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“Non mi concederò riposo finché non sorga come aurora la sua giustizia” (Is 62, 1)

Aurora

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di domenica 17 gennaio 2016 (S. Messa del giorno).

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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“Non mi concederò riposo finché non sorga come aurora la sua giustizia” (Is 62, 1)

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

Il Profeta Isaia, al capitolo 62, come abbiamo ascoltato nella prima lettura di questa II domenica del tempo ordinario (e siamo nell’Antico Testamento, ovviamente, lo sappiamo tutti), ci parla della differenza che corre, che vive, tra un’anima che vive in grazia di Dio e un’anima che non è in grazia di Dio.

Apposta ho omesso “che non vive”, perché, chi non è in grazia di Dio, è morto, anche se cammina; infatti, il peccato mortale si chiama “mortale” perché uccide la grazia di Dio nell’anima.

Il Sacramento della Confessione, da sempre, è stato definito il Sacramento dei morti (così ha sempre insegnato il Catechismo di San Pio X), perché chi va a confessarsi e ha peccati mortali va a ricevere questo Sacramento per riavere la vita, ma lui è morto in quel momento. Quindi, il peccato è una cosa seria.

Il Profeta Isaia ci dice questa differenza: una persona che vive in grazia di Dio è una persona che ambisce, che attende, che vuol vedere la Giustizia di Dio sorgere nel suo cuore come l’aurora.

È una persona che attende questo, che aspetta questo, che lavora per questo, che prega, che vive per questo, perché la Giustizia di Dio sorga come l’aurora, perché la salvezza risplenda come una lampada.

Un uomo che vive in grazia di Dio è un uomo giusto, perché è un uomo che sta imparando a rispettare il diritto di Dio. Lo ius divino è il primo atto di giustizia, è il primo atto di culto, che noi siamo chiamati ad esercitare nei confronti di Dio.

Un uomo che vive in grazia di Dio è innanzitutto un uomo giusto, perché ripresenta in sé, ricostruisce in sé l’immagine di Dio, così come Dio lo ha creato.

Quindi, voi capite quale emanazione di giustizia emerge nella vita di un uomo, che vive in grazia di Dio, tutti lo vedono, tutti si accorgono. Non è che è giusto all’istante, ma si incammina nella giustizia, ricerca la giustizia, che non è dare il soldo o dividere in parti uguali una torta; questa è una declinazione piccolina della grande virtù della giustizia, che è innanzitutto dare a Dio quello che è di Dio, che innanzitutto è rispettare i Comandamenti di Dio, scritti con il Suo dito nella roccia, consegnati a Mosè, confermati da Gesù Cristo e portati da Gesù Cristo alla loro pienezza assoluta con il grande Comandamento: “Shemà Israel!Ascolta Israele! Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima, con tutte le tue forze e il prossimo tuo come te stesso”.

Qui, dice Gesù, sta la pienezza di tutto.

Dice Isaia: “Le genti vedranno la Tua Giustizia e tutti i re la Tua Gloria”.

Tutti la vedono, tutti la vedono e non tutti la riconoscono, ma tutti la vedono.

Tutti vedono la gloria di un uomo che è gloria del Dio vivente, cioè che porta in sé la grazia di Dio, tutti la vedono.

Si può non riconoscere, si può non accettare, si può non condividere, si può non apprezzare, ma tutti vedono quando un uomo è in grazia di Dio; lo si vede, glielo si vede negli occhi, glielo si vede nel volto, nel modo di parlare, di trattare con le persone, nel suo portamento, nel modo con il quale cammina, nel quale mangia… tutto fa passare l’immagine di questa gloria.

Perché?

Perché è pieno della grazia di Dio, perché è un uomo che vive sotto la luce dello Spirito Santo, e lo si vede, noi lo vediamo, tutti lo vediamo.

Tutti noi sappiamo quando incontriamo una persona che vive in grazia di Dio, noi lo vediamo, poi siccome ad alcuni dà fastidio, siccome diventa un rimprovero per il fatto che loro non sono in grazia di Dio, che io non sono in grazia di Dio, allora quando vedo qualcuno che vive in grazia di Dio ho due scelte: o cambio, vivo secondo quella grazia, lo imito, lo prendo come esame di coscienza per me e dico: «Giorgio sei fuori strada, vedi che lui vive così e tu no. Non va bene, cambia», quindi, o diventa un motivo di conversione, e questo vuol dire che sono umile, oppure, per superbia, mi ostino ancora di più nel mio peccato, diventando cattivo, nutrendo sentimenti di rivalsa, di odio, di vendetta, di ostilità, di chiusura, di freddezza, di indifferenza, di cattiveria…

Perché?

