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Le omelie del S. Curato d’Ars: credere in Dio

Ha detto l’empio nel suo cuore: no, non c’è nessun Dio
(Salmo 13,1)

Il peccatore, fratelli miei, sedotto dal demonio e accecato dalle sue passioni grida: «No, no, non esiste nessun Dio».
Egli vorrebbe che non esistesse, per potersi abbandonare con maggiore libertà al furore delle sue inclinazioni corrotte, poichè, se ammettesse l’esistenza di un Dio, dovrebbe ammettere anche la giustizia di Dio e, di conseguenza, che il peccato è punito e la virtù ricompensata.
Quest’insensato non fa attenzione al fatto che il Nome di Dio è impresso nel suo cuore col dito stesso del Creatore.
Invano nega l’esistenza del suo Dio; la sua coscienza glielo dimostrerà ogni giorno.
Da dove provengono dunque queste parole, che si dicono anche senza pensarci: «Mio Dio! come sono disgraziato! Mio Dio! abbi pietà di me!…» (allude all’automatismo di certe interiezioni o esclamazioni, come appunto “mio Dio!”,che sembrano connaturali all’animo umano, ateo compreso; n.d.a.).

Se Dio non esistesse, non sarebbe questa la più grande di tutte le disgrazie?
A cosa servirebbero dunque tutte le lacrime, le penitenze e i sacrifici di tanti cristiani?
No, no, fratelli miei, lungi da noi un pensiero così disperante!
Esiste un Dio che ci vede e che ci giudicherà, per ricompensarci, se abbiamo fatto il bene e evitato il male; per punirci, se ci siamo abbandonati in balia delle nostre passioni.
Sì! c’è una santa religione, che costituisce tutta la felicità di colui che osserva ciò che essa comanda.
Lasciamo, lasciamo gridare gli empi nella loro frenesia e nella loro demenza; poniamoci tranquillamente sul seno della nostra religione divina, e all’ombra del nostro Creatore.
O mio Dio! fa’ discendere un raggio della tua luce nel cuore di questi poveri ciechi, e allora vedranno ciò che non hanno ancora visto, e conosceranno ciò che non hanno ancora voluto conoscere.
Volervi dimostrare, fratelli miei, che esiste un Dio, sarebbe, io credo, farvi un affronto; parlo a buoni cristiani e non a degli atei, e cioè a delle persone che non credono a nulla, e che negano tutto.
Se per disgrazia se ne trovasse qualcuno fra di voi, cosa che non credo, la cui bocca fosse così blasfema da vomitare tali bestemmie, lo farebbe solo in un momento di disperazione, e subito sentirebbe la voce della sua coscienza che lo smentisce.
Sì, fratelli miei, dobbiamo essere molto convinti che, se ci sono degli empi così disgraziati da dirlo a parole (cioè a negare che Dio esista; n.d.a.), in realtà non lo credono sul serio; ma ve lo farò vedere in seguito.

La religione nella quale abbiamo avuto la fortuna di nascere, è molto antica.
E’ Dio stesso che ce l’ha portata dal cielo per donarla ad Adamo, nostro primo padre, allorchè, ponendolo nel Paradiso terrestre, gli promise beni infiniti se fosse stato fedele ai suoi comandamenti, e lo minacciò, se li avesse trasgrediti, con una punizione rigorosa per lui e per i suoi discendenti.
Adamo peccò, e il Signore lo condannò, con tutta la sua razza, a ogni sorta di mali.
Adamo si pentì, e fece penitenza; Dio lo pèrdonò e gli rese la sua amicizia, a lui e a tutta la sua discendenza.
Poi questa santa religione ci è stata trasmessa di generazione in generazione, dai patriarchi e dai profeti, fino alla venuta del Messia; poi il Salvatore, la trasmise per mezzo degli apostoli e dei loro successori, e continuerà così fino alla fine dei secoli.
Gesù Cristo ci ha detto che essa durerà fino a che durerà il mondo, malgrado il furore dell’inferno, degli idolatri e dei cattivi cristiani, che sono i suoi più crudeli nemici.
Gesù Cristo ci ha promesso che essa si conserverà tra noi, senza mai essere interrotta, fino alla consumazione dei secoli.
Essa è una, santa, cattolica apostolica e romana; essa ha sempre creduto ciò che crederà sino alla fine del mondo, ed essa ha sempre comandato e proibito ciò che comanderà e proibirà sempre; essa non aggiungerà nè cambierà nulla di ciò che ha già stabilito: qualità che non si trovano che nella sola religione cattolica, istituita da Gesù Cristo stesso, e, come Lui immutabile per sempre (Ebrei 13, 8-9!; la dottrina dogmatica e morale è sostanzialmente immutabile nelle varie epoche della storia, anche se si sviluppa come un seme che si trasforma in albero, senza mutare di specie, ossia senza che ci sia “evoluzione”, ma unicamente esplicitazione e attualizzazione dall’interno; n.d a.).

