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Il Summum – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.10

L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati - San Manuel Gonzales Garcia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: Il Summum – L’abbandono dei Tabernacoli accompagnati, S. Manuel González pt.10
Venerdì 29 marzo 2024 – Venerdì Santo

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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VANGELO (Gv 18, 1 -19, 42)

– Catturarono Gesù e lo legarono
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

– Lo condussero prima da Anna
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

– Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Non lo sono!
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

– Il mio regno non è di questo mondo
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

– Salve, re dei Giudei!
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

– Via! Via! Crocifiggilo!
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

– Lo crocifissero e con lui altri due
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

– Si sono divisi tra loro le mie vesti
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

– Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

(Qui si genuflette e di fa una breve pausa)

– E subito ne uscì sangue e acqua
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

– Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Testo della meditazione

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Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a venerdì 29 marzo 2024. Oggi è Venerdì Santo.

Non leggerò il Vangelo perché è molto, molto lungo e sicuramente la maggioranza di voi parteciperà alla funzione, per cui lo rimando alla partecipazione.

Continuiamo la lettura e la meditazione del libro di San Manuel González; siamo arrivati a pagina ventiquattro.

Un episodio di irriverenza e di ignoranza nei confronti della fede cristiana lo colpì profondamente e lo mosse ad agire più celermente. Il 20 gennaio 1906, durante la processione per la festa di san Sebastiano, patrono di Huelva, alcuni ragazzi apostrofarono i partecipanti al corteo e lanciarono improperi e perfino bestemmie. Don Manuel rimase turbato da tanta ignoranza in cui versava la maggior parte della gioventù e decise di aprire delle scuole cattoliche per compiere un’opera educativa capillare visto che nel vuoto educativo statale si erano inseriti i protestanti e i laicisti che volevano diffondere le loro idee tra i giovani poveri e abbandonati.

Don Manuel fu per questo anche un vero padre per tanti ragazzi. Cercò di offrir loro un futuro provvedendo alla loro istruzione, circondandosi di insegnanti e di educatori per recuperare questi giovani e sottrarli al loro triste destino. Voleva combattere l’ignoranza in tutti i suoi aspetti, compresi anche quelli religiosi, perché sapeva che essa era il terreno fertile per allontanare le anime da Dio. Fondò opere educative che fossero un faro in mezzo alle tenebre dell’errore e dell’indifferenza. Volle che la verità fosse annunciata con fermezza, perché solo essa poteva opporsi al dilagare di tante dottrine false e ostili che lavavano il cervello alle nuove generazioni. Desiderava che i ragazzi imparassero a ragionare per non assimilarsi alle ideologie del momento. Era convinto che solo Cristo potesse offrire loro quella felicità e quella libertà a cui tutti più o meno consapevolmente tendevano. Voleva far nascere in loro una coscienza critica che permettesse di vedere la realtà nell’ottica dell’eternità.

Ci fu questo episodio del 20 gennaio 1906, un episodio di irriverenza ed ignoranza che colpì profondamente san Manuel: questi insulti e queste bestemmie contro la processione per la festa di San Sebastiano. Cosa fa san Manuel? San Manuel non si mette a creare un litigio con questi giovani. Non si mette a polemizzare, non si mette a fare la guerra, non va lì ad insultarli e a dire: “Ma come vi permettete? Ma chi vi credete di essere? Ma questo è un insulto a coloro che credono!”, non si mette a tirar fuori le armi per combatterli e per creare discussioni e polemiche. Lui rimane turbato, più che dagli insulti, più che dalle bestemmie in sé, dall’ignoranza, perché capisce che, dietro tutto questo, c’è l’ignoranza.

Perché una persona bestemmia? Questo è il ragionamento che fa san Manuel; perché uno arriva a bestemmiare? Perché è una persona profondamente ignorante, nel senso che ignora completamente chi è Dio. Perché, se fosse cosciente di chi è Dio, non avrebbe mai motivo di bestemmiare, non lo farebbe mai. Quindi lui dice: ciò che va combattuto è l’ignoranza. E allora, cosa fa? — Ecco, vedete, i santi hanno sempre questa caratteristica: che dal male o, meglio, al male, non oppongono un altro male, ma al male oppongono il bene. I santi sono coloro che dalle spine sanno far sbocciare una rosa; questi sono i santi. I santi non colpiscono le spine con le spine, ma fanno di tutto affinché questa esperienza dolorosa possa diventare motivo di bene. — E allora, apre delle scuole cattoliche. 

Pensate: da dove nasce l’idea di aprire delle scuole cattoliche in san Manuel? Non dalla carità, innanzitutto, ma nasce da questa esperienza profondamente brutta, di avere visto e ascoltato questi insulti, queste bestemmie contro la processione per la festa di San Sebastiano; nasce da lì. Poi, certo, la carità — che vuole guarire, sanare l’ignoranza — lo spingerà ad aprire delle scuole cattoliche, ma in seconda battuta; «aprire delle scuole cattoliche per compiere un’opera educativa capillare…». Poi: diventa un vero padre.

