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Perché sei qui? – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.90

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Perché sei qui? – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.90
Lunedì 29 gennaio 2024

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mc 5, 1-20)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 29 gennaio 2024. 

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal quinto capitolo del Vangelo di san Marco, versetti 1-20. 

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. 

Abbiamo già letto ieri i primi tre paragrafi del capitolo ventinovesimo e adesso li stiamo commentando. Allora, ieri sinteticamente abbiamo visto questa prima avvertenza di Santa Teresa: non preoccuparsi mai di avere le grazie dei superiori. Ecco, questa è la prima avvertenza. Lei ci ha detto di fare in tutto il nostro dovere, e il fatto di fare in tutto il nostro dovere, ci permetterà di incontrare il gradimento di Dio, anche se i superiori non dovessero dimostrare alcuna soddisfazione. 

Siamo arrivati qui, proseguiamo la meditazione; lei scrive:

Non siamo venute qui per cercare una ricompensa terrena.

Ecco, questa frase, a me sembra degna di grande nota: «Non siamo venute qui per cercare un ricompensa terrena».

Noi potremmo dire così: tu ti sei sposato/sposata, hai dato la vita a dei figli, oppure sei sacerdote o sei religioso, o religiosa, o sei diacono, oppure sei un dottore, oppure costruisci case, oppure — tornando a quanto dicevamo ieri — spazzi le strade, perché? Per quale ragione? Stai cercando una ricompensa terrena? 

Noi che facciamo quello che facciamo perché lo siamo (la mamma è mamma perché è sposa e, insieme al suo sposo, hanno messo al mondo delle vite e la stessa cosa vale per il papà) l’hanno fatto per una ricompensa terrena? L’hanno fatto per sentirsi dire grazie? L’hanno fatto per avere in cambio qualcosa? Voi direte: “No, certo!”, però purtroppo, invece, sembra proprio così. 

Perché tutte le volte, nel nostro essere quello che siamo e fare quello che siamo, di fatto noi stiamo cercando una ricompensa terrena. La prova? Se non arriva il “grazie”, se non arriva la riconoscenza, se non arriva l’apprezzamento, se i nostri sforzi li vediamo sfumare, noi rimaniamo molto male. Alle volte ci deprimiamo proprio, ci avviliamo, alle volte, addirittura, rinneghiamo la nostra scelta, diciamo frasi terribili: “Non avrei mai dovuto…”.

Ma tu — dice Santa Teresa — sei venuto qui, per che cosa? Per cercare una ricompensa terrena? Ecco, se il cristiano cerca, nella sua vita, qualunque cosa faccia, una ricompensa terrena, e quello che fa, lo fa per una ricompensa terrena, non ci siamo, non sta rispondendo in modo adeguato alla sua vocazione. Quale? Quella alla santità, quella del cammino di perfezione.

Dice Santa Teresa: «non siamo venute qui per cercare una ricompensa terrena»; lei parla alle monache, in monastero, ma chi di noi ha scelto quello che ha scelto per una ricompensa terrena? Nessuno, all’inizio nessuno. Se penso al mio sacerdozio, a quando sono diventato sacerdote, in quei giorni antecedenti o negli anni antecedenti in cui mi preparavo, non mi sono preparato pensando alle ricompense che avrei avuto; ma neanche per sogno! Avevo in mente la verità di quel passo, che non c’entrava niente col cercare una ricompensa terrena. 

Noi dobbiamo stare lontanissimi dalle ricompense terrene, proprio lontanissimi, proprio lontanissimi, veramente; perché ci distraggono; da che cosa? Da quello che vedremo adesso nella frase successiva. Noi dobbiamo andare avanti tranquilli e sereni per la nostra strada, se arrivano le ricompense, ringraziamo il Signore, fa sempre piacere che qualcuno venga a dire: grazie. Se non arrivano, fa niente, perché noi lo facciamo per altro.

Ci sono dei momenti nella vita dove — qualunque cosa uno faccia nella sua vita, non penso solo al sacerdozio, penso a tutto, penso alla mamma, al papà, alla sposa, allo sposo, penso a chi fa il dottore, a chi fa l’architetto, a chi spazza le strade, a chi fa il cuoco — in cui uno dice: “Basta, sono stufo, sono proprio stufo; sempre dare, dare, dare, dare, sempre servizio, sempre correre di qua, correre di là, spaccarsi in cento pezzi, aiutare in mille modi, non dire mai di no, essere sempre a disposizione, e vai a fai fare la spesa, e pulisci la casa, e prepara da mangiare, e metti la roba in freezer, e tira fuori la roba dal freezer, e fai la polvere, e tira la lucidatrice, e metti la cera, e vai a prendere i bambini a scuola, e poi c’è il lavoro, e poi c’è anche il cane da portare giù, e poi la pattumiera, e poi la macchina, e poi il meccanico, poi le borse della spesa e poi… Basta, sono stufo, sono stufa, basta”. E poi, non solo tutto questo, ma in più neanche un grazie, neanche un atto di riconoscenza, che uno dice: “No, basta, adesso basta”.

