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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, la Morte, III parte

Novissimi: la Morte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 13 novembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, la Morte, III parte

Eccoci giunti a sabato 13 novembre 2021. Tutti ormai abbiamo imparato che il 13 di ogni mese è un giorno tanto caro alla Madonna, che ci fa ricordare tutte le apparizioni di Fatima, tranne quella di agosto perché fu impedita dall’arresto dei tre pastorelli, ma se no sono sempre avvenute il 13 di ogni mese, da maggio fino ad ottobre, quindi anche per noi il 13 è un giorno tutto mariano, dovrebbe essere così.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi tratto dal capitolo XVIII, versetti 1-8 di San Luca.

Questa frase finale di Gesù è una frase che ci crocifigge il cuore:

“Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”

È una domanda che fa tremare. Se Lui sapeva di trovarla, perché porla? Se la pone è perché forse ci serve sentirla questa domanda, per evitare la risposta scontata del “No”. Noi dobbiamo conservare il fuoco sacro della fede come fecero i Maccabei che lo nascosero nel pozzo, anche noi dobbiamo nasconderlo nel pozzo il fuoco sacro della fede, nel pozzo del nostro cuore, della nostra intelligenza, delle nostre sante belle amicizie, delle nostre sante belle conoscenze, delle nostre sante famiglie, del nostro stare insieme da innamorati di Gesù, da amici di Gesù.

“Troverà la fede sulla terra?”

Che bello se al termine di ogni giorno noi potessimo dire:

“Gesù, oggi grazie allo Spirito Santo e a Maria Vergine, ho conservato la fede, forse è una piccola fede, forse è una fragile fede, forse è una fede timida, immatura, titubante, vacillante, piccolina però c’è, l’ho conservata per Te. Ridammela, ti prego, domani mattina, quando mi sveglierò, aiutami ad accrescere questa fede, ad averne cura, a custodirla da tutte le intemperie del mondo”

Per questo dobbiamo pregare sempre, senza mai stancarci, cioè vivere in un atteggiamento di profonda intimità con il Signore. 

Eccoci giunti, nel libro che stiamo leggendo, del Beato don Giacomo Alberione “I Novissimi meditati davanti al Santissimo Sacramento”.

Siamo arrivati a:

2. GESÙ MODELLO DEI MORIBONDI 

“Il Signore ha istituita la SS. Eucaristia non solo perché fosse sacrificio della nuova legge, ma anche perché fosse cibo dell’anima nostra, e perché sia memoriale della sua passione e morte. Gesù è il compagno della nostra vita, nel Santo Tabernacolo, e sarà ancora nostro viatico sul letto di morte per il viaggio all’eternità. È bene che ci abituiamo a chiedere la grazia di una buona morte, a chiederla come a grazia che deve coronare le altre grazie, a chiederla al Crocifisso e moribondo nostro Salvatore Gesù..”

Potremmo chiedere questa grazia a Gesù Bambino, che tra poco nascerà. Questo potrebbe essere il dono da chiedere nel presepe, quando farete il presepe nelle vostre case, nelle vostre famiglie, so che ci sono alcuni bambini che, come Padre Giorgio, agognano di fare il presepe, non aspettano altro che l’Immacolata per poter fare il presepe. So che lo costruiscono giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, poi spostano le statuine, poi le rimettono al loro posto, poi fanno andare l’acqua, cominciano a popolarlo di giorno in giorno, preparano i Re Magi lontani, è tutto un movimento, un presepe dinamico. Perché non insegnare ai nostri bambini: “Cosa chiediamo quest’anno a Gesù Bambino? Cosa gli domandiamo per questo Santo Natale?”

Perché non insegnare loro di domandare una buona morte?

Chiedere a Gesù Bambino la grazia di una morte santa, per tutti noi, per la mamma, per il papà, e per noi bambini, per noi fanciulli, per noi ragazzi, una morte santa, una morte in Gesù, una morte tra le braccia della Vergine Maria, una morte dove la Madonna ci viene a prendere. 

Certo, probabilmente dovremo fare un po’ di Purgatorio, ma chiediamo al Signore questa grazia. Secondo me è importante abituarci. 

