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Volontà e intelletto – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.98

Gesù tende la mano ad un bambino

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Volontà e intelletto – Il cammino di perfezione, S. Teresa di Gesù pt.98
Martedì 6 febbraio 2024 – San Paolo Miki e Compagni, Martiri

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Mc 7, 1-13)

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”.
Ed egli rispose loro: “Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”.
E diceva loro: “Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte”.

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a martedì 6 febbraio 2024. Festeggiamo quest’oggi San Paolo Miki e compagni martiri.

Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa Messa di oggi, tratto dal settimo capitolo del Vangelo di san Marco, versetti 1-13.

Continuiamo la nostra lettura e meditazione del libro di Santa Teresa di Gesù, Cammino di perfezione. Siamo arrivati al paragrafo ottavo del capitolo trentunesimo.

8 — Considerate attentamente, amiche mie, quest’altro avviso che vi voglio dare. Vi accadrà spesso di non potervi servire dell’intelletto e della memoria. L’anima sarà immersa in una quiete profonda, mentre l’intelletto andrà così distratto da neppur accorgersi di quanto avviene in casa sua. Anzi, gli sembrerà di essere ospite in casa altrui, e non sentendosi a suo agio, andrà in cerca di altro alloggio. All’intelletto non piace tanto star fermo. Forse sarà così soltanto del mio, non già d’altrui; ma, parlando ora di me, so che alcune volte, vedendomi incapace di frenare la mobilità dell’intelletto, giungo perfino a desiderare la morte. Altre volte, invece, sembra che l’intelletto si fermi in casa sua accompagnandosi alla volontà. Le tre potenze vanno allora d’accordo, ed è una gloria. Vedetene un’immagine in due sposi che si amano: l’uno vuole ciò che vuol l’altro. Ma se lo sposo è malcontento, getta nell’inquietudine anche la sposa. Quando la volontà è immersa in questa quiete, non deve far conto dell’intelletto più che di un pazzo. Sforzandosi per attirarlo a sé, finirebbe col distrarsi, ed anche inquietarsi: l’orazione si cambierebbe in una agitazione continua, sino a nulla guadagnare, e a perdere pure quel bene che il Signore le ha dato senza sua fatica.

9 — Ponete a mente questo paragone che mi sembra molto appropriato. Allora l’anima è come un bambino lattante che, riposando sopra il seno di sua madre, riceve, senza che si disturbi a poppare, il latte che per tenerezza ella gli spreme in bocca. Così qui. La volontà ama senza che l’intelletto si affatichi. Benché neppure ci pensi, comprende, per volontà di Dio, che in quel momento gli sta unita, e che non ha altro da fare che d’inghiottire il latte che Egli le pone in bocca, assaporarne la soavità, riconoscere che è per sua grazia e godere di goderne. Però non pretenda di esaminare come gode e cosa gode! Cerchi invece di dimenticarsi per pensare solo a Colui che le è vicino e che non mancherà di provvederle quanto le conviene. Se volesse lottare con l’intelletto per farlo partecipe delle sue delizie, si lascerebbe cadere il latte dalla bocca, perdendo così quel sostentamento divino, per non poter attendere a più cose.

Allora: Santa Teresa ci da questo avviso molto importante, che è quello di constatare che può accadere spesso di non potersi servire dell’intelletto e della memoria; quindi: siamo in una quiete profonda, invece l’intelletto è distratto, perché non gli piace stare fermo. Certo, l’ideale (lei dice “è una gloria”) è quando volontà, intelligenza e memoria sono d’accordo, si accompagnano. Ma quando non vanno d’accordo, «quando la volontà è immersa in questa quiete», deve lasciar perdere l’intelletto, lo lasci andare dove vuole; l’importante è mantenere questa quiete, perché sennò, a continuare a chiamare l’intelletto — dalle distrazioni, da questo a quell’altro “Devi stare qui!” — cosa farebbe? Cambierebbe l’orazione in un’agitazione continua. 

