobbiamo fare, cioè dobbiamo avere davanti agli occhi Gesù, che si è umiliato fino alla morte.
Allora vediamo il Vangelo.
“Comandate, o Signore, che i miei due figli qui presenti siano assisi nel vostro regno, l’uno alla dritta e l’altro alla sinistra. Permette oggi il divin Salvatore, che una madre ambiziosa gli chieda due posti d’onore per i due suoi figli, e da questa domanda prende occasione d’invitare alla pratica dell’umiltà. Comincia col disprezzar questa donna dicendo: Voi non sapete ciò che domandate. Per far intendere ai suoi discepoli ch’erano presenti, che non si può esser ammesso al regno del cielo, se non si ha una vera umiltà di cuore, e che l’ambizione è la sola capace d’allontanarcene, perché Dio ha sempre tenuto per suoi nemici i superbi, e non dà la sua grazia che agli umili”.
Lo scoiattolino… capito? Dio agli scoiattolini dà le Sue grazie e noi vogliamo essere degli scoiattolini del Signore.
E quindi, via l’ambizione, via la destra, la sinistra, sopra, davanti, io qua e io là…
Ma no, ma guarda gli scoiattoli come sono belli, sono lì che si confondono con le primule dei campi.
“Osservate in secondo luogo, che Gesù risponde a questa domanda con una spiacevole proposizione; proponendo a Giovanni e a Giacomo di bere il calice, ch’egli sarà per bere; per farci intendere, che un orgoglioso non deve aspettarsi che umiliazioni e patimenti. Egli avrà sempre disgusti da quello co’ quali si accompagna; e siccome col suo orgoglio cerca di disprezzar gli altri, così sarà dagli altri disprezzato: insopportabile per l’aria della sua falsa grandezza, sarà contrariato, sarà evitato, sarà umiliata la sua fierezza, sarà abbassato il suo orgoglio, e forse non diverrà più umile”.
Certo, capite? Quando noi siamo orgogliosi, beviamo il calice delle umiliazioni e dei patimenti, è così.
Lo scoiattolino attrae, tutti stanno lì a guardarlo e dicono: «Guarda lo scoiattolo che bello!» Nessuno lo può mai toccare, però è bello; è bello per la sua semplicità, per la sua piccolezza, per il suo essere così, no?
Allo stesso modo, qualcosa di imperioso, di strafottente, ci dà fastidio, vedete? È così, ce lo insegna anche la vita.
“Dio, che è infinitamente giusto, permette tutte queste contraddizioni, e tutte queste amarezze, perché vuole o guarirlo o confonderlo, e se esse non guariscono il suo orgoglio, saranno tristi preludi delle umiliazioni, e de’ patimenti eterni, che gli son preparati, perché secondo l’oracolo di Gesù Cristo colui che si esalta, sarà infallibilmente umiliato. Questa sentenza è pronunziata dalla bocca di questo giusto Giudice”.
Oggi sentite qualche rumore, vabbè… fa bene anche questo, se no siamo sempre chiusi in camera a fare le omelie e non va bene.
“Imprimetela profondamente nel vostro cuore, come un prezioso memoriale per reprimere ogni sorta d’orgoglio, quando v’accorgerete che comincia ad insinuarsi nell’anima vostra”.
Guardate, l’orgoglio è il peggiore, è il più terribile di ogni male, è il “grande peccato”, dice il Salmo; quindi, noi dobbiamo stare attenti come stiamo attenti alla peste, nei confronti dell’orgoglio, perché non si insinui dentro di noi.
“Abbiatene orrore, emendatevi. Riformate i pensieri che questo peccato v’ispira, le parole di vanità e di ostentazione che vi fa pronunziare, e riformate persino il tono di vostra voce”.
Ecco, quindi, quando vi dico: «Impariamo ad avere una voce mite, una voce sommessa, una voce silenziosa, una voce che non grida, una voce che non s’impone, una voce mite, mite…», perché anche questo ci aiuta a rimanere umili.