Mi ricordo ancora le omelie dell’anno scorso, in preparazione al Natale, quando vi dicevo, in quel periodo così buio dell’anno scorso, così terribile, di chiedere per tutte le persone lontane, la grazia di poter tornare a casa a Natale, sembrava quasi di essere in guerra. In trincea si dice: “Chissà quando torniamo a casa”. Chiediamo anche adesso una grazia per tutti, di poter passare un Natale santo, un Natale bello, un Natale insieme, caldo, custodito, cristiano, non è scontato sapete, niente è scontato, niente è dovuto. In questo bel presepe metteteci dentro, nelle mani di qualche pastore, o sotto la statuina del bue e dell’asinello, un biglietto con su scritto: 

“Gesù Bambino dona a tutti noi una santa morte”

“Chiedere la grazia di una preparazione santa alla morte, perché avrà certamente una santa morte colui il quale fa una santa vita.”

Certo.

“Ora ci fermiamo a considerare l’esempio di Gesù moribondo, agonizzante.”

  1. Gesù è condannato a morte

Qui cita tutto il Vangelo.

“Ecco il nostro Maestro, che davanti a Pilato china la fronte alla sentenza che lo condanna a morte. Era la volontà del Padre che aveva disposto che questa morte doveva essere la salute di tutti, la vita nostra; che questa morte dovesse dargli la maggior gloria. E Gesù accetta la morte. Non si lagna davanti a Pilato, che lo abbandona nelle mani dei suoi nemici; non si lagna quando gli viene presentata la croce, strumento del suo martirio e supplizio: prende la croce, l’abbraccia, la bacia, se la carica sulle spalle: non fa difficoltà, ma si incammina «come un agnello, che senza lamenti si lascia condurre al macello» (Ger 11,19). Gesù in questo diede la maggior gloria al Padre; perché Iddio è il Padrone della nostra vita e della nostra morte. L’atto di maggior sottomissione e quindi l’atto che dà al Signore la maggior gloria, è l’accettazione della morte. Allorché noi, rassegnati, ci disponiamo alla sentenza che ci ha condannati a morire, ci rassegniamo alla separazione dell’anima dal corpo, alla distruzione, diciamo così, del nostro essere-uomo, ci rassegniamo a discendere nel sepolcro, noi riconosciamo Iddio Padrone assoluto della vita e della morte; ci sottomettiamo interamente a lui e gli diamo veramente la vita, la vita per Iddio: «Nessuno ama di più di chi dà la vita». I Martiri l’hanno data questa vita, accettando una morte violenta; tutti quanti noi possiamo accettare la morte con tutte le oscurità che conserva, con tutte le incertezze che l’accompagneranno, con tutti i dolori che la prepareranno, con tutti i distacchi e con tutte le umiliazioni che subirà il nostro cadavere; esso sarà abbandonato agli uomini e sarà messo sotto la terra: umiliazione profonda e meritata tuttavia dai nostri peccati. Perché il peccato, la ribellione a Dio ci ha portati ad innalzarci troppo, la morte, la sottomissione a Dio, ci fa abbassare quanto è necessario…”

“Gesù china la fronte davanti a Pilato”

Incredibile! Noi neanche immaginiamo cosa voglia dire: Dio china la fronte davanti a quell’essere ignobile che è Pilato e si prepara al distacco totale da tutto e da tutti, innanzitutto dalla sua mamma. Chissà, ma noi neanche possiamo immaginare, il dolore di questa separazione, dalla sua mamma e la sua mamma da Lui. L’amore di un figlio verso sua madre e l’amore di una madre verso suo figlio non sono neanche descrivibili, immaginatevi quello tra il Figlio di Dio e la Madre di Dio. Inimmaginabile, indescrivibile. Poi l’abbandono, il rinnegamento, il tradimento, l’essere chiuso in quella prigione al freddo al gelo, torturato, tormentato, schernito, sputato, oltraggiato, fustigato, dileggiato, disprezzato. Vedere Barabba scelto al posto di Gesù, con tutto il bene che aveva fatto a tutte quelle persone per tre anni. Pensate a tutti i miracoli, tutta la gente guarita. Lì c’erano i parenti dei muti, dei sordi, dei lebbrosi, degli storpi che Gesù aveva rimesso in piedi, ci saranno stati i parenti che gridavano: “Crocifiggilo!”. E speriamo non ci siano stati anche i miracolati. C’erano quelli che avevano ancora il pane moltiplicato tra i denti, lì, a gridare: “A morte Gesù”, a preferire Barabba, un assassino, un brigante, un ladro. Un criminale preferito al Figlio di Dio.

Questo ci insegna che non c’è modo migliore di rendere gloria a Dio che accettare la nostra morte. Non dobbiamo avere paura di morire. Non si può avere paura di morire, perché è un atto con il quale noi rendiamo gloria a Dio.