Ma una prova che non è meno forte e meno convincente, come supporto a questa verità, è l’omaggio che hanno reso alla religione cattolica quasi tutti i suoi più crudeli persecutori, disapprovando pubblicamente, nell’ora della morte, tutti gli orrori e le bestemmie che essi stessi avevano vomitato contro di essa, durante la loro vita.
Se ciò fosse necessario, ve ne citerei un numero infinito.
Ma no, lasciamo da parte i d’Alembert, i Diderot, i Jean-Jacques Rousseau, e tanti altri che sono vissuti molto vicini a noi.
Accontentiamoci di un solo episodio, che sarà sufficiente per convincervi perfettamente.
E’ la fine tragica di quell’empio dell’ultimo secolo, e cioè di Voltaire, che forse avete conosciuto bene anche voi, per i suoi scritti infami e infernali che egli ha sparso durante più di trent’anni.
Nei suoi scritti, tutta la sua occupazione fu quella di sciorinare tutto quello che il suo furore potè suggerirgli, per oscurare e distruggere la religione.
Egli non temette di dire nel prefazio di uno dei suoi scritti, che il giovane che avesse letto il suo libro, non lo avrebbe ancora terminato, che il suo cuore si sarebbe già pervertito.
Quando sciveva ai suoi amici, cioè a degli empi, non mancava quasi mai di aggiungere queste parole orribili: «Schiacciamo l’infame!», riferendosi alla nostra santa religione! volendo dire con queste parole: Facciamo tutto quello che possiamo per distruggere una religione che ci fa una guerra crudele e continua.
Se lo avete sentito, avrete detto forse in voi stessi: «Ecco un uomo che sa leggere, scrivere, che è colto, ricco e nobile; potrebbe mai perdersi?».
Ah! amici miei, seguitemi un istante dietro a quest’uomo.

Egli si è ammalato, andiamo a parlargli; domandategli se adesso non ha nessuna paura; se crede che quando sarà morto tutto sarà finito, come spesso ha ripetuto durante la sua vita; chiedetegli se la sua coscienza è in pace; se pensa che dopo questo mondo, ve ne sarà un altro nel quale noi saremo puniti o ricompensati a seconda del bene o del male che avremo fatto.
Domandategli se sarebbe più contento, adesso, di aver amato, rispettato e osservato tutto ciò che la religione cattolica richiede da noi, invece di averla disprezzata e avvilita più che abbia potuto.
Mio Dio! quanti rimpianti!… quanta disperazione divora la sua povera anima in quell’ultimo momento!
Restate un istante presso il suo letto, prima che vomiti la sua anima nell’inferno.
Ascoltate ciò che la sua bocca, guidata dalla sua coscienza, vuole dirvi.
I suoi amici sono riuniti intorno a lui. Questi empi hanno prestato giuramento che se uno di loro fosse caduto malato, non avrebbero chiamato presso di lui nessun prete.
Ora ascolatte questo miserabile: «Mio Dio! morire abbandonato!… Ah! amici miei, non abbiate riguardo a quello che vi dissi!… Per favore, fate venire al più presto un ministro del Signore. Oh! mi pento di tutto quello che ho detto e fatto contro Dio e contro la religione!
Mio Dio!| Mio Dio!! non avrai pietà di me?
Ah! per favore, fatemi venire un sacerdote!».
Il buon Dio volle che monsignor abate Gauthier potesse penetrare vicino al malato, non per la salvezza di quell’anima, ma solo perchè potesse appurare in una maniera più autentica che il disgraziato si pentiva di tutto quello che aveva fatto nei suoi giorni di frenesia e di furore.
Voltaire fece dunque una ritrattazione per iscritto; la si portò all’arcivescovo di Parigi.
Ma Dio non permise che un tale empio, dopo aver passato la sua vita a vomitare contro la religione tutto ciò che la corruzione del suo cuore aveva generato, non permise, dunque, che quello potesse trarne profitto.
I suoi amici lo portarono in una casa di campagna…

