Scroll Top

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 6

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 6 giugno 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

Scarica il testo della meditazione

La perfezione religiosa alla luce della SS. Eucarestia, di S. Pietro Giuliano Eymard. Parte 6

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a lunedì 6 giugno 2022.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XIX di San Giovanni, versetti 25-34.

Ecco che, oggi, ricorre la data del famoso, bellissimo, grande, stupendo, miracolo Eucaristico di Torino, accaduto il 6 giugno 1453.

Un miracolo Eucaristico con tantissimi testimoni, un miracolo Eucaristico che è stato registrato e appurato dalle autorità religiose, ma anche civili, insomma, un miracolo veramente grande, che vi invito ad andare a leggere.

Chi abita vicino a Torino, oggi vada in quella bellissima chiesa dedicata a questo miracolo Eucaristico e per tutti noi elevi una preghiera di lode, di ringraziamento, di intercessione, a Dio.

Allora andiamo avanti con i nostri bellissimi Esercizi Spirituali, bellissimi perché San Pietro Giuliano Eymard ha fatto veramente un’opera d’arte.

“Entrate dunque in voi stessi”.

Ieri abbiamo visto da dove viene tutto il male: viene dalla cattiva volontà, dal non volere noi entrare seriamente nella vita di Gesù.

Lo vogliamo, scrive lui, ma sotto condizioni; lo vogliamo per una cosa, ma non per tutte.

Questo è importante.

“Nel mondo avreste potuto salvarvi osservando la legge e godendo dei beni e dei piaceri permessi. Ma voi avete detto: seguirò la via stretta, abbandono genitori, famiglia, libertà. Avete lasciato ogni cosa e siete venuti alla sequela di Gesù Cristo. Ed ora sarebbe bella che nulla faceste più che le persone del mondo e non vi meritaste niente di più pel Cielo. Abbiamo dunque ingannato il buon Dio?

Mi sale il rossore alla fronte quando penso che nel mondo ero più innanzi che al presente! Mi sono bel bello avvezzato a Dio. Oh qual male!”

Cosa vuole dire San Pietro Giuliano Eymard?

Questo è un discorso fatto in modo molto diretto a tutti i Consacrati.

Chi ha deciso di seguire Gesù, povero, casto e obbediente, chi ha deciso di consacrarsi, di dire di sì alla Consacrazione religiosa o sacerdotale, all’Ordinazione, ha fatto una scelta radicale, quindi ha abbandonato i genitori, la famiglia, la libertà, gli affetti.

Io ricordo benissimo il giorno in cui sono partito per il convento, il giorno in cui sono entrato: era il 9 marzo del 1995. Io credo che siano giorni, sono date, assolutamente impossibili da dimenticare.

Sono date così dense di memoria che…

“Avete lasciato ogni cosa”

Di quando sono entrato in convento ricordo i miei genitori che mi hanno accompagnato e che erano in una grande valle di lacrime (comprensibilmente, poi io sono figlio unico, quindi, ci si può immaginare) e di tutto quel momento ricordo un segno proprio significativo: nell’entrare abbiamo portato la macchina in convento per scaricare i bagagli (io ero giovanissimo: sono nato nel 1972, sono entrato nel 1995, il conto è presto fatto), li abbiamo scaricati dalla macchina, io sono entrato nella mia camera, poi sono uscito ancora per salutarli, lì, nel chiostro del convento, e per tutto questo tempo i grandi cancelli del convento sono rimasti aperti, perché abbiamo tirato giù la mascherina del cancello elettrico, per evitare che si chiudesse.

Poi, quando loro stavano uscendo, la mascherina è stata tirata su; quindi, c’è stato giusto il tempo sufficiente perché la macchina uscisse, e io mi ricordo questo fatto: loro sono usciti, subito dopo pochi secondi il cancello ha cominciato a chiudersi, io mi sono girato per rientrare in convento, e proprio dentro, interiormente, ho detto: «Non ti voltare più, adesso».

 Pochi istanti dopo ho sentito: pum!!  Era il rumore del cancello, che si è chiuso sbattendo. Un colpo fortissimo, come se fosse stato un taglio… proprio ho sentito: pum!! Basta. Io ho preso, sono entrato, e ho iniziato il mio percorso.

