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D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 25

Falò sulla spiaggia

Meditazione

Pubblichiamo l’audio della meditazione: D. Bonhoeffer, Sequela. Parte 25
Giovedì 31 agosto 2023

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

Per motivi di intenso traffico non ci è possibile rendere disponibile l’ascolto dei file audio direttamente dal nostro sito. Se hai dubbi su come fare, vai alle istruzioni per l’ascolto delle registrazioni.

VANGELO (Mt 24, 42-51)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».

Testo della meditazione

Scarica il testo della meditazione in formato PDF

Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!

Eccoci giunti a giovedì 31 agosto 2023. Abbiamo ascoltato il Vangelo della Santa messa di oggi, tratto dal capitolo ventiquattresimo del Vangelo di san Matteo, versetti 42-51.

Proseguiamo la nostra lettura del libro di Bonhoeffer, Sequela.

Oggi continuiamo con il secondo aspetto del: «prendere su di sé la propria croce», proseguiamo:

«Prenda su di sé la sua croce». Questa è già preparata, fin dall’inizio, non c’è bisogno che di prenderla su. Perché nessuno creda di doversi cercare una croce da sé stesso, o di dover escogitare volontariamente un patire, Gesù dice che per ognuno già pronta la sua croce, stabilita e assegnata a lui da Dio. Ognuno deve sopportare la misura di passione e di riprovazione che gli è stata assegnata. Ognuno ha una propria misura. Alcuni sono per Dio degni di grandi sofferenze, a loro egli dona la grazia del martirio; altri non permette che siano tentati al di sopra delle loro forze. Ma la croce è sempre una sola.

Quindi, non dobbiamo inventarci nulla, non dobbiamo cercarla noi; questa croce è già pensata, ed è la tua croce, la mia croce, non c’è una croce uguale all’altra. Questa è la ragione per la quale è assolutamente sciocco, imprudente e fuori luogo, confrontare le sofferenze. Le sofferenze non si confrontano, non si può dire: io ho sofferto o soffro più di te. Perché ciascuna croce è misurata sulla persona, sulla capacità della persona. Se noi prendiamo un bambino e prendiamo un soldato, il soldato può portare uno zaino da cinquanta litri, il bambino no! Il bambino porterà uno zainetto con dentro quattro cose, perché la sua schiena non può portare, non riesce neanche a sollevare uno zaino da cinquanta litri. E noi vediamo il bambino che cammina a fianco del soldato; domanda: “Il soldato porta un peso maggiore del bambino?”. Allora, in senso assoluto sì, perché evidentemente cinquanta è più di tre o quattro chili, in senso assoluto sì. In senso relativo, no, perché il soldato porta il suo peso, quello che lui può portare, il giusto. Il bambino porta il suo peso, quello che lui può portare; quindi, entrambi portano il massimo del peso possibile. Quindi il soldato non porta di più del bambino, porta esattamente come il bambino. Semplicemente il soldato pesa ottanta chili, il bambino ne pesa venti, dieci e quindi è proporzionato. Non so se sono riuscito a spiegarmi con questo esempio. Per cui confrontare le croci non ha nessun senso, perché ognuno ha la sua, così come l’ha pensata Dio, ciò che conta è se uno accetta questa croce, la prende e la porta. Non quanto è pesante, perché è pesante tanto quanto può e deve essere pesante, tanto quanto tu la puoi portare. E, essendo preparata, la dobbiamo solo prendere, non dobbiamo cercarla, ci viene data, e ognuno ha la sua dose di passione e di riprovazione, perché vi ricordate che devono stare sempre insieme? Per cui per alcuni ci sono grandi sofferenze — il martirio — per altri no. E non dobbiamo stare a guardare le croci degli altri, noi dobbiamo stare a guardare la nostra e portare santamente la nostra. 

Andiamo avanti:

Essa è imposta ad ogni cristiano. La prima passione in nome di Cristo, che ognuno deve provare, è la chiamata che ci chiama fuori dai vincoli di questo mondo — è interessante! Dopo la commentiamo — È la morte del vecchio uomo nell’incontro con Gesù Cristo. Chi si pone nella sequela, si consegna alla morte di Gesù, fonda la sua vita sulla morte, ed è così fin dalle prime battute; la croce non è la fine terribile di una vita felice e devota, ma sta all’inizio della comunione con Gesù. Ogni chiamata di Cristo porta alla morte. Sia che dobbiamo lasciare la nostra casa e la professione come i primi discepoli, per seguirlo…

Adesso salto delle parti perché richiederebbero un commento troppo dettagliato e rischieremmo di creare anche confusione in qualcuno.

Allora: lasciare la propria casa, la propria professione. Ecco, in tutti i casi, in ogni caso, che cosa accade? Accade — dice Bonhoeffer — che:

incombe su di noi la morte per Gesù Cristo, la morte del nostro uomo vecchio per la chiamata di Gesù.

Cioè, di fatto, è ciò che dobbiamo affrontare è ciò che dobbiamo vivere. 

Poiché la chiamata rivolta da Gesù al giovane ricco gli porta la morte, poiché solo se muore alla sua propria volontà egli può seguire Gesù, poiché ogni comandamento di Gesù ci impone di morire con tutti i nostri desideri e passioni, mentre noi non possiamo volere la nostra morte: per questo Gesù Cristo nella sua parola deve essere la nostra morte e la nostra vita.