Lui scrive:

“E adesso recitiamo l’atto di accettazione della morte: 

Sentite che bello:

“«Signore Dio mio, fin d’ora con pieno consenso e con animo volenteroso, accetto dalle vostre mani qualsiasi genere di morte, con cui a voi piaccia di chiamarmi o colpirmi, insieme con tutti i dolori, con tutte le pene e con tutti gli affanni che dovranno accompagnare il mio ultimo passaggio». 

Ed ecco le indulgenze: 

Chiunque, confessato e comunicato — come siamo noi — recita questa o simile orazione e non la revocherà, guadagnerà l’indulgenza plenaria nel punto di spirare: non nel momento che ci verrà data la benedizione papale, ma nel momento in cui spireremo.”

Bellissimo. Sapete che il Sacerdote quando ci dà l’assoluzione in articulo mortis, lì viene data anche la benedizione papale con indulgenza connessa, l’indulgenza plenaria, ma tu sei ancora vivo, sei moribondo, stai morendo ma sei ancora vivo; invece recitando questo atto di accettazione è prevista l’indulgenza plenaria nell’atto di spirare, in quell’istante dell’ultimo respiro che noi faremo. Quindi chiunque, confessato e comunicato, recita questa preghiera e non la revoca… Mettiamo ad esempio che decido che il 13 novembre, o il giorno di Natale, reciterò questa preghiera di accettazione della morte. Prima mi confesso, e mi comunico, recito questa preghiera, poi faccio le preghiere per il Papa, con le solite condizioni, e non revocherò mai questo atto di accettazione, il giorno in cui morirò, nell’atto dello spirare, mi verrà concessa l’indulgenza plenaria. Credo che nessuno di noi lo sapeva, adesso lo sappiamo, vi consiglio caldamente di recitarlo.

2. Gesù modello dei moribondi

“Ecco il nostro Divin Salvatore, modello dei moribondi. Gesù sta per morire. I suoi occhi devono mirare lo spettacolo che gli doveva far tanta pena, la spartizione delle sue vesti, e tanti ingrati tra quel popolo che era stato saziato da lui con pani miracolosi, e più di tutto con la divina parola. Ridono della sua morte e si associano ai suoi avversari. I suoi orecchi devono sentire bestemmie e sfide alla sua potenza. La sua bocca, il suo gusto devono essere amareggiati di fiele e mirra. Il suo tatto, cioè le sue mani ed i suoi piedi, traforati dai chiodi. Insomma tutti i sensi di Gesù crocifissi, e crocifisso, diciamo così, il suo cuore, tanto addolorato; il suo spirito immerso in un mare di dolore; la sua fantasia vedeva, nonostante il suo sangue e la sua morte, anime e anime precipitare ancora nell’inferno. Ecco la preparazione nostra alla morte. Moriranno i nostri occhi, che perderanno a poco a poco la luce: non vedremo, non conosceremo più. Moriranno i nostri orecchi e ad un certo punto non capiremo più ciò che ci diranno, non percepiremo più. Morirà la nostra lingua: ad un certo punto ci interrogheranno, noi vorremmo ancora rispondere, ma non potremo più pronunziare sillaba. Le mani ed i piedi sono i primi a raffreddarsi, perché le estremità sono le prime membra a morire: la vita si raccoglierà attorno al cuore.”

Tutto cerca di sopravvivere.

 “La fantasia ci rappresenterà la vita scorsa e forse molte cose ci faranno pena! Specialmente il giudizio vicino, di cui vorremmo indovinare l’esito. Il nostro spirito sarà immerso in mortali tristezze; il nostro cuore tentato di disperazione o di presunzione, secondo che Iddio permetterà. Ecco la preparazione alla morte. Orbene, per i meriti e per quella sete di Gesù Crocifisso, di quelle piaghe delle mani e dei piedi, di quelle pene che Gesù sofferse nel suo cuore, nel suo spirito, chiediamo di disporci bene, in quel momento, alla morte. Offriamo quindi adesso, per allora, la perdita di tutti i nostri sensi, i quali ad uno ad uno cesseranno di essere per noi in uso: e sarà questo il cammino inesorabile della morte. Domandiamo per quel momento la grazia di soffrire con pazienza, come Gesù. Il Crocifisso cristiano ci rappresenta sempre un divino Maestro, calmo, sereno, pienamente cosciente, e pienamente rassegnato al divino volere: «Nelle tue mani, o Padre, raccomando l’anima mia» (Lc 23,46). Chiediamo la grazia di una santa morte; specialmente in quel momento di vincere le brutte tentazioni, le tentazioni supreme che ci muoverà il demonio: il quale discenderà arrabbiato a noi, sapendo che gli rimane poco tempo per guadagnare l’anima nostra. E noi chiediamo adesso di vincere allora, di vincere tutto. Venga in quel momento Gesù a consolare la nostra agonia. Io l’aspetto quel Crocifisso agonizzante, speranza e conforto dei moribondi: l’aspetto e invoco fin d’ora.”