Vedete, fratelli miei, come quest’ateo ha subito trovato un Dio e una religione?
Egli invoca Dio e gli chiede un sacerdote: così vi dimostra l’esistenza di Dio e la necessità della religione.
Ascoltatelo ancora un istante, ed egli vi insegnerà che c’è per il peccatore, un giudizio da subire e un inferno da temere.
Sorvegliato strettamente dai suoi amici, o piuttosto dai suoi carnefici, avendo perso ogni speranza di rivedere di nuovo l’abate Gauthier, si mette a gridare: «Ahimè! sono dunque abbandonato? dovrò andare a presentarmi davanti al mio Giudice! mi toccherà dunque andare all’inferno?…O bella religione, che ho tanto perseguitato durante la mia vita, tu che sei la felicità di colui che segue il cammino che tu gli hai tracciato!… Addio, bel cielo, non ti vedrò mai più!…».
Si abbandona alla disperazione e muore da dannato.

Ebbene, fratelli miei, che ne pensate di tutto ciò?
Avete fatto attenzione a come quest’empio vi abbia dimostrato l’esistenza di Dio, la verità della nostra santa religione, e la certezza del Giudizio che dovremo subire nell’ora della nostra morte?
Avete visto come egli vi ha provato la verità di un inferno per i peccatori, e la certezza di un cielo per le persone per bene?
Crederete adesso a ciò che vi dicono gli atei, quando li sentite vomitare le loro empietà?
Sapete cosa dovete rispondere loro?
«No, mi direte forse».
Ecco: «Vai via, povero cieco, tu farai come gli altri; quando la morte ti stringerà un po’ più da vicino, cambierai subito discorso e sentimento».
Sapete, fratelli miei, perchè questi disgraziati adducono tutte queste empietà? non è affatto perchè essi stessi ci credano: avete appena visto che in punto di morte le sconfessano pubblicamente; ma è perchè vorrebbero che così fosse, poichè se vi è un Dio e una religione santa, sicuramente è necessario che il peccato sia punito: ecco quello che li getta nel colmo della disperazione.

Volete sapere, fratelli miei, ciò che penso?
E’ che, malgrado tutto ciò che potremmo dire dei libertini, sono sicuro che se osservo tutto ciò che la religione mi comanda, avrò la felicità di andare un giorno in cielo, per essere felice per sempre; ecco tutta la mia certezza.

