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Le omelie del S. Curato d’Ars: la santa Messa

La Santa Messa

«Si sacrifica e si offre in ogni luogo, nel mio Nome, una oblazione pura»
(Malachia 1,11)

E’ certo, fratelli miei, che l’uomo, come creatura, deve a Dio l’omaggio di tutto il suo essere, e come peccatore, gli deve una vittima di espiazione; è per questo che nell’antica Legge, si offriva a Dio, tutti i giorni, una moltitudine di vittime nel tempio.

Ma queste vittime non potevano soddisfare completamente a Dio, per i nostri peccati; ne occorreva una più santa e più pura, che dovesse durare fino alla fine del mondo, e che fosse capace di pagare il prezzo che dobbiamo a Dio.

Questa santa vittima è Gesù Cristo stesso, che è Dio come suo Padre, e uomo come noi.
Egli si offre tutti i giorni sui nostri altari, come in altri tempi sul Calvario, e con questa oblazione pura e senza macchia, Egli rende a Dio tutti gli onori che gli sono dovuti, e salda in favore dell’uomo tutti i debiti che l’uomo deve al suo Creatore; Egli si immola ogni giorno, per riconoscere il dominio sovrano che Dio ha sulle sue creature, e così l’oltraggio che il peccato ha recato a Dio, è pienamente riparato.

Gesù Cristo, essendo il Mediatore tra Dio e gli uomini, ci ottiene, con questo sacrificio, tutte le grazie che ci sono necessarie; essendo diventato, allo stesso tempo, vittima di azione di grazie, Egli rende a Dio, in favore degli uomini, la riconoscenza che essi gli devono.

Ma, per avere la felicità, fratelli miei, di ricevere tutti questi beni, bisogna che anche noi facciamo qualcosa da parte nostra.
Per farvelo meglio sentire, vi farò comprendere, almeno per quanto mi sarà possibile:
1°- la grandezza della felicità che ci è data, di poter assistere alla santa Messa;
2°- le disposizioni con le quali vi dobbiamo assistere (il curato usa un verbo “assistere”, che potrebbe metterci ingannare il lettore: egli, come si vedrà, si riferisce a una piena e profonda partecipazione, tale e tanta, che più non si potrebbe; n.d.a.);
3°- come la maggior parte dei cristiani vi assiste.

Non vorrei, fratelli miei, entrare nei dettagli della spiegazione di ciò che significano gli ornamenti dei quali il sacerdote è rivestito; penso che li conosciate, o almeno, molti di voi.

Quando il sacerdote va in sacrestia per vestirsi, ci rappresenta Gesù Cristo che discende dal Cielo per incarnarsi nel seno della santa Vergine, prendendo un corpo come il nostro, per sacrificarlo a suo Padre per i nostri peccati.

Quando il prete indossa l’ “amitto”, che è il panno bianco che si pone sulle spalle, è per rappresentarci il momento in cui i Giudei bendarono gli occhi a Gesù Cristo, sferrandogli dei pugni e chiedendogli: «Indovina, chi ti ha persosso?».
Il camice indica il vestito bianco di cui Erode lo fece rivestire quando lo rimandò a Pilato.
La cintura rappresenta le corde con cui fu legato, quando lo si catturò nel giardino degli ulivi, e la frusta con cui fu flagellato.
Il “manipolo” che il sacerdote mette sul braccio sinistro, rappresenta le corde con le quali Gesù Cristo fu legato alla colonna, per essere flagellato; il manipolo si mette sul braccio sinistro perchè è più vicino al cuore, per mostrarci che è l’eccesso del suo amore che gli ha fatto subire quella crudele flagellazione per i nostri peccati.
Quanto alla stola, essa rappresenta la corda che gli si gettò al collo mentre portava la croce.
La casula rappresenta il mantello di porpora e la tunica senza cuciture che fu tirata a sorte.

L’ “Introito” ci rappresenta il desiderio ardente, che avevano i patriarchi, della venuta del Messia, ed è per questo che lo si ripete due volte (?).
Quando il sacerdote dice il “Confiteor”, ci rappresenta Gesù Cristo che si fa carico dei nostri peccati, per soddisfare alla giustizia di Dio, suo Padre.
Il “Kirie eleison”, che vuol dire: «Signore, abbi pietà di noi», rappresenta lo stato infelice in cui eravamo, prima della venuta di Gesù Cristo.

Non voglio andare oltre.
L’ “Epistola” significa la dottrina dell’Antico Testamento (?); il “Graduale” significa la penitenza che fecero i Giudei dopo la predicazione di Giovanni Battista;
L’ “Alleluia” ci rappresenta la gioia di un’anima che ha ottenuto la Grazia; Il “Vangelo” ci ricorda la dottrina di Gesù Cristo.
I diversi segni di croce che si fanno sull’ostia e sul calice, ci ricordano tutte le sofferenze che Gesù Cristo ha sopportato nel corso della sua Passione.
Ma ritornerò di nuovo su questo argomento (l’elenco della simbologia eucaristica a cui il curato fa riferimento, si ispira, in parte, alle rubriche liturgiche dell’epoca, ma anche agli scritti devozionali di preparazione alla santa Messa, allora in circolazione; n.d.a.).

Prima di mostrarvi come bisogna intendere la santa Messa, vi devo dire una parola su cosa si intende per santo sacrificio della Messa.
Voi sapete che il santo sacrificio della Messa è lo stesso di quello della croce, che è stato offerto una volta sul Calvario, il venerdì santo. L’unica differenza che c’è è che quando Gesù Cristo si è offerto sul Calvario, questo sacrificio era visibile, e cioè, lo si vedeva con gli occhi del corpo; Gesù vi fu offerto a Dio suo Padre, per mano dei suoi carnefici, e vi ha sparso il suo Sangue; è quello che si chiama “sacrificio cruento”: ciò significa che il sangue usciva dalle sue vene, e lo si vedeva colare fino a terra.

