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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 19

“Condotta per passare santamente la Quaresima” - p. Avrillon

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di sabato 19 marzo 2022

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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“Condotta per passare santamente la Quaresima”, del p. Avrillon. Parte 19

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

 

Eccoci giunti a sabato 19 marzo 2022.

Abbiamo letto il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal capitolo I di San Matteo, versetti 16 e seguenti.

Oggi è San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria, Solennità; quindi, innanzitutto, auguri a tutti coloro che portano il nome di Giuseppe o di Giuseppina. Non mi fermo a meditare sulla figura di San Giuseppe, come dovrei fare, perché dobbiamo andare avanti con la lettura del nostro libro di Padre Avrillon e quindi rimando a tutte le omelie che ho fatto negli anni scorsi sulla meravigliosa figura di San Giuseppe.

Noi oggi andiamo avanti col nostro giorno di Quaresima, oggi è il “Giorno della conversione”, leggiamo cosa dice il Padre.

Sabato dopo la II domenica – Giorno di conversione

“Cominciate il giorno col far l’esame sopra la vostra passione predominante, e sopra il peccato in cui più spesso cadete”.

Noi abbiamo dei peccati, noi abbiamo dei difetti, noi abbiamo delle passioni (tutte e tre cose diverse), nelle quali con più facilità cadiamo, dove vediamo che facciamo più fatica a cambiare.

“Dimandate a Dio i lumi, che vi son necessari per ben conoscerlo, e forza per estirparlo totalmente. Cominciate dunque oggi questa grande opera, da cui dipende tutta la vostra felicità. Intraprendetela dunque generosamente, e fate una stabile risoluzione di non desistere, sinché non ne siate venuto al termine, cioè di convertirvi davvero a Dio. Dimandategli questa grazia con tutto il fervore e la perseveranza, e siate certo che l’otterrete. Non perdete di vista il figliuol prodigo, che va a riconciliarsi con suo padre. Immaginatevi che lo siete voi stesso, e riguardate Gesù Cristo come questo tenero padre, a cui voi andate a chiedere misericordia”.

Quindi, dobbiamo chiedere a Dio questi lumi, questa luce dello Spirito Santo, per conoscere i nostri peccati, soprattutto il nostro peccato o i nostri peccati più ricorrenti, e la forza per estirparli. Non è il lavoro di un giorno, non è il lavoro neanche di un mese, ci vorrà tempo, ma fa niente.

L’obiezione più classica che si riceve è: «Eh sì, ma tanto io, tutte le settimane, quando vado a confessarmi, dico sempre le stesse cose; mi sembra di prendere in giro Dio».

Allora, la risposta è: «Un peccato, come un atto di virtù, non sono mai uguali uno all’altro».

Quando io offendo qualcuno, o quando io faccio del bene a qualcuno, non lo faccio mai in due modi uguali, c’è sempre una diversità. Quindi, non è vero che io questa settimana confesso le stesse cose della settimana scorsa, questo è un inganno del maligno, per farci abbandonare il Sacramento della Confessione, e quindi la conversione.

Potrà riguardare lo stesso ambito, questo sì; per esempio: se cado nel peccato della gola, va bene, riguarda il peccato della gola, ma io non sarò stato goloso nello stesso modo e della stessa cosa, allora questa settimana chiederò perdono al Signore per quel modo di essere stato goloso, che è diverso da quello della settimana scorsa, e magari un po’ meno, perché mi sono impegnato.

Quindi, non diciamo mai: «No, ma io tanto faccio sempre gli stessi peccati…» Non è vero!

Poi, questa settimana posso avere messo più impegno nel desiderio di convertirmi, averci pregato di più, essermi maggiormente vinto, quindi, vedete che abbiamo mille ragioni per essere perseveranti e per continuare a confessarci frequentemente, perché, attraverso il Sangue di Gesù, noi acquisiamo sempre più forza, sempre più fervore, sempre più costanza e perseveranza per estirpare da noi il nostro male.