“Quest’applicazione è degna d’un cristiano. Gesù chiamò i suoi discepoli e disse loro: Chiunque tra voi vorrà esser il più grande, dev’essere il servitore di tutti. La convinzione degli Apostoli deve farci tremare, e farci comprendere che, se i santi non sono esenti dai sentimenti d’orgoglio e dalle pule basse e puerili, molto meno ne siamo esenti noi, e dobbiamo incessantemente guardarcene. Per convincerci ascoltiamo Gesù che ci dà oggi un’ammirabile lezione di umiltà nel paragone di due potenze, che esercitano ben differentemente la loro autorità sui loro sudditi. I re dei gentili, dice quest’umile Salvatore, dominano con impero sopra i loro sudditi, e io non voglio che sia così tra voi; ma bisogna che quegli, il quale vorrà esser il più grande fra voi, sia il servitore degli altri. Studiate bene questa dottrina, seguite questo esempio, ed esaminatevi su l’uno e l’altra. Che pensate voi di voi stesso? Che pensate voi degli altri? Siete voi ben persuaso che siete un nulla? Procurate di ben conoscervi, allontanate da quest’esame l’amor proprio; egli è un cieco che vi nasconde i vostri difetti, e vi farà stimare migliore di quello che siete”.
Certo, l’amor proprio è contrario all’umiltà e ci fa credere di essere quello che in realtà non siamo.
“Esaminate ancora i sentimenti del vostro cuore. Non desidera egli forse i primi posti? Non sentite voi qualche segreta mozione quando vien lodato il vostro prossimo, o quando viene a voi preferito?”
Certo. Quando noi vediamo gli altri che vanno più avanti di noi, noi cosa facciamo? Ci stiamo male…
“Qual premura prendete voi per reprimere questi sentimenti, che sono prodotti dall’orgoglio?”
Cosa facciamo noi per reprimere questi brutti sentimenti?
“Esaminate le vostre parole: non parlate forse troppo in bene vostro? Non impegnate forse gli altri a star attenti a ciò che dite quando lodate voi medesimo, o quando ancora per una falsa umiltà parlate de’ vostri difetti?”
Sì, perché c’è anche l’umiltà “pelosa”, per la quale faccio finta di parlare dei miei difetti, ma in realtà non sto facendo altro che osannarmi, quindi anche questo non va bene.
“Eccovi la materia d’un serio esame, pensate alle parole umili, che Gesù dice di sé stesso quando si dichiara servitore di tutti”.
Guardate, una cosa bellissima, un’altra cosa bellissima della mia infanzia è questa, che vi racconto: la mia nonna, come, ad esempio, anche Monsignor Cazzaniga, quando parlavano di loro stessi, della loro infanzia, della loro gioventù, e lui del suo sacerdozio, era sempre uno spettacolo ascoltarli. Non si sentiva orgoglio, superbia, vanità, perché tu sentivi persone vere, che dicevano cose vere, e le dicevano per il tuo bene, cioè sentivi che c’era un bene dentro lì. Non è come il discorso che uno fa dalla parrucchiera, capite?
Uno dice: «Questa è vita vera. È la vita vera, non è la vita morta dei vanitosi; questa è la vita vera, è la vita bella, è la vita che, ascoltandola, cambia la tua vita, perché viene voglia anche a te di essere così bello, così nuovo, così diverso, così effervescente, così brioso».
Quindi, pensiamo alle Parole di Gesù, che dice di sé stesso “servitore di tutti”, si dichiara così, Lui si riconosce così.
Ecco la nostra preghiera:
“Domate il mio orgoglio, o mio Dio, ed insegnatemi a domarlo da me stesso; illuminate il mio spirito per convincermi che sono un nulla. Fate che il mio cuore lo conosca, né mai vi si opponga; che la mia bocca parli, e che le mie mani operino in maniera, che tutte le parole ed azioni seino un testimonio autentico della sincera umiltà del mio spirito e del mio cuore”.
Bellissimo…
Che sia questa, da oggi, la nostra preghiera quotidiana!
Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen.
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.
VANGELO (Mt 20, 17-28)
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».