Ma, alla santa Messa, Gesù Cristo si offre a suo Padre in una maniera invisibile; e cioè, lo vediamo con gli occhi dell’anima e non con quelli del corpo.

Eccovi, fratelli miei, in sintesi che cos’è il santo sacrificio della Messa.

Ma per darvi un’idea della grandezza del merito della santa Messa, fratelli miei, mi è sufficiente dirvi, con san Giovanni Crisostomo, che la santa Messa rallegra tutta la corte celeste, ristora tutte le povere anime del Purgatorio, attira sulla terra ogni sorta di benedizioni, e rende maggiore gloria a Dio di tutte le sofferenze di tutti i martiri, delle penitenze di tutti i solitari, di tutte le lacrime che sono state sparse dall’inizio del mondo, e di tutte quelle che si spargeranno fino alla fine dei secoli.

Se me ne chiedete la ragione, è molto chiara: tutte quelle azioni sono compiute da dei peccatori, più o meno colpevoli; mentre nel santo sacrificio della Messa, è un Uomo-Dio, uguale a suo Padre, che gli offre il merito della sua morte e passione.

Comprendete da ciò, fratelli miei, che la santa Messa ha un prezzo infinito.
E così vediamo che al momento della morte di Gesù Cristo, si operarono molte conversioni: il buon ladrone ricevette l’assicurazione del Paradiso, molti Giudei si convertirono e alcuni Gentili si percossero il petto, confessando che egli era veramente il Figlio di Dio.
I morti risuscitarono, le rocce si fenderono,e la terra tremò.

Sì, fratelli miei, se avessimo la fortuna di assistervi con delle buone disposizioni, anche se avessimo la disgrazia di essere tanto ostinati, quanto i Giudei, più ciechi dei Gentili, o più duri delle rocce che si fenderono, noi otterremmo certissimamente la nostra conversione.

Infatti san Giovanni Crisostomo ci dice che non vi è un tempo più prezioso per trattare con Dio della nostra salvezza, di quello della santa Messa, in cui Gesù Cristo stesso si offre in sacrificio a Dio suo Padre, per ottenerci ogni genere di benedizioni e di grazie.

«Siamo nell’afflizione, ci dice questo grande santo, lì troviamo ogni sorta di consolazioni. Siamo travolti dalle tentazioni? andiamo ad ascoltare la santa Messa e vi troveremo la maniera di vincere il demonio».

E, di sfuggita, voglio citarvi un bell’esempio.
Racconta il papa Pio II, che un gentiluomo della provincia di Ostia, era continuamente combattuto dalla tentazione della disperazione, che lo incitava ad impiccarsi, e più volte era stato sul punto di farlo.

Essendo andato a trovare un santo religioso per manifestargli lo stato della sua anima e chiedergli consiglio, il servo di Dio, dopo averlo consolato e fortificato meglio che poteva, gli consigliò di avere in casa un sacerdote, che gli celebrasse tutti i giorni la santa Messa (all’epoca di Pio II – 1458/64, questo era possibile; n.d.a.).
Il gentiluomo gli disse che lo avrebbe fatto volentieri.
Nello stesso tempo andò a ritirarsi in un castello che possedeva, e tutti i giorni un santo prete gli celebrava la santa Nessa, alla quale assisteva con la più grande devozione che poteva.

Dopo alcuni giorni trascorsi in una grande tranquillità di spirito, accadde che il sacerdote lo pregasse di permettergli di andare a celebrare la santa Messa nel paese vicino, in occasione di una festa particolare; cosa che quello gli accordò facilmente, nell’intenzione di recarsi anche lui ad ascoltare la santa Messa.

Ma un affare che era sopravvenuto, lo bloccò, senza accorgersene, fino a mezzogiorno.
Allora, pieno di spavento per aver perso la santa Messa, cosa che non gli succedeva mai, e sentendosi già tormentato dalla sua vecchia tentazione, esce di casa e incontra un contadino che gli domanda dove stia andando.
«Vado, risponde il gentiluomo, ad ascoltare la santa Messa».
«Ma è troppo tardi, gli dice il contadino, le messe sono state dette già tutte».
Questa per lui fu una notizia così crudele, che si mise a gridare: «Ahimè! dal momento che ho perduto la santa Messa, io sono perduto!».

Il contadino, che lo vedeva in questo stato e che amava molto il denaro, gli disse: «Se vuoi io ti venderò la Messa che ho ascoltato e tutto il bene che ne ho tratto».
L’altro, senza riflettere a nulla, e così dispiaciuto per aver mancato alla santa Messa: «Ebbene! ti dò il mio mantello, gli disse!».

Quell’uomo non poteva certamente vendergli la santa Messa, senza commettere un grave peccato.
Essendosi separati, il gentiluomo non smette di continuare il suo cammino, per fare le sue preghiere in chiesa.
Ma, mentre se ne ritornava a casa, dopo averle fatte, trovò quel povero contadino avaro, appeso a un albero, nello stesso punto in cui aveva preso il mantello (si noti il parallelismo, forse sfuggito al curato, intento alla “legge del contrappasso”, tra la fine del contadino che aveva venduto la Messa, e Giuda che aveva venduto Gesù Cristo; n.d.a.).

Il buon Dio, come punizione della sua avarizia, permise che la tentazione del gentiluomo passasse a quell’avaro.
Colpito da quello spettacolo il gentiluomo ringraziò Dio per tutta la vita per averlo liberato da un così grande castigo, e non mancò mai più dall’assistere alla santa Messa, per ringraziare il buon Dio.

Nell’ora della morte egli confessò che da quando aveva ricevuto la felicità di assistere tutti i gioni alla santa Messa, il demonio non lo aveva più tentato di disperazione.