Dice San Pietro Giuliano Eymard: “Avete lasciato ogni cosa e siete venuti alla sequela di Gesù Cristo. Ed ora sarebbe bella che nulla faceste più che le persone del mondo”; cioè, sarebbe un po’ brutto che adesso la tua vita d’amore con Gesù fosse meno fervorosa, meno assidua, meno curata, di quella che hanno le persone che questa scelta non l’hanno fatta.

Se vedo più amore, più devozione verso il Signore in un papà e in una mamma, che non in un Prete… beh diciamo che due domande ce le dobbiamo fare, perché c’è qualcosa che non va. Non nel senso che stanno sbagliando il papà e la mamma che sono fervorosi, assolutamente, tutto il contrario; ci mancherebbe, questo è bellissimo, e speriamo che siano tutti santi.

No, no, il problema che non va è nel Sacerdote, non è sul versante dei genitori, che sono troppo fervorosi o che non va bene che siano fervorosi, tutt’altro! Che lo siano, e lo siano ai livelli più alti di santità, è bellissima questa cosa!

Il problema è se io, Prete, non lo sono o lo sono di meno, questo dice San Pietro Giuliano Eymard.

C’è qualcosa che non va, se quel ragazzo di diciotto anni, se quel bambino, se quella bambina di sette, otto, dieci anni, prega con più devozione, con più pietà, con più amore, di me, che sono Sacerdote; se fa un ringraziamento dopo la Comunione, se si accosta all’Eucarestia con più devozione di me, che sono Sacerdote; se fa un ringraziamento dopo la Messa più raccolto, più devoto e più lungo, di me, che sono Prete e ho celebrato. C’è qualcosa che non va, ma non in loro, in me.

Abbiamo dunque ingannato il buon Dio?

Sì! Se è così, la risposta è: «Sì, abbiamo ingannato Dio».

E quindi: “Mi sale il rossore alla fronte quando penso che nel mondo ero più innanzi che al presente!

Perché cosa succede?

Che cosa può succedere, disgraziatamente?

Può succedere che io faccio tutto quello che ho fatto per entrare in convento, lascio questo, quello e quell’altro, rinuncio a questo, quello e quell’altro, poi tutti i sacrifici, le penitenze, gli studi e tutte queste cose qui, e poi, ad un certo punto della mia vita mi fermo e dico: «Certo che quando ero fuori, quando ero ragazzo, amavo di più Dio, di adesso che sono Sacerdote». Può succedere… e questo è un problema.

Se quando tu non eri Prete, se quando eri adolescente, se quando eri ragazzo, se quando eri postulante, se quando eri novizio, se quando eri studente, tu avevi un amore per il Signore più bello, più puro, più genuino, più costante, più fervente, più… più… più… più… rispetto ad adesso, eh… c’è qualcosa che non va, ma qualcosa di serio, perché così non dovrebbe essere, ma dovrebbe essere che tu eri partito mettiamo da sessanta, e adesso, dopo venti, trenta, quarant’anni, dopo venti, trent’anni di Sacerdozio, dovresti essere a tremila, non a cinque.

Se no, che senso ha avuto tutto quello che tu hai fatto?

Che senso ha il tuo essere Prete, se oggi ami di meno Dio?

Mi sembra una cosa logica, eh…

E così ci si abitua a Dio…

Tutto questo accade perché ci si abitua a Dio e alle cose di Dio, e si diventa un mestierante del sacro… terribile!

Qual male!”

Eh… certo: qual male!

“Per uscirne esaminate questi tre punti: Siete voi certi di essere in istato di grazia?”

Prima domanda… e a questa domanda possiamo subito attaccarne una, che ci fa immediatamente capire dove siamo e cioè: «Quando è stata l’ultima tua Confessione?… Te lo ricordi?»

È facile dire agli altri: «Confessatevi», ma io?

Il primo devo essere io, Sacerdote, che faccio l’esperienza del Sacramento del Perdono, devo essere io, e allora sarò capace in modo bello, degno, utile, di amministrarlo agli altri, ma se io sono il primo che non ci crede, se io sono il primo che ci va due volte all’anno, se io sono  il primo a frequentare pochissimo questo Sacramento, e magari male, certo non potrò diventare un predicatore del Sacramento della Confessione, perché la mia vita mi chiude la bocca.