Diverso è, se io, invece, non ho alcun interesse, cioè non mi interessa uscire dal peccato, ma allora, sapete, sarà difficile che vada avanti a confessarmi con frequenza, perché tanto non mi interessa; sono cose diverse.

E ora vediamo la meditazione sul Vangelo; in questo caso è il Vangelo del figliol prodigo, che il Padre medita.

Meditazione sulla conversione

“Un uomo avea due figliuoli, ed il più giovine gli disse: Padre datemi la porzione di quei beni che mi appartengono. Seguitate con attenzione questo vangelo, meditate seriamente sopra la condotta di questo giovine; voi vi vedrete i gradi, ne’quali un peccatore a poco a poco cade nei più grandi eccessi, e quelli nei quali rientra nel suo dovere una sincera conversione. Comincia con un’indiscreta richiesta, formata dagli sregolati desideri di non dipendere da alcuno. Eccovi l’origine della disgrazia, e di tanti mali che l’hanno oppresso. Avete voi mai formato nel cuor vostro desideri d’indipendenza, perchè il giogo che v’era imposto vi parea troppo pesante, ed avreste bramato di godere della libertà per soddisfare le vostre passioni?”

Domanda importantissima…

“Concepite il pericolo che vi è in formare simili desideri e nel fare simili dimande, che Dio non concede mai se non quando è sdegnato. Facciamoci giustizia, e crediamo che non ne faremo un miglior uso di quello che ne fece il figliuol prodigo”.

Quindi, primo grado, attraverso il quale si precipita sempre più nei peccati più gravi: un’indiscreta richiesta, che nasce dagli sregolati desideri di non dipendere da nessuno.

C’è un sano desiderio di autonomia, per cui noi ci ritiriamo in solitudine, la quale si fonda sulla presenza di Gesù, per la quale avvertiamo il bisogno di essere soli, e quindi indipendenti; questa è una cosa.

Poi c’è, invece, l’origine della disgrazia e di tanti mali, che è quella di uno sregolato desiderio di non dipendere da nessuno, che poi si fonda sull’amor proprio e sull’orgoglio.

Quindi, rileggete la domanda: «Avete mai formato nel vostro cuore desideri di indipendenza, perché il giogo che vi veniva imposto vi pareva troppo pesante ed avreste bramato di godere della libertà per soddisfare le vostre passioni?»

Vedete qual è la differenza?

È che, nella sana autonomia, l’origine e il fine sono di essere da soli con Dio, di staccarsi dalle dipendenze malsane delle creature (che abbiamo visto già tante volte in questi giorni, no?), di agganciarsi sempre di piu alla unicità di Dio; è il primo caso, che è positivo, l’autonomia.

Di questo, invece, di questa indipendenza, qual è l’origine e qual è il fine? Molto semplice: soddisfare le mie passioni, punto.

È l’essere libero di fare quello che voglio, perché così posso fare tutto quello che voglio, in riferimento al mio egoismo, al mio orgoglio, alla mia passione carnale, e avanti di seguito. È cioè il non dover rendere conto a nessuno e non dover far riferimento a nessuno, e non dover sottostare a nessuno, e non dover ubbidire a nessuno; così io, la sera, me ne torno alle due di notte, così io mi sveglio quando voglio, mangio quanto voglio, come voglio, dove voglio, così io esco in tutti i miei divertimenti possibili e immaginabili, uso dei miei beni nel modo più assurdo possibile, e via di seguito.

Questa indipendenza non ha come origine e come fine Dio; questa è l’origine di ogni disgrazia per il figliol prodigo.

Qui cosa si nasconde? Si nasconde, e nello stesso tempo si manifesta, che cosa? Il classico moto di indipendenza del figlio verso il padre, tipico, tipico… ma non perché io divento a mia volta padre, in modo sano, no, ma perché io non voglio essere figlio, è un’altra cosa!

