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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 18

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di venerdì 18 marzo 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione

“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 18

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a venerdì 18 marzo 2022.

Già vi dico subito che oggi inizia il primo ciclo dell’anno dei quindici venerdì del Sacro Cuore di Don Tomaselli. Quindi, il secondo turno di questi quindici venerdì, se vi ricordate, l’abbiamo finito con l’ultimo giorno dell’anno scorso (che era appunto un venerdì); adesso inizia questo primo ciclo, che finirà l’ultimo venerdì di giugno.

In questo primo venerdì noi siamo chiamati a riparare i sacrilegi eucaristici. Ecco, c’è tutta la meditazione di Don Tomaselli, molto bella, su cosa vuol dire riparare i sacrilegi eucaristici.

Io vi invito caldamente a iniziare questo primo turno dei quindici venerdì, e chiediamo, in questo primo turno, qualche grazia particolare al Sacro Cuore di Gesù, perché è importante, no?

Fare i quindici venerdì, cosa vuole dire? Beh vuol dire confessarsi settimanalmente, perché ogni venerdì (o sabato), siamo chiamati alla Santa Confessione, a fare la Santa Comunione e a riparare appunto i vari peccati, le varie offese contro il Sacro Cuore di Gesù. Io ve lo consiglio veramente di cuore.

Bene, detto questo, abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo XXI di San Matteo,versetti 33-45.

Andiamo subito al testo, al commento di Padre Avrillon, il quale oggi ci dice che il tema di questa giornata (oramai abbiamo capito che ogni giorno ha un tema diverso) è “Giorno di opere buone”.

Sentiamo che cosa scrive il Padre.

Venerdì dopo la II domenica – Giorno di opere buone

“Applicatevi oggi ad impiegare bene tutti i momenti del giorno, e non ne lasciate alcuno vuoto di opere buone. Fate spesso questa riflessione, che basta un buon momento per meritare il cielo, ed un cattivo momento per meritare l’inferno. Siate vigilante ed attento sopra tutto ciò che farete, ed in ogni azione dimandate a voi stesso se faticate per l ’eternità. Studiatevi soprattutto di fare le vostre opere buone con tanta purità d’intenzione, ch’esse si trovino piene dinanzi a Dio, e dirigete in maniera le vostre azioni, ancorché indifferenti, che riescano di un ordine superiore, divenendo opere buone e degne per conseguenza di esser ricompensate in cielo”.

Un programma di vita.

Come ogni giorno, la pratica che ci suggerisce Padre Avrillon è proprio questa, una pratica dove dobbiamo mettere, dobbiamo praticare, quello che tra poco mediteremo.

Una meditazione che non si traduce in pratica, non serve a niente; è pura speculazione, ma non serve a niente.

Ogni riflessione, ogni meditazione, deve avere sempre un risvolto pratico, concreto; quindi, oggi siamo chiamati ad impiegare bene tutti i momenti del giorno e a non lasciare vuoto alcun momento di opere buone.

Ne abbiamo tante di opere buone da fare in casa. Le mamme, che sono in casa ad essere le custodi del focolare, hanno tante occasioni di fare opere buone, dalla sopportazione, al dover fare un rimprovero, a dover tenere in ordine la casa, a cucinare bene, a preparare tutto con amore, e via di seguito…

Ne abbiamo tante di occasioni per fare opere buone; se sappiamo che una cosa fa piacere e non è contro la Legge di Dio, perché non farla?

Ci basta un momento, per meritare il Cielo.

È vero, basta “poco”.

Ecco, in ogni azione, in tutto quello che facciamo, dobbiamo chiederci se fatichiamo per l’eternità, perché è quello che conta, e ovviamente a tutte le nostre azioni è bene che diamo una direzione, che le intenzioniamo, ogni giorno.

Io, ad esempio, ogni giorno, appena mi sveglio, dico: «Tutto quello che oggi farò, dirò, predicherò, penserò, studierò, celebrerò, tutto quello che oggi la mia persona, anima e corpo, farà, o Gesù, è per vostro amore, per la conversione dei peccatori e in riparazione delle ingiurie commesse contro l’Immacolato Cuore di Maria».

Che preghiera è questa?

È la preghiera che la Vergine Maria ha insegnato ai pastorelli di Fatima.

Lei disse: «Volete voi offrirvi al Signore? Siete disposti ad accettare tutte le sofferenze che Egli vorrà inviarvi, in riparazione dei peccati così numerosi, che offendono la Sua Divina Maestà? Dite spesso, ma specialmente nel fare qualche sacrificio…» e ha detto loro la preghiera che vi ho appena recitato.