«Non esiste un Dio!…».
Una tale bestemmia potrebbe mai uscire dalla bocca di un cristiano?…
Ditemi, empi sciagurati, se ce ne sono che mi ascoltano, cosa che non credo, ditemi, chi dunque vi ha creati?
«Sono stati i nostri padri e le nostre madri».
Sono stati i vostri padri e le vostre madri? Ebbene! chi dunque ha creato i vostri padri e le vostre madri?
«Sono stati i loro padri e le loro madri».
Chi, dunque, ha creato Adamo? Egli non aveva nè padre nè madre; è forse venuto al mondo per caso?
Chi dunque ha creato il cielo e la terra, e tutto ciò che contengono? Nessuno?
«Senza dubbio…, dicono, c’è stato un tempo in cui tutto questo non esisteva».
Abbassate gli occhi, vecchi empi, e andate a nascondervi in fondo alle foreste, dove mai un raggio di sole possa penetrare.
Questi mostri, vorrebbero farsi passare per sapienti, mentre ostentano pubblicamente che hanno il cervello rovesciato, e che sono impietriti nell’ignoranza più ottusa che il peccato possa generare!…
O mio Dio! si può mai sostenere un simile discorso?…

Veniamo, fratelli miei, a un’altra prova più forte e più soddisfacente, che ci mostrerà, che ci proverà, come meglio non si potrebbe, la santità, la divinità della nostra religione.
Si tratta delle fatiche e delle sofferenze che hanno sopportato coloro di cui il buon Dio si è servito per istituirla.
Converrete con me che non c’è un uomo sulla terra che avrebbe voluto dare la sua vita per sostenere una falsa causa.
«Questo è molto certo, mi direte voi».
Ebbene! io vi darò un piccolo panorama di ciò che hanno sofferto quelli che hanno fondato e hanno conservato la nostra religione.
Non ho bisogno di dimostrarvi che Gesù Cristo è venuto sulla terra, che ha sofferto ed è morto per noi.
Se parlassi a degli idolatri, comincerei subito a far comprendere loro tutto ciò che i profeti hanno predetto intorno al Messia, ed essi vedrebbero che non c’è una sola lettera dell’alfabeto che non abbia avuto il suo compimento; ma, parlando a dei cristiani, sarebbe tempo perso.
Voglio solo mettervi davanti agli occhi, la forza, il coraggio che questa santa religione infonde in coloro che la professano con tutto il loro cuore, per risvegliare un po’ in voi questa fede quasi estinta.

Io affermo dunque che non c’è niente che dimostri meglio la divinità della nostra santa religione, di quella folla di martiri che consegnavano i loro corpi al furore dei tiranni, presentandosi e salendo sui patiboli con maggiore gioia e piacere di quanto i re non salgano sui loro troni.
Troviamo esempi di ciò sia nell’Antico Testamento che nel Nuovo.
Leggiamo nella Sacra Scrittura che i Giudei ritornati dall’esilio di Babilonia, trascorsero i loro giorni nella pace e nella tranquillità, fino a quando quell’empio Antioco salì sul trono.
Questo principe crudele e barbaro fece provare loro tutto ciò che la sua rabbia gli seppe ispirare; il disegno di questo principe crudele era quello di annientare, se avesse potuto, il culto del vero Dio.
Egli ordinò di profanare tutti i giorni consacrati al Signore, di innalzare altari agli idoli, perfino nel santo tempio, e di far bruciare tutte le Sacre Scritture.
Questa triste notizia diffuse il terrore in tutto il regno.
Quasi tutti presero la fuga nello stesso istante.
Le città furono abbandonate dai loro abitanti, il tempio rimase deserto, le feste si cambiarono in tristezza e in doglie; tuttavia, malgrado tutte quelle minacce, parecchi presero la risoluzione di soffrire qualunque cosa, piuttosto che violare la legge del Signore, e di questo numero fece parte un buon vegliardo di nome Eleazaro.
Non bisognò forse, fratelli miei, che questo vecchio fosse ben certo dell’esistenza di un Dio, della verità di una santa religione, e di un’altra vita nella quale i giusti saranno ricompensati per sempre, e i peccatori puniti eternamente, per sopportare dei tormenti così lunghi e rigorosi?
Chi è quell’empio che vorrebbe morire, per sostenere le sue empietà?
Nemmeno uno, fratelli miei.
Niente ci dimostra meglio la verità della nostra religione, del coraggio e della costanza dei martiri dell’uno e dell’altro sesso, nei tormenti che hanno sopportato per non dispiacere a Dio.
Un empio, quando non ha nulla da temere, diffonderà le sue empietà, ma, non appena il minimo pericolo si avvicina, subito sconfessa ciò che ha sostenuto fino ad allora.
Ma mai un cristiano farebbe ciò: non dico un cristiano tiepido, al quale un maledetto rispetto umano farà trasgredire le leggi di Dio e della Chiesa tutte le volte che se ne presenti l’occasione, il quale, per paura di essere disprezzato e deriso, o nella speranza di ricevere qualche servizio da un vicino si presterà a tutto ciò che quello vorrà, malgrado i suoi rimorsi di coscienza; costui non è un buon cristiano, ma solo un fantasma di cristiano, che la collera di Dio punirà con le fiamme.
Voglio dire, un cristiano vero, che ama Dio e la sua anima, più della sua stessa vita, costui, dunque, non sconfesserà mai ciò che ha creduto e proclamato; al contrario, lo vedrete salire sul patibolo con un coraggio e una gioia incredibili.
No, mai si pentirà di aver osservato ciò che la santa religione gli ha comandato.
Andiamo, fratelli miei, di patibolo in patibolo, e ci convinceremo sempre di più della verità della religione della quale noi facciamo così poco conto, o, per meglio dire, che noi sembriamo abbandonare e disprezzare.

