Omelia
Pubblichiamo l’audio di un’omelia sulle letture di venerdì 24 giugno 2016.
Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD
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Testo della meditazione
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La Natività di S. Giovanni Battista
Sia lodato Gesù Cristo!
Sempre sia lodato!
Quest’oggi, la Chiesa ci invita nella Santa Messa a ricordare la Natività di San Giovanni Battista, l’unico Santo del quale si celebra la nascita e la morte, perché “è il più grande tra i nati di donna”, dice Gesù. Vediamo la grandezza di questo bambino in che cosa è consistita. Ce lo dice il Vangelo quest’oggi.
È un bambino che nasce all’interno di una famiglia ben precisa. È certamente un bambino sul quale Dio aveva messo una benedizione particolare, fuori di dubbio.
Non era un bambino speciale, perché noi oggi chiamiamo “speciale” tutto ciò che non rientra nei nostri canoni; quando diciamo “speciale”, è sinonimo di qualcosa di negativo, una cosa speciale è come se avesse un trattamento di favore.
Qui Giovanni il Battista non ha avuto nessun trattamento di favore e quindi non c’è niente di speciale, secondo questa categoria, nella sua vita.
Ha avuto invece una vita fortemente contrassegnata dalla penitenza, dal nascondimento, dall’umiltà e dall’umiliazione, dalla privazione, quella vera non quella ostentata; la privazione di un uomo che vive nel deserto, che vive nascosto, che vive solo, che vive lontano da tutto e da tutti, che vive solo di Dio, che mangia poco e niente, che si veste con poco e niente, un uomo che si è totalmente radicato nel Signore.
Capite dove si fonda il suo essere “speciale”, come può pensare qualcuno?
Si fonda sul rinnegamento di sé e sull’ascesi.
Ebbene, questo bambino aveva non solo una sua particolare dedizione per Dio, come poi dice il Vangelo in altre parti (lo si vede dalla vita che ha fatto, che vi ho appena descritto e che potete leggere anche voi), ma aveva anche una famiglia ben precisa, un papà e una mamma che erano timorati di Dio, che amavano Dio, che stavano nel tempio a pregare, che avevano fatto della preghiera il centro della loro vita.
È bene leggere la vicenda di Elisabetta e di Zaccaria, il quale, in particolare, ha avuto i suoi momenti di fatica nella fede, è diventato muto a causa della sua incredulità; l’Angelo di Dio lo ha reso muto perché non ha creduto alla promessa di Dio.
Non si può non credere alle promesse di Dio…e quindi ha perso la parola.
Pensate che umiliazione davanti a tutti, per lui, che era Sacerdote!
Tutti hanno saputo quello che era successo, davanti a tutti lui è stato umiliato perdendo la parola a causa della sua incredulità.
Quindi, un uomo che ha fatto la sua fatica nel credere, che ha fatto la sua fatica a doversi abbandonare a Dio, che non c’è riuscito, che è caduto in questa non comprensione, in questa non fede, non ce l’ha fatta, però ha continuato ad andare avanti, ha continuato il suo percorso di fede.
Non era segnato dall’amor proprio come facciamo tante volte noi, che, quando cadiamo, cominciamo a disperarci, cominciamo a non confessarci più, cominciamo a dire: «Ecco, io non ce la faccio, non ce la farò mai… Ecco, per me il Signore non c’è, non mi fa le grazie perché continuo a cadere…»
No, lui è andato avanti, umilmente.
Ebbene, questi due genitori sono coloro che hanno creato l’ambiente giusto, perché questo bambino potesse crescere bene.
Anche oggi abbiamo bisogno di genitori, e quindi di persone, che vivano alla presenza di Dio, che vivano di preghiera, che facciano della preghiera la loro vita.
«La preghiera non è tutto», mi diceva, da postulante, un Padre, «ma tutto si fa con la preghiera!»