E così, tutta la mia giornata viene immediatamente coperta da questa intenzione, tutto, tutto quello che farò, dal muovere un foglio, allo spostare gli occhiali, a fare qualunque altra cosa.

In questo mi è di grande conforto Santa Teresina, perché, quando le chiesero se bisogna rinnovare l’intenzione ogni volta che si fa qualcosa, lei disse: «No, non la devi rinnovare ogni volta. Basta che tu la dici una volta, basta che all’inizio del giorno tu dai questa intenzione, e sei a posto. Basta, tutto viene coperto».

Quindi, la prima cosa da fare al mattino, o almeno io, la prima cosa che faccio al mattino, è questa.

Ecco, vi ho svelato alcune preghiere, almeno una preghiera che io recito sempre al mattino, poi ve ne dico un’altra, sono belle queste preghiere.

Magari, adesso, ogni giorno vi svelerò una preghiera che faccio.

Questa è una preghiera di Papa Pio IX, del 5 agosto 1851.

Ecco, subito dopo quella lì, faccio questa, vedrete che bella, breve, ma bellissima:

O Maria, Signora e Madre mia, io mi dono tutto a Voi e, in fede della mia devozione, Vi offro, per questo giorno (siccome si dice anche alla sera, io alla sera dico: “per questa notte”) e per sempre, gli occhi, le orecchie, la lingua, il cuore, tutto me stesso. In questo giorno (o in questa notte), e sempre, io voglio essere vostro, o Buona Madre, Voi guardatemi, Voi difendetemi, come cosa e possessione Vostra. Così sia”.

Non è bella?

Certo, lo so che vi piace.

Ecco, adesso magari, nei prossimi giorni, se mi ricordo ve ne leggerò qualche altra che ho raccolto, perché mi sembrano veramente meritevoli, perché danno quel gusto diverso alla giornata, poi uno si può anche dimenticare.

Uno dice: «Ah… poi mi sono dimenticato», ma fa niente, quell’intenzione tu l’hai messa, quel pensiero tu l’hai avuto, quella dedicazione tu l’hai fatta.

Non è che se mi dimentico di una chiesa, quella cessa di essere consacrata; basta, una volta che è consacrata, è consacrata per sempre. Così, quando noi consacriamo, dedichiamo, riserviamo, attraverso la nostra preghiera, un atto o tutta una giornata, basta, quella è tutta dedicata a Dio, fine.

Questo ci è di grandissimo conforto, perché sappiamo così di far contento il Signore Gesù… e non c’è niente di più bello di questo!

Meditazione sulle opere buone, tratta dal Vangelo.

“Un padre di famiglia, il quale avendo piantata una vigna la chiuse con un’aia, vi mise il torchio, vi fabbricò una torre, ed avendola affidata ai vignaiuoli, se ne andò in un paese lontano”.

L’avete già sentito, è il Vangelo di oggi.

“Il padre di famiglia, che pianta questa vigna misteriosa è Gesù Cristo. La terra dov’egli la pianta è la Chiesa. Questa vigna che gli è sì cara, e che coltiva con tanta premura, è l’anima vostra. L’aia da cui è circondata, sono il timor di Dio, i sacramenti, la sua legge, la sua divina parola. Il torchio che mette in questa vigna, è la sua passione; ed il suo sangue adorabile purifica le nostre buone azioni e dà loro tutto il merito. La torre che vi fa fabbricare, è la sua protezione e la sua grazia che ci dà la forza per difendersi dai nemici, che potrebbero assalirci; ma i frutti che pretende raccogliere da questa misteriosa vigna, sono le vostre opere buone, ed ha egli un diritto incontrastabile di esigerli, perchè il fondo appartiene a lui”.

Certo, la nostra anima, di chi è? Chi l’ha creata? Chi l’ha redenta?

Quindi capite…

Noi siamo protetti dalla Sua Grazia, l’aia da cui è circondata sono il Timor di Dio, i Sacramenti, la Sua Legge, la Sua Divina Parola.

È tutto un grande conforto, tutta una grande difesa, capite?

I Dieci Comadamenti sono bellissimi, non sono delle cose terribili, pesanti, dei divieti. Ma che divieti d’Egitto, sono bellissimi! Sono la nostra protezione, sono l’abbraccio di Dio, con il quale Lui ci protegge da noi stessi, dal demonio e dal mondo. Bellissimo, no?

Poi c’è la Parola di Dio, poi c’è la Passione di Gesù, che in questo tempo di Quaresima per noi è molto centrale.

Bene.