Se vediamo che l’intelletto va per la sua strada, basta, lasciamolo andare, cosa possiamo fare? Niente. Se cominciamo a rincorrerlo, perdiamo quel bene che Dio ci ha dato, e lei fa l’esempio del bambino che viene allattato: è come se il latte, invece di essere versato nella bocca del fanciullo, del neonato, andasse disperso.

Quindi, stiamo bene attenti a non voler esaminare come e cosa gode, cioè, star lì a pensare, a ragionare, a fare. Invece, noi siamo chiamati a dimenticarci e a pensare solo a Gesù, che ci è vicino e che ci darà tutto il necessario. Ecco, questa è l’indicazione che riceviamo da Santa Teresa; sono molto importanti queste indicazioni che vi ho dato, perché, guardate, fanno la differenza nel cammino di preghiera.

10 — La differenza tra l’orazione di quiete e quella in cui l’anima è tutta unita al Signore è che in quest’ultima non si ha neppure bisogno d’inghiottire, perché si trova il cibo in noi stessi, senza sapere come il Signore ce l’abbia infuso. In quella di quiete invece sembra che Dio ci voglia far alquanto lavorare, benché con tanta pace da quasi neppure accorgerci. L’unico tormento viene dall’intelletto, ma cessa anche questo quando le tre potenze sono unite fra loro, sospese da Colui che le ha create, il quale le inonda di gaudio, per cui esse, senza sapere né intendere il come, trovano di che occuparsi. Ripeto dunque, che quando l’anima è in questa orazione di quiete, sperimenta nella sua volontà una dolcezza tranquilla e profonda. Benché non sappia dire in che consista, vede tuttavia che è una gioia ben diversa dai contenti della terra e che tale non si proverebbe neppure se si fosse così padroni del mondo da goderne tutti i beni. Qui la gioia è nel più profondo della volontà, mentre le soddisfazioni della terra sembra che tocchino la volontà soltanto nell’esterno, o, a meglio dire, alla superficie. L’anima, dunque, una volta elevata a questo alto grado di orazione, che, come ho detto, è evidentemente soprannaturale, non deve preoccuparsi se l’intelletto, o, a meglio dire, il pensiero si porta alle maggiori stranezze del mondo. Si rida di lui, lo tratti come un pazzo e perseveri nella quiete, incurante del suo andare e venire. Può solo fermarlo con la volontà, che qui è sovrana potente, e lo farà senza che voi ve ne occupiate. Ma se l’anima lo vorrà raccogliere a viva forza, perderà l’ascendente che ha su di lui e che le viene dal sostentamento divino di cui si nutre: perderanno entrambi senza nulla guadagnare. Chi troppo vuole, nulla stringe, dice il proverbio; e così mi pare anche qui. L’esperienza ve lo farà capire. Senza di essa, non mi meraviglio se le mie parole vi sembrano oscure ed inutili. Ma, ripeto, per poca che se ne abbia, non solo lo si capirà, ma se ne caverà profitto, e si loderà il Signore che mi ha concesso di dirvene qualche cosa.

Quindi, lei dice che, nell’orazione di quiete, sembra che Dio ci voglia fare alquanto lavorare, anche se ci dà una grandissima pace; l’unico tormento viene dall’intelletto. Però, grazie al gaudio di cui Dio lo inonda, si ha la possibilità che le tre potenze vadano a unirsi. Santa Teresa dice che, quando è dentro questa orazione di quiete, l’anima sperimenta nella sua volontà una dolcezza tranquilla e profonda, molto diversa da quella che si prova sulla terra. A questo punto, non bisogna preoccuparsi dell’intelletto, del pensiero, bisogna ridere; se va, se viene, se dice, se fa, va trattato come un pazzo, e non bisogna fermarlo con la volontà, perché sennò ci perdiamo: Chi troppo vuole, nulla stringe.

Ecco tutte piccole indicazioni — piccole… insomma! — indicazioni importanti per il nostro cammino e… mettiamole in pratica! 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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