Ebbene, fratelli miei, san Giovanni Crisostomo non ha forse ragione a dirci che se siamo tentati, dobbiamo ascoltare con devozione la santa Messa, e saremo certi che il buon Dio ci libererà?
Sì, fratelli miei, se avessimo abbastanza fede, la santa Messa sarebbe un rimedio per tutti i mali che potremmo avere durante la nostra vita; infatti, Gesù Cristo, non è forse il nostro medico dell’anima e del corpo? (Si noti che non basta partecipare alla santa Messa, ma occorre farlo, come sottolinea continuamente il curato, con fede e devozione profonde; n.d.a.).

Abbiamo detto che la santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo, che è offerto a Dio solo, e non agli angeli o ai santi.

Voi sapete che il santo sacrificio della santa Messa è stato istituito il giovedì santo, allorchè Gesù Cristo prese del pane e lo cambiò nel suo Corpo, poi prese del vino e lo cambiò nel suo Sangue.

In quello stesso momento Egli diede ai suoi apostoli e a tutti i loro successori quel potere, che chiamiamo sacramento dell’Ordine.

La santa Messa consiste nelle parole della consacrazione; e voi sapete che i ministri della santa Messa sono i sacerdoti e il popolo, che ha la felicità di assistervi, se si unisce ad essi.
Da ciò deduco che il modo migliore di unirsi alla santa Messa è quello di unirsi al sacerdote in tutto quello che dice, di seguirlo in tutte le sue azioni, meglio che si possa, e cercare di essere pervasi dai più vivi sentimenti d’amore e di riconoscenza: bisogna osservare bene questo metodo (il curato ci spiazza totalmente con le sue intuizioni che precorrono il Vaticano II, per quanto riguarda l’affermazione che anche il popolo è “ministro” della Messa, insieme al sacerdote; per il resto si ricordi che la Messa si diceva in latino; n.d.a.).

Possiamo distinguere tre parti, nel sacrificio della santa Messa: la prima parte, dall’inizio fino all’offertorio; la seconda, dall’offertorio alla consacrazione; la terza, dalla consacrazione sino alla fine.

Vi faccio notare che se noi fossimo distratti volontariamente durante una di queste parti, commetteremmo un peccato mortale; questo deve indurci a stare molto attenti a non lasciar vagare il nostro spirito verso cose estranee, e cioè che non hanno alcuna relazione col sacrificio della santa Messa (il solito eccesso di valutazione del curato, ma bisogna ammettere che noi siamo passati abbondantemente all’eccesso opposto quanto a leggerezza e oltraggio; n.d.a.).

Io affermo, fratelli miei, che dall’inizio fino all’offertorio, ci dobbiamo comportare come dei penitenti che sono invasi dal più vivo dolore per i loro peccati.

Dopo l’offertorio, fino alla consacrazione, ci dobbiamo comportare come dei ministri che devono offrire Gesù Cristo a Dio, suo Padre, e fargli il sacrificio di tutto ciò che noi siamo, e cioè offrirgli i nostri corpi, le nostre anime, i nostri beni, la nostra vita, e perfino la nostra eternità (!).

Dopo la consacrazione, dobbiamo considerarci come delle persone che devono partecipare al Corpo adorabile e al Sangue prezioso di Gesù Cristo: e bisogna, di conseguenza, fare ogni sforzo per renderci degni di questa felicità.

Per farvelo meglio comprendere, frateli miei, io vi proporrò tre esempi tratti dalla Sacra Scrittura, che vi mostreranno la maniera in cui dovete ascoltare la santa Messa, e cioè, di che cosa vi dobbiate occupare durante questo momento, felice per colui che ha la fortuna di saperlo comprendere.

Il primo esempio è quello del pubblicano, che vi insegnerà quello che dovete fare all’inizio della santa Messa.
Il secondo è quello del buon ladrone, che vi insegnerà come vi dobbiate comportare durante la consacrazione.
Il terzo è quello del centurione, che vi guiderà durante la santa Comunione.

Noi diciamo che il pubblicano ci insegnerà come dobbiamo comportarci all’inizio della santa Messa, che è un’azione così gradita a Dio, e così potente per ottenerci ognigenere di grazie.

Non dobbiamo dunque aspettare di trovarci in chiesa per prepararci.
No, fratelli miei, no, un buon cristiano comincia a prepararsi quando si sveglia, non permettendo che nulla, che non sia in rapporto con questa felicità, occupi il proprio spirito.

Dobbiamo rappresentarci Gesù Cristo nell’orto degli ulivi mentre, prostrato con la faccia a terra, si prepara al sacrificio cruento che sta per soffrire sul calvario, e la grandezza della sua carità, che sta per fargli subire il castigo che noi dovremmo subire per tutta l’eternità.

Bisogna venirci a digiuno, per quanto ci è possibile; ciò è molto gradito al buon Dio
Agli inizi della Chiesa, tutti i cristiani vi andavano a digiuno.

Al mattino, bisogna che non vi lasciate occupare lo spirito dai vostri affari temporali, ricordandovi che, avendo lavorato tutta la settimana per il vostro corpo, è ben giusto che doniate questo giorno alla cura della vostra anima, e a domandare al buon Dio perdono dei vostri peccati.

Quando venite in chiesa, non fate conversazione; pensate che state seguendo Gesù Cristo che porta la sua croce sul calvario, e che va a morire per salvervi.

Dovete avere sempre un momento, prima della santa Messa, per raccogliervi un po’; per gemere sui propri peccati e chiederne perdono al buon Dio; per esaminare le grazie che ci sono più necessarie, per domandargliele durante la Messa; e state attenti a non dimenticare mai l’acqua benedetta e a non mancare alla lettura della passione nè alle processioni, perchè sono delle azioni sante che vi preparano ad ascoltare bene la Messa (si riferisce all’usanza dell’epoca, in alcune parrocchie, dove si leggevano brani della passione prima della Messa quotidiana, e si svolgeva una breve processione, prima della Messa della domenica, nel periodo da maggio a settembre; n.d.a.).

Appena entrate in chiesa, siate pervasi dalla grandezza della vostra felicità con un atto di fede vivissimo, e un atto di contrizione per i vostri peccati, che vi rendono indegni di avvicinarvi a un Dio così santo e così grande.