“Esaminate con qual maniera e con qual premura voi coltivate questa vigna — la nostra anima —, che Gesù vi ha affidata, e quali sono i frutti ch’ella produce. È forse simile a quelle vigne, nelle quali non si vedono che foglie o a quelle delle quali la Scrittura parla con isdegno, perchè non producono se non uve amare e di cattivo gusto, indegne di esser presentate al celeste sposo?”

Le avete mai viste queste vigne? Bruttissime!

Mi ricordo una volta in cui sono andato in un convento, c’era un bellissimo filare di vite bianca, era mattino presto… sapete che c’è quel frescolino, quella rugiada del mattino… Io sono andato lì, sotto questo bellissimo pergolato di viti, era proprio come se fosse un filare, e passeggiavo, poi, in fondo, c’era una statua di un Santo.

Io ho visto questi grappoloni di uva bianca, succosi, grossi, belli sani, tutti ricoperti di rugiada del mattino, col sole che cominciava a sorgere, bello, quel bel sole che non ti fa male, che non dà fastidio, ma che ti sveglia, che ti scalda, che ti fa sentire il profumo della terra un po’ bagnata, quel sole che ti fa partecipare insieme alla natura al risveglio, alla lode di Dio, bellissimo…

Ecco, allora mi ricordo che mi piaceva tanto staccare un pezzettino di grappolo, o meglio, un pezzettino dal grappolo di uva, qualche acino, e poi me lo guardavo, me lo guardavo tutto bagnato dalla rugiada del mattino mentre passeggiavo, e poi, un chicco, un acino dopo l’altro, me lo gustavo… ma come era buono, ma come era dolce!

Sapete che la frutta, presa direttamente dall’albero, è cento volte più buona di quella che noi compriamo, ha un gusto particolare: questo è un frutto buono.

Così come ci sono quelle viti, invece, che hanno su quei grappoli orrendi, ammuffiti, con questi acini striminziti, acidissimi, mezzi verdi, terribili.

Quando ero piccolo, avevo un piccolo filare di vite di uva americana, che a me piace tantissimo, con degli acini però grossi; un’uva americana, proprio americana americana, con gli acini grossi.

Mi ricordo che, non subito al mattino presto, verso la tarda mattinata, quando passeggiavo lì sotto, c’erano le api che andavano a prendere gli acini un po’ aperti e succhiavano lo zucchero che c’era, e quindi era un po’ una lotta tra me e le api, perché non volevo che le api mi andassero a rovinare gli acini dell’uva. Vabbè, già da piccolo ero un po’ tremendo, quindi litigavo con le api, e dicevo: «Questa è la mia uva! Voi non dovete venire a prendere la mia uva, perché dopo mi rovinate tutti gli acini, me li spaccate».

Vabbè, comunque…

Erano dolcissimi anche quelli, buonissimi; lì, al mattino, ancora di più vedevi la rugiada, perché l’acino è nero, proprio nero, la buccia dell’acino è nera, quindi la rugiada la vedevi ancora di più… ma che bontà, ma che bontà! Buonissimi.

Così deve essere la nostra anima!

Ecco, noi al mattino dobbiamo offrire al Bambino Gesù i nostri acini, i nostri chicchi “chiccosì”, proprio che, quando tu li vedi, già ti vien voglia di mangiarli, tutti belli coperti di rugiada.

Cos’è la rugiada?

La rugiada è la nostra retta intenzione, la nostra pura intenzione, è il fatto di intenzionare a Dio tutto quello che noi faremo. Quella vite lì è solo per Lui, e non ci deve venire nessun insetto, deve essere una vite vergine, dedicata solo a Gesù Bambino, che deve far gioire solo Gesù Bambino e gustare solo il palato di Gesù Bambino, e basta!

“Fate attenzione che nel numero di questi vignaiuoli, ai quali il padre di famiglia ha affidata la sua vigna, ve ne sono molti, che l’abbandonano, che stanno nell’ozio e cercano di perdere il tempo, com’anche sono troppo neghittosi in faticare”.

Capito? Stanno nell’ozio, perdono tempo… e sono neghittosi.

“Incorreranno questi nel castigo, che Gesù minaccia agli operai di questa vigna, cioè di esser gettati nel fuoco come quel fico infruttuoso. Ve ne sono degli altri, che fanno tutt’altro di ciò che dovrebbero fare: non faticano che per l’inferno. Questi son quelli ai quali il Savio fa dire nella morte, e prima di esser pre- cipitati nell’inferno: Noi ci siamo stancati nella strada dell’inquietudine e della perdizione”.

Pensate un po’… stancati nella strada dell’inquietudine e della perdizione.

“Ve ne son altri che faticano, ma senza attenzione, e senza lo spirito di Dio; e questi sono coloro che il profeta Isaia rassomiglia agli aragni, i lavori dei quali sono inutili, e non servono che a prender le mosche”.