Non volendo essere figlio, non sarò mai un vero padre, non sarò mai padre, perché non ho mai fatto l’esperienza di essere figlio e non può diventare padre chi non ha mai fatto l’esperienza di essere figlio; intendo dire in modo profondo, proprio in modo radicale, in modo spirituale, con tutto quello che l’essere figlio comporta, è importantissima questa cosa.

Guardate, uno potrebbe anche non conoscere i suoi genitori, essere proprio abbandonato, ma avrà sempre una possibilità di fare questa esperienza di paternità, in un modo magari più mediato, con qualcun altro, un educatore, un sacerdote, un altro punto di riferimento, che gli medieranno che cosa? L’unica paternità, che è quella di Dio.

Ma il peccato (io credo che sia un peccato radicale, perché poi è quello di Adamo ed Eva), qual è? È quello di dire: «No, io non voglio essere figlio, io non mi fido di te come padre; la tua presenza mi è di ingombro, mi è di peso, mi è di ostacolo, mi è di intralcio, mi è di fatica».

Perché? Perché, all’origine di tutto, sta la mia passione.

“Questo giovine partì dalla casa di suo padre, e se ne andò in un paese lontano. Quando uno ha procurato di contentare le sue passioni, ed ha perduto il timor santo di Dio, non si prevale della sua adorabile condotta, dei suoi consigli, e finalmente trasgredisce i suoi precetti: si allontana dalla sua divina presenza, dalla sua parola, dall’orazione e da’ sacramenti, allontanamento che faceva tremare il reale Profeta, quando diceva: Signore, quelli, che si allontanano da voi, periranno; mio Dio, non vi allontanate da me”.

Quindi, nel momento in cui io decido di vivere questa indipendenza e di contentare le mie passioni (fare quello che voglio, quanto voglio, come voglio, con chi voglio, dove voglio), perdo il timore di Dio, non godo più dell’adorabile condotta di mio Padre, dei Suoi consigli, della Sua Legge.

La Legge di mio Padre, bellissimo… il mio grande conforto, il mio grande riposo, il mio grande ausilio, il mio vincastro, la mia difesa, la mia forza… la Legge di mio Padre, i Dieci Comandamenti, la Legge di Dio.

No, tutto questo poi diventa un peso, quindi si allontana dalla Divina Presenza di Dio.

«Adamo dove sei?»

«Mi sono nascosto, ho avuto paura».

«Ah sì? Come mai? Ma se fino a ieri passeggiavamo insieme… Ma se fino a ieri eri qua che ti muovevi insieme con me alla rugiada del mattino… Come mai Adamo hai paura?»

«No, sai, ero nudo…»

«Eri nudo? Ma sei sempre stato nudo! Qual è il problema? Io non te l’ho mai fatto pesare. Non ti ho mai fatto pesare la tua debolezza, la tua creaturalità, la tua limitatezza. Per me non era un problema, come mai è diventato un problema per te? Chi ti ha svelato, nel modo più bieco, malvagio, perverso e cattivo possibile, la tua nudità?»

Si allontana dalla Divina Presenza, dalla Sua Parola: «Non voglio più sentire la Parola di Dio, non voglio più sentire la Parola di mio Padre»; si allontana dall’orazione, si allontana dalla preghiera, inizia a smettere di pregare; si allontana dai Sacramenti, la Confessione si fa sempre più rada, la Messa sempre più rada, sempre più vissuta male.

“In questa lontananza — non dimenticatelo — il giovine dissipò tutti i suoi beni paterni colle sue dissolutezze; il che ci fa conoscere che non vi è peccato così enorme, di cui una persona non sia capace quando si è allontanato da Dio, onde dissipa in poco tempo tutti i suoi preziosi tesori in questa funesta lontananza, cioè a dire, il timor di Dio, il suo amore e la sua grazia”.

