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La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 5

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 5 giugno 2022 – Solennità di Pentecoste

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 5

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a domenica 5 giugno 2022.

Oggi celebriamo la Solennità di Pentecoste.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XIV di San Giovanni, versetti 15 e seguenti.

Allora possiamo adesso proseguire con la nostra meditazione e riflessione sul testo che stiamo vedendo di San Pietro Giuliano Eymard.

Siamo arrivati alla domanda: «Questi Esercizi Eucaristici, potremmo dire questi Esercizi Eucardici, che stiamo facendo, che scopo hanno?»

Scrive San Pietro Giuliano:

“Questi esercizi non hanno altro scopo. Tutto l’anno parliamo di Nostro Signore e esaltiamo il suo regno. In questi esercizi si tratterà solo di noi e delle nostre obbligazioni; bisogna che ci svegliamo. Noi siamo mezzo paralizzati, ci occorre una cura calda ed energica: prendetela durante gli esercizi. Ch’essi consumino tutto ciò che vi è in voi di peccaminoso e d’imperfetto.

Se gli esercizi vi purificano, avranno fatto tutto quello che dovevano fare”.

Interessante.

Almeno una volta, parliamo dei nostri doveri.

Siccome spesso e volentieri parliamo dei nostri diritti, e poi durante tutto l’anno si parla di nostro Signore ed esaltiamo il Suo Regno, adesso “bisogna che ci svegliamo”, lui scrive, ed è vero.

Ci svegliamo da che cosa?

Dalla nostra paralisi, dobbiamo proprio svegliarci dalla nostra paralisi, dobbiamo purificarci, dobbiamo consumare tutto ciò che in noi è resistenza.

Vediamo.

“Per mezzo della purezza, come pure per accrescerla e difenderla, voi praticherete tutte le virtù e sarete adoratori perfetti. Se siete puri nella vostra coscienza, il vostro servizio sarà puro e degno di Dio. Voi avrete vergogna di venir ad adorare Nostro Signore con un cuore impuro e di metterlo su di un trono di fango.

Forsechè ci presentiamo ad una persona rispettabile con abiti sudici e laceri?”

Ecco la ragione per la quale confessarsi spesso, perché, vedete, è facile cadere nell’impurità, che non è semplicemente “tutto ciò che ha a che fare con la lussuria”, ma è innanzitutto questa mancanza di purezza nella coscienza.

Quindi, una coscienza retta, onesta, sincera, una coscienza profonda, riflessiva, delicata (come abbiamo visto), una coscienza abitata totalmente da Dio, questo è avere una coscienza pura.

Non si può dire che, chi non è dentro il peccato della lussuria, allora, di conseguenza, ha una coscienza pura.

No!

Ricordate che San Francesco di Sales, uscendo da quel monastero di suore di clausura, che aveva confessato (confessato o incontrato, adesso non ricordo bene), disse: «Pure come Angeli, ma superbe come demoni!» Capite?

Quella non è la purezza di cui parla San Pietro Giuliano Eymard, ma neanche quella di cui parla Gesù.

Un animo superbo non è un animo puro.

“E voi vorreste far vedere al Padre il carnefice del Figlio? Come volete piacere per gli altri quando fate orrore per voi stesso?

Non si osa guardare chi abbia un cancro sul volto per tema di fargli vergogna. E vorreste che Nostro Signore vi veda con compiacenza, sfigurati come siete dal peccato, più schifoso che non tutti i cancri?”

Chissà se ancora noi percepiamo il peccato come il più schifoso di tutti i cancri?

Non esiste niente per noi di più tremendo del tumore, del cancro.

Sì, in realtà c’è qualcosa di più tremendo, qualcosa di peggiore della lebbra: è il peccato.

Adesso stiamo attenti, molto attenti a quello che sta per scrivere, o meglio, a quello che ha scritto San Pietro Giuliano Eymard, perché questo è assolutamente attuale.

“Ma il buon Dio sa la nostra miseria, e non potrebbe esserne offeso. Certo, egli conosce quella che viene dalla nostra povera natura e ne ha pietà: noi siamo i poveri del buon Dio”.