Mi è capitato, tempo fa, con qualche giovane con cui passeggiavo, di trovarci fuori dalle porte dell’oratorio, dove ovviamente c’è un campo di calcio; eravamo fuori dal cancellone che ci separava dall’oratorio, e si vedeva dentro, si sentiva tutto.

Ci siamo messi a guardare un po’ all’interno i ragazzi e le ragazze dell’oratorio (che non stavano facendo una partita ufficiale, erano lì a giocare e a saltare), mentre eravamo lì a guardare (e io ricordavo i tempi di quando anche io andavo all’oratorio a giocare, a pregare e a fare catechismo), ad un certo punto, davanti a noi, parte una solenne bestemmia e parolacce a fiume… Io, d’istinto, ho fatto un salto indietro, proprio così… terribile no? Terribile…

E mi sono ricordato di quando andavamo noi all’oratorio…

Un nostro Sacerdote, un Sacerdote che io conobbi da piccolo e ci seguì fino ad una certa età, era sempre con la talare nera, era sempre in mezzo ai ragazzi, a giocare con loro, a passeggiare, a camminare, era lì. Tu entravi in oratorio e vedevi da lontano il nostro caro Sacerdote, si chiamava Don Francesco; lui era lì, in mezzo ai ragazzi… io non ho mai sentito bestemmie.

Le prime bestemmie che io ho sentito nella mia vita, le ho sentite alle Superiori; fino ad allora, io non ho mai sentito una bestemmia, mai, mai, mai… in oratorio non esistevano le bestemmie, non si poteva bestemmiare.

Don Francesco era sempre lì con noi… e quella presenza faceva la differenza, faceva la differenza… e di sabato, era sempre a confessarci, insieme a Monsignor Cazzaniga.

Se no, un prete dov’è? Dov’è?

Se non è in oratorio con i suoi ragazzi, se non è in chiesa a pregare con loro, se non è in chiesa a confessare, se non sta celebrando la Messa, se non sta facendo la catechesi, dov’è? Cosa sta facendo?

La nostra presenza è fondamentale, è fondamentale… ovviamente se è di un certo tipo, perché diventa una torre di protezione contro queste cose.

Se io fossi stato lì con il mio bambino e avessi assistito ad una roba del genere, l’avrei preso e portato via immediatamente, immediatamente… perché queste cose non si possono tollerare.

Non c’è peccato più grave della bestemmia, diceva San Gerolamo.

Non esiste un peccato più grave della bestemmia, perché la bestemmia attira direttamente la maledizione di Dio, diceva San Pio da Pietralcina.

Gesù disse (non ricordo più a quale mistica, o a quale santa; non so se a Santa Faustina Kowalska, adesso non mi ricordo più) che, se non fosse per la Sua Divina Misericordia, la Sua Giustizia fulminerebbe all’istante il bestemmiatore.

La bestemmia, diceva Padre Pio, è la preghiera dell’Inferno.

Quindi noi dobbiamo faticare per questo, per educare, per proteggere le persone a noi affidate da queste cose, perché la bestemmia, il discorso scurrile e volgare (sono due cose diverse ovviamente, ma tutte e due, comunque, gravi) non fanno del male solamente a chi le dice, ma anche a chi le ascolta.

C’erano lì altri ragazzi, c’erano lì dei bambini, c’erano lì delle ragazze, e tutti hanno sentito quello che ho sentito io, quello che abbiamo sentito noi, ed è un danno, perché poi ti rimane dentro nella testa, perché poi le impari, e perché poi è molto facile, che prima o poi escano anche a te.

Ciascuno deve corrispondere ai suoi doveri di stato, e noi Sacerdoti, innanzitutto, non siamo dei burocrati, e non siamo neanche chiamati a questo. Noi, quando diventiamo Preti, facciamo delle promesse, andiamo a rileggere quelle promesse!

Noi diciamo: «Sì, lo voglio!», ma a che cosa, se poi non lo facciamo, lo facciamo male o facciamo altro?

Noi abbiamo detto: «Sì, lo voglio !» a determinate richieste che il Vescovo ci ha fatto. Quelle promesse lì sono ben precise, e noi le dobbiamo rispettare.

Uno dice: «Vabbè ma io…»

No, “Vabbè ma io…” un bel niente!

Succede che poi, ovviamente, tiriamo fuori tutta una serie di scuse…

Sentite, ve li leggo, perché è importante, ogni tanto è importante.

 

IMPEGNI DEGLI ELETTI

Davanti al Vescovo e all’intera comunità, coloro che stanno per essere ordinati Sacerdoti, sono interrogati circa la libera e definitiva accettazione degli impegni legati al Ministero.