Pensate, in quel momento, alle disposizioni del pubblicano, quando entrò nel tempio per offrire a Dio il sacrificio della sua preghiera.
Ascoltate san Luca: «Il pubblicano, ci dice, rimase in fondo al tempio, abbassando gli occhi verso terra, non osando guardare l’altare, e percuotendosi il petto, dicendo a Dio: “Abbi pietà di me, Signore, perchè sono un grande peccatore”».

Vedete dunque, fratelli miei, che egli non faceva come quei cristiani che entrano nelle nostre chiese con un’aria fiera e arrogante, che, come dice il profeta Isaia, sembrano persone che non hanno nulla sulla coscienza, che possa umiliarle davanti al loro Creatore.

Infatti, se volete prendervi la briga di veder entrare questi cristiani, che forse hanno più peccati sulla loro coscienza, dei capelli che hanno sulla testa, li vedrete, ve l’assicuro, entrare con un’aria di sdegno, o piuttosto, con una specie di disprezzo della Presenza di Dio.

Essi prendono l’acqua benedetta, pressappoco come prendono l’acqua dalla bacinella per lavarsi le mani, quando ritornano dal lavoro: lo fanno, per la maggior parte, senza devozione e senza pensare che l’acqua benedetta, presa con molto rispetto, cancella i peccati veniali, e ci dispone ad ascoltare bene la santa Messa.

Guardate il nostro pubblicano, che, credendosi indegno di entrare nel tempio, va a mettersi nell’angolo meno appariscente che possa trovare. Egli è talmente confuso alla vista dei suoi peccati, che non osa nemmeno alzare gli occhi al Cielo.

Egli è dunque molto lontano da quei cristiani di nome che non si sentono mai al posto giusto, che si mettono in ginocchio solo su una seggiola (specie di inginocchiatoio; n.d.a.), che abbassano appena la testa durante l’elevazione, che si stendono sulla sedia o incrociano le gambe.

Non diciamo nulla di tutta quella gente che dovrebbe venire in chiesa per piangere i propri peccati, ma che vengono solo per insultare un Dio umiliato e disprezzato, a causa delle loro esibizioni di vanità, con l’intenzione di attirare gli occhi del mondo, e altri per ravvivare il fuoco delle loro passioni criminali.

O mio Dio! con tali disposizioni si può mai osare venire ad assistere alla santa Messa?

Ma il nostro pubblicano, ci dice sant’Agostino, batte il suo cuore, per mostrare a Dio il dispiacere che sente per averlo offeso.

Ahimè! fratelli miei, se i cristiani avessero la fortuna di assistere alla santa Messa con le stesse disposizioni del pubblicano, quante grazie, quanti beni noi otterremmo!
Noi usciremmo più carichi di beni del Cielo, delle api dopo aver trovato più fiori di quelli che cercavano!

Oh! se il buon Dio ci facesse la grazia che, all’inizio della santa Messa, fossimo ben penetrati della grandezza di Gesù Cristo, davanti al quale stiamo comparendo, e del peso dei nostri peccati, noi avremmo già ottenuto il perdono dei nostri peccati, e la grazia della perseveranza!

Dobbiamo soprattutto conservarci in un grande sentimento di umiltà, durante la santa Messa; è l’atteggiamento che il sacerdote ci deve ispirare quando discende dall’altare per recitare il “Confiteor”, inchinandosi profondamente, lui che, occupando il posto di Gesù Cristo stesso, sembra farsi carico di tutti i peccati dei suoi parrocchiani.

Ahimè! se il buon Dio ci facesse comprendere bene, una sola volta, che cos’è la santa Messa, quante grazie e quanti beni ci perdiamo, che potremmo guadagnare! Quanti pericoli dai quali saremmo preservati, se avessimo una grande devozione verso la santa Messa!

Per dimostrarvelo, fratelli miei, vi citerò un bell’esempio, che vi mostrerà che il buon Dio protegge in una maniera visibile, coloro che hanno la felicità di assistervi con devozione.

Leggiamo nella storia, che santa Elisabetta, regina del Portogallo, e nipote di santa Elisabetta, regina di Ungheria, era così caritatevole verso i poveri che, sebbene avesse ordinato al suo elemosiniere di non rifiutare loro mai nulla, faceva anche continue elemosine con le sue mani o per mezzo dei suoi domestici.

Ella si serviva di solito di un paggio, di cui aveva conosciuto la grande pietà.
Vedendo ciò, un altro paggio ne divenne geloso.

Egli andò un giorno a trovare il re, e gli disse che un certo paggio aveva un commercio criminale con la regina.

Il re, senza per nulla verificare, decise subito di disfarsi di quel paggio, il più segretamente possibile.
Poco tempo dopo, essendosi trovato a passare in un luogo dove si faceva cuocere della calce, fece chiamare le persone addette ad alimentare il fuoco della fornace, e disse loro che, l’indomani mattina, avrebbe inviato loro un paggio di cui era scontento, che avrebbe chiesto loro se avessero eseguito gli ordini del re; essi avrebbero dovuto prenderlo e gettarlo immediatamente nel fuoco.

Dopo di ciò se ne tornò a palazzo e comandò al paggio della regina, di andare l’indomani, di buonora, a fare quella commissione.

Ma vedrete come il buon Dio non abbandona mai coloro che lo amano.
Il buon Dio permise che il paggio della regina passasse davanti a una chiesa, mentre andava a fare la commissione, e che sentisse in quel momento suonare il campanello dell’Elevazione.
Allora entra per adorare Gesù Cristo e ascoltare il resto della Messa. Poi ne inizia un’altra, e ascolta anche quella; un’altra ancora comincia, non appena finisce la seconda, e ascolta anche quella.

Intanto il re, impaziente di sapere se i suoi ordini erano stati eseguiti, invia il suo paggio per chiedere a quei tali se avessero fatto ciò che aveva comandato loro.
Credendo che si trattasse del paggio della regina, essi lo prendono e lo gettano nel fuoco.