Capite? È all’interno di questa lontananza, che lui compie ogni peccato. In poco tempo, non ci vogliono anni, in poco tempo, vuol dire questione di giorni, di settimane.

Quali sono questi tesori che perde? Il Timor di Dio, il Suo Amore e la Sua Grazia, cioè si sprofonda dentro ad ogni peccato, ma nel modo peggiore possibile.

È terribile questa situazione! È terribile.

È descritta molto, molto bene, da Padre Avrillon.

“Questo giovine libertino cominciò a provare vivamente la sua povertà”.

Ecco: «Ero nudo… ho avuto paura… mi sono nascosto».

“Gli convenne cessare dalle sue dissolutezze, perchè non avea più denaro per continuarle. Ma invece di ritornare a suo padre…”

Sentite, sentite… Invece di tornare da suo padre (che era l’unica cosa intelligente da fare, ma ovviamente, chi vive questa indipendenza perde ogni intelligenza)…

“…si mise al servizio d’un contadino, che gli diede a pascere i suoi porci; e la sua miseria era sì grande, che desiderava nutrirsi delle ghiande, delle quali pascevansi quegli immondi animali, e non gli erano date. Non v’è paragone, che possa adattarsi ad esprimere la povertà d’un’anima che ha abbandonato il suo Dio: tutto le manca perchè essa non ha Dio per lei. Ella è priva di sostegno e di cibo, di soccorso e di consolazione nelle sue pene. In una parola essa è abbandonata a sé medesima; e questo è il colmo della povertà e della miseria. State bene attenti a non cadere in uno stato sì deplorabile; ricorrete a Dio quando v’accorgete d’esservene un poco allontanati”.

Ecco perché bisogna confessarsi frequentissimamente!

Ecco perché, per questo!

Che brutto, vi dico un’esperienza che ho avuta, che mi ha profondamente ferito, proprio un’esperienza bruttissima.

Adesso ve la racconto e voi direte: «Oh… Padre, che sciocchezza!»

Niente è una sciocchezza.

Un giovane mi dice: «Padre, ho bisogno di confessarmi. Per favore, puoi trovarmi oggi un momento per… ?»

«Va bene»; allora organizzo e in quel pomeriggio trovo un momento e dico: «Guarda, adesso».

Sto per iniziare la confessione e questo mi dice: «No, guarda, Padre Giorgio, se fosse possibile, possiamo fare domani?»

Io dico: «Ma come? Mi hai chiesto di farlo oggi».

«No, perché così mi preparo meglio, perché non sono riuscito a prepararmi bene, pensavo di riuscirci, invece no. Sì, mi sono preparato, però… se fosse possibile, preferirei domani».

«Va bene, allora domani».

Questo insegna anche quanto sia stolto questo modo di procedere, perché non bisogna mai perdere l’occasione presente che abbiamo, mai, mai rimandare a domani, ciò che possiamo fare oggi.

Il giorno dopo, cosa succede? Succede che ci vediamo, ma io mi dimentico, del resto era compito suo ricordarmelo, visto che era lui che doveva confessarsi.

Mentre il giorno prima mi sono ricordato io, il giorno dopo mi sono dimenticato di questa cosa; quindi, alla fine di tutto, quando ci stiamo salutando, santa pace, mi viene in mente, e dico: «Mamma mia, tu mi avevi detto che dovevi confessarti… scusami, ma perché non me l’hai ricordato? Io mi sono dimenticato, adesso stai andando via…»

E questo giovane mi guarda e mi dice: «Eh vabbè, fa niente… faremo un’altra volta».

E io ho risposto: «Beh l’anima è la tua… se per te non fa niente, va bene così».