Il Vescovo (sentite cosa dice il Vescovo):

“Figli carissimi, prima di ricevere l’Ordine del Presbiterato, dovete manifestare davanti al popolo di Dio la volontà di assumerne gli impegni”.

Quali sono questi impegni?

Perché uno dice: «Vabbè, devo assumermi gli impegni della mia Ordinazione, allora, il mio dovere di stato, da adesso in poi, quale sarà?»

Adesso il Vescovo lo dice.

I Impegno

“Volete esercitare per tutta la vita il Ministero Sacerdotale nel grado di Presbiteri, come fedeli cooperatori dell’Ordine dei Vescovi nel servizio del popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo?”

Quindi, innanzitutto, il primo impegno è “per sempre”, essere Preti per sempre, cooperando coi Vescovi nel servizio del popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo.

Devi rispondere: “Sì lo voglio!”, se no niente.

II Impegno

Volete adempiere degnamente e sapientemente il Ministero della Parola nella predicazione del Vangelo e nell’insegnamento della Fede Cattolica?”

Cioè, sei disposto ad adempiere alla predicazione?

A predicare cosa? Uno dice: «Cos’è che devo predicare?»

Due cose: il Vangelo e la Fede Cattolica, punto.

Non c’è altro che devi predicare. Non devi predicare la medicina, la sociologia, la psicologia, non devi fare l’assistente sociale, no, tu devi predicare il Vangelo e la Fede Cattolica, punto.

Anche alla seconda domanda, abbiamo dovuto rispondere tutti: “Sì lo voglio!”, se no non ci ordinavano Preti.

III Impegno

“Volete celebrare con devozione e fedeltà i Misteri di Cristo, secondo la Tradizione della Chiesa, specialmente nel Sacrificio Eucaristico, nel Sacramento della Riconciliazione, a lode di Dio e per la santificazione del popolo cristiano?”

Cioè, tradotto: «Volete amministrare i Sacramenti, soprattutto la Santa Messa e la Confessione?» Capite?  Questi sono i nostri impegni, quelli che abbiamo dovuto dire davanti al Vescovo e al popolo di Dio quel giorno.

“Sì, lo voglio!”

IV Impegno

“Volete, insieme con noi, implorare la Divina Misericordia per il popolo a voi affidato, dedicandovi assiduamente alla preghiera come ha comandato il Signore?”

“Sì, lo voglio!”

 

 

V Impegno

“Volete essere sempre più strettamente uniti a Cristo, Sommo Sacerdote, che come Vittima Pura si è offerto al Padre per noi, consacrando voi stessi a Dio insieme con Lui, per la salvezza di tutti gli uomini?”

Cioè, essere vittime con Gesù Vittima…

“Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio!”

Fine.

Quando uno dice:  «Devi fare il Prete», questo deve fare, niente altro!

Niente altro come dovere di stato, tutto il resto è un di più, che può fare, ma può anche non fare; quello sul quale sarà interrogato da Dio, sul quale dovrà rendere conto a Dio e che riguarda il suo dovere di stato, come Sacerdote, sono queste cinque cose.

Riassumiamo?

La prima: per tutta la vita. Essere Sacerdote per tutta la vita, per tutta la vita, in collaborazione coi Vescovi, al servizio del popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo.

La seconda: la predicazione del Vangelo e della Fede Cattolica.

La terza: la celebrazione dei Sacramenti, in modo speciale l’Eucarestia e la Confessione.

La quarta: implorare la Divina Misericordia per il popolo di Dio, che ci è affidato, dedicandoci in modo assiduo alla preghiera, come ha comandato il Signore.

La quinta (la più tremenda di tutte; se noi ci pensassimo un pochino tremeremmo ogni giorno): essere sempre più strettamente uniti a Cristo, Sommo Sacerdote, che, come Vittima, si è offerto al Padre per voi, consacrando voi stessi a Dio (tremenda questa cosa), insieme con Lui, per la salvezza degli uomini.

Io mi domando: «Noi Preti, ogni quanto rileggiamo questi impegni che abbiamo assunto davanti a Dio e dei quali dovremo rendere conto a Dio?»

Noi, che ci mettiamo a perderci in mille stupidaggini, a correre dietro alle follie delle persone, di questo siamo coscienti?

Dico: a tutti noi, non “io sì e tu no”, non “io in un modo e tu in un altro”, no, no, sono uguali per tutti. Tutti noi Sacerdoti abbiamo dovuto dire:  “Sì, lo voglio!”, a queste cinque richieste, a questi cinque impegni.

Il nostro esame di coscienza parte da qui?

