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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, l’Inferno, I parte

Novissimi: l'Inferno

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 12 dicembre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

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Beato don Giacomo Alberione: i Novissimi, l’Inferno, I parte

Eccoci giunti a domenica 12 dicembre 2021. Oggi ricordiamo la Beata Vergine Maria di Guadalupe, un’apparizione che tutti conosciamo molto bene, molto importante e significativa alla quale vi rimando, quindi quest’oggi, ancora una volta festeggiamo la Vergine Maria e la ringraziamo per essere venuta ancora una volta a portarci un messaggio di speranza e di conversione.

Nel Vangelo di oggi tratto dal capitolo III di San Luca, versetti 10-18, Giovanni annuncia da una parte opere pratiche di conversione:

«Maestro, che cosa dobbiamo fare?»

Non si può parlare di fede in Gesù senza sapere anche cosa devo fare. C’è anche un “fare”, non c’è solamente un “sapere “nella vita di fede, come in tutti gli altri aspetti della vita.

Cosa dobbiamo fare? Lui lo dice, dà delle indicazioni molto chiare, per ciascuno il suo, poi parla di Gesù, fa un grande atto di fede e una grande testimonianza su Gesù e poi parla di questa paglia che brucerà con un fuoco inestinguibile. 

E noi proprio di questo iniziamo a parlare oggi. Siamo nel libro del del Beato don Giacomo Alberione, “I Novissimi” e oggi affronteremo: l’Inferno, che è uno dei Novissimi.

Che cos’è l’Inferno? Don Alberione cita Luca 16, 19-31 che è la parabola del povero Lazzaro e del ricco epulone. Scrive:

XVIII. L’INFERNO

  1. Che cosa sia l’Inferno

“Vi è un posto che è chiamato inferno.”

Guardate, di queste cose dobbiamo saperne parlare, è importante saperne parlare. Non è che siccome ci dà un po’ fastidio, allora rimuoviamo… perché la tecnica della rimozione, in psicologia, conosciutissima, non porta a niente. Se c’è qualcosa che ci crea un problema lo dobbiamo affrontare con semplicità, lo dobbiamo comprendere, per quanto possibile, e lo dobbiamo trattare con tanta precisione, tanto rigore e tanta onestà, con tanto equilibrio come tutte le cose, ma non dobbiamo fuggire davanti a niente.

 “Esso fu creato da Dio per punizione di quelli che sulla terra rifiutano di credere alla Chiesa, di osservare i Comandamenti, di pregare. Questi infelici si allontanano da Dio, sulla terra: si allontanano nella mente con l’infedeltà; si allontanano nella volontà con le opere cattive; si allontanano nel cuore con l’abbandono della preghiera. Fin che si resta sulla terra vi è possibilità di riacquistare la fede, di mutare la volontà, di rimettersi nella grazia. Ma giunta che sia l’ora della morte, l’anima è confermata nello stato in cui si trova in quel momento; e se un’anima è distaccata da Dio, non potrà più sperare la salvezza, perché la prova è finita. Il figlio rimarrà sempre lontano dal Padre, la creatura dal Creatore, il peccatore dal Cielo. Questo stato di un’anima dicesi inferno. Gesù, dopo aver descritto la scena del Giudizio Universale, ci ha preannunziato le parole con cui darà la sentenza per i buoni e per i cattivi: concludendo: i cattivi scenderanno nell’inferno ed i buoni saliranno in Cielo alla vita eterna. Attualmente vi è il Paradiso, il Purgatorio, l’Inferno. Ora la Chiesa si compone di tre parti: la Chiesa trionfante, che comprende i beati; la Chiesa purgante, in cui si trovano le anime che si preparano a salire al cielo, che sono in Purgatorio; e la Chiesa militante, nella quale siamo noi che lottiamo contro il male, siamo noi guidati da Gesù. Al Giudizio Universale sarà chiusa la Chiesa purgante, sarà terminata la Chiesa militante. Rimarrà soltanto la Chiesa trionfante; e tutti quelli che saranno trovati indegni, perché macchiati, di entrare a quella beata eternità, andranno lontani da Dio, nel fuoco eterno, «nel supplizio eterno». Già là si trovano Caino, Giuda e tanti seminatori di scandali e di rovine da anni e secoli… Vi è tanto da temere che altre anime, ostinandosi nel male, finiscano col cadere là dentro; l’ostinazione è la via che conduce alla perdizione, e tanti purtroppo la prendono.”

