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“Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo” (Sap 2,24)

Caino uccide Abele

Meditazione sulle letture del giorno

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di martedì 10 novembre 2015

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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“Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo” (Sap 2,24)

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Il Libro della Sapienza, nel capitolo II che abbiamo letto questa sera, ci dice che l’uomo viene creato da Dio per l’incorruttibilità, perché la morte non possa avere presa su di lui, perché abbia una vita intoccata dal mistero della morte e del dolore. Così Dio aveva creato l’uomo e la donna, pensandoli dentro il giardino dell’Eden. Ma si sa (si sa, nel senso che da lì è venuto, da lì in avanti) che quando viene fatto qualcosa di buono, qualcosa di bello, c’è sempre chi fa una scelta diversa, che non si accontenta di vivere la propria scelta diversa ma vuole che anche altri condividano quel male. Infatti, il Libro della Sapienza dice che, per l’invidia del diavolo, la morte è entrata nel mondo, e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

Perché l’invidia del diavolo? Lui aveva molto di più di quello che avevano l’uomo e la donna, che erano creature. Lui era di natura angelica, lui era l’Angelo più vicino a Dio, era il Principe di tutti gli Angeli, era il più vicino nella contemplazione della Trinità, cosa gli mancava? Cos’è che non aveva di abbastanza? Addirittura, contemplava Dio…

Lucifero è un nome bellissimo, in latino vuol dire “portatore di luce”… ma non è stato sufficiente.

Quante volte noi diciamo: «Se io avessi…», «Se io potessi…», «Se io sapessi…», «Se io conoscessi…», «Se io vedessi Dio…», «Se io potessi parlare con Dio…».

Sono solo pie illusioni, perché, chi l’ha potuto fare non si è assolutamente garantito una vita di salvezza, si è ribellato.

Il diavolo si ribella all’idea dell’Incarnazione, al progetto dell’Incarnazione; il fatto che il Verbo si incarni e lui debba inchinarsi davanti alla natura umana di Gesù è un abomino per lui, che è di natura angelica. Quindi si ribella e, ribellandosi, si stacca da Dio.

Uno dice: «Va bene, hai fatto la tua scelta», noi abbiamo sempre in bocca questa frase: «Ognuno è libero di fare le sue scelte», giusto, sacrosanto, però, se fai la tua scelta, poi rimani dove sei, cioè vai fino in fondo nella tua scelta, vivila tu! Perché devi tirare dentro gli altri nelle tue scelte? Tu hai fatto la tua scelta, la tua scelta sbagliata, sei convinto della tua scelta? Bene. Ma perché devi venire ad insidiare la vita di grazia, di bellezza, degli altri? Questo è il mistero dell’invidia, della cattiveria, della malizia, è il mistero della disgrazia, cioè dell’essere senza grazia dentro.

Quando uno si dà al male, ha sempre dentro questa cosa per la quale deve tirarci dentro anche gli altri. Non è contento di essere lui da solo, lì, in quella situazione di male, di tristezza, di angoscia, di disperazione, di allontanamento da Dio. No! Anche gli altri devono essere lì e tutti devono portare quel colore, perché, se non lo portano, bisogna ucciderli.

Lo dice Gesù!

Gesù, nel Vangelo di San Giovanni, al capitolo VIII, dice che il demonio è padre della menzogna, omicida fin dal principio, perché lui fin dal principio ha voluto l’omicidio.

Infatti, dopo Adamo ed Eva, il primo peccato che venne fatto dall’uomo fu l’omicidio: Caino che uccide Abele, per invidia. Stessa cosa! Stessa cosa!

L’invidia del tentatore, che si va a scatenare su Adamo ed Eva, viene immediatamente trasmessa ai figli, e Caino e Abele subito fanno l’esperienza di questa invidia omicida.

Caino uccide Abele.

Perché lo uccide?

Perché i sacrifici di Abele, che erano totali, erano belli, erano puri, erano fatti con un cuore onesto, davano fastidio a Caino, perché erano un rimprovero per Caino. Quindi Caino ammazza il fratello: lo porta nel bosco, nella foresta, e lo uccide.