L’altro paggio, che nel frattempo aveva terminato le sue devozioni, va a fare la sua commissione, chiedendo agli addetti alla fornace della calce, se avessero fatto quello che il re aveva ordinato loro.
Quelli risposero di sì.
Allora ritornò per dare la risposta al re, il quale rimase tutto stupito nel vederlo tornare vivo.

Montato su tutte le furie per ciò che era successo, e cioè l’esatto contrario di come si aspettava, il re gli chiese dove fosse stato per tutto quel tempo.
Il paggio rispose che ,passando davanti a una chiesa, per andare dove gli aveva ordinato, aveva sentito il campanello dell’Elevazione, e si era sentito obbligato ad entrare, e che poi era rimasto sino alla fine della Messa, e che essendo iniziata un’altra Messa, prima che finisse la prima, e in seguito una terza, egli le aveva ascoltate tutte e tre.

Aveva agito così perchè suo padre, prima di morire, dopo avergli dato la sua benedizione, gli aveva raccomandato di non lasciare mai una Messa già iniziata, senza aspettare che finisse, perchè questo gli avrebbe attirato molte grazie, e lo avrebbe preservato da molte disgrazie (devozione “scrupolosa”, ma non priva di giusta motivazione: sarebbe stato un segno di mancanza di galateo dello spirito, uscire di chiesa, mentre stava per rinnovarsi il miracolo dell’Eucaristia; meno male, però, che le messe furono soltanto tre…; n.d.a.).

Allora il re, rientrato in se stesso, comprese bene che tutto ciò era accaduto per un giusto giudizio di Dio; comprese che la regina era innocente, e che il paggio era un sant’uomo; e che quindi l’altro paggio aveva agito solo per invidia.

Vedete, fratelli miei, che quel povero giovane sarebbe stato bruciato, se non fosse stato per la sua devozione, e che il buon Dio gli ispirò di entrare in chiesa, per preservarlo dalla morte; mentre l’altro, che era senza devozione per Gesù Cristo, nel sacramento adorabile dell’Eucaristia, era stato gettato nel fuoco.

San Tommaso ci dice che egli vide un giorno, durante la santa Messa, Gesù Cristo, con le mani piene di tesori, che cercava di distribuire; se avessimo la fortuna di assistere santamente e spesso, alla santa Messa, potremmo ricevere molte più grazie di quelle che abbiamo, per salvare le nostre anime, e anche riguardo ai beni temporali.

In secondo luogo, abbiamo detto che il buon ladrone ci istruirà sul modo di comportarci durante il tempo della Consacrazione e dell’Elevazione della santa Ostia, che è il momento in cui dobbiamo offrirci a Dio, con Gesù Cristo, essendo noi coloro che devono partecipare a questo augusto mistero.

Vedete, fratelli miei, come questo fortunato penitente si comporta nel momento stesso del suo supplizio; guardate come apre gli occhi dell’anima, per riconoscere il suo Liberatore?
Ma anche, fratelli miei, quale progresso compie durante le tre ore in cui si trova in compagnia del suo Salvatore morente?

Egli è appeso alla croce, non gli resta più libero se non il suo cuore e la sua lingua; guardate con quale prontezza egli offre a Gesù Cristo, l’uno e l’altra: gli dona tutto ciò che gli può donare, gli consacra il suo cuore per mezzo della fede e della speranza, gli domanda umilmente un posto in Paradiso, cioè nel suo Regno eterno.
Gli consacra la sua lingua, proclamando la Sua innocenza e la Sua santità.

Egli dice al suo compagno di supplizio: «E’ giusto che noi soffriamo; ma Lui è innocente».
Mentre gli altri non pensano ad altro che ad oltraggiare Gesù Cristo con le bestemmie più orribili, egli invece gli fa il panegirico (sic).
Mentre i suoi stessi discepoli lo abbandonano, egli prende le sue difese; e la sua carità è così grande, che fa ogni sforzo per indurre l’altro alla conversione.

No, fratelli miei, non dobbiamo affatto stupirci se scopriamo tante virtù in questo buon ladrone, perchè non vi è nulla che sia più capace di convertirci, della vista di Gesù Cristo morente; non c’è altro momento in cui la grazia ci sia donata con tanta abbondanza, e ne siamo testimoni ogni giorno.

Ahimè! fratelli miei, se in quel momento felice della Consacrazione, avessimo la fortuna di essere animati da una fede viva, una sola Messa basterebbe, per tirarci fuori da qualunque vizio in cui ci trovassimo, e renderci dei veri penitenti, e cioè, dei perfetti cristiani (interessante equazione…; n.d.a.).

«Perchè mai, mi direte voi, assistiamo a tante messe ma restiamo sempre gli stessi?».
Fratelli miei, è perchè vi siamo presenti solo con il corpo, mentre il nostro spirito non lo è affatto; e sembra quasi che veniamo per completare la nostra riprovazione, date le pessime disposizioni con le quali vi assistiamo.

Ahimè! quante messe ascoltate male, che, ben lungi dall’assicurarci la salvezza, ci induriscono ancora di più!
Gesù Cristo, essendo apparso a santa Matilde, le disse: «Sappi, figlia mia, che i santi saranno presenti alla morte di tutti coloro che avranno ascoltato devotamente la santa Messa, per aiutarli a ben morire, per difenderli contro le tentazioni del demonio, e per presentare le loro anime a mio Padre ».
Quale fortuna per noi, fratelli miei, essere assistiti, in quel momento temibile, da tanti santi, per quante messe abbiamo ascoltate!…

No, fratelli miei, non temiamo mai che la santa Messa ci faccia ritardare nei nostri affari temporali; è tutto il contrario: possiamo essere certi che tutto andrà per il meglio, e che anche i nostri affari riusciranno meglio, che se avessimo la disgrazia di non assistervi.
Eccovene un esempio ammirevole.

