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Il valore dell’eredità dei padri

VignaNabot

Omelia

Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di lunedì 13 giugno 2016.

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Testo della meditazione

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Il valore dell’eredità dei padri

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia lodato!

La prima lettura che abbiamo ascoltato quest’oggi, tratta dal I Libro dei Re (siamo al capitolo 21), narra la vicenda di un uomo particolare, di un grande uomo, quale fu Nabot di Izreèl, un uomo giusto, un uomo retto, un uomo fedele, che si oppone ai capricci di Acab, capricci che erano tanto autorevoli, quanto era lui potente.

C’erano tante vigne, poteva prendere tutte le vigne che voleva, questo uomo iniquo e malvagio, ma lui voleva proprio la vigna di Nabot, quella piccola vigna, quella vigna che era densa di tradizione, quella vigna che portava l’impronta dei suoi padri, quella vigna densa di memoria, quella vigna dove lui, camminando, vedeva dentro i suoi nonni, i suoi parenti che lavoravano, la sua famiglia, quella vigna che era cresciuta con lui, lui e la vigna erano cresciuti insieme.

A chi è capriccioso e a chi è empio non interessa la memoria, interessa solo sé stesso.

Chi è empio, cioè chi non è pio, chi non è devoto, non ha nessun affetto, non è capace di affetto, è freddo, calcolatore, capace solo di guardare sé stesso e la propria pancia…e così lui vuole quella vigna.

Ecco, Nabot non fa l’errore di Esaù, che per un piatto di lenticchie vende la sua primogenitura.

Nabot ha una memoria, Nabot ha una tradizione, Nabot ha un patrimonio da difendere e lo difende con la vita.

Nabot non sceglie la novità che arriva dal denaro, proposto da Acab, non sceglie l’interesse che arriva dai soldi di Acab, non sceglie la vita che Acab gli propone, ma preferisce opporsi al malvagio (e in questo caso bisogna opporsi, eccome), dicendo: «No, io la mia vigna non te la do, non ha prezzo».

Ricordiamocelo bene: non ha prezzo la memoria.

La memoria non ha prezzo, la tradizione che ci ha preceduto fin qui non ha prezzo, ciò che ci ha costruiti, ciò che ci ha dato l’identità, non ha un prezzo e non può essere venduto, se non dagli stolti e dagli empi, come lo sventurato Esaù, che perde la sua primogenitura e perde la solenne benedizione del padre.

Dopo piange, dopo supplica, ma il padre gli dice: «Figlio mio, oramai la benedizione è stata data e io non posso più ritrarla. Fine, punto, mi spiace, è andata…»

Allora possiamo chiederci noi cosa ne facciamo della nostra memoria, se siamo capaci anche noi di questa fedeltà eroica, se siamo capaci anche noi di perdere la vita piuttosto che perdere la tradizione.

Quante volte mi capita, parlando con le persone, di dire: «Ma sua nonna,  sua mamma, cosa avrebbe detto a proposito di questa cosa, che adesso sta facendo o pensando o scegliendo?»

«Ah…no, no, non avrebbe mai approvato!»

«Allora perché lo fa?»

Perché tradisci la tua memoria? Perché tradisci la tua tradizione? Perché tradisci ciò che hai ricevuto fin qui? Perché non rispetti ciò che ti ha custodito e ciò che ti ha dato vita fino ad oggi? Perché non continui a seguire la strada che ti è stata insegnata, scegliendo e preferendo una strada nuova, che sono i soldi di Acab, e vendendo la tua vigna, che è il tuo patrimonio, che è la tua vita?

Quest’oggi è anche la memoria, come abbiamo sentito, di Sant’Antonio da Padova e, al termine della Messa, in fondo alla chiesa, potrete ricevere il pane benedetto e baciare la reliquia di Sant’Antonio da Padova.

Oggi è tradizione dare il pane benedetto, è una tradizione, è una devozione, e come tutte le devozioni è una cosa bella, non è un atto di superstizione, ha un senso.

Sapete, le devozioni si fondano nella storia dentro ad un senso, non sono smancerie, capite?