Purtroppo questa esperienza della morte (che non è da pensare innanzi tutto come la morte fisica, ma è da pensare come la morte dell’anima, che viene prodotta da questo peccato terribile che è l’invidia) è un’esperienza che noi possiamo fare ogni giorno, tutte le volte che vogliamo tirare gli altri nel nostro fango, perché non siamo contenti di avere scelto noi di starci, vogliamo avere anche la compagnia, l’approvazione, il consenso, delle altre persone che ancora non sono dentro in questa cosa.

Infatti, a noi dà fastidio — si sente e si vede — ci dà fastidio avere accanto una persona che è diversa da noi, che è più giusta di noi, che è più santa di noi, che è più vera di noi, che è più brava di noi. Ci dà fastidio, perché la guardiamo già storta.

Se è uno della nostra risma, va bene, non c’è problema, ci intendiamo, ma se vediamo che è una persona un po’ più elevata, una persona diversa, più umana, più spirituale, più cristiana, più vera, ci dà fastidio.

Allora cominciamo, come diceva Santa Teresa, a fare quella sorta di stillicidio per cui Teresa addirittura arriva a scrivere: «Pretendono dalla persone che sono appena convertite che siano già sante, che neanche mangino e dormano più, perché anche quello diventa un difetto».

Queste persone poi rimangono talmente spaventate che abbandonano la via della conversione e tornano indietro.

Certo, perché è talmente assediante questa cosa, questo sguardo, questa parola, che uno dice: «Non riesco più a respirare, basta, torno ad essere quello di prima!»

Tutto diventa motivo di critica e di attacco. Si sa che l’invidia si nutre o di sangue, che sia sangue fisico o spirituale, l’invidia uccide sempre, porta sempre all’omicidio, anche se non è un omicidio fisico.

I Santi hanno fatto un’esperienza quasi quotidiana, per alcuni quotidiana, del potere devastante dell’invidia, cioè del non sapersi guardare dentro e dire: «Ma se tu vuoi essere come quel Santo, perché non cambi? Chi te lo impedisce? Tu vuoi essere come San Pio da Pietralcina, come Santa Teresa di Gesù, come San Giovanni Bosco, perché devi dire che sono pazzi e li vuoi fare ricoverare, invece di dire che tu sei sbagliato?»

Sapete perché?

Perché questo vuol dire cambiare, vuol dire cambiare vita, cambiare testa, cambiare cuore, ed è faticosissimo; siccome noi di fatica non ne vogliamo fare, perché per fare la fatica ci vuole l’amore e noi, probabilmente, amiamo poco, allora preferiamo prendere gli altri per i piedi e tirali giù e volere che gli altri siano come noi.

Noi, infatti, appena vediamo una diversità, qualcuno che è un po’ diverso da noi, anche semplicemente in una devozione, in un modo di pregare, in qualsiasi cosa, appena vediamo una diversità, che non è quello che è la normalità, noi subito stigmatizziamo questa cosa come stranezza, come cosa da “primadonna”.

Questo si può estendere anche proprio alla vita della nostra famiglia, è come se ci fosse un target, un format, dentro il quale noi dobbiamo stare e che dobbiamo assolutamente rispettare.

Monsignor Oscar Romero, che era Arcivescovo di San Salvador e che morì martire, venne ucciso mentre celebrava la Santa Messa dagli squadroni della morte; si era opposto, in quel periodo, al potere temporale di coloro che nel San Salvador erano i latifondisti, che sfruttavano la popolazione e che hanno incominciato a far fuori quelli che non facevano come volevano loro, quelli che sono divenuti famosi come i “desaparecidos”, gente che loro facevano sparire, migliaia e migliaia di persone sparite nel nulla.

Il Vescovo, dopo un attimo iniziale di tentennamento, (perché, immaginatevi, la situazione non era così semplice, anche il clero aveva scelto una certa strada che era la teologia della liberazione, un abomino) si è trovato contro il potere politico, terribile infame, assassino, e la struttura della Chiesa, che si era anche Lei allontanata.