Ma pensate voi… pensate voi che risposta così insipiente, così sprezzante, così superficiale rispetto ad un dono così immenso qual è quello della Confessione, del Perdono di Dio: «Eh vabbè, fa niente…»

Non hai capito niente di questo Sacramento, punto. Niente, non hai capito niente! Fine. Proprio zero. Avere la grazia di potersi confessare e non farlo…

Il bello è che poi mi dice (perché noi dopo facciamo le magie, entriamo nella sfera, stile Harry Potter, diventiamo come il mago e la maga, viviamo di queste superstizioni religiose): «No, io l’avevo in mente, ma poi ho detto : “Vabbè, se verrà in mente a lui, vuol dire che lo devo fare, se no, no”».

Ma cosa siamo, al gioco dei tarocchi? Cos’è questa roba?

Noi facciamo queste cose, viviamo di queste superstizioni religiose assurde, assurde.

Dio ci ha dato un’intelligenza e una volontà, la prima cosa che dobbiamo fare è usare l’intelligenza e la volontà, non entrare dentro nei riti magici!

Robe da matti, robe incredibili, robe di una stoltezza, che più stoltezza non è possibile!

“Ricorrete a Dio, quando vi accorgete di esservi un poco allontanati da Lui”, dice Padre Avrillon.

E lui: «Eh vabbè, fa niente, cosa vuoi che sia? Tanto lo faremo un’altra volta».

Ma chi ti dice che sei ancora vivo domani? Il giorno prima, mi chiedi di farlo, dovevi essere preparato e non ti sei preparato, e hai rimandato l’occasione; il giorno dopo dici: «Eh vabbè, fa niente…», ma allora, cosa vuol dire per te confessarti? Che cos’è la Confessione? Che valore ha per te il Perdono di Dio? Pari a zero?

È terribile, è terribile…

Noi non percepiamo che cosa voglia dire separarci da Dio, anche per peccati veniali. No, non ci interessa, fa niente, fa niente… ma sì, vabbè fa niente… fa niente…

Provate a dire a persone del genere, quando si sentono un po’ offese, perché magari non li avete guardati abbastanza, perché magari non li avete adorati abbastanza, perché magari non li avete omaggiati abbastanza, non li avete assecondati abbastanza… provate a dire a persone del genere: «Oh vabbè, fa niente…», vedete cosa succede!

Provate! Provate!

Quando vi vengono a dire: «Io qui e io là…», voi dite: «Eh vabbè, fa niente…»

Provate e vedete cosa succede!

“Finalmente il figlio prodigo essendo rientrato in se stesso, disse: Quanti servitori in casa di mio padre abbondano di pane, mentre io qui mi muoio di fame!”

Poi, vedete, qual è la nostra vita?

La nostra vita è che andiamo a mangiare le ghiande dei porci, la nostra vita è che andiamo a cercare il nutrimento, la consolazione, il sostegno, là dove non ci viene neanche dato, in mezzo ai porci lo andiamo a cercare; i porci le ghiande non le mangiano nei piatti dorati, le mangiano per terra, in mezzo allo sterco, in mezzo alla terra, lì vanno a mangiare le ghiande i maiali.

Allora, dopo, noi cosa facciamo? Andiamo a cercare nella mondanità, nella “terrestrità”, nella carnalità più bassa, tutto ciò che avevamo nel rapporto con Dio, ma che abbiamo perso, capito? Dopo finisce così, eh… “ma fa niente”…

Potremmo chiamare questo giorno “Ma fa niente… ma sì vabbè, ma tanto è tutto uguale”.

La prossima volta che andate a comprare un gelato fate così.…

Adesso devo ricordarmi anche io, se mi dovesse mai capitare di andare a mangiare un gelato con questo Tizio; quando entriamo (perché su queste cose poi sono attentissimi eh, perché poi quando vanno a mangiare il gelato ti dicono: «No, io voglio la crema, ma non il fior di latte»), ecco, la prossima volta io dirò: «Ma fa niente!»

Quando saremo davanti al gelataio, che gli chiederà: «E lei?», io dirò: «No, ma fa niente, per questa persona faccia lei, prenda a caso quello che vuole. Metta insieme quattro gusti… fa niente».