Si racconta di due artigiani, che facevano lo stesso mestiere e che dimoravano nello stesso villaggio.
Uno dei due, pur essendo gravato da una gran quantità di figli, non mancava mai di ascoltare ogni giorno la santa Messa, e viveva molto agiatamente nel suo mestiere.
L’altro, al contrario, che non aveva figli, lavorava una parte della notte e per l’intero giorno, e spesso anche nel santo giorno di domenica, e ciononostante aveva tutte le difficoltà del mondo, per riuscire a sopravvivere.

Costui, che vedeva come gli affari dell’altro andassero alla perfezione, gli chiese, un giorno che lo aveva incontrato, come faceva a mantenere tanto bene una famiglia così grande come la sua, mentre lui, che non aveva altri che se stesso e la moglie, e che lavorava senza sosta, era spesso sprovvisto di ogni cosa.

L’altro gli rispose che, se avesse voluto, gli avrebbe mostrato l’indomani, da dove provenisse tutto il suo profitto.
L’altro, molto contento per questa bella notizia, non vedeva l’ora che arrivasse l’indomani, quando avrebbe imparato a fare la sua fortuna.
Infatti, l’altro, non mancò di andarlo a prendere. Quello parte di buon animo e lo segue con tutta fedeltà.
L’altro lo condusse fino in chiesa, dove ascoltarono la santa messa.

Quando furono tornati: «Amico mio, gli dice colui che stava nell’agio, ritorna al tuo lavoro».
L’indomani fecero la stessa cosa; ma quando lo andò a prendere per la terza volta, per fare la stessa cosa: «Ma come, gli disse l’altro, se volessi andare a Messa, conosco bene la strada, senza che tu ti dia pena di venirmi a prendere; non era questo che volevo sapere, ma volevo conoscere il luogo in cui trovi tutto quel bene che ti fa vivere agiatamente; volevo vedere se, facendo come te, avrei potuto avere il mio tornaconto».
«Amico mio, gli rispose l’altro, io non conosco altro luogo che la chiesa, e non ho altro mezzo, se non quello di ascoltare ogni giorno la santa Messa; per quanto mi riguarda, ti assicuro che non ho impiegato nessun altro mezzo per ottenere tutti quei beni che ti lasciano stupito.
Ma non hai sentito quello che Gesù Cristo ci dice nel Vangelo, e cioè di cercare prima il Regno dei Cieli, e tutto il resto ci sarà donato?».

Queste parole fecero comprendere a quell’uomo qual era il piano dell’altro, quando lo portava ad ascoltare la santa Messa.

«Ebbene! gli rispose, hai ragione: colui che conta solo sul suo lavoro è un cieco, e io constato che mai la santa Messa farà impoverire nessuno. Tu ne sei una prova molto convincente.
Voglio fare come te, e spero che il buon Dio mi benedirà».

Infatti l’indomani, cominciò, e continuò per tutta la vita, e, in poco tempo, divenne fortemente agiato.
Quando gli chiedevano come mai adesso, non lavorasse più di domenica nè di notte, come prima, andasse ogni giorno a Messa, e divenisse sempre più ricco, egli rispondeva: «Ho seguito il consiglio del mio vicino; andate a trovarlo ed egli vi insegnerà a star bene, senza lavorare di più, ma ascoltando la Messa tutti i giorni».

Questo forse vi stupisce, fratelli miei? A me no.
E’ ciò che vediamo tutti i giorni nelle famiglie dove si pratica la pietà: quelli che vengono più spesso alla santa Messa, svolgono molto meglio i loro affari, di coloro ai quali la loro poca fede fa credere di non avere mai tempo.

Ahimè! se avessimo posto tutta la nostra confidenza in Dio, e non contassimo per nulla sul nostro lavoro, come saremmo più felici di come lo siamo!

«Ma, mi direte voi, se non abbiamo nulla, nessuno ci regalerà niente».
Ma che cosa volete che il buon Dio vi doni, se voi contate esclusivamente sul vostro lavoro, e per nulla su di Lui, dal momento che non vi prendete nemmeno il tempo di fare le vostre preghiere al mattino e alla sera, ma vi accontentate di venire alla santa Messa una volta la settimana?

Ahimè! voi non conoscete affatto le risorse della Provvidenza del buon Dio, per colui che confida in Lui.
Ne volete una prova molto convincente? E’ davanti ai vostri occhi: gettate lo sguardo sul vostro pastore, ed esaminate ciò davanti a Dio.

«Oh! mi direte voi, ma a te danno qualcosa».
Ma chi mi dà qualcosa, se non la Provvidenza del buon Dio? Ecco dove sono i miei tesori, e da nessun’altra parte!
Ahimè! com’è cieco l’uomo per tormentarsi tanto, per poi essere dannato e rimanere molto infelice anche in questo mondo!
Se aveste la fortuna di pensare alla vostra salvezza e di assistere alla santa Messa, per quanto vi sia possibile, voi vedreste ben presto la prova di ciò che vi dico.

No, fratelli miei, non vi è momento più prezioso per domandare a Dio la nostra conversione, di quello della santa Messa; e ve lo dimostrerò.

Un santo eremita, di nome Paolo, vide un giovane, ben vestito, che entrava in una chiesa, e una gran quantità di demoni lo accompagnava; ma, dopo la santa Messa, egli vide uscire il giovane, accompagnato da una schiera di angeli, che camminavano al suo fianco.
«O mio Dio! gridò il santo, è proprio vero che la santa Messa ti è gradita!».