Chiaro, il motivo è semplice: perché, siccome io non sono così, la mia coscienza me lo dice giorno e notte: «Tu dovresti essere così!», ma io non lo voglio, allora, non potendo uccidere la mia coscienza, uccido chi me la ricorda.

Ecco perché Gesù è morto!

Allora, se noi viviamo in grazia di Dio, dice Isaia: “Sarai chiamato con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà”.

Cosa vuole dire nome nuovo?

Vuol dire una missione, vuol dire una nuova identità, che tu sarai una nuova persona; la grazia di Dio ti cambierà e ti darà una vita diversa, nuova, sarai chiamato ad altro.

Rispetto a tutto quello che tu hai fatto fino a quel giorno, da quel momento in avanti, la grazia di Dio ti cambierà progressivamente e ti aprirà una via nuova, una porta nuova, una vita nuova, una missione nuova, che la bocca del Signore indicherà, sarà il Signore a dirtelo.

Tu fino a quel momento pensavi in un modo, gustavi in un modo, vivevi in un modo, desideravi in un modo, da lì in avanti, cambierà tutto. Cambierà tutto perché Dio, entrando in te, cambia tutto.

Cosa vuol dire cambia?

Vuol dire che lo riporta alla sua originaria bellezza, alla sua originaria verità.

Se nella nostra vita noi non sentiamo il pungolo del cambiamento, vuol dire che non ci stiamo avvicinando a Dio, perché il Signore, ogni giorno, ci chiama a cambiare qualcosa nella vita, per essere sempre più conformi a Lui, ogni giorno.

Ogni giorno il Signore arriva e bussa, e ti indica con una luce quella cosa che deve cambiare da lì in avanti, ogni giorno il Signore fa così, poi sta a te.

Oggi, oggi qualcuno di noi potrebbe essere chiamato ad una scelta, oggi, in questo giorno qui preciso. Uno dice: «Ma io oggi non ho in mente niente». Tu non hai in mente niente, ma Dio sì, magari; e oggi, finita la Messa, potrebbe succedere che da qui a stasera qualcuno sia posto davanti ad una scelta, così, di colpo, senza che uno se lo aspetti… devi scegliere: o qui o lì, o sì o no, o Dio o non Dio, scegli!

E sapete che col Signore non si può dire “Nì”, lo dice il Vangelo: “Chi non è con me, è contro di me”.  Non stai in Svizzera, non stai in una terra di mezzo, non esiste la terra di mezzo, o sei con Dio o sei contro di Dio, non puoi stare in mezzo!

Dobbiamo scegliere!

Se tu scegli Dio, allora si apre un nome nuovo, si apre una vita nuova; se no, no, perdi il nome.

Capite che le scelte sono molto concrete, non sono le scelte metafisiche sui ragionamenti ipostatici! No, no, non è quella roba lì. Non è che devo stare lì a elucubrare chissà quale teorema sofista, no, no.

Sono scelte concretissime!

Io uso sempre questa espressione: la conversione passa dal litro di latte che devi andare a comprare, è lì che comincia, non da chissà quale ragionamento, no, no, dal litro di latte e dal chilo di pane che devi andare a comparare, parte da lì.

Se la conversione non sa dello scontrino del supermercato, non c’è conversione vera, perché la conversione affonda le sue radici nel profondo dell’uomo e va a toccare e illuminare tutta la sua vita, partendo dagli aspetti più piccoli: questa è la vera conversione.

Allora, dice Isaia (sentite che bello): “Tu sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio”.

Qui parla di mano e di palma, cioè l’anima che vive in grazia di Dio è un’anima che abita nella mano di Dio e non dimenticate mai questa espressione.

La mano di Dio è il suo tutto, è la sua casa, è il suo rifugio, è il suo conforto, è la sua protezione, è il suo calore, è la sua identità, è la sua sicurezza, tutto!

Lui sa che vive nel palmo di Dio…

Voi capite, allora, perché quest’anima non pecca, lo capite da soli; capite perché è assurdo dire alle persone: «Non devi peccare per non trasgredire la Legge di Dio».

Questa è una sciocchezza, detta così, dà fastidio solo a dirla!

È chiaro che dopo vengono fuori tutte quelle mentalità deviate che dicono: «Ah no al moralismo, la fede cristiana è un moralismo, dobbiamo essere libere dalle regole, dalle leggi, bisogna credere nell’amore di Dio».