Che cos’è l’ostinazione? È il contrario del mettersi in discussione, è un prodotto della superbia e dell’orgoglio. Io ho fatto la tal cosa, i frutti che ha prodotto sono malvagi, sbagliati, cattivi e invece di fermarmi e dire: “devo rivedere l’impianto”, vado avanti perché l’ho fatto io, perché vorrebbe dire che devo mettere in discussione me stesso, e questo mai! Vorrebbe dire che devo trovare il difetto, magari radicale, che c’è nella mia impostazione. Ma questo mi costa troppo e quindi mi ostino ad andare avanti su quello che ho fatto, su quello che penso, su come lo imposto, perché rivedere quello vorrebbe dire rivedere tutta la mia vita.

È esattamente il Vangelo di oggi. Questa vita va rivista, sempre, tutta, va messa a confronto. 

Con che cosa? Con Gesù, e con la Provvidenza che Dio dispone accanto a noi. Ricordate la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro? La sapete benissimo perché tutti la conoscono perfettamente. Se vi ricordate quando ormai muoiono entrambi e il ricco epulone viene sepolto, di Lazzaro non si dice che viene sepolto, è interessante questa cosa, sembra che sia assunto in Cielo subito, e inizia poi un dialogo tra Abramo e il ricco epulone. Cosa gli chiede? A parte l’acqua fresca perché spasima dentro a quella fiamma, chiede che Lazzaro gli dia un po’ di refrigerio, ma non è possibile, poi gli chiede alcune cose ben precise:

“Manda a casa di mio padre Lazzaro affinché li avverta. Perché lui aveva cinque fratelli. E di cosa li deve avvertire? 

“Di quello che sto vivendo, di quello che qui sta accadendo, così che non vengano anche loro qui”.

Noi diremmo: “Mi sembra giusto, è un atto di carità”

Abramo risponde: “Hanno Mosè e i profeti”.

Hanno la legge, e hanno la profezia, ascoltino quelli. Loro hanno già tutto quello che serve, solo che a Lazzaro è servito, al ricco epulone e alla sua famiglia, no. Ma non perché cambia la legge e i profeti, ma perché cambia il cuore di chi li ascolta, cambia la mente di chi li ascolta. Lazzaro ne ha fatto tesoro e ha fatto diventare la legge e i profeti, motivo di… il ricco epulone e la sua famiglia, no, li avevano, li conoscevano ma non li hanno ascoltati. 