Allora: “Vogliamo stupirvi con effetti speciali”, dicevano un tempo; guardate, è normale avere questi pensieri, non spaventiamoci quando ci vengono, è normale, sono i pensieri che ci dicono che ci manca un pezzetto per funzionare bene, al massimo, che adesso vedremo. Però, non ci dobbiamo spaventare, dobbiamo esserne coscienti, noi che li viviamo — io che li vivo — è importante esserne cosciente, dire: “Vabbè, questo è quello che sto vivendo adesso, non mi devo spaventare, fa parte di un percorso”. Manca quel pezzo che, come vi ho detto, adesso vedremo.

Dall’altra parte, però, non per chi vive queste situazioni di grande affaticamento, ma per chi sta intorno, ecco, qui il discorso cambia, qui dobbiamo proprio dire una parola; già nei tempi passati sono intervenuto su queste cose, ma credo che non sia mai sufficiente. Noi dalle persone non possiamo solo avere, non è possibile. Non possiamo portare una persona a estenuarsi, a dissanguarsi. Quella persona avrà anche dei bisogni, delle esigenze, ma io mi sono mai chiesto: ma quali sono i bisogni e le esigenze di quella persona? Di che cosa ha bisogno? Perché, vedete, è tanto facile dire frasi retoriche, di circostanza: “Ah, mi raccomando, riposati”, uno dice: “Sì, ma quando? Cosa mi dici ‘ste frasi qui, che fanno ancora più innervosire?” — “Ah, mi raccomando, riposati; ah, mi raccomando, abbi cura di te” — “Sì, ma come faccio, che non ho neanche il tempo di respirare?”. Capite? Invece di dire queste frasi di circostanza, noi potremmo dire: “Cosa posso fare per aiutarti? Posso fare qualcosa per alleggerirti in qualche cosa? Posso, in qualche modo, esserti d’aiuto?” Oppure se so che hai un bisogno particolare, perché non venirti incontro? No, noi siamo solamente capaci di prendere, di ricevere, al massimo di dire o di scrivere grazie, ma poi, tutto il mondo di quella persona, a noi cosa interessa? Non ce ne facciamo carico, non pensiamo: quella persona ha dei bisogni. 

Vi ricordate quando, tempo fa, vi dissi di qualcuno che aveva scritto nei commenti: “Eh, padre, insomma, però quando fa le meditazioni, si sente che lei beve”. Io quando l’ho letto la prima volta, vi dico la verità, son rimasto colpito. Oh dico: “Te va, hanno scoperto che non sono di natura angelica”; beh, è una grande acquisizione, cioè, magari ti viene quel momento di confusione al mattino, quando ti guardi allo specchio, prima di uscire e dici: “Aspetta che metto a posto le ali, che sai, non vorrei mai che qualche piuma mi scappasse in giro, e poi magari qualcuno potrebbe un po’ turbarsi, vedere una piuma in più che si muove…”; allora uno dice: “Aspetta, mi metto a posto bene le ali, mi tiro bene, tutto in ghingheri, mi faccio tutto bello, metto a posto le piume, le conto, in modo tale che siano tutte al loro posto, e poi posso uscire”. Uno legge questi commenti e dice: “Oh mamma, mi è sfuggito un pezzo, ho perso le ali, non sono più di natura angelica. Adesso sono diventato di natura umana, mi sono trasformato”. Eh, sapete, chi è di natura angelica, non ha bisogno di bere, di mangiare, di dormire, eccetera, eccetera, eccetera.