Tutto nasce da questo 20 gennaio 1906; da questa esperienza di male, guardate che cosa nasce di bene, guardate quante rose sbocciano: le scuole cattoliche. Diventa padre per molti ragazzi; cerca di offrire loro un futuro, provvedendo alla loro istruzione; cerca di combattere l’ignoranza — in tutti i suoi aspetti, oltre che quelli religiosi —, quindi proprio li forma, “perché sa bene che l’ignoranza è il terreno fertile per allontanare le anime da Dio”. Sapete quel detto: meglio avere a che fare con un brigante che con un ignorante; veramente l’ignoranza è una piaga.

Poi fonda delle opere educative, così da portar via dall’errore e dall’indifferenza i ragazzi; voleva che la verità fosse annunciata con fermezza, perché così si poteva opporre alle dottrine false e ostili, che lavavano il cervello ai ragazzi; voleva che i ragazzi imparassero a ragionare, per combattere le ideologie; era convinto, e quindi proponeva, di fatto, solo Cristo come colui che può offrire la felicità e la libertà. E poi, voleva far nascere, in questi ragazzi una coscienza critica; ed è molto bella questa espressione che usano qui, in questa pagina:

una coscienza critica che permettesse di vedere la realtà nell’ottica dell’eternità

La coscienza critica è quella realtà che permette di vedere ciò che tu vivi, nell’ottica dell’eternità; ciò che tu vivi, ciò che tu sei, ciò che tu fai, ciò che tu dici, ciò che tu esprimi, ciò che tu provi, nell’ottica dell’eternità. La coscienza critica ti spinge ad andare oltre, a non vedere il momento presente così com’è e basta, ma ti insegna a prendere quel momento presente e a collocarlo nell’ottica dell’eternità.

Anche noi dovremmo avere una coscienza critica; tutto quello che ci accade, dovremmo imparare a non considerarlo come qualcosa che è accaduto qui e adesso e che qui e adesso si consuma. No! Accade qui e adesso, ma che cosa significa dentro al discorso dell’eternità?

Andiamo avanti.

Il suo zelo lo spinse a spendersi interamente per i suoi fedeli in generale. Sostava nel confessionale in attesa di qualche penitente. Predicava anche più volte al giorno e insegnava il catechismo a quanti più ragazzi poteva. Senza dimenticare le visite ai malati, ai poveri e agli anziani abbandonati. Tutta la sua vita ruotò intorno al principio di voler «eucaristizzare» le realtà che lo circondavano, come scriveva al proposito: «Sono convinto e persuaso che nell’eucaristizzazione della scuola, del pulpito, di centri di azione, dei procedimenti apostolici, di tutto il lavoro e degli orientamenti tutti della vita cristiana sta il summum della sua sicurezza, efficacia e prosperità, e questa persuasione di tal modo mi spinge e assorbe che, oggi come oggi, e Dio sia benedetto per ciò, quando penso, dirigo, scrivo e respiro a questo solo va: quanto di scritti, opere, bambini, vecchi, uomini, donne e di quanto mi circondi o riguardi, germogli perennemente in un modo o nell’altro, e ognuno nel suo linguaggio, l’inno e cantico della fede, del riconoscimento e dell’amore al Cuore di Gesù Sacramentato».

Quindi si dà interamente, si spende interamente per le persone. Stava in confessionale in attesa del penitente, non con l’appuntamento; lui stava lì, poi se venivano, venivano; tante volte non venivano, ma lui stava lì lo stesso. Predicava tanto, predicava più volte al giorno; insegnava il catechismo a quanti più ragazzi poteva; visitava i malati, i poveri, gli anziani abbandonati.

Pensate oggi quanti anziani abbandonati ci sono, che magari non ricevono la visita del sacerdote neanche per Natale e Pasqua. Non sono morenti, non sono agonizzanti, non sono malati, sono anziani, persone anziane. E una persona anziana cosa desidera? Una persona anziana desidera compagnia. A dir la verità, la compagnia la desideriamo tutti, però sapete, quando uno è giovane, ha mille cose da fare, per cui un po’ “si porta via” con la mente. Questo desiderio c’è, c’è sempre, però, sapete: fai questo, corri di qui, corri di là, arrivi alla sera che ti è passata via la giornata e non hai avuto neanche il tempo di pensare. E quindi, questo desiderio di compagnia, questa lotta all’isolamento, la superi velocemente. Ma quando uno è anziano, la propria vita rallenta molto; se poi vai in pensione… Ecco perché tanti non vogliono andare in pensione. Si lamentano, quando son giovani, perché devono lavorare, poi, quando diventano anziani, che potrebbero andare in pensione, non vogliono andarci e continuano a lavorare. Ma perché? Non è perché non vogliono riposare, ma perché l’isolamento fa paura a tutti; il non sentirsi più utili, è una cosa che terrorizza. Terrorizza il: “Adesso cosa faccio?” Mi sveglio, ho davanti una giornata intera, tutta la mattina, tutto il pomeriggio, un po’ della sera, cosa faccio? Cosa faccio tutto il giorno? Sì, sono anziano, però non sono malato, cosa faccio?