Quanto siamo stolti, quanto siamo ingrati, quanto siamo superficiali!

Ecco, sentite cosa dice:

“Quanto è infelice chi si allontana da Dio; ma quanto è felice chi rientra in se stesso, e fa serie riflessioni sulle miserie del suo stato e sui mezzi di uscirne! Infatti questo pensiero è il primo passo che conduce un’anima traviata ad una sincera conversione.”

Rientrare in se stessi e fare riflessioni sulle proprie miserie e sui mezzi per uscirne, questo è il primo passo per la conversione! Non ce n’è un altro!

Non c’è il cuore che batte, andare a fare il pellegrinaggio di 1500 chilometri in ginocchio, perché così chissà cosa succede… No! No, no, non funziona così!

Lo dice anche Santa Teresa, bisogna rientrare in se stessi, riflettere sulle proprie miserie e su come uscirne, questo è il primo passo.

“I peccatori rimangono lungamente nei loro disordini, perchè non vogliono fare alcuna riflessione…”

Certo, il Tizio del “Ma fa niente…”, state tranquilli che non fa nessuna riflessione, figurati, va avanti come un bove proprio.

“Rimangono nei loro disordini”, perché?

Perché sono superficiali, perché non rientrano in se stessi, perché non fanno un esame di coscienza serio, perché non dicono: «No, qui ho fatto una cosa che proprio… non ci siamo, proprio non ci siamo».

“…nè sulle loro disgrazie attuali…”

Figurati!

«Ma no, figurati… io e Dio? Siamo così…»

“…né sopra quelle che hanno a temere nell’altra vita…”

«Ma no, ma io vado in Paradiso nel coro dei Cherubini… figurati!»

“…nè sulle grazie che potrebbero ottenere da Dio per liberarsene.”

«E ma quali grazie mi deve dare? Io non ne ho mica bisogno. Ma no, io vado bene così… bravo come me ?… nessuno».

“Bisogna, dice il giovine libertino, che io mi alzi e mi risolva di andare a ritrovare mio padre”.

Sì, esatto.

“Egli rientrerà ben presto nella sua smarrita grazia dal fango de’suoi delitti, perché alla riflessione fa succedere una generosa risoluzione. Quando non si fanno se non risoluzioni vaghe e sterili sopra i propri disordini, e non sono seguite da una forte risoluzione di emendarsene, esse non fanno che trattenere il peccatore, lo confermano e l’indurano di più nella sua lontananza da Dio, com’anche lo rendono sempre più infelice senza guarirlo”.

Cioè, o facciamo propositi seri, o prendiamo mezzi seri e risoluzioni serie, oppure è tutta una grande presa in giro, non facciamo altro che confermarci, indurirci, intestardirci ancora di più nei nostri peccati.

“Ma questo giovine non contento di questa sua risoluzione la mette subito in pratica.”

Sì! Non si può rimandare a domani la decisione di convertirsi!

«No, dai, mi confesso domani, così mi preparo meglio…»

Ma allora, ti vuoi convertire, sì o no? Uno non rimanda a domani il suo desiderio di conversione, quando dentro di sé sente che il peccato è una cosa seria.

«Così mi preparo meglio…»

Ho visto come ti sei preparato meglio! Avete visto come si è preparato meglio? Vedete il demonio come è furbo? Si è proprio preparato meglio, infatti non si è proprio confessato.

Vedete l’astuzia del demonio, ti fa pensare: «Domani mi preparo meglio», e com’è finita la vicenda? Che non si è confessato.

Si è preparato proprio benissimo il giorno dopo, benissimo si è preparato!

Ma è questo il senso dell’amore di Dio, è questo il senso del peccato che portiamo nell’anima, ci mancherebbe…

“Ma questo giovine non contento di questa sua risoluzione la mette subito in pratica”, dice Avrillon; cosa che, l’amico del “Ma tanto, fa niente…” non ha fatto.