Perché parliamo tanto di doveri di stato della mamma e del papà, e il nostro dovere di stato?

Cosa vuol dire fare i Preti?

Vuol dire questo. La Chiesa ci ha chiesto queste cinque cose, di fare bene queste cinque cose, punto.

Ora, voi capite per quale motivo io mi arrabbio tanto, quando le persone non rispettano i tempi, ad esempio, della preghiera e del silenzio di un Sacerdote.

Tu non scrivi messaggini alle 11 di sera, tu non mandi un Whatsapp alle 2 di notte, alle 6 del mattino, con l’ultimo messaggio di non so che cosa, con l’ultimo post complottista di non so che cosa, con l’ultima profezia di non so che cosa, con l’ultimo video di non so che cosa, con l’ultimo…

No! Non mi interessa!

Il Prete, per dovere di stato, non ha “rispondere a Whatsapp”, chiaro?

Non c’è scritto! Nelle promesse che io ho fatto, non c’è scritto: «Accetti di rispondere a tutti i Whatsapp che ti mandano, a tutte le email che riceverai, a tutti i messaggini? Accetti di rispondere a tutti i commenti dei post?»

Non c’è! Nei miei doveri di stato non c’è, ma nel mio dovere di stato c’è “pregare assiduamente”, io di questo devo rendere conto a Dio.

Quindi, per rispetto (perché un Prete deve pregare), non mandi messaggi alle 8 di sera, neanche alle 7, e neanche alle 6 del mattino, perché in questa maniera non sarai responsabile della sua distrazione.

Perché, se mentre sta pregando arriva col “din don” il tuo messaggino inutile, tu sarai responsabile della sua distrazione.

Uno dice: «Io non lo sapevo». Però lo potevi supporre.

Altrimenti, quando prega questo Sacerdote, se durante il giorno, per tutto il giorno, è in mezzo alle persone?

Dovrà avere dei tempi di preghiera… e quando saranno?

Saranno alla sera, saranno al mattino presto… quando, se no?

Quando, se durante la giornata è in confessionale, a celebrare i Sacramenti, a dire la Messa, ad ascoltare le persone, a curare i malati? Quando, se non in questi momenti?

È un nostro compito, è un nostro dovere di stato dare l’estrema unzione, confortare gli ammalati, predicare, studiare per predicare, prepararci, perché qua lo dice che bisogna adempiere degnamente e sapientemente il Ministero della Parola, non così, a caso; quindi bisogna studiare, bisogna prepararsi, bisogna meditare.

E poi, con che cipiglio si risponde eh… Quando tu ti permetti di dire: «Scusi, ma le sembra giusto che lei alle 5 del mattino, alle 6 del mattino, mi manda i suoi Whatsapp?»

La risposta è: «Ma io devo lavorare, io ho tante cose da fare, se no non posso».

A me cosa interessa? Non è un problema mio. In quell’orario tu non lo scrivi! È una questione di rispetto dei doveri di stato di quella persona, perché quella persona ha quel dovere di stato. Non disturbi un Sacerdote mentre sta pregando!

«Ma devo dirti solo una cosa…» No, non la dici. Sta pregando e lo lasci stare, perché sta assolvendo a un suo dovere di stato.

Questo ha  portato via tempo alla nostra meditazione, lo so, ma guardate, se fosse anche solo che un Sacerdote ha ascoltato queste cose, le ha risentite, magari dopo vent’anni, trent’anni, dieci anni, la meditazione di oggi ha raggiunto il suo scopo.

Mi avevano chiesto di fare le catechesi in Quaresima al venerdì sera, come avevo fatto per il tempo dell’Avvento, ho risposto di no.

Lo so che avevo detto che le avrei probabilmente fatte, ma ho risposto di no, perché ho preferito dedicare il tempo alla preparazione di queste meditazioni.

Purtroppo, la giornata è di ventiquattr’ore e io non sono Dio, non posso moltiplicare il tempo né bilocarmi; quindi, ho deciso di fare solo queste, di farle bene, magari di allungarle un po’, ma di non mettere troppa carne al fuoco. Credo che sia più che sufficiente quello che stiamo facendo.

“Ma ve ne sono altri che sono attenti a moltiplicare le loro opere buone, ed a farlo con tutto il fervore e tutta la purità d’intenzione di cui son capaci…”

Ecco, i sacerdoti, che io ebbi la grazia enorme di conoscere da ragazzo, furono così, esattamente così.

“…e questi sono simili a quel servitore fedele, che Gesù Cristo fa entrare nel suo gaudio e nella sua gloria. Prendete qui il vostro posto”.

Ecco, erano così! Cosa facevano? I Preti.