Allora il ricco epulone — del quale non si conosce il nome, interessante anche questo, perché anche di Lazzaro Gesù avrebbe potuto dire genericamente “un povero, un mendicante” senza dirne il nome, invece no — fa un po’ di catechesi ad Abramo… Un po’ come facciamo noi! Noi siamo esperti nel fare le omelie a Gesù. Noi addirittura andiamo più in alto ancora, facciamo le omelie allo spirito Santo, soprattutto alla Vergine Maria, spieghiamo noi alla Vergine Maria com’è la fede, com’è la Chiesa, com’è il rapporto con Gesù. Noi siamo umilissimi, riusciamo ad insegnare anche alla Santissima Trinità, anche Lei deve andare alla nostra scuola, noi siamo i docenti della Santissima Trinità e insegniamo alla Santissima Trinità come funziona, perché Lei non è che lo sappia proprio bene bene, anche Lei deve un po’ adeguarsi, stare al passo dei tempi, è rimasta un po’ indietro, ha un’ eternità di vita, ha bisogno di fare un po’ di corsi di aggiornamento e ci siamo noi, che siamo bravissimi a fare questi corsi di aggiornamento alla Santissima Trinità, e abbiamo dei maestri in questo. Il ricco epulone ci ha preceduti, lui vola un po’ più basso, non arriva come noi fino alla Santissima Trinità, lui si rivolge ad Abramo, era quello che era lì in quel momento. Quindi ecco che anche lui, come noi, fa un po’ di catechesi ad Abramo, gli spiega come funziona la cosa, magari Abramo si era un po’ sbagliato, aveva dimenticato dei dettagli. E quindi gli spiega: “Guarda che non stanno così le cose, perché se un morto va da loro, te lo garantisco io che sono all’Inferno, te lo garantisco io che sono una garanzia, che si ravvederanno, credimi, manda Lazzaro, che è morto e vedrai che loro ascoltandolo, cambiano”.

Ma ahimè, succede che chi sta sulle rive della Vita Eterna — qui Gesù ce l’anticipa, ma credo che lo scopriremo anche noi — non ha bisogno di noi per imparare la Teologia, la sanno, la conoscono abbastanza bene. E quindi Abramo risponde zittendo il ricco epulone. E ahimè, credo che la Santissima Trinità e la Vergine Maria potrebbero essere un tantino più preparati di Abramo in teologia, in Ecclesiologia, in Cristologia, in Mariologia. Con lo Spirito Santo non so se sarà molto facile riuscire a fare una difesa incontestabile delle nostre tesi, poi magari c’è qualcuno che pensa di riuscirci, però posso immaginare che sarà un po’ complessa come questione.

Abramo gli risponde e si conclude il discorso, perché oltre a questo non c’è più nulla: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno nemmeno se uno resuscitasse dai morti.”

Fine della discussione, non c’è molta polemica, dopo morte non si farà molta polemica.

Questa è l’ostinazione, ed è riconosciuta dal Cielo, da Gesù. Se non ti basta ciò che hai, ciò che la Divina Provvidenza ti ha dato, allora credilo, nulla ti basterà, né la Resurrezione dei morti, né i miracoli. E infatti agli scribi e farisei non serve a niente. Infatti Gesù viene Crocifisso, nonostante i miracoli, le persone che fa risorgere, nonostante Lazzaro, nonostante le giare di acqua diventate vino, nonostante tante cose, niente.

“Non crederanno nemmeno se uno resuscitasse dai morti.”

Capite che l’ostinazione conduce alla perdizione perché io scelgo di non fidarmi, non solo di quello che è già scritto, ma di non fidarmi neanche di quello che la Provvidenza mi fa, mi dona sotto i miei occhi, nella mia carne, quotidianamente. Ciascuno di noi ha dei piccoli segnali che gli dovrebbero far dire: “Mah! Mah, non è che magari queste cose mi vogliono dire che… Non è che magari quella persona, che secondo me ha tutti i torti del mondo, che secondo me sta sbagliando in modo gravissimo, ma siccome Dio me l’ha messa accanto, io ce l’ho qui vicino a me, dentro nella mia vicenda umana, ma non è che c’è qualche cosa di vero, di bene che mi vuole dire Dio attraverso questa persona? Non è che qui c’è qualcosa che se io lo prendessi e lo tematizzassi, sbloccherebbe la mia situazione e potrebbe far fiorire un deserto?”

Stiamo attenti all’ostinazione: “Siccome lo penso io, siccome lo credo io, siccome lo faccio io allora è giusto così”

 “L’inferno è «luogo di tormenti». Dio è misericordia e giustizia, insieme.”

Questo lo abbiamo già visto in tantissimi Santi, quando si parla di Dio bisogna parlare sempre di due aspetti inscindibili e inseparabili, di misericordia e giustizia. Sempre.