“Si incammina subito e senza dilazione, entra all’istante nella carriera della penitenza, intraprende un lungo e penoso viaggio, sebbene estenuato dalla fame, ed in un’estrema povertà: ma niente dà fastidio ad un anima penitente, che vuol far ritorno al suo Dio…”

Noi invece: «Ho caldo… Ho freddo… Sono stanco… Adesso no, domani, vedremo…»

Quello, invece, si incammina subito, senza dilazione, subito prende la strada della penitenza, subito fa il suo viaggio, subito prova la sua estrema povertà.

‘…niente la spaventa, niente la ributta: ella riceve forza nel suo dolore e nel suo amore, ed il suo coraggio supera tutte le difficoltà che s’incontrano”.

Capito?

“Fa in seguito una sincera confessione dc’suoi peccati con quelle belle parole…”

Quindi, non sto fuori dal confessionale con l’orologio in mano.

«Eh Padre, ma io devo andare, io ho le mie cose da fare… non posso mica stare qui un pomeriggio ad aspettare di confessarmi».

«Allora, vai a casa tua! Fammi capire…»

Ve l’ho raccontato di quella volta che ero là, fuori da quel bravo otorino, un grande luminare otorinolaringoiatra…

Dopo aver preso l’appuntamento, arrivo là; c’era una discreta quantità di gente, solo che il luminare tarda ad arrivare e tarda tanto… io mi ricordo che ero arrivato alle 15.00 e mi sa che sono entrato intorno alle 17.00/17.30.

Ovviamente, c’erano fuori quelli che brontolavano…

Cari miei! È arrivata la caposala… ci vorrebbe anche fuori dal confessionale una caposala!

È arrivata la caposala e si è messa lì a preparare gli strumenti, perché lui probabilmente stava per arrivare (non era in giro a divertirsi, era in sala operatoria). Lei era lì tranquilla a sistemare e subito “i classici” vanno lì e dicono a gran voce: «Eh allora, noi siamo qui dalle 15.00, sono due ore che aspettiamo e non è ancora arrivato! Avevamo un appuntamento… ma allora, è il modo di fare?»

Questa qui, senza dire nulla, senza scomporsi di una virgola, si gira, lo guarda, e davanti a tutti gli dice: «Volete il migliore? Il minimo che potete fare è aspettare», poi prende e se ne va.

E questo rimane come di sasso…

Capito?

«Voi, volete il migliore? Il minimo che potete fare è aspettare, arrivederci!»

Perché uno deve essere proprio… capite?

È un problema? Vai da un altro, che ha zero coda; anzi, ti paga lui, se ci vai. Perché non vai da quello che si è appena laureato? Vai lì!

Ma noi siamo fuori dal confessionale con l’orologio…

«Perchè io devo andare…»

«Ma dov’è che devi andare?»

«Io devo andare dalla parrucchiera… Io devo andare a fare la partita di calcio… No, io devo andare a fare la spesa…»

La spesa la fai in un alto momento, dovevi organizzarti meglio, tesoro.

La Confessione non è il “Take away”, non è come andare a prendermi un Hot dog, è una cosa seria! Se non puoi aspettare, vai altrove, punto.

Anche con Padre Pio succedeva.

Uno dice: «Perché non vai giù in parrocchia? È vuoto, non c’è là nessuno. Vai a confessarti là, perché devi venire su fino da Padre Pio? Vai là! Qual è il problema?»

«No, ma io voglio Padre Pio».

«Bene, allora il minimo che puoi fare è aspettare, questo è il minimo».