Alle volte, le nostre opere, la nostra vita, sembrano immerse nella preghiera ma non è preghiera, sembrano immerse nel rapporto con Dio ma non è vero, perché è solamente la ripetizione vuota di parole e di formule, ma non c’è un intimo colloquio col Signore. Lo si capisce dalla vita, lo si capisce dalla vita che poi la persona conduce: se è una vita vuota, cattiva, brutta, se è una vita sterile, se è una vita contro la carità, se è una vita contro l’umiltà, non c’è un rapporto con Dio.
Noi possiamo avere, da una parte il quadro di Zaccaria e di Elisabetta, e dall’altra parte il quadro degli scribi e dei farisei; anche loro andavano al tempio, anche loro dicevano di pregare, anche loro avevano una marea di regole da rispettare, anche loro, e anche loro le facevano, però non hanno mai incontrato Dio.
Pensate che cosa è una vita intera a pregare senza mai parlare con Dio veramente, una vita intera a pregare senza mai ascoltare…
La prima cosa, che loro dicevano, era: «Shemà Israel!», «Ascolta Israele!»
Continuavano a ripetere: «Shemà Israel!», ma non hanno mai ascoltato Dio, non c’è mai stata conversione.
La prima cosa che dirà Giovanni il Battista è: «Convertitevi e credete al Vangelo!»
È la prima cosa che lui fa, dice: «Convertitevi!»
Lui dava questo battesimo di penitenza, ma si sa che convertirsi è difficile, perché richiede un cambiamento radicale della propria vita, richiede tanto coraggio.
La conversione annunciata dal Battista diventerà poi sangue, Giovanni il Battista morirà, perderà la testa per questa ragione.
La sua fedeltà gli costerà il martirio.
Allora, chiediamo a questo grande Santo la grazia, non dico di arrivare fin lì, ma, almeno, di disporci ad una vera conversione; chiediamo a Giovanni il Battista la grazia di diffidare della nostra testa, delle nostre idee, dei nostri stili, di metterli sempre in discussione, di metterli sempre davanti a Dio, di chiedere, di attendere da Dio una risposta, di pregare per avere una risposta.
Siamo dentro ad una Novena che ci prepara alla Festa, alla memoria, al ricordo del Preziosissimo Sangue di Gesù, che sarà il primo di luglio; ecco, appunto, sangue chiama sangue, il Sangue di Cristo chiama il sangue dei Martiri.
Che il Signore ci dia la grazia di essere così coraggiosi e così innamorati da essere disposti a perdere anche la vita, se il Signore lo chiede, pur di difendere la verità, che è Gesù.
Sia lodato Gesù Cristo!
Sempre sia Lodato!
Letture del giorno
NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA (Messa del Giorno)
PRIMA LETTURA (Is 49,1-6)
Ti renderò luce delle nazioni.
Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane;
il Signore dal seno materno mi ha chiamato,
fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano,
mi ha reso freccia appuntita,
mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele,
sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato,
per nulla e invano ho consumato le mie forze.
Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore,
la mia ricompensa presso il mio Dio».
Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe
e a lui riunire Israele
– poiché ero stato onorato dal Signore
e Dio era stato la mia forza –
e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo
per restaurare le tribù di Giacobbe
e ricondurre i superstiti d’Israele.
Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza
fino all’estremità della terra».
SALMO RESPONSORIALE (Sal 138)
Rit: Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda.
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda.
Meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra.
SECONDA LETTURA (At 13,22-26)
Giovanni aveva preparato la venuta di Cristo.
In quei giorni, [nella sinagoga di Antiochia di Pisìdia,] Paolo diceva:
«Dio suscitò per i nostri padri Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”.
Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele.
Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”.
Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza».
Canto al Vangelo (Lc 1,76)
Alleluia, alleluia.
Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade.
Alleluia.
VANGELO (Lc 1,57-66.80)
Giovanni è il suo nome.
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.