Bellissimo. Cominciamo. 

Uno dice: “Ma perché dobbiamo fare le penitenze?”. 

Perché cominci a prepararti a morire bene, quindi il venerdì rinuncio a mangiare un gelato, rinuncio ad aprire il panettone prima di Natale, rinuncio a guardare i regali prima di Natale.

“Ma io li guardo la notte di Natale tornando dalla Messa”.  Tornando dalla Messa hai Gesù nel cuore, tornando dalla Messa è notte, sei immerso nella notte bellissima, quindi no, non è quello il tempo, hai la Comunione in te. Al mattino, dopo la Messa di Natale. 

Non fate, vi prego, come quelli che chiamano: “Scusi, ma la Messa di mezzanotte di Natale, vale anche per il girono dopo?” Vi prego, vi supplico, non fate mai queste domande, e se non volete farmi morire, non fatele a me, queste sono domande proprio indegne, io non risponderò mai a queste domande, quindi non fatemele. Si va alla Messa di mezzanotte perché è bellissima, è la Messa che ci apre dall’inizio al giorno di Natale — chi può andarci, ovviamente — e poi al mattino. I più coraggiosi vanno al mattino presto presto, alla Messa del giorno di Natale. C’è la Messa della notte e la Messa del giorno. Poi, si arriva a casa e c’è tutto il tempo di quel giorno per aprire i regali, per preparare un bellissimo pranzo di Babette alle persone che inviterete, per tirare fuori tutte le tovaglie con i pizzi, per tirare fuori finalmente i cristalli, per mettervi ai fornelli e cucinare le cose più buone. 

Non lasciate nessuno da solo.

Pochi giorni fa mi scrisse un giovane, mi scrisse: “Padre Giorgio stasera facciamo una bella pizza tutti insieme”. Era un sabato, erano una ventina in una casa. Io sono curioso, mi piace farmi raccontare cosa preparano, cosa fanno. Lo saluto e gli auguro una buona cena. Dopo poco vengo a sapere di un ragazzo che non era stato invitato perché era via, era in viaggio e vengo a sapere che stava tornando, faccio due conti e mi dico: “Se sta tornando anche lui fa in tempo ad andare”, allora scrivo e dico: “Guardate che c’è anche Tizio che sta tornando dal viaggio, sicuramente gli fa piacere se lo invitate”. Mi risponde: “No, ma Padre, non c’è più posto”. Ho fatto un salto sulla sedia della mia scrivania, che Gesù in Croce che ho qui davanti, poverino, ha tremato, e in un picosecondo ho risposto: “Cosa?? Non c’è posto? C’è sempre posto!” C’è sempre posto! Se c’è posto per venti c’è posto anche per ventuno e se c’è posto per ventuno c’è posto anche per ventidue, e se c’è posto per cinquanta, c’è posto anche per cinquantuno, c’è sempre posto. Non ragionate mai così. Si è corretto subito e ha risposto: “No, ho sbagliato, troveremo il posto, va bene”.

La nostra casa deve essere invasa. Le case fatte come le tombe di Tutankhamen vanno bene per le mummie. 

Sapete quanto ordine c’è in una cimitero? Incredibile! Sapete che le lapidi non si muovono mai? I vasi dei fiori sono immobili, i sassolini sono tutti in ordine, bellissimi, sì, ma lì ci abitano i morti. 

Guardate l’ordine che c’è in un asilo… lì ci abitano i vivi, la vita che sorge. 

Cosa te ne fai della tua casa che sembra il loculo di una mummia? Cosa te ne fai? Cosa te ne fai di vedere tutto perfetto, di camminare con le pattine, tutto in ordine, tutto che risplende… e poi? Per chi è tutta questa roba? Chi la gode? Tu che ti guardi attorno, come la mummia di Tutankhamen che si guarda attorno e dice: “Guarda, ho ancora i fichi secchi di 2.000 anni fa! Buonissimi i fichi secchi di 2.000 anni fa, sono proprio secchi! Ormai non sono più fichi, però sono lì in ordine. C’è ancora l’uva passa di mio nonno che adesso ha 3.000 anni, però va bene!”