Questa croce è imposta ad ogni cristiano. Ciascuno di noi, l’abbiamo detto, ha la sua croce. Qual è la prima passione che dobbiamo vivere? È la chiamata che ci chiama fuori dai vincoli di questo mondo; ed è una passione. È una passione perché questi vincoli sono forti. E chi veramente si mette alla sequela di Gesù la sente questa passione, questo essere chiamati fuori dai vincoli del mondo per stringere l’unico vincolo importante, che è quello con Gesù. E questi vincoli bisogna spezzarli, questa è proprio la prima passione, dice Bonhoeffer: «Sei nel mondo ma non sei del mondo» ricordate la lettera a Diogneto? E quindi la nostra vita è chiamata progressivamente a esprimere questa non appartenenza al mondo, alle sue logiche, ai suoi tempi, ai suoi imperativi, ai suoi stili, eccetera eccetera.

Quindi è la morte dell’uomo vecchio che incontra Gesù. 

Incontrando Gesù, qualcosa di noi muore, che cosa? Muore non in un colpo, giorno dopo giorno. Che cosa muore? Che cosa è chiamato a morire? Il vecchio uomo. «Chi si pone nella sequela, si consegna alla morte di Gesù, fonda la sua vita sulla morte di Gesù». Eh, perché capite, è lì, è alla Pasqua che siamo tutti condotti, non siamo tutti condotti al Monte Tabor sì, anche, ma poi da lì bisogna arrivare al Calvario.

E non dobbiamo mai dimenticarci che fondiamo la nostra vita sulla morte di Gesù, infatti, non a caso portiamo il crocifisso al collo, ad esempio. Non a caso teniamo il crocifisso in casa, per esempio. Non a caso preghiamo davanti al crocifisso, per esempio. E cosa c’è sul crocifisso? Gesù morto!

Poi dice:

la croce non è la fine terribile di una vita felice e devota, ma sta all’inizio della comunione con Gesù.

Eh, alle volte un po’ si ha la sensazione che per qualcuno — speriamo non per noi, speriamo non troppo per noi anche — vivere la croce corrisponda a una fine, a una fine terribile di una vita felice, di una vita devota. Veramente facciamo molta fatica, tutti facciamo molta fatica a entrare in questa logica del crocifisso e la vediamo come una fine terribile. Cioè, fondarci sulla morte di Gesù, eh, insomma… Accettare questa chiamata alla morte, alla morte del vecchio uomo, perché possa iniziare veramente una comunione con Gesù, è difficile. È difficile perché naturalmente ci viene da ribellarci, da dire: “Io voglio stare bene. Voglio trovarmi bene”. Anche oggi per vivere la nostra fede per diverse ragioni siamo chiamati a morire profondamente a noi stessi, ai nostri gusti, ai nostri desideri, alle nostre speranze anche, per fondarci unicamente su Gesù. Pensate a chi deve lasciare la casa e la sua professione, come hanno fatto i primi discepoli. Non è forse un morire questo? Certo che lo è, certo che lo è. Casa, professione, amici, lasciare tutto per il Signore, questo è un morire, è un morire a noi stessi. E muoio per la chiamata di Gesù: siccome Gesù mi chiama, è un morire.

Poiché la chiamata rivolta da Gesù al giovane ricco gli porta la morte, poiché solo se muore alla sua propria volontà egli può seguire Gesù.

Questa è la morte per eccellenza: la morte a tutti i nostri desideri e passioni. Ecco, poiché comporta questo, il giovane ricco dice di no. Non è tanto per il fatto del denaro, ma è per il fatto che deve morire a sé stesso. E questo diventa per lui un grosso problema, come del resto lo è per ciascuno di noi. Morire a noi stessi, ai nostri desideri, alle nostre voglie è veramente molto, molto difficile. Prosegue:

La chiamata alla sequela di Gesù, il battesimo in nome di Gesù Cristo, è morte e vita.

Ecco, non è solo morte, ovviamente, è anche vita, perché? Perché Gesù è la vita! Quindi io muoio alla mia volontà, muoio al mio uomo vecchio, muoio al mio io, ma non è che finisce lì: la Pasqua, cioè l’incontro con la vita. Gesù è la nostra vita, quindi mollo tutto questo per incontrarmi, per seguire, per stringere un vincolo con Gesù.

La chiamata di Cristo, il battesimo, pone il cristiano nella lotta quotidiana contro il peccato e il demonio. Per cui ogni giorno, con la sua tentazione della carne e del mondo, rinnova al discepolo la passione di Gesù Cristo. Le ferite subite e le cicatrici riportate da un cristiano in questa lotta sono segni viventi della comunione nella croce di Gesù.

Quindi, vedete, sono varie lotte, c’è un morire su vari fronti. L’altro fronte è quello del peccato, è quello del demonio è quello della tentazione della carne del mondo. E tutto questo comporta un morire, tutto questo comporta un patire, un soffrire, un essere feriti, un rinnovare, nella nostra vita, la passione di Gesù. Ma, lui dice, che queste ferite e queste cicatrici sono «segni viventi della comunione nella Croce di Gesù». E quindi dobbiamo esserne grati, anche se, ripeto, morire è sempre morire, non è mai facile per nessuno. Però dovremmo imparare progressivamente ad entrare in questa nuova logica.

Bene, credo che anche oggi abbiamo molto su cui riflettere.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus.
Amen
Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.
Sia lodato Gesù Cristo sempre sia lodato.

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