Stavano con i ragazzi, predicavano, confessavano, celebravano, giocavano con noi, ci insegnavano le cose, facevano i Sacerdoti.

Tu li trovavi sempre, tu entravi in chiesa e li trovavi sempre, tu sapevi che c’era sempre qualcuno, per un modo o per l’altro c’era sempre qualcuno.

E se dovevi confessarti, non prendevi l’appuntamento.

Io non ho mai preso l’appuntamento; lo prendevo per andare dal dentista, per andare dal dottore, per andare a parlare con la professoressa a scuola, ma non prendevo l’appuntamento per confessarmi, non esisteva.

Se io avevo bisogno di confessarmi suonavo la campanella e mi confessavo, se era infrasettimanale, se no sapevo che al sabato c’era sempre. Era il suo compito, era normale, per noi e per loro, era normale.

“Esaminate le azioni della vostra vita, e ancora quelle d’un solo giorno. Mettete da una parte ciò che fate per Dio, e dall’altra ciò che fate pel mondo; le buone opere che voi fate, e quelle che tralasciate di fare, il tempo che voi impiegate, e quello che voi perdete per i vostri pensieri inutili, il tempo che date ai divertimenti, alle visite, al sonno, al cibo e alle ricreazioni”.

Ve l’ho sempre detta questa cosa: dividiamo, mettiamo insieme il tempo che diamo a Dio e il tempo che diamo a tutto il resto.

“Riflettete tremando, che non vi è un sol momento, in cui non dobbiate faticare per Dio perché non v’è neppur uno, di cui Iddio non possa servirsene per operare la vostra eterna salute. Dio ha i suoi tempi e i suoi momenti, e questi li tiene nascosti; impiegate dunque tutti quelli che voi potrete per far opere buone, ed esser preparato alla morte.

 

II Punto. Il padre di famiglia farà perire miseramente questi malvagi…”

…che  hanno maltrattato i suoi servi e Suo Figlio.

“Tremiamo alla terribil minaccia di questo padre di famiglia, per timore che non avendo noi bastanti opere buone, o non avendole ben fatte, non ci tolga il tempo di farle, che non dia altresì ad altri quelle grazie, che ci avrebbe date se gli fossimo stati fedeli; e non ci punisca finalmente come quegli scioperati vignaiuoli. Questa condotta di Dio è antica come il mondo, e sarà sempre la stessa. Egli avea posto i nostri progenitori nel paradiso terrestre, avea loro ordinato di faticare, e ne aveano tutto il tempo; invece di far opere buone in questo delizioso soggiorno gli disubbidirono e l’offesero. Egli li scacciò per mezzo di un angiolo e tolse loro il tempo che avea loro concesso. È vero che faticarono in seguito, ma allora le loro fatiche divennero la pena del loro peccato”.

Cos’è che chiede Dio a loro?

Di custodire il giardino, di averne rispetto, di non toccare i frutti di quell’albero, perché Dio pone sempre un’alternativa a Sé, ti lascia sempre libero di scegliere. E così che fa: chiama, ma non ti costringe.

“È stato necessario che il divin Verbo vestisse le nostre misere spoglie per rendere e al tempo, e alle buone opere il valore che aveano perduto. Noi avremmo avuto un bel fare delle opere buone; esse non avrebbero mai meritato se non temporarie ricompense, qual castigo! Tutte le azioni di quest’Uomo-Dio, le sue fatiche, le prediche, le lagrime, i patimenti, la morte ci hanno ricomprato il tempo, ed hanno fatte meritevoli le nostre opere buone. Era necessaria la grazia del Redentore per renderle degne d’una eterna ricompensa. Argomentate da questo l’ingiuria che voi gli fate, ed il male che fate a voi medesimo, di perdere un tempo sì prezioso, che non vale meno del sangue di Gesù Cristo, voi l’impiegate a tutt’altro fuorché in opere buone.

Se noi impieghiamo fedelmente il nostro tempo a coltivare la mistica vigna che ci ha affidata; se conserviamo intieramente quest’aia dalla quale è circondata; se ci diamo premura di svellere i cattivi germogli, cioè a dire tutti i vizi, i desideri e tutti gli attacchi profani, essa farà frutti in abbondanza: il padre di famiglia ci darà una ricompensa molto superiore alle nostre fatiche, perchè essa sarà eterna, ma se in luogo di coltivarla la trascuriamo…”

«Eh sì, io non posso mica venirmi a confessare tutti i sabati, perché devo andare al Cotton Club a farmi i capelli».