Sì, sì, ma è tutto al contrario, tutto al contrario…

“Padre mio, io ho peccato contro il cielo e contro di voi, e non son più degno di esser chiamato vostro figlio. Non contento di questa confessione chiede di portar la pena de’ suoi peccati tutto il resto della sua vita e di faticare come un servitore salariato col sudore della sua fronte. La conversione è sincera quando si confessano i peccati con umiltà e colla contrizione del cuore, e quando si vuole abbracciare il rigore e la fatica della penitenza nei ministeri più bassi e laboriosi”.

Capite?

Quando perdo ogni presunzione, quando perdo ogni diritto, allora lì vuol dire che veramente ho capito che cos’è il mio peccato.

Che cipigli, che superbie che ci sono in giro…

“Osservate l’ordine di questa conversione per conformarvi la vostra. Cominciate a fare serie riflessioni sopra lo stato dell’anima vostra; fate poi una stabile risoluzione di uscirne, e questa risoluzione sia seguita da una pronta esecuzione; l’esecuzione sia di una confessione umile e sincera, ed il pentimento sia accompagnato da una generosa disposizione di tutto intraprendere per l’espiazione de’ vostri peccati. Eccovi i mezzi che dovete praticare per ricondurvi a Dio”.

Capito? Ha proprio messo in ordine, ha fatto un ordine.

Non ve li ripeto, perché tanto potete rileggerlo ed ascoltare.

Ha fatto proprio l’ordine, che fa capire se c’è una vera conversione, e bisogna rispettare questo ordine, se no non c’è.

“Ma per ispirarvene il desiderio e la confidenza, fate attenzione alla bontà di questo padre. Egli va ad incontrar questo figlio, che meritava di esser discacciato vergognosamente dalla sua presenza; lo perdona prima ancora che confessi i suoi peccati, e gli chiede la sua misericordia: gli si getta al collo, l’abbraccia, gli dà il bacio di pace. Lo rimette in tutti i suoi diritti: se in questo figlio noi vediamo il modello della nostra conversione, vi troviamo altresì un ben forte motivo di eseguirla nella tenerezza del padre”.

Certo, quando noi ci disponiamo a questa conversione, in questa modalità, beh allora, sperimentiamo subito la Misericordia di Dio, qui si realizza la Misericordia di Dio.

Chi è vero peccatore, chi è cosciente del suo essere vero peccatore, qua sperimenta la Misericordia di Dio, tutta la Misericordia di Dio, perché si vede liberato radicalmente dal suo peccato.

Preghiera:

“Voi mi additate qui, o mio Salvatore, con una bontà singolare il disegno della mia totale conversione e le strade che devo battere per ritornare a voi. Voi mi fate animo ancora col farmi conoscere ciò che devo sperare dalla vostra bontà e dalle vostre viscere paterne; ma, o mio Dio, compite in me questa grand’opera, guidatemi per timore ch’io non mi smarrisca; fortificatemi per timore ch’io non cada; date al mio spirito un lume sufficiente per fare riflessioni salutari sopra i miei traviamenti; concedete al mio cuore un vero dolore de’ miei peccati, ed una ferma risoluzione di ritornare a voi, e non lasciarvi mai più. Datemi la forza di entrare senza ritardo nella carriera della penitenza, o di sostenere coraggiosamente i rigori e le umiliazioni. Io lo confesso, o padre delle misericordie; ho peccato contro il cielo, e contro voi e non sono degno di esser chiamato vostro figlio; ma ascoltate la mia preghiera, e lasciate intenerir il vostro cuore sopra un figlio, il quale implora la vostra clemenza e bontà. Rivestitemi della veste dell’innocenza che ho perduta e macchiata dopo il battesimo. Vi dimando ancora che per segno di riconciliazione, mi ammettiate al bacio della pace e a quel delizioso banchetto, in cui voi date la vostra carne per cibo ed il vostro sangue per bevanda, aspettando che io possa esser ammesso a quel celeste banchetto, in cui sarò nutrito e saziato eternamente e svelatamente della vostra propria sostanza.”

 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.

Amen.

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

VANGELO (Mt 1, 16.18-21.24)

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

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