Il santo concilio di Trento ci dice che la santa Messa placa la collera di Dio, converte il peccatore, rallegra il Cielo, solleva le anime del Purgatorio, rende gloria al buon Dio, e attira ogni genere di benedizioni sulla terra.
Oh! fratelli miei, se potessimo comprendere bene che cosa sia il sacrificio della santa Messa, con quale rispetto vi assisteremmo!…

Il santo abate Nilo ci racconta che il suo maestro, san Giovanni Crisostomo, gli aveva detto un giorno, in confidenza, che egli vedeva, durante la santa Messa, una schiera di angeli che discendeva dal Cielo per adorare Gesù Cristo sull’altare, e che molti di loro andavano lungo la chiesa, per ispirare ai fedeli il rispetto e l’amore che dovevano avere per Gesù Cristo presente sull’altare.
Momento prezioso, momento felice per noi, fratelli miei, quello in cui Gesù Cristo è presente sui nostri altari!
Ahimè! se i padri e le madri lo comprendessero bene e ne sapessero approfittare, i loro figli non sarebbero così miserabili, così lontani dalla strada del Cielo!
Mio Dio! quanta povera gente, presso un tesoro così grande!

Abbiamo detto anche che il centurione ci servirà di esempio quando avremo la felicità di accostarci alla Comunione, sia spiritualmente che corporalmente.

Dico che dobbiamo comunicarci spiritualmente, per mezzo di un grande desiderio di unirci a Gesù Cristo.
L’esempio di questo centurione è così ammirevole, che sembra che la Chiesa abbia piacere a mettercelo davanti agli occhi, ogni giorno, alla santa Messa.
«Signore, gli dice quest’umile servitore, io non sono degno che tu entri nella mia casa, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito».

Ah! se il buon Dio vedesse in noi questa stessa umiltà, questo stesso riconoscimento del nostro nulla, con quale piacere e con quale abbondanza di grazie verrebbe nel nostro cuore?
Quale forza e quale coraggio, per vincere il nemico della nostra salvezza!

Vogliamo, fratelli miei, ottenere un cambiamento della nostra vita, e cioè abbandonare il peccato per ritornare al buon Dio?
Ascoltiamo qualche messa con questa intenzione, e saremo sicuri, se la ascoltiamo devotamente, che il buon Dio ci aiuterà a uscire dal peccato. Eccovene un esempio.

Si racconta nella storia che una giovane, per molti anni, conduceva una vita molto miserabile, con un giovane uomo.
Tutt’a un tratto, ella si sentì sconvolta dalla paura, considerando lo stato in cui si doveva trovare la sua povera anima, conducendo la vita cher stava conducendo (e che oggi è diventata quasi la norma; n.d.a.)..

Subito, dopo la santa Messa, va a trovare un sacerdote per pregarlo di aiutarla a uscire dal peccato.
Il sacerdote, che conosceva la sua vita, le chiese che cosa l’avesse condotta a un tale cambiamento.
«Padre mio, gli rispose, durante la santa Messa, che mia madre, prima di morire, mi fece promettere di ascoltare tutti i sabati, ho concepito un così grande orrore del mio stato, che non posso più contenermi».
«O mio Dio! gridò il santo prete, ecco un’anima salvata per i meriti della santa Messa!».

Ah! fratelli miei, quante anime uscirebbero dal peccato, se avessero la fortuna di ascoltare la santa Messa con delle buone disposizioni!
Non dobbiamo meravigliarci se il demonio ci mette in testa tanti strani pensieri. Ahimè! è perchè egli prevede molto meglio di voi la perdita che subite, assistendovi con poco rispetto e devozione.
Ah! fratelli miei, come la santa Messa ci preserva da tanti accidenti e da morte repentina!
Quante persone che, per una santa Messa che hanno ascoltato, il buon Dio preserverà dalla disgrazia! Sant’Antonino ce ne racconta un bell’esempio.

Egli ci dice che un giorno di festa, vi erano due giovani che erano andati a fare una partita di caccia: uno di essi aveva ascoltato la santa Messa, l’altro no.

Essendo in cammino, il tempo si oscurò; essi sentivano i tuoni più spaventosi, e vedevano dei fulmini così frequenti, che sembrava loro che il cielo si stesse incendiando.
Ma ciò che li spaventava di più era il fatto che, tra tutti quei fulmini, essi sentivano continuamente una voce che sembrava riecheggiare nell’aria, e che diceva: «Colpite questi disgraziati, colpiteli!».

Ma, essendosi calmato un po’ il tempo, essi si rassicurarono.
Mentre continuavano il cammino, all’improvviso venne un colpo di tuono, che ridusse in polvere colui che non aveva ascoltato la santa Messa (non il tuono, ma il fulmine lo aveva incenerito; n.d.a.).

L’altro fu colpito da un così grande terrore, che non sapeva se dovesse procedere oltre, o se dovesse gettarsi per terra.
Mentre si trovava in questo spavento, sentì la voce che gridava: «Colpite, colpite il disgraziato!», ciò che raddoppiò tanto più il suo terrore, perchè aveva visto cadere il compagno ai suoi piedi.
«Colpite, colpite anche costui!», ripeteva la voce.
Mentre si credeva perduto, sentì un’altra voce che diceva: «No, non lo colpite, perchè ha ascoltato la santa Messa questa mattina!».

E così, fu la santa Messa che aveva ascoltato prima di partire, che lo preservò da una morte così spaventosa (dietro l’ingenuità dei racconti del santo curato, adatti alla mentalità dei suoi parrocchiani, si cela sempre un profondissimo insegnamento, che solo “i piccoli” possono cogliere, mentre “i sapienti e gli intelligenti”, restano più ignoranti e ottusi di prima: è così che agisce il Padre, secondo Gesù, cfr. Luca 10,21; n.d.a.).

Vedete, fratelli miei, come il buon Dio ci accordi le grazie e ci preservi dalle disgrazie, se abbiamo la fortuna di ascoltare la santa Messa come si deve?
Ahimè! quali castighi si devono aspettare tutti coloro che non hanno nessuna difficoltà ad assentarsi la domenica!
Per prima cosa, riguardo ai castighi visibili, essi periranno quasi tutti miseramente, i loro beni cadranno in decadimento, la fede abbandonerà il loro cuore, e per questo sono doppiamente disgraziati (oltre ai castighi invisibili che subiranno dopo…; n.d.a.).

Mio Dio! com’è cieco l’uomo sotto ogni punto di vista, sia riguardo all’anima che riguardo al corpo!