Aprite le case. Le nostre famiglie devono essere invase, case aperte. Invitate, non lasciate nessuno solo, non abbiate paura di essere generosi, non abbiate para di essere ospitali, ricordate Lot che cosa fece con i due Angeli, andate a leggere la storia di Lot, andate a leggere cosa fece ai due ospiti, ai due Angeli, quanto ebbe a cuori questi due visitatori. Accogliendo i visitatori, nella Sacra Scrittura, hanno accolto Angeli senza saperlo. Accogliete, invitate, non abbiate paura, siate generosi, al massimo vi dicono di no, che cosa ci avete perso? Niente. 

Sapete com’è bello, com’è nutriente vedere una mensa imbandita stracolma di persone che si amano, di persone che stanno bene insieme, di persone che si vogliono bene, di persone che mettono al centro Gesù, che vivono nel rispetto, dove poi ognuno porta qualcosa, non deve fare tutto uno, chi fa la pastasciutta, chi porterà il panettone…

 Il panettone dovete farlo farcito con la crema Chantilly, mi raccomando — scherzo! Vi dico i miei gusti — e con gli spiedini di frutta. Mi ricordo che un giorno mi fecero assaggiare u panettone farcito di crema Chantilly e con infilzati gli spiedini di piccoli frutti, le more, i lamponi, i mirtilli. Buonissimo! Non vi dico che bontà!

Poi farete tutte le cose più buone del mondo, ma tutto questo è un simbolo, è un’immagine del fatto che innanzitutto vi state nutrendo uno dell’altro. 

Manca più di un mese a Natale, ve l’avevo detto che parlare della morte voleva dire parlare della vita. Preparatelo bene questo Natale, guardatevi intorno, ci sia un regalo, anche piccolo, per tutte le persone che conoscete, fate un bel biglietto, organizzatelo bene, pensate a tutti i minimi dettagli, invitate le persone, lasciatevi invitare, se qualcuno vi vuole invitare, andate, non siate legati al “devo stare qui”, “devo stare la”, no, siamo pellegrini su questa terra, cosa conta dove sto? Conta lo stare insieme, che poi stiamo sul cocuzzolo della montagna o stiamo in cima ad un campanile che importanza ha? Se dobbiamo essere in mezzo ad una montagna, al freddo con le pecorelle al pascolo, a mangiarci pane e formaggio, e sia, sarà il Natale più diverso della mia vita, ma l’importante è stare insieme, l’importante è condividere qualcosa, fosse anche un tozzo di pane, condividiamo questo tozzo di pane insieme. Quel giorno dovremo metterci a tavola insieme e dire: “Fammi pensare… di tutte le persone che conosco oggi non c’è nessuno che è solo o che è triste, ci siamo tutti. Ok, allora possiamo procedere”.

Certo, lo capisco, è impegnativo, però credo che quando saremo sul letto di morte, sarà bello ricordare queste cose. Io nella mia mente ho il ricordo di Natali bellissimi, veramente bellissimi, indimenticabili. Ho ancora nella mia mente alcuni Natali dove ho aperto alcuni doni precisi, particolari, anche da bambino, me li ricordo ancora. Quell’aria del giorno di Natale, quel profumo delle bucce di arancio, di mandarino, che si aprono insieme al panettone e alla frutta secca, ai datteri.  

Uno potrebbe dire: “Ma che spreco! Che abbondanza!” No, perché non è che devi mangiare tutto, però puoi assaggiare di tutto un pochino e tutto questo fa parte dell’aria di Natale. 

Poi alla sera un bel brodo di carne con i tortellini, così abbiamo coronato in bellezza questa bellissima giornata di Natale. Una bella passeggiata, magari chi ce l’ha in riva ad un fiume, o ad un canale, o su una montagna, o in città, ovunque, per stare insieme, per arrivare alla sera di Natale e dire: “Che giornata Gesù! Che bella giornata oggi, ti abbiamo proprio festeggiato, ti abbiamo proprio detto: Grazie Gesù. Che bella la Tua nascita, come sono felice di essere cristiano. Gesù conservami la fede, fa che tutto questo mi aiuti ad avere fede nei momenti difficili della mia vita, a credere quando tutto è buio, perché ho sperimentato la bellezza dell’essere cristiani, dell’essere tante anime diverse, in un unico Corpo, il Tuo”.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen.

VANGELO (Lc 18, 1-8)

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

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