E allora san Manuel va a visitare gli anziani abbandonati, va a tenergli un po’ di compagnia, va ad ascoltarli, va a salutarli, va a fargli una visita. Non c’è una ragione precisa, non è che devi andargli a portare la comunione perché stanno male, no; “va a portare la sua presenza sacerdotale a persone che sono anziane e che desiderano solo questo: avere qualcuno che pensa a loro, che si accorge di loro, che li cerca ancora, che li fa sentire utili”. I poveri? Stessa cosa.

Ecco, e poi tutto ruota intorno a questo principio di voler «eucaristizzare» tutto ciò che lo circonda. San Manuel lo definisce il summum della sicurezza, dell’efficacia, della prosperità, di qualunque cosa si faccia. Tu vuoi che quella realtà sia sicura, sia efficace e sia prospera? Benissimo, la devi eucaristizzare, devi portarla nell’Eucaristia, devi fare in modo che assuma un taglio eucaristico; questo è! Lui scrive: “qualunque cosa io penso, dirigo, scrivo, respiro, tutto deve essere un cantico di fede, un cantico del riconoscimento dell’amore al Cuore di Gesù Sacramentato. Vedete? Tutto così! Gesù Sacramentato è proprio il centro, il perno al quale lui annoda tutto quello che fa, tutto quello che dice, tutto quello che è, tutta la sua vita; tutto attorno a questo perno e, infatti, tutto incredibilmente fiorisce.

Ma oltre a predicare, faceva ed agiva. In occasione di alcune tragedie avvenute a Huelva e nei dintorni, si premurò di far avere beni e viveri a quanti erano stati colpiti dalle calamità. Si occupò anche delle vocazioni al sacerdozio e aprì una sorta di seminario minore in un luogo di fortuna: nella stanza delle campane della chiesa di San Pietro. Fondò anche l’Opera di vocazioni del Sacro Cuore di Gesù. Dove trovare i fondi necessari per tutte queste attività? Don Manuel organizzava regolarmente delle lotterie e invitava chi aveva possibilità economiche a condividerle con gli altri. Il suo più grande desiderio era di vivere il Vangelo e tradurlo in opere nel suo ministero sacerdotale. E Dio moltiplica le sue forze, come se le ore del giorno non fossero più ventiquattro — accadimento tipico della vita dei santi.

Capite? Un uomo eucaristico, una donna eucaristica, pregano e fanno; agiscono. Lui non solo predicava, ma faceva, agiva. Quindi: aiuta queste famiglie colpite dalle tragedie, si occupa delle vocazioni al sacerdozio, fonda questo seminario minore «nella stanza delle campane della chiesa di San Pietro» — quindi doveva essere una cosa un po’ di fortuna — poi fonda l’opera di vocazione del Sacro Cuore di Gesù. E come fa a raccogliere i soldi? Fa delle cose semplici, delle lotterie. Pensa a delle lotterie e poi invita, chi può, a dare delle offerte.

Possiamo dire che il suo più grande desiderio era «vivere il Vangelo e tradurlo in opere nel suo ministero sacerdotale». E qui il testo dice una cosa molto bella:

Dio moltiplica le sue forze, come se le ore del giorno non fossero più ventiquattro.

È vero! Se voi guardate la vita dei santi, voi vedete che è così. Del resto, di san Carlo Borromeo si diceva, alla sua morte, che quello che lui faceva in un giorno, quattro vescovi messi insieme non riuscivano a farlo. È vero che, per i santi, sembra che il giorno duri il doppio. Ma questo è perché il Signore moltiplica le forze. Non si riesce a stare dietro ai santi, perché non hanno la sesta, hanno la ventesima, di marcia! Quindi noi, un po’ lumachine, ci tiriamo il collo se dobbiamo star dietro; perché noi, invece, abbiamo un altro passo, un passo molto, molto più lento; perché ancora, forse, non siamo santi. Ci fermiamo qui.

Vi auguro di vivere santamente questo Venerdì Santo. Ricordo a tutti che oggi inizia la novena dedicata alla Divina Misericordia, di Santa Faustina Kowalska, che terminerà il sabato precedente alla domenica della Divina Misericordia, cioè il 6 di aprile. Il 7, vi ricordo, che ci vedremo — per chi potrà, per chi vorrà — al santuario di Maria Rosa Mistica, e così, insieme, coroneremo questa novena con la Santa Messa e con l’Atto di Offerta all’Amore Misericordioso, scritto da santa Teresa di Gesù Bambino; lo reciteremo insieme, nel santuario dedicato appunto a Maria Rosa Mistica alle ore 15.

Ecco, quindi ancora vi raccomando, se potete, di esserci, perché sicuramente sarà una giornata intensissima; come vi ho detto, ci sarà anche una sorpresa — magari forse più di una, chi lo sa — quindi, ecco, io vi aspetto numerosi e vi auguro proprio oggi di concentrarci tutti bene sulla Passione di Gesù. 

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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