Seconda domanda:

 “Siete voi fedeli nel vostro servizio?”

Ecco, appunto… qual è il nostro servizio sacerdotale, per esempio, ma anche di papà e di mamma? Qual è?

È quello di corrispondere ai doveri del nostro stato.

E quali sono i doveri del mio stato di Sacerdote, i miei doveri di stato di papà e di mamma, di marito e di moglie?

Andiamo tutti a rivedere le nostre promesse fatte il giorno dell’Ordinazione e del Matrimonio… quelli sono i doveri eh…

Terza domanda:

 “Qual gloria procurate a Nostro Signore?”

Tradotto vuol dire: la tua vita, la mia vita, dove, come e quando dà gloria a Dio?

Perché questo è lo scopo della nostra vita: dare gloria a Dio, non certo dare gloria a noi stessi.

Ecco, dove, come e quando, io do gloria a Dio, con la mia vita?

Ieri, io, come ho dato gloria a Dio?

Oggi, come ho dato o come darò gloria a Dio?

Bene.

Sapete, parlare di queste cose è anche utile, perché, se magari c’è qualche giovane (un ragazzo o una ragazza), a cui, per un piano della Divina Provvidenza, capita di ascoltare questa meditazione o queste meditazioni, ad ascoltare le bellezze, le vette della vita di speciale Consacrazione, a qualcuno si può accendere nel cuore un desiderio grande, una consapevolezza, una voglia di condividere questa vita, allora è giusto parlarne, è doveroso, vista la crisi delle vocazioni che abbiamo, delle vocazioni al Sacerdozio, delle vocazioni alla Vita religiosa, delle vocazioni al Matrimonio. C’è una grande crisi, che riguarda la risposta alla chiamata di Dio di realizzare il Suo Progetto: questo è il problema.

Perché?

Perché non si prega più, perché si prega poco e male, perché non ci si avvicina in modo degno all’Eucarestia, non si sa fare un vero e degno ringraziamento, non si sa stare in compagnia di Gesù, non si sa avere un rapporto di amicizia con Gesù.

Cosa si fa con gli amici?

Voi mi direte: «Ma Padre Giorgio, lei ci ha presi per mentecatti?»

No, io non vi prendo per mentecatti, ci mancherebbe, siete più intelligenti e più santi di me; io semplicemente dico queste cose, perché mi sembra che forse sia necessario dirle. Sono cose ovvie, sapete…

Voi mi direte: «Padre, ma lei scopre l’acqua calda. Dobbiamo stare qui a perdere il tempo ad ascoltare l’ovvietà?»

Avete ragione, e io spero che sia così, che io vi dica le cose più ovvie del mondo che voi già sapete, così potete fare velocità x2, ascoltare quello che vi dico in modo superveloce, e dire: «Sì, vabbè… devo stare qui a perdere tempo ad ascoltare uno che mi dice ciò che è ovvio, posso anche fare altro…»

Io mi auguro che sia così.

Cosa si fa, quando si ha un amico?

Cosa si fa, quando si ha la grazia di avere degli amici belli, veri, santi, buoni, giusti?

Si sta insieme… cos’è che si fa?

Si sta insieme: si esce, si va a mangiare una pizza, si va al sushi, si va a mangiare un gelatone, si va a fare una passeggiata, a guardare le paperelle e a dare da mangiare ai cigni, si va a fare un pic-nic, si va a fare un pranzo insieme, una cena, si va a fare un momento goûter (andate a vedere che cos’è il momento goûter) al pomeriggio.

Piove? Fa freddo?

Si sta in casa. Si va a trovare i propri amici, si fa una bella teiera piena di tè buonissimo, bollente, buono, un bel tè inglese di quelli buoni.

Alla domenica pomeriggio, a casa mia, arrivavano sempre gli amici dei miei genitori, c’era sempre un grande via vai di amici che giravano alla domenica, e mi ricordo questa teiera bellissima, di porcellana bianca (se non ricordo male), tutta colorata e disegnata, dove mettevano questa acqua bollente con il tè in foglioline, che poi filtravano… c’era un profumo buonissimo!