Quindi c’è una miseria, c’è una debolezza, legata alla nostra natura umana, e Dio ha pietà di questa, non è offeso da questa, la conosce, e ci fa sperimentare la nostra povertà.

“Ma le debolezze della volontà, che provengono da indelicatezza, dal preferirsi a Lui, Iddio non può soffrirle: gli fanno orrore; piuttosto manderebbe un angelo per cacciarvi dalla sua presenza, come già Eliodoro”.

Quindi, quando noi diciamo: «Ma io sono debole… Ma io sono fragile… Ma io sono ferito…», questo è vero se lo applichiamo alla nostra natura, ed è vero tanto quanto si applica alla nostra natura umana, ma questo non è un problema per Dio.

Quando, invece, queste debolezze, queste fragilità e queste ferite riguardano la volontà, la cui radice (di queste ferite, di queste debolezze, di queste fragilità) è l’indelicatezza, cioè la mancanza di quella delicatezza di cui abbiamo parlato giorni fa, la cui radice è “Io al posto di Dio”, cioè io che preferisco il mio gusto, il mio egoismo, la mia superbia, a Dio, ecco, queste sono un peccato che Dio detesta.

Queste debolezze, infatti, sono doverosamente evitabili, da condannare, e da non vivere, da non avere.

“Siate dunque puri per essere convenienti nel servizio di Nostro Signore: a questo si deve mirare; è la prima di tutte le condizioni, senza la quale tutto il resto non è niente. Non si entra in Cielo se non coperti di una veste lavata nel sangue dell’Agnello”.

E come facciamo a lavare la veste nel Sangue dell’Agnello?

Confessandoci.

Confessandoci con grande frequenza.

“Se essa non è ben candida, si andrà a ultimare la purificazione nel purgatorio”.

Beh… possiamo anche evitare, no?

Come? Con le Confessioni frequenti, con le Indulgenze plenarie, con le penitenze.

“Ma ditemi: credete voi poter dar gloria a Dio con labbra impure?

Credete voi ch’egli si assiderà con piacere sopra un trono di fango?

Bisogna dunque innanzitutto rendervi uomini puri, senza di che non sarete mai servi atti a piacere al vostro Signore. Perciò io vi domando di entrare in voi, di esaminarvi a fondo, di non aver fiducia in quel che vi credete di essere, ma di rendervi ben conto di tutto”.

Ecco l’esame di coscienza, fondamentale… fondamentale. Da fare, non in chissà quale strana posizione meditativa, ma da fare davanti al tabernacolo, o al crocifisso, se stiamo in casa, perché sono la presenza di Dio e la luce che viene da Dio, che mi aiutano a leggermi con verità.

“Esaminate ancora se le vostre comunioni, le vostre adorazioni e tutta questa vita di preghiera vi fanno progredire: la vostra è vita od agonia?”

Tutte queste preghiere e tutte queste adorazioni, tutte queste Comunioni, servono? A che cosa? Stai vivendo o stai morendo? Stai cambiando, stai maturando, o stai facendo la muffa?

“E donde viene tutto il male?”

Dalla fragilità, dalla debolezza e dalle mie ferite, diremmo noi.

No!

“Dalla cattiva volontà, dal non voler noi entrare seriamente nella vita di Gesù Cristo; lo vogliamo, ma sotto condizioni; lo vogliamo per una cosa e non per un’altra”.

È sempre così. Dobbiamo curare molto bene la nostra volontà, dobbiamo veramente voler entrare seriamente nella vita di Gesù… e senza condizioni, e lo dobbiamo volere su tutto, totalmente.

Ecco, oggi mi fermo qui, perché ieri vi ho rubato troppo tempo, e allora oggi mi do questo tempo più breve, così rimedio un pochino.

Allora, vi auguro di cuore di trascorrere una Solennità di Pentecoste bella.

Cercate oggi, cerchiamo oggi, di pregare un po’ il Signore, di invocare lo Spirito Santo perché ci illumini, e di invocarLo da oggi in avanti sempre con grande costanza, con grande amore, con la grande consapevolezza che abbiamo tanto bisogno di Lui.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

VANGELO (Gv 14, 15-16. 23-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

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