Adesso qui sentirete quello che dice il Beato don Alberione, che vi conferma quello che io da sempre vi dico, che da sempre ho predicato. Ho portato anche altre fonti, qui, adesso abbiamo un’ulteriore fonte. Anche Santa Faustina Kowalska dice la stessa cosa, perché Dio è uno, è sempre quello, non è che i Santi possono andare in contraddizione. Però, per qualcuno queste cose sono un po’ complesse da accettare, mi dispiace che uno faccia fatica, ma così è, questa è la nostra fede.

Sentite cose scrive:

“Dio è misericordia e giustizia, insieme.”

Vanno tenuti sempre insieme, mai separarli, perché se li separi non hai più il Dio di Gesù Cristo.

“Sulla terra sentiamo tutta la sua tenerissima carità di Padre che invita al Paradiso”

E qui apriamo la parentesi: Santa Faustina ci dice dove si manifesta questa carità, dove la troviamo. 

(Questa cosa credo di averla detta, credo, un milione di volte. Santa Faustina dal cielo dirà: “Basta Padre Giorgio! Basta, basta, non ne possiamo più, ma quante volte la continui a dire! Basta, lo sanno anche gli acari!” Sapete, quando faccio le meditazoni io ho qui gli acari davanti a me, è il mio pubblico. Sono qui nel mio tappeto, nel mio letto, mi guardano e mi dicono: “Ti prego!”. Si mettono le mani nelle orecchie: “Basta! Basta! L’hai detto talmente tante volte che ce l’abbiamo persino scritto sulle zampine. Ce lo siamo tatuati”. Ho gli acari tatuati che gridano e mi dicono: “Basta!”. Ma io lo dico ancora, perché i miei acari sono anche molto pazienti.)

Dunque: due sono i luoghi della carità di Dio Padre sulla terra e lo dice Gesù a Santa Faustina: primo luogo il Tabernacolo, secondo luogo il Confessionale.

Vogliamo incontrare la misericordia di Dio nella vita terrena?

Dove si realizza e si manifesta?

Nel Tabernacolo e nel Confessionale. Non è una cosa magica, strana, fantascientifica, aliena che cade dal pianeta di non so dove sulla testa di chi cammina sulla terra. Non funziona così! La carità di Dio non mi violenta. Si manifesta, mi si dona in due luoghi sulla terra: Tabernacolo e Confessionale. 

Vuoi incontrare la carità del Padre? Vuoi fare l’esperienza della misericordia di Dio Padre? Nel Tabernacolo e nel Confessionale. E lì viene perdonato tutto, tutto, qualunque cosa tu abbia fatto, l’importante è che tu sia pentito, sulla terra.

“Sulla terra sentiamo tutta la sua tenerissima carità di Padre che invita al Paradiso; ma dopo morte il peccatore sentirà tutta la sua giustizia.”

Quando siamo morti è finito il tempo della misericordia! Dal momento in cui moriamo in poi incontreremo la giustizia di Dio. È così, funziona così. Ecco perché nel testo di Santa Faustina Kowalska, quando Gesù insegna la recita della coroncina della Divina misericordia, dice: “Recitate questa coroncina accanto al letto del morente e io mi metterò tra l’anima del morente e la giustizia di mio Padre”. Questa è la ragione, non c’è nessuna contraddizione. Con la coroncina della Divina misericordia noi chiamiamo Gesù a mettersi in mezzo tra l’anima dell’agonizzante e la giustizia del Padre, infatti, poi, una volta morto, che cosa incontrerà? Il Giudizio Particolare. 

Quando noi andiamo in Giudizio, in Tribunale, che cosa incontriamo già anche sulla terra? In Tribunale che cosa incontriamo? La giustizia umana, ma è la giustizia. Come si chiama il palazzo dove ci sono i processi? Si chiama Palazzo di giustizia, non di giustizia e di misericordia. 