Hanno un senso e, se noi non lo sappiamo, lo dobbiamo andare a studiare; è così che si vince l’ignoranza, con lo studio.

Quindi, questa tradizione del pane di San’Antonio da dove nasce?

Nasce da un fatto storico, che è accaduto, proprio legato a Sant’Antonio da Padova ed è il miracolo del piccolo Tommasino, un bimbo di venti mesi, i cui genitori avevano l’abitazione vicino alla chiesa del Beato Antonio in Padova. Questo bimbo fu lasciato incautamente da solo, per qualche tempo, vicino ad un recipiente pieno di acqua; la mamma, che si era allontanata per poco tempo, appena rientrata in casa, vide il suo bambino immerso in questo catino con i piedi per aria, era annegato, era morto.

La mamma, spaventata ed in preda al panico, tira fuori il suo bambino ma non c’è niente da fare…urla, chiama tutti, ma oramai questo bambino è morto.

Allora, questa donna ricorre all’intercessione del Beato Antonio, implora il suo aiuto; quindi, lo porta in chiesa e fa voto, di distribuire ai poveri la quantità di grano corrispondente al peso del bambino, se il Santo glielo avesse ridato vivo, e dopo poco il bambino ritorna in sé. Da lì nasce questa tradizione del pane benedetto di Sant’Antonio.

Oggi, quindi, chi lo riceverà faccia memoria di questa origine: questo pane ci viene dato, non solo dal miracolo di Sant’Antonio, ma dalla fede di una mamma.

La fede autentica di questa mamma, che è ricorsa ad Antonio, che ha fatto un voto, una promessa a Dio nata dall’amore per il suo bambino, ha esteso in tutta la Chiesa questa bella devozione, questa bella tradizione del pane benedetto.

Non è che diamo i soldi per i poveri, punto…

Questi soldi per i poveri nascono da questo ricambio di conoscenza, da questa memoria grata della mamma, che dice: «Tanto il peso suo, tanto io darò in grano, perché tutti ne abbiano a beneficiare».

Sant’Antonio ci conceda la grazia di questo grande amore per Dio, come lo aveva lui, e ci conceda la grazia di una fedeltà fino al martirio per il Signore Gesù Cristo, per la memoria e la tradizione, che fin qui ci hanno accompagnati e custoditi.

Sia lodato Gesù Cristo!

Sempre sia Lodato!

 

Letture del giorno

S. ANTONIO DI PADOVA

PRIMA LETTURA (1Re 21,1-16)

Nabot venne lapidato e morì.

In quel tempo, Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab, re di Samarìa. Acab disse a Nabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto, perché è confinante con la mia casa. Al suo posto ti darò una vigna migliore di quella, oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri».

Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: «Non ti cederò l’eredità dei miei padri!». Si coricò sul letto, voltò la faccia da un lato e non mangiò niente. Entrò da lui la moglie Gezabèle e gli domandò: «Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?». Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl: “Cèdimi la tua vigna per denaro, o, se preferisci, ti darò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabèle gli disse: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreèl!».

Ella scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città, che abitavano vicino a Nabot. Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia».

Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabèle, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedito. Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì. Quindi mandarono a dire a Gezabèle: «Nabot è stato lapidato ed è morto».

Appena Gezabèle sentì che Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad Acab: «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot era morto, Acab si alzò per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 5)

Rit: Sii attento, Signore, al mio lamento.

Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole:

intendi il mio lamento.

Sii attento alla voce del mio grido,

o mio re e mio Dio,

perché a te, Signore, rivolgo la mia preghiera.

Tu non sei un Dio che gode del male,

non è tuo ospite il malvagio;

gli stolti non resistono al tuo sguardo.

Tu hai in odio tutti i malfattori,

tu distruggi chi dice menzogne.

Sanguinari e ingannatori, il Signore li detesta.

Canto al Vangelo (Sal 118)

Alleluia, alleluia.

Lampada per i miei passi è la tua parola,

luce sul mio cammino.

Alleluia.

VANGELO (Mt 5,38-42)

Io vi dico di non opporvi al malvagio.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.

E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.

Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».

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