Dopo che l’empio imperatore ebbe fatto morire il santo vegliardo Eleazaro, gli fu annunciato che una donna e i suoi figli disprezzavano pubblicamente i suoi ordini e inducevano un gran numero di altre persone a fare lo stesso.
Antioco ordinò di condurre davanti al suo tribunale questa donna con tutti i suoi figli…(cfr. omelia sul martirio dei Maccabei); (la notazione è dello stesso curato; n.d.a.).

Non erano dunque tutti persuasi, questi martiri, dell’esistenza di un Dio che li vedeva, che li avrebbe puniti o ricompensati, secondo che avessero agito bene o male?
Non erano forse certi che la loro religione fosse santa e divina?
Tuttavia è la stessa che professiamo anche noi.
O bella religione dei cristiani, come sono felici quelli che ti conoscono!…
Quanti grandi beni tu ci prepari per l’altra vita!…

Se passiamo dall’Antico Testamento al Nuovo, le persecuzioni, i carnefici e i martiri, non sono meno numerosi.
Percorrete il mondo, fratelli miei, dopo la venuta del Salvatore; dappertutto troverete dei supplizi preparati e dei cristiani che li subiscono con gioia, donando la loro vita pur di sostenere la religione che professano.
Sì, tutte queste potenze, tutti questi strumenti di tortura, sono altrettanti monumenti che ci attestano la santità della nostra religione.
Guardate ciò che il crudele Nerone fece subire ai primi cristiani: ora li faceva cuocere nella pelle delle bestie, ora li si portava nei boschi per farli servire da esca per i lupi; ora li si faceva rivestire di una veste inzuppata nella pece, poi li si appendeva agli alberi lungo le strade principali, e gli si metteva fuoco, per illuminare i passanti.
Egli spinse la sua crudeltà così lontano che piantò nel suo giardino degli alberi sui quali fece legare un cristiano, coperto ugualmente di pece e vi fece mettere fuoco, per avere il barbaro piacere di camminare di notte alla luce di quelle fiaccole umane.
Se procedete oltre, vedrete un sant’Ignazio divorato dalle belve, un san Bartolomeo scorticato vivo, un san Pietro e un sant’Andrea inchiodati su una croce, un san Vincenzo disteso su un cavalletto dove gli vengono estratte le viscere con degli uncini di ferro.
Perchè, fratelli miei, se non per sostenere la verità della religione che avevano la fortuna di professare?
O mio Dio! si possono sentire, senza fremere, le empietà che si vomitano con tanto furore contro una religione così santa e così consolante? (il curato viveva in pieno clima anticlericale, frutto di quella rivoluzione francese che all’insegna di “libertà, fraternità e uguaglianza” aveva prodotto solo nuove schiavitù, nuovo odio fraterno e nuove disuguaglianze, solo cambiate di segno…N.d.a.).