Sì, ma nel concreto cosa vuole dire?

Capite che da questa idea sbagliata nascono altrettante reazioni sbagliate, come se ci fosse un amore di Dio indistinto, una grande nuvola bianca, e noi, che non sapendo bene dove andare, ci dobbiamo immergere, poi non si sa cosa dobbiamo fare…

Cosa vuol dire credere nell’amore di Dio non si sa, però diciamo che dobbiamo credere nell’amore di Dio. Sì, ma nel concreto?

Allora bisogna cambiare quell’idea là, che è sbagliata.

Non propongo ad un bambino di non peccare, perché c’è una legge, che, se tu la trasgredisci, hai trasgredito una regola. No, non è questo il tema.

La legge è già un passo oltre, perché c’è una legge da rispettare, è vero, ma la domanda è: «Perché la devo rispettare?»

Se io non rispondo a questa domanda, questo si chiama moralismo, cioè la legge per la legge.

Nelle nostre realtà cristiane ecclesiali, questa cosa non si fa.

E uno dice: «Perché non si fa?»

La riposta è: «Perché non si fa».

«Ma che risposta è, c’è una ragione?»

«Perché si è sempre fatto cosi».

«Ma questa non è una ragione, allora si cambia».

Deve esserci una ragione!

Ecco la ragione: l’ha data Isaia.

Un bambino, un ragazzo potrebbe domandare: «Perché non devo peccare? Perché non devo trasgredire il Comandamento di Dio? Perché?»

Ecco la risposta: «Perché se tu non lo trasgredisci, tu sei adesso una magnifica corona nella mano del Signore, cioè tu abiti nel palmo di Dio».

Peccare vuol dire uscire, cadere dalla mano di Dio.

Cosa vuoi essere nella tua vita? Vuoi stare in questa mano, con tutti sentimenti che provi, la dolcezza che provi, la bellezza che provi (perché Dio le fa sentire queste cose), o vuoi vivere, come vedremo adesso, abbandonato, senza nome, senza identità, in un mondo fatto di bianco e nero, un mondo senza colori, senza profumi?

Perché San Francesco si estasiava davanti agli uccellini?

Perché lui era talmente dentro nella mano di Dio, che tutto quello che stava fuori lo inebriava di Dio, lui vedeva Dio ovunque, e gli altri, persino gli animali, vedevano in lui Dio, Lo sentivano. E quindi il lupo di Gubbio, che si inchina…

Chi invece non vive in grazia di Dio, lo dice Isaia, sarà abbandonato. C’è scritto qua.

Non sarai più chiamato abbandonato, se vivi in grazia di Dio; se no, se non vivi…, ecco cosa sei: Abbandonato, questo è il tuo nome, tu sei chiamato Abbandonato, Devastato.

La tua terra non sarà più detta Devastata”.

Se tu non sei in grazia di Dio, tu sei devastato. Da chi? Dal peccato.  Perché il peccato devasta, il peccato brucia tutto, il peccato rende brutto tutto. Una persona che vive nel peccato è una persona brutta, è una persona che semina cattiveria e odio, che semina divisione, zizzania, che butta manciate di pece ovunque passa; è una persona che crea disunione, che crea malessere, una persona che crea inquietudine, che turba, che fa star male solo con la presenza; è una persona che minimizza tutto, che ridicolizza tutto, è una persona che toglie l’ideale, che toglie la bellezza delle grandi cose, che livella tutto nel mondo materiale.

È una persona volgare, ma nel senso medioevale del termine, cioè una persona che ti tira verso il basso, che ti toglie ogni voglia di infinito, che ti fa vedere la vita nel suo mero inizio, che è l’essere messo al mondo, e mera fine, cibo per i vermi. Basta, finisce lì, siamo cibo per i vermi, non c’è altro!

Tutto si esaurisce lì, tutto non ha un senso ulteriore, ha il senso puntiforme di quell’istante lì, non è rimandato ad un oltre, è lì, tu consumi tutto lì.

Il peccatore, cioè colui che è abbandonato da Dio, colui che è fuori dalla logica di Dio, è un uomo che ha perso il senso.

Voi direte: «Oh mamma, abbandonato da Dio…perché Dio abbandona qualcuno?»

Certo, perché Dio rispetta la libertà! Questo non dimentichiamolo mai.

La Misericordia di Dio non è uno stupro, non è una violenza!

Dio non violenta nessuno, Dio non costringe nessuno.

Tu non lo vuoi? Dio se ne va.

Non lo dico mica io, c’è scritto nella Scrittura! Andate a leggere Il Cantico dei cantici!