«Io ho fretta, mi deve confessare subito, perché poi devo andare a fare la partita di Golf, o perché poi devo andare a giocare a calcio, o perché poi devo guardare la televisione, o perché poi devo uscire con i miei amici, o perché domani mi sposo…»

Sì… quante volte mi è successo…

La chiesa chiude alle 19.00, il turno in confessionale inizia alle 15.00, e il Sacerdote finisce solitamente alle 18.30, 18.45 se ci sta fino all’ultimo.

Mentre esco e sto per chiudere il confessionale, arriva la sposa (e lo sposo dietro) e mi dice: «Padre, Padre, domani mi sposo».

E io: «Allora congratulazioni».

Mi dice: «Mi devo confessare».

Io dico: «Adesso? Scusi, chiudiamo la chiesa fra dieci minuti, l’abbiamo aperta oggi alle 14.30, sono in confessionale dalle 15.00, e lei arriva adesso, a dieci minuti dalla chiusura, per confessarsi?»

«Padre, sono dovuta andare dalla parrucchiera».

«Scusi, ops che sciocchino che sono, ha ragione».

«Padre, sono dovuta andare dalla parrucchiera a sistemarmi tutta, perché poi domani mi sposo».

«Giusto, certo. Certo… e quindi la confessione è meno importante della parrucchiera. Alla parrucchiera ha dedicato tutto il pomeriggio, ci mancherebbe, al Sacerdote e alla Confessione, gli ultimi tre minuti della giornata».

Questa è la serietà con la quale noi trattiamo i Sacramenti, la nostra anima e il Sacerdote.

Questa è la serietà con la quale noi trattiamo Dio.

Questa si chiama presa in giro solenne, questa si chiama ipocrisia, punto.

Ovviamente non vi dico quale è stata la mia risposta… però, se vi posso dare un consiglio, non fatelo! Quantomeno, non venite da me.

Bene.

Preghiera:

“Io posso dire, o mio Dio, con più ragione che la Sposa de’sacri Cantici, che non ho ben custodita, né coltivata la mia vigna, la quale è l’anima mia. Voi l’avete piantata con tanta diligenza in un fertile terreno, ch’è la vostra Chiesa; l’avete irrigata con tanta bontà, non solamente colle acque vivificanti del battesimo, ma ancora con tutto il vostro sangue; l’avete fatta crescere e l’avete sostenuta colla vostra grazia e co’vostri sacramenti, per timore che ella non cadesse per terra; l’avete fortificata colla divina protezione, di cui l’avete favorita, e con questa potea difendersi da tutti i suoi nemici; non dipendea da me di compire ciò che avevate sì ben cominciato”.

Cioè, nel senso che dipendeva, in questo senso lo scrive.

“Ma ahimè! Io ho lasciato fare un gran numero di aperture all’aia che avete ben serrata. Ho mal difesa la torre, che vi avete fabbricata, e gli stranieri vi sono entrati. Invece di svellere le erbe cattive, ho lasciato crescere le sue pessime inclinazioni. Invece di portarla ed estirpare le sue passioni, io le ho coltivate, ed essa non ha prodotto alcun frutto degno di esservi presentato. Ma, ahimè! Dove sono le buone opere che ho fatte? Quanto poco sin’ora ho faticato per la vostra gloria e per la mia salute! E che non ho io fatto per il mondo? Ah, Signore, senza la vostra infinita misericordia che imploro, avrei luogo di tutto temere dalla vostra giustizia, ma, o mio Dio, lasciate ancora questa vigna sulla terra; io voglio usare tutte le diligenze per coltivarla, e per tagliare tutto ciò che potrebbe impedire che producesse frutti degni di penitenza. Datemene la forza; accrescete in me questo desiderio, e concedetemi la grazia di perseverare nella pratica delle opere buone sino alla morte”.

Bene, allora oggi dedichiamoci ai nostri doveri di stato, ognuno faccia i suoi: il Prete faccia il Prete, la suora faccia la suora, il papà faccia il papà, la mamma faccia la mamma, il figlio faccia il figlio, il dottore faccia il dottore, e via di seguito. Ognuno il suo, ognuno il suo dovere di stato.

Se ciascuno fa bene il suo, tutto andrà bene.

Non inventiamoci doveri che non esistono e non sentiamo interiormente il ricatto di un falso buonismo, di rispondere a bisogni, che non riguardano i nostri primari doveri.

Se vogliamo fare la Volontà di Dio, che è l’unica cosa che conta, dobbiamo innanzitutto assolvere ai nostri doveri di stato, prima a quelli, poi, se avanza tempo, forza ed energia, tutto il resto, ma prima i doveri di stato.

Queste saranno le nostre opere buone, i chicchi “chiccosi” di quell’uva buonissima, piena di rugiada.

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mt 21, 33-43. 45)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

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