«O bella religione! grida sant’Agostino, come rendi felice colui che ha la fortuna di seguire il cammino che tu gli tracci!».

Guardate anche, fratelli miei, la differenza che c’è tra un popolo che conosce e pratica ciò che essa comanda, e un altro che non vive secondo le sue regole.
Guardate una madre che abbia questa religione ben impressa sul suo cuore, guardate la cura che si prende dei suoi figli; essi sono ancora nel suo seno, che li ha già donati mille volte al buon Dio; guardate la sua prontezza nel fare ricevere loro il santo Battesimo.
Guardate la sua attenzione, non appena iniziano a parlare; com’è attenta a insegnare loro a pregare il buon Dio, a parlare ad essi della grandezza del loro destino, di ciò che Dio aveva sofferto per loro, della grandezza delle ricompense riservate a colui che evita il peccato e compie il bene; ella non cessa di augurare loro ogni sorta di benedizioni.
Questo bambino sarà un giorno la consolazione e la felicità dei suoi genitori, per la sua sottomissione, per il suo amore e per la sua obbedienza.
Un buon cristiano non è mai geloso delle benedizioni che il buon Dio effonde sui suoi vicini e sui loro beni; al contrario, egli si unisce insieme a loro per ringraziare il buon Dio per i suoi doni.
Se avessimo la fortuna di osservare bene ciò che la nostra santa religione ci comanda, noi cominceremmo veramente il nostro Paradiso da questo mondo.
Guardate invece una contrada, un regno, una parrocchia o anche una famiglia, che non voglia seguire le regole che ci prescrive la nostra santa religione, come sono infelici!
Una madre avrà già maledetto mille volte suo figlio, già prima di metterlo al mondo; guardate quell’odio tra vicini, tra parenti; ascoltate quelle maldicenze, quelle calunnie; quanti figli arrivano ad augurarsi la morte del loro padre, della loro madre, per ereditare quei pochi beni che possiedono.
Oh! quale disgrazia per un cristiano non conoscere la sua religione o non praticarla: per lui l’nferno comincia già da questo mondo!

Vi confesso, fratelli miei, che mi sono grandemente sbagliato facendovi questa istruzione: vi ho provato che c’è un Dio (inizia una invettiva bonariamente sarcastica; n.d.a.).
Ma chi c’è, tra quelli che mi ascoltano, uno solo che ne dubiti?
«Nessuno, mi direte voi».
E avete ragione; io vi ho dimostrato che vedremo nell’ora della nostra morte, che c’è un cielo per coloro che avranno combattuto le loro inclinazioni, e il demonio e un inferno, per coloro che avranno seguito la strada delle loro passioni.
Nessuno di voi dubita di ciò; se si trovasse qualcuno che abbia qualche dubbio su ciò, non potrebbe essere altro che un impudico o un ubriaco, e nessuno crede a quello che dice questa sorta di mostri; li si fugge, li si disprezza!…