San Bernardo e San Tommaso ne fanno un commento incredibile…

Quando la sposa vede la mano dello sposo, che entra nella fessura della porta (una volta le porte erano un po’ fessurate, c’era il chiavistello che chiudeva così…, ancora ci sono in giro), per cercare con le dita di alzare la leva che chiudeva la porta, lo vede che cerca di alzarla con la mano, che cerca di tirarla su (la leva era pesante, potevi alzarla dall’interno non dall’esterno), lei, la sposa, che è a letto, dice: «Oh, mi sono appena lavata i piedi, come sporcarli di nuovo?»

Basta, è bastato questo istante, che la mano dello sposo sparisce e lui se ne va.

Lei rientra in sé stessa subito e dice: «Cosa ho fatto?», si alza, apre la porta, e non c’è più. Da lì inizia il dramma del Cantico dei cantici, dove lei deve uscire, essere percossa e umiliata, alla ricerca dello sposo, che non risponde più.

Da lì, Sant’Agostino conia questa espressione: “Timeo Christum transeuntem”, che tradotto letteralmente vuol dire: “Temo il Cristo passante”, ho paura del Cristo che se ne va, che se ne va a causa del fatto che io non lo accolgo: ecco l’abbandono!

L’abbandono è in funzione del fatto che io non rispondo a Dio.

Abbandonata e Devastata…e poi lui dice: “Sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata… come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore”.

Capite? Chi non vive in grazia di Dio, non ha gioia.

Se voi vedete i Santi, se voi vedete Madre Teresa di Calcutta, quella donna trasudava gioia da tutti i pori, era la gioia incarnata, ma la gioia divina, non del mondo stupido.

Chi è in grazia di Dio, sapete cosa sente dentro?

Sente dentro di essere sposato, l’anima è sposata a Dio, lo sente. Anche se è sposato con un’altra persona fisicamente, ma dentro, l’anima, ha una sua verginità, e sente che questa totalità, che questa assolutezza dell’anima viene ad essere presa, ricevuta e consacrata a Dio, si sente appartenente.

Perché è bello essere sposati? Perché senti di appartenere a qualcuno, questa è la bellezza del matrimonio! Sento che tutta la mia persona è affidata nelle mani di questa persona, pensate l’anima… Se così è della persona, pensate l’anima, nella sua immortalità, che viene ad essere descritta e concepita come questa vergine, che viene presa, e rispettata, dal suo creatore, e sigillata, e dice dal quel momento: «Io non sono più sola, mai più. Io sento che, dentro la mia anima, Dio mi ha sposato».

Questo è il matrimonio mistico dei Santi.

Questa è la grandissima vetta, dove l’anima percepisce in ogni istante della sua vita che Dio è il suo sposo e vive questo matrimonio mistico interiore bellissimo, questa appartenenza assoluta a Dio, lo sente. Percepisce proprio come se fosse un cuore, dove gli atri sono simmetrici e battono insieme così…

Questa è l’anima vergine che viene ad essere sposata a Dio.

È per questo che è importante il fidanzamento, è per questo che è importante pregare, è per questo che è importante che noi cresciamo nella vita cristiana, è per questo che dobbiamo allenarci ad abbandonare il peccato, convertirci e imparare, è per questo che bisogna confessarsi spesso, perché devo fidanzarmi.

Non è che Dio mi prende e mi sposa così!

Devo fidanzarmi con Dio, cioè devo allenarmi nella frequentazione con Dio, a scegliere Dio, a stare con Dio, ad amare Dio, e a quel punto arriva questo matrimonio.

L’augurio che vi faccio?

È questo: che il giorno della vostra morte, della nostra morte, quando ci presenteremo davanti al giudizio di Dio, qualcuno possa leggere davanti a Dio per noi (sarebbe bello, che fosse la Madonna o il nostro Angelo Custode) questa pagina di Isaia 62, che venga lì e dica: «Io sono qui per leggere a nome di Dio per te questa pagina, che si è realizzata in te, la tua vita è stata così».

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

 

 

Letture del giorno

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Prima lettura

Is 62,1-5 – Gioirà lo sposo per la sposa.

Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.

Salmo responsoriale

Sal 95

Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Seconda lettura

1Cor 12,4-11 – L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole.

Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue.
Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.

Canto al Vangelo

2Ts 2,14

Alleluia, alleluia.
Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo,
per entrare in possesso della gloria
del Signore nostro Gesù Cristo.
Alleluia.

Vangelo

Gv 2,1-11 – Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

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