La teologia della liberazione fu condannata espressamente da San Giovanni Paolo II, non è una banalità. Ricordate quando il Papa Giovanni Paolo II, andando non ricordo più bene se in Cile o in quale parte, appena scese dall’aereo, incontrò quel sacerdote che era della teologia della liberazione… c’è proprio il video che riprende Papa Giovanni Paolo II che lo rimprovera col dito puntato e questo sacerdote poi si mette in ginocchio, cade in ginocchio. Non è una sciocchezza!

Quindi, Mons. Romero si trova tra l’incudine e il martello, e, ad un certo punto, prende la decisione di seguire la via del Vangelo, la via della Verità, perde il consenso del clero e degli altri Vescovi, perde il consenso del potere temporale, cioè perde il consenso dei politici, e rimane un Vescovo da solo, aveva solo il consenso del popolo.

Infatti, lo ammazzano, muore, perché lui si è trovato solo con le spalle completamente scoperte e alla fine lo uccidono.

Quando gli vanno ad offrire la possibilità di imbracciare le armi e gli chiedono di benedire la resistenza armata per difendere i poveri, lui dice: «Come possiamo noi fare questo? Come possiamo sposare questa idea? Come possiamo credere che sia la via del Vangelo, che Gesù farebbe questa cosa? Questa non è la via giusta! La via giusta è rimanere presbiteri, rimanere Vescovi, rimanere cristiani, opporsi al malvagio ma in un’altra maniera».

Alla fine lui muore, viene ucciso durante una Santa Messa.

L’invidia del diavolo è entrata nel mondo… invece di cambiare, invece di dire: «No, capisco che questa non è la via, perché non sta con il Signore». Noi sappiamo quello che sta col crocefisso e quello che col crocifisso non ci sta! Lo sappiamo, anche se viviamo una vita contraria a Cristo, noi lo sappiamo, dentro al nostro cuore lo sappiamo. Sappiamo se abbiamo speso una vita buttata via dietro al consenso del più forte, lo sappiamo, dentro di noi lo sappiamo; infatti, chi ha vissuto una vita così, è triste, è terribilmente vuoto, sembra di vedere un pupazzo che cammina, che non sa più da che parte correre e dietro a chi.

Si sa, il Signore ci parla nella coscienza, noi lo sentiamo dentro nell’anima se il Signore è contento o no di noi, se il Signore ci sostiene oppure no, che vuol dire se noi abbiamo scelto o no il Vangelo, ma il Vangelo totale, tutto il Vangelo, non quello che piace a noi, se abbiamo scelto o no il Cristo in croce.

Se noi non l’abbiamo scelto, invece di sperimentare l’invidia, perché non ci convertiamo? Perché non diciamo: «Ma anche per me c’è una possibilità, anche io posso fare una vita diversa, anche io posso ritornare a Dio, anche io posso sviluppare una vita nuova»? Certo, questo costa fatica, è vero!

È vero che questa vita dell’uomo giusto è una vita in apparenza terrificante, pesantissima, una vita di lotta continua. Fa niente! Davanti al Signore si può trovare la forza di vivere questa cosa!

Del resto, vivendo una vita così, noi comunque sappiamo che, andando davanti a Gesù, siamo esattamente dalla parte di Gesù, cioè dalla parte di coloro che soffrono esattamente quello che ha vissuto Gesù per difendere il Regno di Dio.

Che il Signore ci conceda questa grazia!

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

 

Letture del giorno

Prima lettura

Sap 2,23-3,9 – Agli occhi degli stolti parve che morissero, ma essi sono nella pace.

Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.
Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento li toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero,
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza resta piena d’immortalità.
In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé;
li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come l’offerta di un olocausto.
Nel giorno del loro giudizio risplenderanno,
come scintille nella stoppia correranno qua e là.
Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli
e il Signore regnerà per sempre su di loro.
Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità,
i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui,
perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.

Salmo responsoriale

Sal 33

Benedirò il Signore in ogni tempo.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.

Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.

Canto al Vangelo

Gv 14,23

Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.

Vangelo

Lc 17,7-10 – Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.

In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

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