Sì, mi sono sbagliato facendovi questa istruzione; bisognerebbe piuttosto mettervi sotto gli occhi ciò che la vostra religione esige da voi e ciò che voi fate, e così avreste visto che la vostra vita è completamente opposta a questa vostra credenza.
Esaminiamo questo più da vicino, e vedrete che voi vi comportate come se non credeste a nulla.
Voi sapete molto bene che la vostra religione vi dice che il primo movimento del vostro cuore deve essere quello di pensare a Dio, e che la vostra prima opera, deve essere quella di fare la vostra preghiera; tuttavia non è ciò che fate (interessante e geniale questa semplice equiparazione tra preghiera e azione, di solito contrapposte, essendo la preghiera la prima vera“opera” da compiere; n.d.a.).
La vostra religione vi dice di non giurare per il Nome di Dio, vi proibisce di bestemmiare, ma voi non vi astenete da tutto ciò; essa vi proibisce di lavorare nel santo giorno di domenica, comandandovi di passare questo giorno nella preghiera e nelle buone opere.
Ma vi fate forse il minimo scrupolo di lavorare o di passare questo santo giorno nelle danze, nel gioco, a vendere o a comprare?
Forse che vi comportate meglio di come fareste se pensaste che la vostra religione sia falsa?
Essa vi dice che se provate vergogna ad apparire cristiani, sarete rigettati dalla faccia del buon Dio per tutta l’eternità.
Ebbene! ditemi: non è forse vero che una semplice compagnia vi fa arrossire, al punto che non osate dire nè il vostro “benedicite”, nè il vostro rendimento di grazie, davanti ad altra gente?
La vostra religione vi proibisce di mangiare carne in certi giorni della settimana, e vi dice anche che se lo faceste, vi rendereste colpevoli di un peccato che vi farebbe perdere per tutta l’eternità.
Ma voi non fate forse il contrario, tutte le volte che ne avete l’occasione?
Essa vi dice di non lasciare occupare il vostro spirito da pensieri di odio, di vendetta, d’impurità, ecc; ma forse che voi non ne provate piacere, quasi tutte le volte che il demonio ve li presenta?
Essa vi dice di non fare torto al vostro prossimo, sia nei suoi beni, sia nella reputazione; ma forse che voi lo fate?
Non state sempre lì ad ingannarli nelle vostre vendite, nei vostri acquisti, a parlare male di lui e spesso perfino a calunniarlo con un certo piacere maligno?
Essa vi dice che fino a che restate nel peccato, voi tenete Gesù Cristo inchiodato sulla croce del vosttro cuore, e che la vostra povera anima è sempre pronta a cadere nell’inferno; tuttavia voi non avete difficoltà a restare per degli anni e perfino dieci o vent’anni, senza nemmeno confessarvi…

Vedete dunque che voi non credete tutto ciò che la vostra religione vi insegna?
Secondo gli insegnamenti di questa religione, i vostri figli sono un deposito che il buon Dio vi ha affidato, e di cui un giorno vi chiederà un conto molto rigoroso; se essi si dannano, ed è per colpa vostra, state certi che vi dannerete anche voi.
Vi comportate voi di conseguenza?
Essi (i figli) non fanno nè pasque nè confessioni, e per non volerli aiutare a salvarsi, o, per meglio dire, per aiutarli a dannarsi, voi acconsentite a fare come loro.
Vdete dunque chiaramente che vi comportate come se foste convinti che tutto quello che la religione vi insegna non è altro che una farsa e una menzogna?
«Da tutto ciò, fratelli miei, bisogna concludere che, se siamo sicuri della verità di ciò che la religione insegna, se è vero che tutti coloro che hanno cercato di salire in cielo hanno fatto ciò che essa comandava loro, dobbiamo anche noi fare lo stesso».
O mio Dio! quale disgrazia è l’accecamento riguardo alla salvezza della nostra povera anima!
Essere certi, e molto certi, che vivendo come stiamo vivendo non andremo mai in cielo, e malgrado ciò, continuare a comportarsi sempre allo stesso modo!…
Risvegliamoci, fratelli miei, dai nostri errori; siamo ancora in tempo: il buon Dio ci offre la sua misericordia, la sua amicizia e le grazie necessarie per abbandonare il peccato e per ritornare a Lui.
Evitiamo i rimpianti di quei poveri disgraziati dei quali abbiamo parlato all’inizio; e poichè solo la religione costituisce la nostra felicità sulla terra, attacchiamoci fortemente ad essa, e facciamo tutto ciò che ci comanda: così saremo felici non solo in questo mondo, ma anche nell’altro.
E’ quello che vi auguro.

fonte: https://jean-marievianney.blogspot.com

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