La maggior parte delle persone del mondo, ascoltano la santa Messa come i farisei, come il cattivo ladrone, o come Giuda (l’esatto contrario dei tre modelli: pubblicano, buon ladrone e centurione, proposti fin qui; n.d.a.).

Abbiamo detto che la santa Messa è il ricordo della morte di Gesù Cristo sul Calvario; è per questo che Gesù Cristo vuole che tutte le volte che celebriamo il sacrificio della Messa, lo facciamo in memoria di Lui.

Tuttavia, dobbiamo ammettere, gemendo, che mentre rinnoviamo la memoria delle sofferenze di Gesù Cristo, molti di coloro che assistono rinnovano il crimine dei Giudei e dei carnefici che lo inchiodarono sulla croce.

Ma, per farvi meglio conoscere se siete del numero di coloro che disonorano la sorte dei nostri santi misteri, io vi farò notare, fratelli miei, che fra coloro che furono testimoni della morte di Gesù Cristo sulla croce, ve ne erano di tre specie.

Gli uni non facevano che passare davanti alla croce, senza fermarsi e senza coinvolgersi in sentimenti di vero dolore, più insensibili delle creature più inanimate (sic).

Gli altri si avvicinavano al luogo del supplizio e consideravano tutte le circostanze della passione di Gesù Cristo; ma lo facevano solo per burlarsi di essa, per farne oggetto di derisione e oltraggiarla con le bestemmie più orribili.

Infine, un piccolo numero versava lacrime amare nel vedere tante crudeltà sul corpo del loro Dio e del loro Salvatore.

Considerate ora in quale di queste categorie vi trovate.
Non voglio parlare di coloro che corrono ad ascoltare la Messa, di fretta, in una parrocchia dove intrattengono qualche affare, nè di coloro che vengono a Messa, a metà della celebrazione, e che, nell’altra metà vanno a trovare un vicino per bere una bottiglia; lasciamo da parte tutti questi, perchè sono delle persone che vivono come se fossero sicure di non avere nessun’anima da salvare; esse hanno perso la fede e, perciò per loro tutto è perduto.

Ma parliamo solo di coloro che vengono a Messa solitamente.

Io affermo che parecchi di loro non vengono che per vedere e per essere visti, con un’aria del tutto dissipata, come se andassero al mercato, in una fiera o, oserei dire, in una sala da ballo.

State in chiesa senza modestia, mettete appena le ginocchia per terra durante l’Elevazione o la Comunione.
Forse che pregate, fratelli miei?…
Ahimè! no, perchè vi manca la fede.

Ditemi, quando andate a trovare qualche persona che è al di sopra di voi, per chiederele qualche favore, voi vi concentrate lungo tutto il viaggio; entrate con modestia, fate loro un profondo saluto, vi togliete il cappello davanti a loro, e non pensate nemmeno a sedervi; avete gli occhi bassi, e non pensate che alla maniera di esprimervi bene, e con i termini più eleganti.
Se fate qualche errore, vi scusate subito per la vostra poca educazione…
Se quelle persone vi ricevono con bontà, sentite la gioia nascere nel vostro cuore.

Ebbene, ditemi, fratelli miei, non dovreste restare confusi, vedendo che prendete tante precauzioni per qualche bene temporale, mentre quando venite in chiesa, avete una certa aria di sdegno, di disprezzo, davanti a un Dio che è morto per salvarci, e che sparge ogni giorno il suo Sangue, per ottenervi la grazia presso il Padre suo?.

Quale affronto, fratelli miei, sarà mai per Gesù Cristo, vedersi insultato da così vili creature?

Ahimè! quanti ce ne sono che durante la santa Messa commettono più peccati che durante tutta la settimana!
Gli uni non pensano affatto al buon Dio, altri parlano, mentre il loro cuore e il loro spirito si ottenebrano, per gli uni, a causa dell’orgoglio o del desiderio di apparire piacevoli, per gli altri a causa dell’impurità.

O grande Dio! come possono nominare Gesù Cristo, che è lì vicino a loro, così santo e così puro?…

Quanti altri, poi, lasciano entrare e uscire tutti i pensieri e i desideri che il demonio vuole ispirare loro.

Quanti non hanno nessuna difficoltà a guardare, a girare la testa, a ridere e chiacchierare, a dormire come sul loro letto, e forse anche meglio.

Ahimè! quanti cristiani che escono dalla chiesa forse con trenta o cinquanta peccati mortali in più, rispetto a quando vi sono entrati!

«Ma, mi direte voi, allora è meglio non assistervi proprio».
Lo sapete che cosa è meglio fare? Assistervi ed assistervi bene, come si deve, facendo tre sacrifici a Dio, e cioè: il sacrificio del vostro corpo, del vostro spirito e del vostro cuore.

Ho detto sacrificio del corpo, il quale deve onorare Gesù Cristo con una modestia religiosa.
Sacrificio dello spirito: ascoltando la santa Messa dobbiamo essere penetrati dal nostro nulla e dalla nostra indegnità, evitando ogni sorta di dissipazione, respingendo lontano da noi le distrazioni.
Inoltre dobbiamo consacrare a Lui il nostro cuore, che è l’offerta che gli è più gradita, poichè è il nostro cuore che egli ci chiede con tanta insistenza: «Figlio mio, ci dice, dammi il tuo cuore».

Concludiamo, fratelli miei, dicendo che siamo davvero molto disgraziati quando ascoltiamo male la santa Messa, perchè noi troviamo la nostra riprovazione proprio là dove gli altri trovano la loro salvezza.

Voglia il Cielo che tutte le volte che lo possiamo, assistiamo alla santa Messa, poichè le grazie vi abbondano, e che vi apportiamo sempre le migliori disposizioni che possiamo, e che per questo attiriamo su di noi ogni genere di benedizioni, in questo mondo e nell’altro!…
E’ ciò che vi auguro.

fonte: https://jean-marievianney.blogspot.com

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