E cosa sta scritto dietro alla schiena dei giudici?

“La legge è uguale per tutti”

La legge, quindi la giustizia, non la misericordia. Nessuno va in Tribunale dicendo: “Benissimo oggi siamo in Tribunale e io confido nella misericordia del giudice”. No. Siamo lì tutti a fare giustizia, a incontrare ciò che è giusto e la giustizia verrà applicata a quella persona. Ci saranno le attenuanti, ma siamo dentro la sfera della giustizia, non nella sfera della misericordia. La stessa cosa avverrà una volta morti. 

Quindi questo ci deve spaventare e angosciare? No, perché noi abbiamo una vita intera per incontrare la misericordia del Padre. Non capisco perché uno si debba spaventare o cadere nell’angoscia? Ma se tu hai 50, 60, 70 anni di tempo, di vita, per incontrare sempre, tutti i giorni, ogni minuto, ogni volta che vuoi, la misericordia del Padre, qual è il problema? Quando morirai, che cosa incontrerai? Un Padre che ti dice: “Figlio mio, hai passato la vita a sperimentare la mia misericordia, bene, la mia giustizia non ha niente da dire, perché tu sei rivestito di misericordia. Hai passato la tua vita davanti al Tabernacolo, sei morto — come Mons. Fulton Sheen — davanti al Tabernacolo, ti sei confessato frequentemente, regolarmente, hai fatto della Confessione la tua esperienza di vita più bella, cosa vuoi che ti dica la mia Divina giustizia? Va bene, magari ci sarà qualcosina, qualche macchietta che non è proprio da Paradiso, va bene, c’è il tempo del Purgatorio”. Ma nessuno dirà altro che questo, perché abbiamo fatto quello che Gesù ci ha dato, che ci ha detto. Abbiamo vissuto alla Sua Presenza, abbiamo fatto rinunce e sacrifici per stare con Gesù Eucarestia e abbiamo chiesto perdono. Se poi i nostri amici ci chiameranno i Sacerdoti prima di morire, lo chiederemo ancora per l’ultima volta.

Dov’è l’angoscia? L’angoscia ce l’ha chi non vive la misericordia sulla terra. Questi hanno angoscia. Chi non è Eucaristico e chi non si confessa frequentemente ma raramente e magari male, allora non vuole sentire questi discorsi, allora ha paura dell’Inferno. Certo! Non è che ha paura dell’Inferno, ha paura del Giudizio. Ma perché ha paura del Giudizio? Perché non sta vivendo la misericordia di Dio. Questo è il tema. Chi ha paura di parlare del Giudizio e ha paura di parlare dell’Inferno, è perché è un finto cultore della misericordia di Dio, perché ne parla ma non la vive.

“Come vi era una valle presso Gerusalemme, in cui venivano buttati tutti i rifiuti, per essere bruciati, “geenna di fuoco”, così vi è moralmente un posto in cui si raccoglieranno tutti i mali. La sorgente del male è unica, il peccato; nell’inferno si raccolgono tutti i peccati e quindi tutte le sue conseguenze, le pene. «Accumulerò sopra di loro i malanni» (Dt 32,23). Contempliamo l’eternità; miriamo il Paradiso popolato di Santi; poi, l’inferno rigurgitante di demoni e di ogni sorta di peccatori, raccolta di ogni tormento. Comprendi che [cosa] sia il peccato? Affacciati all’inferno e mira per qualche poco quello spettacolo. Poi rivolgiti a Gesù e senti: «Che cosa giova all’uomo se guadagnasse anche tutto il mondo e perdesse l’anima?» (Lc 9,25).”

Ci fermiamo qua, domani vedremo: l’esistenza dell’Inferno.

Auguro a tutti una santa domenica e una costante, quotidiana, frequentissima dei due Troni della misericordia: Tabernacolo e Confessionale.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

Viva la Madonna di Guadalupe!

VANGELO (Lc 3, 10-18)

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

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