Poi c’era una piccola brocchetta (di cui adesso mi sfugge il nome) contenente il latte freddo, poi c’era lo zucchero, portavano questo vassoio pieno di tè bollente, lo servivano in queste bellissime tazzine, anche queste tutte belle colorate, e parlavano, stavano lì e se la raccontavano, ridevano e passavano dei pomeriggi insieme, ovviamente quando faceva freddo.

E con Gesù?

Tutto bello, quello che vi ho raccontato è bellissimo… ma con Gesù facciamo le stesse cose?

Abbiamo questi momenti di intimità, di condivisione?

Quando tu sei innamorato e hai accanto a te la donna della tua vita, quando ti innamori della tua ragazza, del tuo ragazzo, quando senti che tu sei per lei e lei è per te, quando puoi dire: «Signore mi hai donato veramente la donna (o uomo) della mia vita, la persona proprio giusta, veramente vedo che è un dono delle Tue mani, proprio un dono del Tuo Cuore, vedo che me l’hai messa accanto Tu questa persona», quali sono i momenti più belli?

Sono quelli in cui tu sei insieme a questa persona, in cui l’abbracci,  l’accarezzi, le dai un bacio, la stringi a te; sono i momenti in cui, insieme,  contemplate la bellezza di un tramonto, di un’alba, di una cena in riva al mare, di una passeggiata in mezzo al bosco o su una spiaggia, tenendovi per mano, magari in silenzio, gustando semplicemente la presenza confortante, innamorata, dell’altra persona; sono quei bellissimi momenti in cui gustate tutta la riconoscenza per questo dono assolutamente immeritato che avete ricevuto, e percepite la delicatezza di questo dono, la cura e la custodia che ne dovete avere, eccetera… eccetera… eccetera…

E con Gesù?

Non dovremmo vivere questo, e molto altro?

Non dovremmo avere momenti di profonda intimità, momenti tipici nostri, tra noi e Lui, momenti di tenerezza?

Lo trattiamo da amico?

Lo trattiamo da amante?

Ci comportiamo da amici, da innamorati con Lui… o siamo freddi come un pezzo di ghiaccio bagnato… o siamo ingrati, indifferenti, chiusi, meschini, egoisti, sempre preoccupati solamente del “Dammi dammi”, “Fammi fammi”, “Dammi dammi”, “Fammi fammi”?

Siamo degli amici per Gesù o siamo delle sanguisughe… che pensano solamente ad avere, a chiedere e a pretendere?

Viviamo un rapporto di amore con Gesù o siamo semplicemente della gente che misura, che calcola, che pesa, che dà tanto quanto le interessa poi avere?

Chi ci vede, chi ci guarda, chi ci ascolta, può dire, in coscienza, in tutta onestà: «Mamma, quell’uomo o quella donna, quanto ama il Signore! Quell’uomo, quella donna, quel ragazzo ha veramente un rapporto d’amore con Gesù! Quello è veramente un amico di Gesù! Sì, sì, lo si vede lontano un miglio, quello è un innamorato di Gesù, quello è un amico vero di Gesù»?

Quando uno è così, lo si vede…

È come quando uno dice: «Io sono un amico, il carissimo amico del Signor Tal dei Tali»… quello lì, veramente può dire che lui è un amico di Gesù, e si può presentare così: «Io sono un amico di Gesù, piacere!»

Lo si vede, eh…

Perché uno può dirlo e poi non esserlo, ma, se lo sei, lo si vede, lo si sente a pelle…

Madre Teresa era una amica di Gesù, era una innamorata folle, una innamorata pazza di Gesù; non c’era bisogno di parlarci chissà quante ore, lo vedevi, lo sentivi a pelle proprio, che lei era un fuoco.

 Madre Teresa non sapeva parlare altro che di Gesù, Madre Teresa parlava sempre di Gesù… ma non sapeva parlare di altro, perché quando sei innamorato, di cosa sai parlare, se non di “Quello” che tu ami?

Non sei capace di dire altro, non sei esperto di altro che di “Ciò” che tu ami.

Di che cos’altro sei capace di parlare?

Di cos’altro vuoi parlare, se non dell’Amore?

Domani allora vedremo i benefici della vita religiosa.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

VANGELO (Gv 19,25-34)

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.

Post Correlati