Chi invece è di natura umana, ha bisogno di bere, per esempio, soprattutto se deve parlare per trenta minuti ininterrottamente, senza fermarsi. Perché poi se ti fermi arrivano gli altri commenti, che scrivono: “Eh padre, però queste pause così lunghe…” Che uno dice: “Ma sai che devo anche respirare? E poi devo anche pensare, non sono un robot, che tu imposti e “blblblblblb” … viene fuori tutta una macchinata di parole… sono un essere umano! Quindi ho delle pause, quindi respiro e poi, udite, udite: “Eh, padre, però si sente anche che lei fa i colpi di tosse e si soffia il naso”. Oh, santa pace! Ho proprio perso le ali! Non ho più neanche una piuma, adesso sono diventato tutto di natura umana. Sì, perché gli esseri umani si soffiano il naso e tossiscono, e in più deglutiscono. E c’è da stupirsi che qualcuno questo non l’abbia ancora compreso, ossia il passaggio dalla natura angelica a quella umana, perché, voglio dire, se adesso uno mi guarda, si vede proprio che non ho più neanche una piuma. Magari, sapete, qualche anno fa, uno diceva: “No, ma vedo un po’ una piccola gobbetta, allora lì, magari, dietro, ci sono le ali nascoste”, ma adesso, sarà l’età, sarà, non lo so, che sarò peggiorato, insomma, queste ali sono sparite, le piume non ci sono più, e quindi dovete prendere quello che c’è. E quindi, c’è anche padre Giorgio che deglutisce, mentre fa le sue meditazioni. E beve, sì, io bevo mentre faccio le meditazioni, perché sennò mi viene la tosse, sennò mi si asciuga la gola e non riesco più a parlare; eh, sapete, questo è il mio limite, ci sono quelli che riescono a parlare cinque ore senza bere, e io li invidio, e beati loro, e io invece no, non è così e quindi dovete sopportare questa mia debolezza. Beati coloro che invece non devono bere, non devono mangiare, non devono dormire, non devono riposare.

Rendersi conto della necessità dell’altro, è fondamentale, è molto importante: rendetevi conto delle necessità che hanno le persone che vivono accanto a voi! Non dobbiamo trasformarci in sanguisughe col velo in testa e con le mani giunte, eh! Stiamo attenti, cerchiamo di non diventare sanguisughe religiose: dammi, dammi, fammi, fammi; fammi, fammi, dammi, dammi. Sapete che poi, quando parte la litania, la litania esistenziale, non finisce più: fino a quando non ti ho dissanguato completamente, non ti mollo. E questa cosa non va bene, ci deve essere anche una consapevolezza di dire: “La mamma è stanca, stop, fine, basta.” — “Il papà è tornato a casa dal lavoro ed è cotto, basta, lasciatelo stare”. Pensate un papà che fa il carabiniere, o il poliziotto, ma immaginatevi, ci saranno dei giorni in cui torna a casa che è distrutto. Non possiamo pensare che è esattamente come uno che — non lo so — vive di rendita o sta lì a coltivare i fiorellini.

Quindi non dobbiamo cercare una ricompensa terrena, vero, però dobbiamo darle, questo sì. Dobbiamo imparare a saper dare le ricompense alle persone che ci fanno del bene, è importantissimo; e non solamente dire: grazie, grazie, grazie, grazie. Eh sì, certo, è troppo facile mandare il messaggino: “grazie, grazie, grazie, grazie”. Sì, va bene, grazie, grazie, okay, sì, ma bisogna anche fare, eh! Perché non si vive di grazie, si vive di cose concrete, tutti lo sappiamo. Non vai a prendere il pane col “grazie”; non trovi la pappa pronta col pensiero!

Perché non pensare, una sera, che siano i figli a preparare da mangiare per i loro genitori? Che siano i figli che dicano: “Papà, mamma, stasera tutti fuori a cena, non dovete cucinare niente” — “Eh, ma come?” — “No, tranquilli, paghiamo noi!” Vuol dire avere quella presenza che mi fa dire: quella persona di cosa ha bisogno? Magari o lui, o lei, neanche lo sa di cosa ha bisogno, ma, se tu hai uno sguardo attento, lo capisci di cosa ha bisogno, e quello che hai lo offri; non lo scarichi come un cane, giù dalla macchina in corsa in autostrada, e dici: “Arrangiati, tanto ormai ho preso quello che mi serviva”. 

Ora lei scrive:

Perciò il nostro pensiero sia sempre rivolto a ciò che è eterno, e non facciamo mai conto dei beni terreni che durano neppure quanto la vita.

Questo è il punto! Questo è il pezzetto che ci manca: il pensiero rivolto sempre a ciò che è eterno: ecco, questo è quel pezzetto che ci manca, di cui vi parlavo prima. Noi dobbiamo avere il nostro sguardo, il nostro pensiero, rivolto all’eternità; e allora: tanto più è rivolto all’eternità, tanto più noi non faremo conto delle ricompense e di ciò che passa, capite? E la nostra vita sarà bellissima tanto più non faremo conto di quello che dicono gli altri, fossero anche i superiori, fosse anche chissà chi, non ci interessa, perché ciò che a noi interessa è l’eternità.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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